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GAZZETTA ITALIA 57 (giugno-luglio 2016)

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“L’Italia è il Paese dei sogni, del sole, del buon cibo, della cultura e del vino. Amiamo il vostro modo di esprimere le emozioni, il saper vivere, il sorriso alla vita”, parla così Marek Kondrat, in una lunga intervista rilasciata in questo nuovo bellissimo numero di Gazzetta, che ospita altre interessanti interviste a Massimiliano Caldi, direttore d’orchestra alla Filarmonica Baltica di Danzica, e della Filarmonica Moniuszko di Koszalin, a Kasia Likus, esperta di interior design e moda dell’omonimo Gruppo Likus, a Katarzyna Tomaszewska, artista di Breslavia vincitrice del Premio Arte Laguna, e al fotografo Grzegorz Lityński che ha realizzato un curioso e simpatico caleidoscopio di ritratti di italiani che vivono e lavorano in Polonia. Gazzetta poi propone uno spettro di mete last minute in Italia a partire da Jesolo, una delle spiagge adriatiche (in copertina) più ricca di servizi e attrazioni per il turista, e poi ancora Perugia, Camogli, Valle Elvo. In tema di viaggi c’è anche un un approfondimento sulla città di Ząbkowice Śląskie. Come sempre non mancano le tante rubriche di lingua, con un interessante minidizionario del dialetto napoletano, e angolo linguistico, da questo numero in collaborazione con Serafina Santoliquido e di cucina, tra cui la vera storia della carbonara. Insomma tantissimi motivi per godersi Gazzetta Italia, l’unico magazine bilingue polacco-italiano!

Il presidente Duda in Italia per ricordare tre grandi polacchi

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

Il presidente Andrzej Duda e sua moglie sono partiti venerdì per l’Italia. Sabato scorso, a Napoli, Duda ha dichiarato che la sua visita è per ricordare tre grandi personaggi polacchi: Gustaw Herling-Grudzinski, Igor Mitoraj e Stanislaw Papczynski. Quest’ultimo è stato canonizzato ieri in Vaticano. Duda si è mostrato molto contento della sua visita ai luoghi della memoria di Herling-Grudzinski proprio il 4 giugno, 27 anni dopo le prime libere elezioni in Polonia. “Gustaw Herling-Grudzinski è stato un grande testimone della nostra storia – ha detto il presidente -. Era contento quando, dopo il 1989, la Polonia ha cominciato a riguadagnare la propria indipendenza e sovranità”. Sabato, il presidente e sua moglie, hanno visitato la mostra a Pompei delle sculture di Igor Mitoraj, dove sono esposte 30 opere monumentali dell’artista polacco, morto nel 2014. Il presidente ha detto che le sculture di Mitoraj sono una importante testimonianza della cultura europea e che l’artista, pur creando le sue opere in Francia e Italia, è rimasto un vero polacco. Il terzo compatriota che il presidente ha voluto ricordare è Stanislaw Papczynski, fresco di canonizzazione in piazza San Pietro. In Vaticano, si è svolto ieri un incontro tra i coniugi Duda e Papa Francesco.

pap.pl

Ulteriori informazioni: www.gazzettaitalia.pl/it/polonia-oggi

La Venaria Reale

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Il complesso della Venaria Reale, alle porte di Torino, è un unicum ambientale-architettonico dal fascino straordinario, uno spazio immenso, vario e suggestivo, dove il visitatore non può che restare coinvolto in atmosfere magiche raccolte in un contesto di attrazioni culturali molteplici: spettacoli, eventi, concerti, mostre d’eccezione si alternano infatti ad occasioni di svago, contatti diretti con la natura, relax, intrattenimento sportivo e cultura enogastronomica.

La Venaria Reale è il Borgo antico cittadino, scrigno di eventi e vicissitudini storiche, è l’imponente Reggia barocca che, con i suoi vasti Giardini, rappresenta uno dei più significativi esempi della magnificenza dell’architettura e dell’arte del XVII e XVIII secolo. I nuovi splendori e la strepitosa qualità delle architetture della Reggia restaurata, l’immensità e la bellezza dei Giardini e degli spazi naturali del Parco, consentono di trascorrere amabilmente il proprio tempo immergendosi in sensazioni nuove e cogliendo esperienze diverse, secondo una concezione moderna ed alla portata di tutti i palati. La Venaria Reale, dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, si colloca al centro del circuito delle Residenze Reali del Piemonte ed è connessa con il sistema museale di Torino.

La Venaria Reale non è un “museo”, ma una “Reggia per i contemporanei”: un grande spazio ed un’opportunità irrinunciabile dedicati al piacere, alla gioia di vivere. Quasi ogni giorno alla Venaria si alternano concerti, spettacoli, esibizioni, attività culturali e di divertimento che coinvolgono ogni tipo di pubblico in uno spazio strepitoso che si amplifica con sorprese e rimandi continui. È un luogo cui bisogna dedicare almeno una giornata per la ricchezza della sua offerta.

La Reggia e i Giardini

Restituita alla magnificenza barocca cui fu ispirata alla metà del Seicento dal duca Carlo Emanuele II di Savoia, la Reggia di Venaria è un immenso complesso monumentale, tornato simbolo di modernità e cultura. La sua inaugurazione, avvenuta nell’ottobre 2007 dopo due secoli di abbandono e degrado ed otto intensi anni di restauro, è stata la tappa finale del progetto di recupero promosso dall’Unione Europea e curato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dalla Regione Piemonte, considerato il più grande cantiere d’Europa nel campo dei beni culturali. Dalla sua apertura La Venaria Reale si è attestata tra i primi siti culturali più visitati in Italia.

L’edificio monumentale, di 80.000 metri quadrati di superficie, vanta alcune delle più alte espressioni del barocco tra cui l’incantevole scenario del Salone di Diana progettato da Amedeo di Castellamonte, la solennità della Galleria Grande e della Cappella di Sant’Uberto con l’immenso complesso delle Scuderie, opere settecentesche di Filippo Juvarra, le fastose decorazioni, la celebre imbarcazione Peota Savoia, realizzata a Venezia, e la spettacolare Fontana del Cervo nella Corte d’onore, rappresentano la cornice ideale del Teatro di Storia e Magnificenza, il percorso espositivo dedicato ai Savoia che accompagna il visitatore lungo quasi 2.000 metri, tra piano interrato e piano nobile della Reggia.  

Vista dall’alto con i suoi Giardini la Reggia disegna intorno a sé uno spazio di 950.000 metri quadrati di architetture e parchi e costituisce il perno dal quale si articolano i grandi complessi espositivi delle Scuderie Juvarriane e delle Sale delle Arti, il Centro Conservazione e Restauro (il terzo in Italia, ospitato negli 8.000 metri quadrati delle ex Scuderie alfieriane), il Centro Storico cittadino, il Borgo Castello e la Cascina Rubbianetta (oggi sede del Centro Internazionale del Cavallo) in un orizzonte di boschi e castelli che si perde a sua volta negli oltre 6.500 ettari di verde del vicino Parco La Mandria. I Giardini si presentano oggi come uno stretto connubio tra antico e moderno, un dialogo tra insediamenti archeologici e opere contemporanee, il tutto incorniciato in una visione all’infinito: con le grotte seicentesche, i resti della Fontana dell’Ercole e del Tempio di Diana, la rinata Peschiera, il Gran Parterre, le Allee, il Giardino a Fiori e delle Rose, l’attrazione del Fantacasino. Le condizioni degli 80 ettari dell’area, ancora alle soglie degli anni 2000, erano tali da non consentire più neanche la possibilità di percepire i frammenti della conformazione originale sei-settecentesca dei Giardini: un complesso progetto di restauro ha permesso in otto anni un’operazione senza precedenti, la ricostruzione vera e propria di un paesaggio con i suoi segni storici, ma anche con una peculiare attenzione all’estetica ed alla fruizione moderna con l’inserimento di oltre 148.000 nuove piantumazioni e di importanti opere d’arte dei maestri Giuseppe Penone (Il Giardino delle Sculture Fluide) e Giovanni Anselmo (Dove le stelle si avvicinano di una spanna in più).

Storia

Le origini della Venaria Reale risalgono alla metà del Seicento, quando il duca Carlo Emanuele II di Savoia decise di edificare una nuova residenza “di piacere e di caccia” per la corte: la scelta del luogo fu infatti determinata dall’essere già teatro della caccia ducale sin dal 1580, oltre che per completare la “Corona di Delizie”, il sistema di residenze di corte che i suoi predecessori avevano progressivamente edificato intorno a Torino. Da quella decisione prese le mosse una complessa ed imponente operazione urbanistica, senza precedenti nello Stato sabaudo, destinata a rimodellare totalmente il sito preesistente, Altessano Superiore, che di fatto scomparve per far posto alla nuova città. I progetti per la sua realizzazione furono commissionati all’architetto di corte Amedeo di Castellamonte che plasmò il borgo, il palazzo con i suoi servizi, i giardini e i boschi di caccia (ciò che oggi è il Parco La Mandria) in un unicum di scenografie architettonico-ambientali in modo da creare un grandioso complesso monumentale governato da un solo asse di simmetria, ancor oggi ben identificabile nella Via Maestra (oggi via Andrea Mensa) dell’abitato. Venaria Reale non nasceva infatti come una residenza a se stante, ma come un complesso articolato, in cui la parte civile si integrava con quella di corte per poi confluire, senza soluzione di continuità, con quella naturale. Il fulcro di tutto era rappresentato dalla cosiddetta Reggia di Diana, edificata fra il 1660 e il 1671, e destinata a vivere due secoli di ininterrotte modifiche, rimaneggiamenti e vicende che di riflesso influirono sulla vita sociale ed economica della città: già nel 1693 le truppe francesi del maresciallo Catinat saccheggiarono in parte il complesso, e toccò all’architetto Michelangelo Garove idearne un rifacimento a partire dal 1699, anche per rispondere alle rinnovate esigenze del gusto architettonico dell’epoca. Del resto, con l’avvento dell’ultimo duca e futuro primo re sabaudo Vittorio Amedeo II, la dinastia perseguì ambizioni regali che dovevano riflettersi e celebrarsi anche nella grandiosità delle proprie residenze: fu così che Garove ideò un’immagine più imponente per il palazzo della Venaria, direttamente influenzata dai modi dell’architettura francese del tempo: grandi padiglioni uniti da gallerie e tetti mansardati. I lavori di ingrandimento furono poi ripresi nel 1716 da Filippo Juvarra (a lui si devono la Galleria Grande, in tempi recenti detta “di Diana”, e le realizzazioni della Cappella di Sant’Uberto, dedicata al patrono dei cacciatori, della Citroniera e della Scuderia Grande) e continuati fino alla seconda metà del Settecento circa con altri architetti, tra i quali Benedetto Alfieri (che, a partire dal 1751, realizzò le maniche di collegamento dei corpi juvarriani, il maneggio, le nuove scuderie e la manica con il torrione del Belvedere per unire la cappella al palazzo). A metà del Settecento i viaggiatori francesi parlano di Venaria Reale come “la più grande e importante residenza di campagna del Re”.

POLONIA OGGI: E-commerce, la Polonia supera Italia e Francia

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

Quasi il 55% dei polacchi acquista on-line piazzando la Polonia al secondo posto in Europa alle spalle della sola Germania. Secondo la ricerca di RetailMeNot, i polacchi comprano sempre di più su Internet. Nel 2015, 21 milioni di utenti polacchi hanno fatto acquisti via web, per un giro di affari di 5,12 miliardi di euro. La crescita degli acquisti on-line è aumentata di circa il 21% rispetto all’anno precedente: le previsioni indicano che nel 2016, si spenderà un miliardo di euro in più del 2015. RetailMeNot anticipa che quest’anno l’utente medio cadrà in tentazione comprando qualcosa on-line sei volte, spendendo circa 50 euro. Le ricerche dimostrano che l’e-commerce polacco si sviluppa ad un ritmo vertiginoso: “Le indagini indicano che verrà stabilito un nuovo record: nel 2017 valore degli acquisti supererà i 7 miliardi di euro”, spiega Mike Lester, vice presidente e direttore generale responsabile per i nuovi mercati di RetailMeNot. “I polacchi sfruttano volentieri i vantaggi che l’e-commerce offre. Acquistando on-line, non siamo condizionati dagli orari dei negozi e possiamo facilmente paragonare i prezzi rendendo più facile risparmiare qualcosa”. In Polonia ci sono più “e-clienti” che in Francia o Italia, nonostante sia meno popolosa. Per quanto riguarda il numero di persone che acquistano on-line, la Polonia è al quarto posto in Europa.

firma.pb.pl

Ulteriori informazioni: www.gazzettaitalia.pl/it/polonia-oggi

La nascita della macchina espresso

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Ce ne vuole di intuizione per guardare una locomotiva a vapore e concepire una macchina per il caffè. Eppure proprio questo ha fatto il torinese Pier Teresio Arduino che, dopo aver prestato servizio militare nel genio ferrovieri, nel 1910 brevetta la Victoria Arduino, ovvero il primo successo globale nella storia dell’espresso. Questa macchina, assieme ad altre duecento, è esposta al Mumac, Museo delle macchine per caffè, di Binasco, vicino a Milano. La maggior parte è proprietà di Enrico Maltoni, il più importante collezionista ed esperto italiano del settore.

Una macchina futurista

Quella di Arduino non era la prima macchina per fare l’espresso in assoluto, ci avevano già provato un altro torinese, Angelo Moriondo, che aveva presentato una macchina per fare il caffè veloce nel 1884, e il milanese Luigi Bezzera, che aveva brevettato una macchina nel 1901 e l’anno dopo ceduto la licenza a Desiderio Pavoni, quest’ultimo con bottega a Milano, in via Parini. Ma sarà la Victoria Arduino (1910), con i suoi meccanismi che ricalcano quelli della caldaia di una locomotiva, a entrare trionfalmente nei bar di mezza Italia. Si trattava di apparecchi monumentali, di rame e ottone, con elementi decorativi. Le vittorie, i leoni e tutto lo zoo che campeggiava sulla sommità di questi aggeggi erano cesellati a mano, autentiche mini opere d’arte. Arduino poi aveva uno spiccato senso dello spettacolo e quindi brevetta nella sua macchina un dispositivo che chiama «di accensione dei liquidi alcolizzati». In pratica, quando il barista faceva il punch, incendiava i vapori dell’alcol al momento di servirlo al cliente. Non serviva a nulla, ma era una bellezza che sollevava gridolini d’entusiasmo.

La pubblicità per la Victoria Arduino viene disegnata da uno dei più noti cartellonisti dell’epoca, il livornese Leonetto Cappiello che nel 1922 è il primo a legare in un manifesto la macchina per l’espresso con il treno espresso. Siamo in epoca futurista, in un periodo in cui la velocità è ritenuta un valore ed è quindi perfettamente al passo con i tempi l’uomo che si sporge dal treno in corsa e ghermisce al volo una tazzina di caffè appena fatto.

Attenzione, però: se noi oggi bevessimo il caffè uscito da una di tali apparecchi, lo troveremmo disgustoso. Ai nostri giorni le macchine funzionano con l’acqua a pressione, mentre al tempo utilizzavano il vapore e il risultato era un caffè molto scuro e molto amaro, che a stento riconosceremmo come un espresso.

Si apre l’epoca dell’espresso crema

Per arrivare all’espresso crema, ovvero al caffè con la schiumetta che tanto piace agli italiani, e non solo, bisogna attendere un bel po’ d’anni, ovvero fino al 1948 quando il barista milanese Achille Gaggia mette a punto per il suo locale di viale Premuda la prima macchina in grado di fare l’espresso crema. Si apre una nuova epoca.

Nel medesimo anno la Pavoni si affida al genio di Giò Ponti. Questi riprende un’idea che qualcuno aveva già avuto, ma ancora non si era diffusa: rovesciare la caldaia dell’acqua. Le macchine da verticali ora diventano orizzontali. E così resteranno. Di nuovo Pavoni chiede a Bruno Munari di progettare una macchina. Nel 1956 dalla matita del designer esce il modello subito ribattezzato diamante per via delle sfaccettature. L’apparecchio è composto da elementi di lamierino colorato, tinte e dimensioni possono essere cambiate in base alle richieste del cliente.

La Faema, dopo gli esordi in accoppiata con Gaggia, ha scelto di camminare da sola e nel 1961 produce un modello destinato a cambiare le sorti del caffè espresso. Si tratta della E 61, dove il numero rappresenta l’anno ed “e” per eclissi (il 15 febbraio c’era stata un’eclissi totale di sole). È la prima macchina a pompa, ovvero utilizza l’acqua attingendola direttamente dai tubi, senza tenerla in una cisterna. Inoltre imbibisce d’acqua la polvere di caffè prima che sia attraversata dall’acqua bollente ad alta pressione. In questo modo si estrae dalla miscela una maggior quantità di aromi. La E 61 ha avuto una diffusione enorme, tanto che ancor oggi non è difficile riconoscerne qualcuna nei bar italiani, religiosamente conservata come una reliquia.

La mano degli architetti

L’anno dopo, siamo nel 1962, la Cimbali Pitagora disegnata dai fratelli Achille e Pier Giacomo Castiglioni vince il Compasso d’oro, massimo riconoscimento per il design (e rimarrà l’unica macchina da bar ad aver ottenuto questo riconoscimento, che andrà invece nel 1979 alla caffettiera casalinga della Alessi, progettata dal tedesco Richard Sapper). Ormai la produzione è definitivamente passata da artigianale a industriale, e si vede: le macchine sono più semplici e lineari, in modo da poter essere assemblate a moduli. La produzione sempre più standardizzata inaridisce un po’ le innovazioni del design, con qualche significativa eccezione, come la Faema progettata da Giorgio Giugiaro nel 1991, uno dei modelli più recenti esposti in questa affascinante cavalcata nella storia delle macchine per il caffè.

POLONIA OGGI: I vincitori del premio “Teraz Polska”, orgoglio della Polonia

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Lunedì 30 maggio, a Varsavia, si è svolta la serata “Teraz Polska” (“Adesso Polonia”), durante la quale hanno ricevuto l’importante riconoscimento aziende, servizi, innovazioni e le amministrazioni locali migliori del Paese. Quest’anno, il premio, è stato consegnato a 15 aziende, 8 servizi, 2 progetti innovativi e 3 comuni. “Il concorso di quest’anno è stato uno dei più interessanti dal punto di vista della diversità di prodotti e servizi presentati. Scegliere i vincitori, sulla base delle valutazioni di esperti, non è stato un compito facile”, dice Michał Lipiński, presidente del concorso Teraz Polska. “Con soddisfazione osserviamo che ogni anno ci sono sempre più aziende che offrono innovative soluzioni nelle loro industrie – aggiunge -. Siamo convinti abbiano un enorme potenziale per diventare un fiore all’occhiello dell’economia polacca nel mondo”. Il logo di Teraz Polska gode di grandissima fiducia tra i consumatori. É garanzia di qualità aiutando i polacchi nella scelta dei propri acquisti. Scegliendo un prodotto su cui vedono la bandiera bianco-rossa e il riconoscibile logo di Teraz Polska, hanno la certezza che questo sia di buono e prodotto in Polonia. Hanno ricevuto il premio C-Eye, “Prodotto polacco del futuro”, il comune di Międzyzdroje, il Museo dell’Insurrezione di Varsavia e la Federazione Polacca di Pallavolo per l’organizzazione della World League.

centrumprasowe.pap.pl

Ulteriori informazioni: www.gazzettaitalia.pl/it/polonia-oggi

I limoni liguri

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Il benvenuto ce l’hanno dato il rumore del ruscello e i limoni sugli alberi. Le nuvole che inizialmente annunciavano la pioggia, si sono dissipate definitivamente. Mentre scendevamo lungo le vie ancora vuote, ci accompagnavano i raggi forti del sole ed lo sciabordio dell’acqua il cui suono, di notte, deve diventare veramente calmante. Quanto le spiagge del Mar Adriatico sono di solito sabbiose, tanto le coste del Mar Ligure sono di solito rocciose, tagliate dalle falesie, sulle quali sono state costruite in modo solido e quasi impossibile le città con delle case colorate, dipinte come per una mostra. Non so se i loro abitanti se ne rendano conto, quanta confusione e quante emozioni suscitano le loro case, in realtà spesso trascurate, che contengono solo il minimo indispensabile, in cui però cova una bellezza modesta verso la quale sono rivolti gli occhi di tutto il mondo.

La seconda delle cinque terre

“Cinque terre” è un tratto di costa della riviera ligure nella provincia della Spezia che comprende cinque città collocate in un paesaggio pittoresco: Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso. Queste città sono situate abbastanza vicino, per questo siamo in grado di visitarle tutte in un giorno, soprattutto se viaggiamo in macchina. A Manarola l’80% dei passanti sono turisti, che a volte sbattono uno contro l’altro all’incrocio di due vie, indecisi in quale ristorante entrare. Quelli collocati vicino al mare sono concentrati sul turismo. Vale la pena mangiarci se vogliamo pranzare con una vista del mare davanti. Altrimenti si può cercare una trattoria nascosta dentro la città e là provare i piatti tipici della zona, ovvero i frutti di mare ed il pesce. Le colli che circondano la città sono divise in modo regolare dalle vigne, e a volte divise dagli alberi d’oliva che le coprono orgogliosamente con la propria ombra. Davanti ad una delle case notiamo un mulino ad acqua di legno, dall’altra parte della strada invece i limoni grassottelli pendono da un albero e attraggono tutti i passanti con il proprio puro profumo aspro-dolce. Sulla piazza davanti alla chiesa sono seduti gli anziani di città esponendo al sole i loro volti pieni di rughe e sempre sorridenti. Fino alla costa ci accompagnano i cani locali, presi subito dopo in braccio dai figli dei loro padroni. Un itinerario roccioso ci conduce lungo la linea d’acqua fino ad un piccolo golfo al quale stanno seduti sulle rocce gli inglesi, facendosi una pausa in marcia.

Arrivati a Manarola possiamo a viso aperto permetterci di rallentare il passo, il tempo sembra adeguarsi al nostro ritmo il quale, immerso nell’italianità rallenta da solo. Il sentiero che va lungo la costa diventa una lunga terrazza con una vista panoramica, sulla quale velocemente si crea un traffico di persone, visto che ogni passante vuole fermarsi un attimo per godersi la veduta. Sul sentiero notiamo dei piccoli spazi di sosta, con dei nomi evidentemente strani come “piazzetta degli uccelli morti”. Degli animali morti non ci sono, per fortuna, possiamo quindi tranquilli riprendere il fiato all’ombra.

Tutte le città del Parco Nazionale Cinque Terre sono collegate con un itinerario di trekking, e per tutti quelli meno attivi sia da Genova sia dalla Spezia circola un treno con cui senza problemi e senza fretta visiteremo tutte e cinque i paesi.  Il sentiero più importante e il più romantico del Parco Nazionale è la Via dell’Amore che collega Riomaggiore e Manarola. Insieme alle 5 città fa parte del Parco Nazionale Cinque Terre e del patrimonio mondiale dell’umanità UNESCO.

Cosa ci meraviglia?

Quanto lo sfarzo suscita l’ammirazione, tanto la semplicità è piacevole e suscita l’apprezzamento. Per questo la folla resta a bocca aperta dalla meraviglia, visitando una basilica o un palazzo, ma respira a polmoni pieni toccando i vecchi muri di una casa di pietra nascosta nell’ultima strada, oppure toccando una dura erba di una falesia, dalla quale le piccole rocce sotto i nostri piedi scivolano e cadono nel profondo del mare. Si svegliano in noi degli istinti primigeni di una voglia di convivenza con la natura e di formare un’unità con essa e creare in suo onore una bellezza mozzafiato.

Il turchese del mare brilla al sole, e lo specchio d’acqua illuminato getta raggi chiari verso le case sulle rocce, i cui colori sembrano vivere. Così come secoli fa, i greci costruivano davanti al monumento di Zeus un bacino pieno d’oliva, la quale illuminata dai raggi solari gettava una luce d’oro al dio. Così chiunque dovesse dubitare, una volta visto il monumento che brilla di color d’oro riprendeva la propria fede. E nello stesso modo oggi a Manarola il ruolo dell’olio d’oliva lo svolge l’acqua del mar Ligure. Lo specchio d’acqua, riflettendo la luce solare, illumina tutta la città, mostrando la bellezza della convivenza dell’architettura con la natura, in modo che se qualcuno dovesse dubitare, crederà.

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POLONIA OGGI: La Giornata del Bambino e il mercato dei giocattoli

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La Giornata del Bambino di quest’anno in Polonia potrebbe battere tutti i record nel mercato dei giocattoli a causa della coincidenza con il primo pagamento del programma “500+”. Il mercato dei giocattoli in Polonia è in costante crescita, se messo a confronto con gli altri paesi europei. Il giro d’affari è di 2,5 miliardi di zloty, mentre quello europeo ne vale 56. Il prezzo medio di un giocattolo comprato in Polonia è stimato sui 36 zloty, che equivale a 75 euro spesi in un anno pro capite, mentre la media dell’Europa Occidentale è di 340 euro. Ma, come sottolineano gli economisti, il mercato polacco è molto dinamico e per questo sta attirando produttori e venditori da tutto il mondo.

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Il Museo Ferrari: quando una macchina diventa un’opera d’arte 

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“La vittoria più bella è quella che deve ancora venire”, disse Enzo Ferrari, credendo nel successo e nella vittoria del marchio aveva creato. Queste parole significative ci portano alla prima sala del museo e ci ha accompagnano per tutta la visita, durante la quale facciamo un viaggio nel tempo, dal 1950, quando ancora la casa automobilistica fondata da Enzo Ferrari faceva i primi passi, fino ad oggi, quando la Ferrari è diventata una delle aziende più note al mondo. Cinque sale espositive sono suddivise in 8 parti che presentano la storia del progetto, della produzione nonché le tappe del perfezionamento della macchina da corsa per farla diventare invincibile. Ogni sezione è accompagnata da una breve, quasi poetica descrizione della visione degli ingegneri e dei designer che contribuirono al successo del marchio; una descrizione dei sogni e alla fine dell’amore per la macchina, che diventa qualcosa di più di un semplice veicolo.

Il marchio che ci meraviglia

Tutti in modo automatico ma gentile mi augurano una buona visita, la quale inizia con l’incontro con il modello 290 MM. Esso è situato in una parte centrale, all’ingresso della prima sala espositiva, in modo che, passandogli accanto, abbiamo voglia di guardare subito cosa si nasconde dietro la macchina. Tra i visitatori ero curiosamente l’unica donna, oltre la partner di uno spagnolo che a Modena mi aveva chiesto indicazioni su come arrivare al museo. La mostra nel museo viene aggiornata alcune volte all’anno. Una sezione è dedicata alla Formula 1, dove possiamo ammirare gli esemplari, che, grazie alle loro vittorie hanno contribuito al successo del cavallo rampante. Dalle immagini alle pareti ci guardano piloti che una volta erano seduti negli abitacoli morbidi delle macchine che oggigiorno vengono esposte nelle sale del museo. Sul pianerottolo, salendo delle scale strette, ci imbattiamo nel modello 166 MM prodotto nei primi anni 50, dietro cui è nascosta una sezione delle autovetture dove troviamo i modelli come Innocenti F128, 250 GT Berlinetta e Dino 246 (la prima Ferrari a motore centrale-posteriore stradale) e Ferrari 360 Modena. Le carrozzerie perfettamente tirate a lucido, brillano in una luce bianca artificiale, riflettendo e deformando leggermente tramite le forme arrotondate degli specchietti, i volti meravigliati dei visitatori e le loro macchine fotografiche. Le macchine, naturalmente, non si possono toccare, ma è veramente difficile resistere alla tentazione di sfiorare almeno con la punta delle dita le forme ondulate delle carrozzerie lucide oppure della tappezzeria, esposta agli occhi dei visitatori nella sala accanto.

Il cuore della macchina e dei modelli unici

Il Museo offre la possibilità di conoscere tutti i segreti delle vetture Ferrari, ed anche di guardare al loro interno, presentando la parte più preziosa di esse, ovvero il cuore della macchina. Accanto ad un potente motore, viene presentato un prototipo senza la carrozzeria della Ferrari 408 4RM, che non è mai entrata in produzione. Davanti ad essa i visitatori si piegano, allungando il collo perché nemmeno il più piccolo dettaglio gli possa sfuggire. Invece nella sezione “Uniche e segrete” veniamo introdotti ad un mondo riservato solamente a pochi, visto che in quella sala ampia si possono ammirare i modelli unici di macchine, come la F60 America, prodotte solamente in pochi esemplari.

Una visita al museo Ferrari non è solo un viaggio nella storia della società, ma anche una cavalcata nell’evoluzione dell’industria automobilistica italiana. È poi anche una vera e propria esperienza estetica, con la possibilità di rendersi conto di quante diverse forme l’arte può assumere.

“Le è piaciuto?”, mi ha chiesto lo stesso uomo che all’ingresso aveva controllato il mio biglietto. “Sì, onestamente non mi aspettavo che questa visita avrebbe potuto farmi un’impressione così positiva”, ho risposto con sincerità, “Queste vetture sono, infatti … opere d’arte”, concludiamo all’unisono. Ed è difficile avere un’altra opinione mentre si lascia il museo Ferrari.

Altre attrazioni del museo

Per coloro che desiderano realizzare il sogno di sedersi al volante di una delle macchine Ferrari, la fabbrica della Ferrari situata nelle vicinanze del museo offre ai turisti la possibilità di noleggiare un modello scelto per 10 minuti (il prezzo è da 50 a 80 euro). Invece ai visitatori più giovani appassionati della Ferrari, il museo offre, grazie ad un simulatore virtuale, la possibilità di fare un giro in Formula 1 (25 euro).

Invece se vogliamo portare con noi un souvenir con il logo della Ferrari, il museo ospita anche un piccolo negozio, dove possiamo comprare quasi tutto: partendo dalle t-shirt, cappelli, custodie per cellulari e terminando con dei …. ciucci per bambini.

Come arrivare?

Il museo si trova a Maranello vicino a Modena. Se non viaggiate in auto, la soluzione migliore è quella di arrivare a Modena in treno e dall’autostazione locale prendere l’autobus 800 con cui arriverete nei pressi del museo. Il biglietto di ingresso al museo costa 15 euro, bambini e ragazzi fino a 18 anni (accompagnati dai genitori) 5 €.

POLONIA OGGI: Solaris in gara per il miglior Bus Europeo dell’anno

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Il produttore polacco di pullman Solaris parteciperà al concorso per il titolo di “Bus Europeo dell’anno”. “Per Bus Euro Test 2016 abbiamo scelto un mezzo elettrico e innovativo”, dice Andreas Stecker, presidente di Solaris Bus & Coach. Il nuovo Solaris Urbino 12 elettrico è dotato di una batteria di 240kWh che possono essere ricaricate utilizzando un pantografo durante la sosta alle fermate oppure attraverso un connettore in deposito di tipo plug-in, rendendo l’autonomia di Urbino praticamente illimitata. Solaris ha già fornito tali veicoli alle città di Barcellona, Berlino e Amburgo e in Polonia a Inowroclaw, Ostroleka, Cracovia e Varsavia. Nel 2004, nel Bus Euro Test,ha gareggiato per Solaris il modello Urbino II con motore a combustione interna, arrivato molto vicino alla vittoria. Solaris è leader europeo nello sviluppo di veicoli elettrici: dal 2001 produce filobus e dal 2011 autobus. “I mezzi elettrici sono il futuro del trasporto pubblico”, ha dichiarato Strecker. Il fatturato di Solaris nel 2015 è stato di circa 1,7 mld di zloty.

rp.pl

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