Slide
Slide
Slide
banner Gazzetta Italia_1068x155
D65D23F0-5118-40F3-8E6E-B245329083A1
OILO_baner_media_KW 23'_no.2-06 (1)
Bottegas_baner
Banner_1068x155
LODY_GAZETTA_ITALIA_BANER_1068x155_v1

Home Blog Page 3

La ragazza e gli scacchi. Il gioco magistrale di Sofonisba Anguissola

0

traduzione it: Oliwia Domaszewska

Dipingeva quasi solo ritratti. Aveva cinque sorelle e un padre umanista che, in un’epoca in cui il dovere primario della donna era quello di sposarsi e partorire, fornì alle figlie un’istruzione accurata. I suoi dipinti furono conosciuti da Michelangelo, Peter Paul Rubens, Caravaggio e Anton van Dyck. Sofonisba Anguissola usava colori puri e forti, disegnava con perfezione e riusciva a cogliere il carattere della persona ritratta. Oggi i suoi dipinti costituiscono un tesoro indiscusso di molte collezioni. Abbiamo la fortuna di avere due opere di Anguissola nelle collezioni polacche. Nel 2020 vi abbiamo parlato dell'”Autoritratto al cavalletto” della collezione del Castello di Łańcut. Questa volta vi presentiamo la sua “Partita a scacchi”, un dipinto della collezione della Fondazione Raczyński esposta permanentemente al Museo Nazionale di Poznań.

L’opera è stata realizzata nei primi anni della carriera di Sofonisba, quando l’artista aveva solo ventitré anni. Raffigura tre sorelle a un tavolo da scacchi e una bambinaia che osserva la scena. Sappiamo esattamente chi è nel quadro perché l’artista lo ha firmato in modo affascinante. Sul lato della scacchiera c’è un’iscrizione in latino: “Sofonisba Anguissola, vergine figlia di Amilcare, dipinse dal vero tre sue sorelle e una servante”. 

La “Partita a scacchi” è descritta come un ritratto di gruppo di donne disposte come una scena di genere, ma anche un’opera con una narrazione metaforica. Inoltre, si tratta di un quadro dipinto da una donna, il che permette di collocarlo nel campo della ricerca storico-artistica femminista. Nell’Italia del Cinquecento, come nel resto d’Europa, le donne non avevano accesso alle università e, se venivano istruite, era solo per decisione dei padri, come nel caso di Sofonisba. Tuttavia, questo non era così raro come si crede comunemente. Le donne istruite in Italia erano apprezzate, imparavano nelle botteghe dei padri oppure ottenevano riconoscimenti dai mecenati o un posto all’università grazie al proprio lavoro. È il caso di Elisabetta Sirani, Lavinia Fontana e Artemisia Gentileschi. Sofonisba si adeguò alle regole dell’epoca, ma grazie al suo talento e al duro lavoro guadagnò con la pittura fino alla fine della sua vita. A questo contribuì anche suo padre.

Amilcare Anguissola mandò consapevolmente la figlia a studiare pittura e presto si interessò intensamente alla sua carriera. Inviò lettere, raccomandò i dipinti di Sofonisba alle corti degli aristocratici, sollecitò commissioni e vendette quadri. Si impegnò con tutto il cuore e questo diede presto i suoi frutti. Grazie ai suoi sforzi, la giovane pittrice fu assunta dalla corte di Madrid. Ai suoi tempi, tuttavia, come donna pittrice e vivendo del lavoro delle proprie mani, era una curiosità. Tutti i documenti d’epoca dimostrano che la pittrice era rispettata dalla corte reale, così come da tutta la cerchia, soprattutto aristocratica, con cui aveva rapporti. I suoi dipinti erano apprezzati per la capacità di cogliere l’emozione nei volti delle persone ritratte, per la scelta deliberata dei colori, l’eleganza e il realismo.

La “Partita a scacchi” è una calda scena domestica che documenta un frammento della vita familiare del pittore. Cosa possiamo dedurne? Innanzitutto, il dipinto mostra le ragazze di una famiglia aristocratica, come testimoniano gli abiti, le acconciature, la presenza di una servante e le attività che svolgono. Da sinistra siede Lucia, al centro la più giovane Minerva e a destra Europa. La vecchia nutrice è raffigurata mentre si sporge da dietro il bordo destro del dipinto. È interessante notare che l’artista aveva originariamente previsto la sua figura sul lato opposto, come risulta dalle ricerche conservative. Tuttavia, la servante è stata dipinta sopra e poi la sua immagine è stata creata dalla parte destra che copre il paesaggio. Ciascuna delle ragazze ha un abito alla moda di seta, velluto, damasco di seta, batista. Modestamente appuntati e raccolti dolcemente dalla fronte, i capelli sono ornati da fasce di perle e il collo da catene d’oro. 

Alcuni studiosi suggeriscono che il dipinto possa essere considerato un’allegoria delle diverse fasi della vita di una donna. Sembra più appropriato, però, considerare un altro significato del dipinto. Giovani ragazze che giocano a scacchi, cioè che mostrano chiaramente le loro capacità intellettuali? Fino a pochi decenni prima, gli scacchi erano un gioco destinato essenzialmente agli uomini. Alla fine del XV secolo, durante le spedizioni esplorative e di colonizzazione finanziate dalla regina cattolica Isabella, gli scacchi erano diventati un passatempo intellettuale diffuso negli ambienti aristocratici. Ciò è dovuto alle modifiche introdotte nelle regole di questo antico gioco. Il pedone della regina ottenne la massima libertà di movimento, il che va forse visto simbolicamente come un onore per la regina Isabella. Il gioco degli scacchi divenne più dinamico e, probabilmente per questo motivo, godette di una crescente popolarità. Si trattava di un gioco che richiedeva abilità intellettuali, quindi mostrare nel dipinto le sorelle che conoscevano le regole e passavano il tempo a giocare a scacchi era probabilmente un atto attentamente ponderato. Simbolicamente, gli scacchi sono associati alla saggezza, alla strategia e alla logica, qualità che non erano attribuite alle donne. La scacchiera era paragonata al mondo e Sofonisba, cresciuta in una città in cui la cultura dei Paesi Bassi era ben nota, riconosceva certamente elementi di emblematica. Sebbene gli emblemi si svilupparono principalmente nei Paesi Bassi all’inizio del XVI secolo, le loro origini risalgono già all’antichità e all’Italia nella prima metà del XV secolo.. Erano opere in tre parti costituite da un motto, un disegno e un epigramma, di solito sotto forma di poesia di quattro righe. Erano comunemente utilizzati da artisti come Dosso Dossi e Johannes Vermeer. Alcuni dei loro dipinti possono essere letti come complesse narrazioni erudite. Oltre al suo significato emblematico, Sofonisba potrebbe essersi ispirata a un modello letterario, in particolare al poema “Scacchi” pubblicato a Cremona nel 1527 dal vescovo e umanista Marco Girolamo Vida. Descrisse una sfida tra le divinità olimpiche, in cui la scacchiera diventava un campo di morte. In linea con la natura emblematica del poema sugli scacchi di Vida, richiamò l’attenzione sul significato metaforico. Il dio raccolse le pedine in un sacchetto al termine della partita. Simbolicamente, quindi, le figure sconfitte dovevano trovarsi in mano alla morte. Gli scacchi, in quanto intrattenimento di corte che indicava la saggezza del giocatore, erano quindi associati anche alle questioni finali.

Amilcare e sua moglie Bianca si impegnarono molto per garantire l’istruzione di tutte le loro figlie, alle quali diedero nomi che si riferivano alla storia dell’antica Cartagine. Sofonisba prende il nome da una donna di illustre famiglia cartaginese, illuminata e di grande bellezza, come scrive Boccaccio nelle sue biografie di donne famose. La famiglia Anguissola si basava su umanisti, persone colte, creatori, autori di scritti filosofici e didattici, eminenti nel loro tempo. Molti nella comunità erano convinti della necessità di istruire le donne. Le ragazze, quindi, crebbero con autostima, ma consapevoli che ogni aspetto della vita, al di là del matrimonio e della maternità, avrebbe dovuto essere conquistato. Sofonisba ne era ben consapevole e ritraeva le sue sorelle come donne istruite appartenenti a un ambiente familiare elevato. Probabilmente è per questo che i costumi sono così elaborati, con le ragazze che si dedicano all’intrattenimento pomeridiano, indossando perle, oro e costosi damaschi. Il tavolo è coperto da un tappeto orientale con un tipico motivo ad ottagoni dell’Anatolia. Tutti questi elementi testimoniano l’elevato status della famiglia. Cremona era allora sotto gli Asburgo, che mantenevano relazioni economiche e culturali con i Paesi Bassi in via di sviluppo. L’influenza dell’arte del Nord Europa, dove i pittori prestavano particolare attenzione alla pittura dei tessuti, è evidente anche in questo dipinto. Possiamo riconoscere gli intricati motivi di tessitura, il tipo di tessuto, i ricami, i pizzi, i merletti e persino il tipo di cucitura. Avendo visitato le case degli illuminati e le tenute degli aristocratici italiani, l’occhio attento di Sofonisba deve aver individuato molti dipinti di maestri olandesi.

L’opera è presente nelle collezioni polacche dal 1823, quando il principe Athanasius Raczynski la acquistò a Parigi per tremila franchi. 

La “Partita a scacchi”, oltre ad essere una scena intima di vita familiare, è quindi un’opera di valore multiplo per gli studiosi contemporanei dell’arte rinascimentale. Considerando ogni aspetto come pittoricità, realismo, scena quotidiana, significato allegorico, testimonianza del periodo, storia del femminismo, contenuto erudito e probabilmente molti altri, Sofonisba Anguissola ha magistralmente interpretato il dipinto.

Sofonisba Anguissola, Partita a scacchi, 1555, olio e tempera su tela, dimensioni 72 x 97 cm, Fondazione Raczyński presso il Museo Nazionale di Poznań

 

Durante il processo di scrittura ho utilizzato il libro di Daniela Pizzagalli “Sofonisba. La prima donna della pittura” e il catalogo della mostra “Brescia. Rinascimento nel Nord Italia”.

Alla scoperta dell’Asti e delle “cattedrali” di Canelli

0

Dalle “cattedrali” sotterranee di Canelli alle bollicine che hanno conquistato il mondo, l’Asti è la prima denominazione spumantistica italiana e oggi gioca anche con la mixology

Il vino è parte della storia di un territorio e di una comunità, entrando così a fondo nelle pieghe del paesaggio da modellarne il volto e la conformazione. Ci sono però in Italia luoghi che hanno visto trasformarsi non solo la superficie, ma anche il sottosuolo.

Canelli è uno di questi luoghi, perché l’avvento della spumantistica – l’Astigiano è sicuramente un’area che ha scritto la storia delle bollicine italiane – ha portato alla realizzazione di autentiche “cattedrali sotterranee” in cui ancora oggi viene affinato il vino Docg che porta il nome del borgo. 

Vero e proprio tesoro nascosto, le cattedrali sono un luogo che incanta e affascina. Questi spazi, intrecciati con la storia e la cultura della regione, emanano un’atmosfera suggestiva con le maestose volte in pietra, le navate oscure e gli intricati passaggi che conducono in un mondo sospeso nel tempo, unendo passato e presente. Esplorarle è come intraprendere un viaggio nel cuore stesso della tradizione e della vocazione vinicola di Canelli.

Oggi protetti come patrimonio Unesco, i grandi spazi cavi nel sottosuolo furono scavati per conservare il vino scendendo sino a 32 metri di profondità e attraversando l’intera collina canellese, in un reticolo che si estende sotto la cittadina per oltre 20 km. Nel corso dei secoli, le cattedrali sotterranee sono state ampliate e decorate, diventando autentiche opere d’arte architettoniche. 

Molte delle cattedrali sono aperte al pubblico e oggi le case spumantistiche ne fanno un vanto per la proposta enoturistica, in primis le cantine Bosca e Gancia (dove nel 1865 fu creato il primo spumante italiano), ma anche le cantine Contratto e Coppo.

MILIONI DI BOLLICINE ASTIGIANE NEL MONDO

Le “cattedrali” patrimonio Unesco sono emblema di un territorio e dei suoi vini, perché in quelle caverne scavate da mani umane è nato lo “champagne” italiano (al tempo si chiamava così). L’Asti spumante è infatti un vino nato come metodo classico, grazie all’intraprendenza di Carlo Gancia che nel 1865 andò a “rubare” i segreti enologici in Champagne e portò in Piemonte la tecnica della doppia fermentazione, ma trasformato a fine Ottocento da Federico Martinotti, allora direttore dell’Istituto Sperimentale per l’Enologia di Asti, che brevettò la seconda fermentazione in autoclave.

Da allora sono passati fiumi di Moscato nei calici, con l’universo Asti che ha invaso il mondo di bollicine, con le grandi case spumantistiche che hanno fatto la storia della comunicazione pubblicitaria nel settore vitivinicolo.

Oggi la denominazione spumantistica più antica d’Italia produce 100 milioni di bottiglie, per il 90% esportate sulle tavole di tutto il mondo. E se Canelli è la culla del Moscato d’Asti, da giugno 2023 è anche una Docg. Le uve da vigneti composti esclusivamente dal vitigno Moscato bianco che entrano nella nuova Denominazione provengono da 17 comuni attorno alla cittadina, punto di passaggio tra Langhe e Monferrato. 

Nel frattempo i costumi si evolvono e l’Asti, mentre celebra i fasti di una storia secolare, guarda al consumo contemporaneo e gioca la carta della mixology. Da anni, infatti, il Consorzio spinge sulla proposta di un vino aromatico e leggero come ingrediente fresco nella miscelazione di cocktail che possono raccontare il territorio in modo nuovo, magari in abbinamento con il Vermouth, altra specialità a base vino che in Piemonte ha trovato un’identità peculiare.

Settima edizione del Premio Gazzetta Italia 08/02/2024

0

 

 

 

Gazzetta Italia 103 (gennaio-febbraio 2024)

0

Marco Polo forever! Con il numero 103 iniziamo il 14° anno di Gazzetta col botto! Marco Polo blogger in copertina e all’interno un approfondimento dello storico Pier Alvise Zorzi, dedicato al più famoso dei viaggiatori a 700 anni dalla sua morte, ed un articolo che sottolinea la differenza culturale tra il comportarsi da viaggiatori o da turisti quando si viaggia. Ancora una volta Gazzetta vi sorprenderà offrendovi interviste con lo scenografo italiano Luigi Scoglio che lavora a Lodz, articoli sull’inventore degli spaghetti western Sergio Leone, e poi ancora raccontiamo il poco noto viaggio di Maria Sklodowski Curie in Italia, e ancora articoli su Palermo, Vercelli, l’approfondimento linguistico del professor Tucciarelli sulle comunanze linguistiche tra italiano e polacco e poi naturalmente tutte le nostre rubriche. Questo e tanto altro nel numero 103 e quindi volate negli Empik a prendere la vostra copia di Gazzetta Italia!

Apple pie

0

Per la base: 

225 g di burro freddo

450 g di farina 00

100 ml di acqua ghiacciata

1 pizzico di sale

Per il ripieno:

1 kg di mele renette già pulite

100 g di zucchero

1 limone

2 cucchiai di acqua

1 cucchiaino di cannella in polvere

1 pizzico di noce moscata

Qualche noce di burro 

Latte intero per spennellare

Per guarnire:

200 g di panna fresca da montare

1 cucchiaio di zucchero semolato

2 pizzichi di cannella

Procedimento:

In planetaria o in una grande ciotola se lavorate a mano, mettete il burro freddo a pezzetti con la farina e un pizzico di sale e iniziate ad impastare. Aggiungete poco per volta l’acqua ghiacciata e continuate a lavorare l’impasto prima in planetaria e poi a mano, su un piano infarinato, per circa 10 minuti, fino ad ottenere un impasto liscio ed elastico. Coprite con pellicola e mettetelo a riposare a temperatura ambiente per circa 20 minuti. Nel frattempo occupatevi delle mele. Pulitele, sbucciatele e riducetele in quarti. Ricavatene poi delle fettine da circa 5 mm di spessore. Mettetele in ammollo in acqua fredda e succo di limone per evitare che anneriscano. In una padella antiaderente con fondo doppio mettete lo zucchero, la cannella e la noce moscata, fate sciogliere a fuoco lento, aggiungendo due cucchiai di acqua. Aggiungete anche una noce di burro morbido. Unite poi le mele a pezzetti e cuocetele per circa 5 minuti, finché non risultino croccanti fuori e morbide dentro. Fate intiepidire. Riprendete la pasta e dividetela in due parti, una più grande dell’altra. Stendetela con il matterello su un piano infarinato e ricavate una sfoglia dello spessore di 4 mm.

Stendetela dentro una tortiera dai bordi scanalati (tipica dell’Apple pie americana) imburrata, e fate aderire bene la pasta al fondo e ai bordi. 

Versate le mele tiepide, tenendo la parte centrale del ripieno più alto e abbondante, per dare la classica forma della torta americana, arricchite il ripieno con qualche fiocco di burro morbido.

Stendete anche l’altro pezzo di pasta e coprite il ripieno. Tagliate con un coltello affilato l’impasto in eccedenza e unite sui bordi i due strati di pasta pizzicandoli con le dita.

Incidete il “coperchio” di pasta con piccoli tagli a raggiera. Spennellate la superficie con il latte. 

Cuocete a 200° in forno statico per 20 minuti, spennellate di nuovo con il latte e infornate nuovamente abbassando la temperatura a 180° per circa 20 minuti, poi spennellate di nuovo e cuocete a 170° per gli ultimi 20 minuti. Spegnete il forno e fate raffreddare la torta all’interno.

Servite direttamente dentro l’apposita tortiera accompagnando la fetta di torta con panna leggermente montata aromatizzata con zucchero e cannella.

Papalina, pennette uovo e zucchine

0

Ci sono molte storie su questa pasta, la più antica è quella secondo cui nel 1796, durante la campagna  di Napoleone in Italia, alcuni generali francesi furono accolti in Vaticano. Fu offerto loro di mangiare con il Papa Pio VI, ma visto che i francesi non gradivano la carne lo chef papale propose una pasta a base di uova e zucchine. Ci sono altre storie legate a questa ricetta, una risale al 1933 quando un oste romano realizzò questa pasta per il futuro Papa Clemente Pio XII che non voleva mangiare la già “famosa” Carbonara perchè troppo pesante e poco raffinata. Si può dire che è un piatto saporito ma delicato e indubbiamente aristocratico.

Per cortesia non chiamatela carbonara di zucchine, di carbonara ce n’è una sola! 

Ingredienti della mia versione per 2 persone:   

200 g di pennette rigate

2 tuorli grandi

300 g di zucchine

1 cipolla piccola

50 g provola o parmigiano

Origano, pepe nero, olio evo, burro, q.b.

Preparazione:

Tagliare la cipolla molto sottile e brasarla dolcemente in una padella con un po’ d’olio evo e burro, mettere da parte. Tagliare le zucchine a rondelle di ca. 4 mm metterle su una padella con un po’ d’olio evo e cuocere a fuoco vivace, 2-3 minuti prima della fine cottura aggiungere l’origano e il sale, mettere da parte. Nel frattempo mettete a bollire l’acqua, salate e versate  la pasta. Mettete in una ciotola i tuorli d’uovo, un pizzico di sale, il pepe a piacere e la provola o parmigiano grattugiati. Mescolare energicamente per ottenere una crema, aggiungendo un po’ di acqua di cottura della pasta. Unire la cipolla nella padella delle zucchine, accendete il fuoco molto basso, solo per intiepidire, quando la pasta sarà pronta, scolatela e mettetela nella padella con le zucchine e cipolla, mescolate delicatamente e di seguito unite la salsa d’uovo, amalgamare bene senza scaldare troppo l’uovo, impiattare, aggiungete ancora un po’ di provola grattugiata e servite.

Buon Appetito!

Venezia, il Vino e il Vetro: Una degustazione emozionale attraverso la grande pittura rinascimentale

0
fot. Marta Buso

La storia della Serenissima si interseca in modo indissolubile con le culture del vino e del vetro tra vicissitudini, conquiste e commerci preziosi. Ripercorriamo le tappe di questo legame profondo, celebrandolo con un evento tra gusto, arte e bellezza nel contesto di The Venice Glass Week 2023 di cui Nexa Event&Travel Designers è partner ufficiale.

La location prescelta è un Palazzo del 1200 con affaccio sul Canal Grande; anticamente “fondaco”, luogo in cui i mercanti forestieri depositavano le loro merci e esercitavano i loro traffici. Il palazzo ospita ora il The Venice Venice Hotel dove ogni spazio, in perfetto equilibrio tra modernità e tradizione, è testimone delle tendenze più rimarchevoli nel campo dell’arte contemporanea internazionale.

Alla luce soffusa delle candele di questa cornice storica dal gusto irriverente, Nicola Sabbatini, mentore d’eccezione, cultore del vino e sommelier, ci guida in un viaggio seducente  ripercorrendo la storia del vino e le trasparenze dei suoi contenitori in vetro.

Tra il 1200 e il 1700 Venezia è il più grande mercato del vino nel mondo.

La scintilla che accende l’avventura risale agli eventi della IV crociata in cui la valenza religiosa si trasforma ben presto in sete di conquista. L’obiettivo è Costantinopoli, capitale del ricchissimo impero romano-bizantino. Venezia guida la conquista di Costantinopoli, acquista crediti nei confronti dei crociati, ed è ricompensata con isole e territori della Grecia.

In Grecia, a Monemvasia (in greco “porto con una sola uscita”) parola in seguito storpiata dai veneziani in “Malvasia”, viene scoperto un vino dolce, intenso, pregiato e adatto al trasporto via mare. Da quel momento tutti i vini che arrivano a Venezia e provengono dall’Oriente, sono chiamati Malvasie; sono vini leggendari, legati a storie affascinati, pregiati, ricercati e costosi. Diventano l’oro liquido della Serenissima. Venezia è capitale mondiale del vino, ed esporta il nettare “navigato” nelle corti di tutta Europa. 

Contemporaneamente, e sempre a seguito dei commerci con l’Oriente, Venezia è una delle poche città in cui si fa uso del vetro sulle tavole della nobiltà mercantile. Nell’isola di Murano, a partire dal 1300, si cominciano a produrre manufatti in vetro. Ma è a seguito del lavoro di Angelo Barovier, nella seconda metà del ‘400, che il vetro, reso non solo trasparente, ma addirittura cristallino, diventa di moda sulle tavole dei ricchi commercianti veneziani.   

fot. Marta Buso

Questo mutamento si nota nei dipinti della scuola veneziana del 1500; d’un tratto è possibile ammirare il colore, la trasparenza e la luminosità del vino attraverso i calici cristallini di squisita fattura, prodotti a Murano. A testimonianza di quanto ormai sia di moda il vetro nelle tavole e nei banchetti del Rinascimento, troviamo i calici trasparenti nella Cena in Emmaus del Tiziano, nel Convito in Casa Levi del Veronese, nell’Ultima Cena del Tintoretto, e anche Caravaggio, (sul finire del secolo) nel suo celebre Bacco, dipinge una squisita coppa troncoconica, di chiara fattura veneziana. Questo significa che anche a Roma, dove il Caravaggio all’epoca operava, si degusta “alla moda di Venezia”. 

Attraverso i dipinti di questi grandi maestri abbiamo intrapreso un percorso inesplorato, con la degustazione di quattro vini provenienti da cantine d’eccezione. Il percorso, fluido ed emozionale, è iniziato con il Durello dei Monti Lessini Borgo Rocca Sveva, proseguendo con il Malvasia Venica&Venica e il Venusa Venissa, per concludersi con il Raboso del Castello di Roncade. Durante la narrazione, abbiamo gustato i signature bites della cucina, ispirati alla tradizione veneziana con un twist innovativo: sposalizio perfetto. 

Un’esperienza unica, divertente e utile, un evento lungo un tramonto, che, quasi come un sogno, è svanito quando le ultime luci del giorno hanno lasciato spazio alla notte.

fot. Marta Buso

I falsi amici della dieta

0

In linguistica, i falsi amici sono le parole o le espressioni che, in due differenti lingue, appaiono quasi uguali per grafia o pronuncia, ma a dispetto di ciò hanno un significato molto diverso. Termini ingannevoli, fonte di malintesi e momenti più o meno imbarazzanti, presenti anche tra italiano e polacco. Qualche esempio a tema alimentazione? 

Il termine italiano panna in polacco significa signorina. Presente in entrambe le lingue anche la parola cena, solo che in polacco ha il significato di prezzo, mentre il pasto serale si traduce con kolacja, a sua volta simile al nostro colazione che si traduce invece con śniadanie. 

Anche nell’alimentazione ci possono essere molti falsi amici. Si tratta di quei cibi che siamo convinti che facciano bene e magari che facciano anche dimagrire, mentre al contrario sono poco salutari o comunque sono ipercalorici e per niente dietetici. Ma da dove arrivano le nostre convinzioni errate? A volte da luoghi comuni, da leggende metropolitane, ma il più delle volte da efficaci strategie di marketing che fanno leva sul desiderio più diffuso: quello di stare bene ed essere magri. Questi falsi amici dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, che è necessario imparare ad acquistare e mangiare con maggiore consapevolezza. 

Cominciamo dalla colazione: granola, muesli, corn flakes. Li chiamiamo comunemente cereali, ma spesso contengono davvero molti, troppi zuccheri semplici, grassi e conservanti. Nel migliore dei casi gli eccessi derivano da frutta secca e disidratata, ma il più delle volte sono arricchiti da zuccheri aggiunti (presenti anche come sciroppo di riso o di glucosio) per rendere il prodotto più goloso. Al loro posto si possono scegliere dei cereali soffiati: ad esempio riso, farro, miglio, grano saraceno. Volendo aggiungere una nota croccante e golosa, la colazione può essere arricchita da frutta secca oleosa in quantità adatta al proprio fabbisogno calorico, e scaglie di cioccolato fondente con alta percentuale di cacao. 

Ma la frutta disidratata non è salutare? Se non ci sono zuccheri aggiunti, in effetti lo è, ma è anche ipercalorica. A pari quantità di alimento, ad esempio, le albicocche disidratate apportano 5 volte più calorie rispetto a quelle fresche, e sono prive di vitamine e ovviamente di acqua, quindi non danno senso di sazietà. Avremo la sensazione di aver fatto una merenda sana, e dopo un’ora avremo fame più di prima. 

Anche centrifughe ed estratti non possono essere considerati un buon sostituto della frutta fresca, e andrebbero consumati con moderazione. Anche senza l’aggiunta di edulcoranti, il succo 100% frutta contiene tutti gli zuccheri dei frutti da cui è ricavato: in media, una porzione di 200 ml contiene 24 grammi di zucchero, pari a 6 bustine in un solo bicchiere! La frutta fresca inoltre è ricca di fibre, che nutre il microbiota intestinale, e ci costringe alla masticazione che induce il senso di sazietà. 

Sempre per quanto riguarda colazione e merenda, anche lo yogurt può essere un falso amico. Considerato l’alimento sano per eccellenza, uno yogurt alla frutta può contenere anche 13 grammi di zucchero (più di 3 bustine). La soluzione è sempre quella di leggere l’etichetta: i prodotti a basso contenuto di grassi saturi e di zuccheri semplici possono essere considerati di buona qualità. 

In generale tutti i prodotti con la scritta light dovrebbero destare la nostra attenzione: spesso si tratta di alimenti con ridotto contenuto di grassi, ma ricchi di zuccheri, edulcoranti, additivi. Scelta dettata dal fatto che i prodotti devono comunque essere resi gustosi. Anche se ipocalorici, possono essere poco sazianti, e indurci a ricercare altri spuntini. 

Falsi amici sono anche crackers e gallette di riso. Di solito consumati al posto del pane, nella convinzione che siano meno calorici. In realtà, contengono una maggiore quantità di carboidrati (quindi zuccheri) e di grassi. E diciamocelo: sono anche meno buoni! Il pane non è un nemico: basta consumarlo in quantità moderata, adatta al proprio stile di vita, meglio ancora se integrale per aumentare l’apporto di fibra. 

Infine, anche un alimento che lascerà molte persone stupite: l’olio d’oliva. Ha un ottimo equilibrio di grassi, contiene antiossidanti e vitamine e certamente non può essere considerato un alimento poco salubre. Il problema è che il culto della dieta Mediterranea, pur facente parte del Patrimonio Immateriale dell’UNESCO, con l’adattamento alla vita moderna ha portato a degli eccessi. Tra questi ci sono i grassi: in una dieta equilibrata dovrebbero rappresentare il 25-30% delle calorie totali, ma nella dieta moderna superano facilmente il 50%. Ecco perché anche l’olio d’oliva, per quanto salutare, va consumato in quantità ridotte: la dose consigliata per una persona normopeso è di 3-4 cucchiai al giorno, compreso ovviamente quello utilizzato per cucinare. 

Spero che la vostra alimentazione non conosca molti falsi amici. E ora che sapete a cosa prestare attenzione, vi auguro una buona colazione e una ancora migliore kolacja!

Italia ospite d’onore alla Fiera Internazionale del libro di Varsavia 2024

0

È stata siglata oggi (16.01.2024) presso l’Ambasciata d’Italia a Varsavia l’intesa che vede, per la prima volta, la partecipazione dell’Italia come paese ospite d’onore alla Fiera Internazionale del Libro di Varsavia, in programma presso il Palazzo della Cultura e della Scienza dal 23 al 26 maggio 2024. L’intesa è stata sottoscritta per parte italiana da S.E. Luca Franchetti Pardo, Ambasciatore d’Italia a Varsavia, e, per parte polacca, da Waldemar Michalski e Jacek Oryl, rispettivamente Presidente e Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione “Storia e Cultura”, organizzatrice della Fiera.

La Fiera del Libro è un evento centrale nel calendario culturale della capitale polacca, e riunisce numerosi espositori provenienti dalla Polonia e da diversi Paesi del mondo.

L’Italia sarà al centro dell’edizione di quest’anno con una ricca serie di eventi, tra presentazioni di libri, incontri con gli autori e incontri tra operatori del settore: un’ottima occasione di conoscenza e promozione per il mondo editoriale italiano in Polonia. Come sottolineato dall’Amb. Franchetti Pardo “La fiera del libro di Varsavia, che quest’anno vedrà l’Italia quale ospite d’onore, rappresenterà una straordinaria opportunità per l’editoria italiana di promuoversi in un mercato di 40 milioni di abitanti che, come ho potuto sperimentare in diverse occasioni, nutre un profondo e sincero interesse, quasi “un’avidità”, verso la cultura italiana nelle sue varie manifestazioni”.

Il progetto della partecipazione italiana è reso possibile grazie alla collaborazione e al sostegno del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, del Ministero della Cultura (Centro per il libro e la lettura -CEPELL) dell’Agenzia ICE e dell’Associazione Italiana Editori e coordinato, in Polonia, dall’Ambasciata d’Italia, dall’Istituto Italiano di Cultura e dall’Ufficio ICE di Varsavia.