Jerzy Skolimowski, Krzysztof Kieślowski, Krzysztof Zanussi
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Sabato durante il gala del 75° festival di Cannes le produzioni “EO” di Jerzy Skolimowski e “Le otto montagne” di Charlotte Vandermeersch, co-produzione italo-belga-francese, hanno ricevuto ex aequo il Premio della Giuria. “Vorrei ringraziare ii miei sei asinelli. “EO” è una coproduzione polacco-italiana. La maggior parte del film è stata girata in Polonia ed ho scelto un certo tipo di asino italiano che ha la croce sulla schiena, di questo tipo di asini in Polonia ne abbiamo solo due”, ha detto Jerzy Skolimowski durante la premiazione. Il protagonista del film è un asinello che si esibisce al circo con un’artista giovane Kasandra. L’animale la ama molto ma un giorno viene portato via dal circo e da quel momento cambia spesso i proprietari.
Tursi è una splendida cittadina di circa cinquemila abitanti situata a poco meno di un’ora di macchina da Matera e ad un’ora e mezza da Potenza, capoluogo della Basilicata. Collegata in maniera molto comoda con la vicina costa jonica, Tursi dista soli venti chilometri dalle spiagge dorate di Policoro e 40 dalla meta turistica più ambita della Basilicata che è Metaponto.
Tursi è famosa per essere la città di Albino Pierro, poeta dialettale contemporaneo più volte vicino ad aggiudicarsi il Premio Nobel per la letteratura grazie alle sue opere tradotte in molte lingue. In suo nome è stato aperto un Parco Letterario che ogni anno ospita interessanti iniziative che mantengono vivo il ricordo di una delle figure più importanti e carismatiche di questa città di origine araba. Proprio per le sue radici, Tursi con il suo rione Rabatana, è candidata a Patrimonio dell’Unesco, unitamente alle Rabatane di Tricarico e Pietrapertosa. Chi arriva a Tursi può notare che il suo territorio è diviso in diversi rioni, ciascuno ben delimitato e con precise peculiarità. Il più antico e famoso di questi è la Rabatana, sorto intorno al Castello tra il V e il VI secolo, letteralmente circondata da profondi e inaccessibili burroni, quelli che costituiscono il fantastico mondo delle “Jaramme” citate proprio da Pierro. Qui si possono ripercorrere le stradine dei ruderi del nucleo originario con le modeste abitazioni che spesso comprendevano solo un vano al pianterreno.
Per arrivare alla Rabatana si percorre un’ampia e ripida strada che si estende sui burroni per oltre 200 metri, una sorta di gradinata chiamata in dialetto la “pietrizze”, sorta al posto di un pericoloso viottolo. A spiccare nei pressi della petrizze che porta alla Rabatana è il Picciarello, costituito da un lembo di terra che dalla collina del Castello si protende verso mezzogiorno, circondato da precipizi.
Dello stesso rione fa parte anche la Chiesa Collegiata di Santa Maria Maggiore eretta tra il X e l’XI secolo che si presenta con la facciata quattrocentesca e gli interni in stile barocco. L’interno è a tre navate con soffitto a cassettoni e un transetto interamente decorato con affreschi, dipinti ed arredi. La Sacrestia è arredata con massicci armadi lignei e dalla cappella si accede al presepe in pietra costruito nel 1550 ed attribuito ad Antonello Persio che ha lasciato tracce significative della sua arte scultorea a Matera e dintorni. In fondo alla navatella di sinistra si trova la cappella del trittico trecentesco che raffigura la Vergine dell’Icona in trono con il Bambino e scene della vita di Gesù e della stessa Vergine, quadro che si fa risalire alla scuola di Giotto ed ha un pregevole valore artistico.
In piazza Plebiscito, nel rione San Filippo, si affaccia l’omonima Chiesa del protettore della città, che si presenta con un’elegante facciata barocca e tre navate ciascuna decorata con pregevoli opere d’arte. Altrettanto famoso è il Palazzo del Barone Brancalasso, che spicca tra le strette viuzze in pietra, attorno al quale aleggiano diverse leggende secondo le quali il proprietario vendette l’anima al diavolo. Si dice che l’intero edificio venne realizzato in una sola notte da un gruppo di diavoli che, bloccati per sempre sulla terra dalle luci dell’alba, rimasero in questa dimora sotto forma di statue che, effettivamente, arricchiscono il palazzo, ma rappresentano la giustizia, la pace e la carità.
Nella centralissima Piazza Maria SS di Anglona, troviamo poi la Cattedrale dell’Annunziata, distrutta da due incendi nel 1988 e riaperta al culto nell’immediatezza del Giubileo del 2000.
Ultimo gioiello della città è senza dubbio la Basilica Minore di Anglona situata a cavallo tra Tursi e Policoro.
La chiesa che risale al XI-XII secolo, è a croce latina e dispone di tre navate, la centrale larga e molto alta, e le due navate esterne, strette e basse. In origine il santuario era ricco di pregevoli affreschi che raffiguravano episodi del vecchio e nuovo Testamento, sulle colonne sono tuttora presenti figure di Santi. Sulla parete destra della navata centrale sono ben visibili ancora scene del vecchio testamento.
Un’antica leggenda narra di un giovane pastorello che, mentre pascolava il suo gregge sulla sommità della collina ”Variante”, a metà strada tra Tursi ed Anglona, vide avvicinarsi una ”bellissima Signora”, che gli chiese di recarsi in paese, per invitare gli abitanti del luogo ad andarla a prendere. La gente prima incredula, poi sempre più curiosa si diresse sulla sommità della collina dove ritrovò la statua della Madonna e la riporta nel suo santuario. Nel luogo del ritrovamento fu costruito un capitello votivo in mattoni e, a ricordo dell’avvenimento, vi fu posta una croce in legno. Da allora tutti gli anni, la prima domenica dopo la Pasqua, la Madonna viene portata a spalle per un percorso di oltre 10 km, dal santuario alla cattedrale di Tursi.
Dal punto di vista enogastronomico, Tursi è famosa in tutto il mondo per le arance, con una varietà autoctona denominata Staccia, che può raggiungere fino ad un chilo e mezzo di peso, divenendo di fatto un prodotto di nicchia pregiato. Oltre agli agrumi troviamo anche delle drupacee d’eccellenza come le percoche e le albicocche e una fiorente olivicoltura e viticoltura.
In onore della Vergine di Anglona, grazie alla fashion designer polacca Natasha Pavluchenko, è stato realizzato un progetto di arte, moda, fede e filosofia denominato “Maria di Anglona” ispirato dall’antica pala dell’altare maggiore in gesso e policromo che è stata impressa su abiti ornamentali che, nonostante la pandemia, sono stati fatti conoscere sia in Italia che in Polonia durante il Festival UrBBan Fusion svoltosi a Bielsko Biala nel dicembre 2021.
”Da ormai sei anni”, racconta il sindaco Salvatore Cosma “lavoriamo incessantemente per promuovere e valorizzare la nostra comunità e le sue bellezze. Una comunicazione che ha portato i suoi risultati nel breve periodo visto il boom di investimenti da parte di cittadini stranieri, in particolare svedesi, inglesi e francesi nell’acquistare immobili nel nostro meraviglioso centro storico. Ma è nel medio lungo periodo che vogliamo arrivare a grandi obiettivi grazie non solo al nostro patrimonio artistico, storico e culturale ma anche a quello umano visto il grande calore e ospitalità di cui è capace la gente di Tursi.”
È possibile che Krzysztof Zanussi sia il più italiano tra i registi polacchi. E proprio dell’Italia, delle sue radici, di Federico Fellini che ha avuto occasione di incontrare, della condizione dell’Europa e della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia a cui ha partecipato, parliamo con il maestro del cinema dell’inquietudine morale che nel 2018 ha ricevuto il Premio Gazzetta Italia.
Prima di passare alla nostra conversazione facciamo una sintesi del cinema di Krzysztof Zanussi che tante volte ha avuto modo di connettersi a quello italiano. Il cinema che approda al Lido per la Mostra del Cinema di Venezia, viene ampiamente trattato già da qualche numero della nostra rivista. Tutto è iniziato dalla pellicola “Contratto”, del 1980, proiettata fuori concorso e premiata dalla Giuria del premio cattolico internazionale (Ocic) e da un riconoscimento speciale: la segnalazione Cinema for UNICEF. Il film tratta della cerimonia di matrimonio tra la figlia di un funzionario comunista e il figlio di un cardiochirurgo corrotto, durante la quale la sposa scappa davanti all’altare. Il regista ha ottenuto il premio Ocic anche nell’anno successivo per “Da un paese lontano”, il primo fi lm che conteneva gli archivi della vita di papa Giovanni Paolo II. In seguito Zanussi ha partecipato al Concorso principale della Mostra con i fi lm “Imperativo”, “Persona non grata” e “L’anno del sole quieto”. Quest’ultimo è l’unico fi lm polacco premiato con il Leone d’Oro. Era il 1984, la 41a edizione durante la quale il presidente era Michelangelo Antonioni, mentre Paolo e Vittorio Taviani, Isaac Bashevis Singer, Rafael Alberti e anche Günter Grass facevano parte della giuria. La pellicola narra una storia d’amore che si è rivelata impossibile da soddisfare. Il racconto è ambientato nella realtà del dopoguerra dove si incontrano due giovani: un americano ex-detenuto di un campo di concentramento e una polacca, vedova e proprietaria terriera. Vale la pena menzionare che oltre ad aver ricevuto premi, Zanussi ha girato film in Italia, per esempio “Il sole nero”, del 2007, in cui Valeria Golino, una stella del cinema italiano, interpreta il personaggio di Agata che si è innamorata reciprocamente di Manfredi (Lorenzo Balducci). Tuttavia, la loro felicità è brutalmente interrotta dalla morte dell’uomo. E anche se non tutti concordano con le opinioni e le visioni di Zanussi sui temi attuali, nessuno può negare che il regista abbia introdotto nel cinema polacco ed europeo il dialogo e il pensiero come forma di sentimento come ci danno conferma i vari premi ottenuti. Il pensiero che sfuma nei vapori dell’assurdo della nuova generazione che dimentica di farsi domande essenziali come invece fanno i personaggi di Zanussi.
Non tutti sanno che le sue origini sono italiane.
La mia famiglia si è polonizzata nella terza generazione. Il cognome Zanussi viene dall’Italia, da una famiglia di architetti e costruttori. Capita di trovare ancora persone che vorrebbero domandarmi se ho qualcosa a che fare con l’omonima azienda di frigoriferi e lavatrici. Sì, si tratta di questa famiglia Zanussi. Li ho conosciuti da giovane. La famiglia italiana mi fece un’ottima impressione. Possedevano un aereo privato, palazzi nobiliari di cui mi consegnavano le chiavi. Io invece non potevo far colpo su di loro solo con il fatto che giravo film che venivano proiettati anche in Italia.
Non si può parlare della Biennale di Venezia senza parlare dell’opera di Krzysztof Zanussi. Ha partecipato ripetutamente al Festival, vincendo due volte il Leone d’Oro per i film “Contratto” e “L’anno del sole quieto”.
È un luogo di importanza eccezionale per me, e sono i due premi più significativi che io abbia ricevuto, ma molto prima ho partecipato anche con il film “La morte del padre provinciale”. Era il 1965, ma ero assente al Festival. Solo più tardi mi hanno trasmesso il premio per uno dei miei cortometraggi più importanti che trattava di un giovane storico dell’arte che ha intrapreso un lavoro di restauro in un monastero.
E la famiglia italiana come ha accolto la notizia del suo successo?
Dobbiamo tornare indietro ai tempi della mia infanzia, più precisamente nella biblioteca dei miei genitori. Una volta, mio padre mi ha mostrato uno scaffale con i libri che potevo leggere e ha indicato anche dove si trovavano i libri per gli adulti. Ho preso immediatamente quelli proibiti e mi sono subito trovato Balzac tra le mani. Nei suoi libri è sempre presente il personaggio del cugino povero proveniente dalla provincia. Io sono andato da quegli Zanussi leggendari provenendo dalla realtà comunista, con 5 dollari in tasca. Li ho visti per la prima volta e loro mi hanno accolto con piacere, ma io, dopo questa lettura proibita, sapevo già come mi sarei sentito toccando la maniglia della porta o sedendomi a tavola, come mi sarei sentito perso.
La partecipazione al Festival di Venezia non è stata di aiuto?
Alla proiezione di “Imperativo” era presente mio cugino Guido e in sala c’erano anche Federico Fellini e il Presidente del Consiglio di quei tempi. Ed io ero molto fiero di far sedere mio cugino, della famiglia Zanussi, accanto a persone così importanti e influenti. Era il massimo che potevo fare. Il film ha raccolto ovazioni, tutti si sono alzati, il pubblico, in questo modo, ha fatto capire che non comprendeva la ragione per cui la pellicola non era stata inclusa nel concorso principale, che quell’anno era abbastanza scadente. Dopo la proiezione sono uscito dalla sala galvanizzato per questa dimostrazione di apprezzamento. Sentivo di aver provato a me stesso e ai miei cugini italiani che ero bravo in qualcosa, che avevo ottenuto molto e che con certezza avevo guadagnato molto ai loro occhi. Niente di più falso.
Non ha fatto impressione su di loro?
Mio cugino, che proveniva dalla generazione di mio padre, dopo la proiezione mi ha chiesto solo dove saremmo andati a cenare, che cosa avremmo mangiato e quale vino sarebbe stato più adatto al cibo. Proprio allora ho capito che non l’avrei mai impressionato. La cena era fantastica, la conversazione non aveva fine, ma abbiamo parlato di tutto meno che dell’ottima accoglienza del mio film al Festival di Venezia. Il giorno dopo, in albergo, andando a fare colazione, Guido mi ha salutato, molto sorpreso, con un’esclamazione: “Krzysztof quanto sei famoso, quanto successo hai ottenuto!”. Gli ho risposto che anche lui era presente in quella sala e che aveva visto l’ovazione per me e lui mi ha risposto che ogni volta che entrava nella sua fabbrica tutti gli operai lo salutavano e applaudivano. La standing ovation per lui non era niente di particolare. Invece si è reso conto del successo al mattino dopo, vedendo che il cognome Zanussi era apparso su tutti i giornali, in alcuni persino in prima pagina. Mi ha chiesto se mi rendevo conto di quanto costasse far apparire un articolo su Repubblica, e quale grande pubblicità fosse per il nostro cognome. Ha aggiunto solo che il costo era altissimo. In quel momento ho scorto l’ammirazione nei suoi occhi, e questo fatto è stato molto importante per un ragazzo insicuro, come ero al tempo.
Lei mantiene il contatto con la famiglia oggi?
Adesso ci incontriamo raramente. Il cugino Guido è morto, è rimasta la generazione della mia età. Sono riunioni famigliari molto piacevoli, spesso scherzose, anche un po’ sarcastiche. Loro sono sorpresi del fatto che io lavori ancora e pure tanto, facendo un film dietro l’altro e io gli rispondo chiedendo come si possa vivere come loro, non facendo nulla, non lavorando, esistenza che mi sembra incredibilmente noiosa.
E quali ricordi la legano a Federico Fellini?
Mi ricordo una volta quando con Andrzej Wajda gli abbiamo fatto visita e dopo l’incontro lui ci ha accompagnato alla porta. Gli avevamo raccontato di come il Comitato Centrale interferisse nei nostri film, di come la censura controllasse quello di cui volevamo parlare. E Federico ci rispose, riferendosi ai suoi film, che avrebbe voluto che il Governo italiano dedicasse del tempo a capire quello che lui raccontava nelle sue opere.
FOT. RAFAEL POSCHMANN / 2018.06.12 – Premio Gazzetta Italia 2018
Quale significato ha avuto il cinema italiano nel suo lavoro di regista?
Immenso, ma non mi è mai piaciuto il neorealismo italiano. Spesso guardavo molto attentamente l’immagine dell’Italia del dopoguerra che veniva mostrata in questi film e la prendevo come verità. Oggi, so che era solo una creazione. È stata un’epoca in cui in Italia tante persone sono riuscite a fare carriera. Per quanto riguarda i registi sicuramente ho amato Fellini, le sue opere, in particolare quelle dopo “La Strada”. Per me era un autore che creava film incredibilmente belli. Guardando i suoi lavori a colori ho capito che i miei sogni sono solo in bianco e nero. E poi ci sono i classici: Visconti, Antonioni e Pasolini, ma in realtà solo Teorema.
Se il neorealismo era una creazione, dov’era allora la verità?
Considero il romanzo “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, sulla cui base Visconti ha realizzato il suo film più importante, come uno dei libri più significativi nella storia dell’umanità. È un grande tesoro dell’arte italiana, del patrimonio e dell’identità. E nello stesso tempo è il racconto del declino dei valori, dell’autorità e della moralità.
E adesso che cosa minaccia l’Europa?
Nel momento in cui tutti parlavano dei pericoli di una guerra atomica o batteriologica, io ho sentito dire che per noi, come civiltà occidentale, il pericolo maggiore è il fatto che stiamo perdendo la voglia di vivere. Questo riguarda tutta la natura. Se qualcosa vuole vivere vive, ma quando smette di voler vivere muore. E io adesso vedo nell’Europa i segni preoccupanti della morte. Questo processo era cominciato nel passato, tutto è crollato cento anni fa, dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Non ci sono più le tracce dell’Europa dell’Ottocento. Se capissimo veramente quali sono i drammi che incombono sulla nostra società allora cominceremo a preoccuparci di risolvere innanzitutto i problemi dei migranti che prima o poi ci spingeranno fuori dalla nostra oasi di lusso e sicurezza perché non siamo pronti per andargli incontro e condividere con loro quello che dovremmo. Se oggi investissimo nel portare acqua nel deserto del Sahara, il problema ecologico e anche quello dei milioni di africani che vogliono venire in Europa, a volte cominciando dall’Italia, in un certo senso sarebbe risolto. Ma dov’è il politico che prende questa iniziativa? C’è bisogno di una persona come Ghandi, un uomo puro, senza interessi nascosti.
E il cosiddetto “politically correct” non è una trappola, ovvero un mezzo per toglierci la nostra libertà?
Ma certo che lo è! La correttezza politica presume che non si possa raffrontare nulla, che tutto sia imparagonabile ad altro. Oggi “diversità” è uno slogan molto popolare, ma questo offusca la domanda: che cosa è meglio? Oggi ci sono tre elementi che dominano la vita, tra l’altro molto visibili nell’identità italiana: sport, arte e scienza. Non è possibile mettere il segno uguale tra questi ambiti, dividerli in migliori e peggiori. Adesso l’uguaglianza viene confusa con il motto della Rivoluzione francese. La carenza dell’autorità è una delle ragioni di questa caduta. L’illuminismo è fi nito con la prima guerra mondiale e ora purtroppo viviamo in una sorta di isteria globale senza capire che dobbiamo innanzitutto riportare la società a correre su dei binari diversi e poi renderci conto che il paradiso in terra non può esistere.
Ma per le persone che oggi arrivano in Europa, come quelle naufragate nel 2012 al largo di Lampedusa o quelle che sono accampate al confi ne polacco-bielorusso, l’Europa resta un paradiso.
Queste persone vogliono potersi riscaldare, mangiare e sentirsi libere, ovvero senza l’ansia che qualcuno gli possa sparare. Sono gli stessi sogni che la gente aveva nell’Ottocento quando lottava contro la fame e le altre diffi coltà. E noi tutto questo l’abbiamo ottenuto. Ma oggi abbiamo bisogno di un altro sogno, necessario per andare avanti, invece di tornare indietro. Per un lungo periodo abbiamo cercato di vivere e realizzare il sogno americano e abbiamo dimenticato che anche qui in Europa siamo in grado di sviluppare desideri, sogni e obiettivi. E adesso qualcuno viene per quello che è nostro e quello che gli manca e noi non abbiamo il diritto di mettere la mitragliatrici sulle coste di Lampedusa e proibire a qualcuno di riscaldarsi e nutrirsi. Abbiamo dimenticato i sogni e l’immaginazione.
Il prossimo 7 giugno, presso l’hotel InterContinental Warszawa, si terrà l’8° edizione di “Borsa Vini Italiani” in Polonia, organizzata da ITA – Italian Trade Agency, Ufficio di Varsavia.
L’edizione di quest’anno vedrà la partecipazione di 32 aziende e cantine provenienti dall’Italia, che presenteranno oltre 150 etichette di vini selezionati nonché grappe, liquori e distillati di 12 regioni italiane.
Il programma inizierà alle ore 12:00 con la masterclass “Un viaggio tra i vigneti attraverso l’Italia e le sue isole”, degustazione guidata condotta dalla sommelier italiana Claudia Marinelli e dall’esperto di vini polacco Maciej Nowicki, e proseguirà dalle 13:00 alle 18:30 con la sessione di degustazione libera Walk Around ed incontri B2B con le aziende vitivinicole italiane.
Le aziende italiane partecipanti alla Borsa Vini 2022 sono le seguenti: A Quercia vini e cantina, Agricole Gussalli Beretta, Alessandro di Camporeale, Bartali, Bosio Family Estates – Passato Organic Wines, Cantina Bosco – De Padova Experience, Cantina Villa Colle, Cascina Vèngore, Colacino Wines Srl Soc. Agr., Distilleria Jannamico Michele & Figli, Donvitantonio Vini, Fattoria il Muro, FederTrade Scarl – Federazione Consorzi Export, Grillo Iole, I Feudi di Romans, Il Drago e la Fornace Group, ll Palazzo, Inverso Vini, IVAL, Livio Bruni – Ambre, Mossi 1558, Podere Colle Castagno, Poderi Moretti, Savian Biowinemaker, Scuderia Italia, Tenuta Canto alla Moraia, Tenuta di Trinoro & Passopisciaro, Tenuta Patruno Perniola, Tenuta San Jacopo, Villa De Varda, Villa Trasqua, Wine Generations – Italian Family Legacy.
L’Italia è da molti anni il principale Paese fornitore di vini della Polonia. Nel 2021 le importazioni polacche di vini dall’Italia sono state pari a un valore di 96,2 milioni di euro, in aumento del 16,4% rispetto al 2020, rappresentando una quota di mercato del 26,9%. A livello globale il valore delle importazioni di vino della Polonia è stato pari a 357,8 milioni di euro con un incremento del 10,6% rispetto al 2020.
L’ingresso alla Borsa Vini Italiani è riservato solo agli operatori del settore, su invito. Per maggiori informazioni contattare: varsavia@ice.it, tel. 22 6280243.
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Michał Wnuk, il proprietario della torrefazione Light Roast di Chełm, in un’intervista ha valutato, tra gli altri, il mercato delle torrefazioni e l’approccio dei consumatori ai caffè artigianali. Secondo Michał il caffè artigianale è un prodotto che si sta sviluppando intensamente. Stanno emergendo nuove torrefazioni. I clienti sono sempre più consapevoli di ciò che stanno acquistando e scelgono prodotti di qualità migliore, non quelli provenienti da grandi marchi ma dalle manifatture. Nella regione di Lublino ci sono diverse torrefazioni, circa 10. “Siamo pionieri nel nostro mercato locale a Chełm. Siamo solo all’inizio. Stiamo aprendo la strada, perché questo è un mercato ancora sconosciuto. I clienti non sono ancora stati introdotti a questo mondo. Non c’è ancora una “cultura del bere caffè”, per questo noi vogliamo introdurla e mostrare ai clienti quali sono i prodotti, quale scelta hanno e che esiste un’alternativa ai tipici caffè disponibili in negozio. Per convincere i consumatori a scegliere il nostro prodotto bisogna, prima di tutto, fargli assaggiare il caffè. Noi cerchiamo di essere presenti in diversi luoghi, dove conduciamo degustazioni. Penso che questo sia l’unico modo per convincere il cliente, perché solo quando lo si prova, si sente che il gusto del caffè artigianale è completamente diverso da quello disponibile in negozio.” spiega Wnuk. È difficile arrivare al bar con i prodotti offerti dalle piccole torrefazioni perchè ci sono tanti contratti di esclusiva. Bisogna trovare il momento in cui termina il contratto e poi cercare di portare il proprio prodotto al bar, quindi è sicuramente difficile al momento. Alla domanda sulle problematiche riguardanti la disponibilità di materie prime e i prezzi del caffè Wnuk risponde: “I prezzi del caffè sono in aumento, così come quelli della maggior parte dei prodotti, bisogna accettarlo. Non c’è alcun problema con la disponibilità, perché in realtà i cereali sono disponibili praticamente tutto il tempo. Nel caso in cui un tipo di cereale non c’è se ne prende un altro. Abbiamo un tale sistema per cui vendiamo i caffè che abbiamo a disposizione. Se uno di loro non è disponibile, lo ritiriamo dall’offerta e la prossima volta che appare alla consegna successiva, lo mettiamo nuovamente in vendita.”
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La Polonia può diventare il paese ospitante del Campionato Europeo Femminile di Calcio nel 2025. Gli altri paesi che si candidano sono la Francia, la Svizzera, l’Ucraina, la Svezia, la Norvegia, la Danimarca e la Finlandia. “Siamo sicuri che durante i campionati in Polonia gli stadi saranno pieni e milioni di persone saranno davanti alla TV fatto che influenzerà positivamente l’immagine del calcio femminile nella Polonia e nell’Europa. L’organizzazione di tale evento sarà una priorità e una grande nobilitazione per noi“, è scritto sul sito della federazione. Inoltre l’organizzazione di questo evento influenzerà l’aumento del numero delle donne coinvolte nel calcio e questo attirerà gli sponsor, permettendo di sfruttare la grande crescita del calcio femminile in Polonia.
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Le nuove tecnologie hanno cambiato non solo la percezione dei media, ma anche i media stessi, hanno creato molti problemi sul mercato della pubblicità. La posta in gioco è alta, perché il valore del mercato pubblicitario è stimato tra 7 e 10 miliardi di złoty. In questa competizione da un lato abbiamo i marketer e dall’altro, i media, che senza entrate pubblicitarie non possono funzionare. Il mercato dei media e della pubblicità sta affrontando una rivoluzione totale, causata dal progresso tecnologico. Fino a poco tempo fa, la ricerca sulla portata dei media elettronici veniva condotta in completo isolamento dalla ricerca sul consumo dei media su Internet. Nuovi canali e fonti di informazione e intrattenimento sono sfuggiti ai metodi di ricerca esistenti, il che ha causato molti problemi dal punto di vista delle emittenti, degli editori, degli inserzionisti e delle agenzie. Pertanto, è stato necessario creare uno studio unico sul consumo di media elettronici, che sarebbe stato accettato dalle emittenti pubbliche, private e dall’industria pubblicitaria. Ci si chiede come spendere efficacemente soldi per la pubblicità e come costruire un’offerta completa per gli inserzionisti. È qui che le tecnologie e i nuovi strumenti di ricerca sul mercato dei media tornano utili. Marcin Pery, CEO di Gemius, una società che conduce ricerche approfondite sul consumo dei media, ha sottolineato durante il panel “Cambiamenti nel mercato dei media” che la Polonia ha un mercato di ricerca molto sviluppato rispetto all’Europa, persino rispetto al mondo. “Siamo l’avanguardua per quanto riguarda lo studio della radio, della televisione e di Internet. Come uno dei pochi paesi, conduciamo già ricerche sul mercato della pubblicità fuori casa (OOH) e siamo il leader in questo campo.” dice Pery. La pubblicità dovrebbe guidare la crescita del business, motivo per cui le aziende non risparmiano in questo campo. Attualmente, nel settore pubblicitario, la cosa più importante è il ritorno sull’investimento (ROI), che significa il rapporto tra profitti e costi. Questa metrica tiene conto di obiettivi pubblicitari specifici e mostra l’impatto effettivo degli annunci sull’attività. Come parte dell’IAA (associazione pubblicitaria internazionale), è stato istituito il think tank Coalition of Marketers for Better Research, il cui scopo è quello di fornire ai marketer un’influenza sul processo di creazione di un nuovo standard di ricerca sui media, che dovrebbe aiutare a eliminare i costi inefficienti di comunicazione con il mercato e aumentare il ritorno sugli investimenti pubblicitari. L’intenzione della coalizione è anche quella di gettare le basi per un’indagine sui media a fonte unica per aiutare a raccogliere i dati più accurati sul consumo dei media. È necessaria inoltre una fonte di dati sul consumo pubblicitario ed è per questo che stanno lottando i marketer oggi, chiedendo aiuto all’istituzione del Joint Industry Committee (JIC), un’organizzazione che supporta la ricerca sui media da un’unica fonte. Ciò unirebbe gli interessi non solo dei marketer ma anche dei media e delle agenzie pubblicitarie. L’aiuto fornirebbe un’opportunità per accedere a informazioni affidabili sulle campagne pubblicitarie in vari media, tenendo conto della duplicazione degli utenti. “Per quanto riguarda la televisione e internet, quest’ultimo dà la possibilità di ottenere un catalogo completo di informazioni sull’utente, una possibilità non offerta dalla televisione linear” ha dichiarato Marcin Grabowski, plenipotenziario del Consiglio di Amministrazione della Borsa di Varsavia per la costruzione della piattaforma DAI. A suo parere, i contenuti televisivi di valore attuale sono prodotti quasi esclusivamente da emittenti europee, che nell’ambito della loro attività finanziano produzioni locali. Allo stesso tempo, le piattaforme di streaming globali sono guidate esclusivamente dal profitto. Ecco perché la Borsa di Varsavia intende costruire una piattaforma di aste per la gestione completa delle transazioni sul mercato dei media relative all’inserimento dinamico di annunci pubblicitari (DAI). Durante la trasmissione di un segnale TV via Internet, sarà possibile modificare il contenuto dei blocchi pubblicitari, indirizzarli in modo molto più preciso rispetto alla televisione lineare tradizionale. Anche l’industria della pubblicità esterna, più comunemente chiamata Out-Of-Home, vuole contribuire a questa rivoluzione sul mercato dei media e della pubblicità. “Vogliamo fornire dati sul pubblico che è alla portata dei media pubblicitari OHH. Contrariamente alle apparenze, la pubblicità esterna ampiamente compresa può fornire dati molto affidabili e affidabili utilizzando le nuove tecnologie. Creiamo e implementiamo uno strumento sul mercato con il quale saremo in grado di fornire dati sul pubblico di determinati media e stiamo parlando qui non solo della loro numerabilità, ma anche, ad esempio, della struttura demografica” dice Grzegorz Śliwa, Amministratore Delegato di MyLED. Il tema della privacy e della protezione della sicurezza dei dati alla luce della direttiva GDPR è importante, motivo per cui con questo tipo di soluzioni i dati aggregati vengono resi anonimi. In questo aiuta la tecnologia ARA, co-creata da Grzegorz Śliwa.I partecipanti al dibattito hanno convenuto all’unanimità che il cambiamento attualmente in atto sul mercato dei media e della pubblicità è enorme, ma la Polonia è ben preparata per questo. Dal punto di vista tecnologico, essa è in grado di competere con i più grandi di tutto il mondo.
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L’altro ieri, il ministro delle Infrastrutture, Andrzej Adamczyk, ha aperto al traffico l’ultimo tratto della superstrada S19 che collega Rzeszów con Lublino. Il tratto si trova tra Niedrzwica Duża e Kraśnik. Questa è l’ultima parte del percorso della Via Carpatia. Adamczyk ha sottolineato che ogni polacco merita di utilizzare la moderna rete stradale e ogni regione merita di non essere esclusa in termini di comunicazione, aggiungendo che la Via Carpatia consentirà agli imprenditori di concentrare la loro attenzione sulle regioni orientali della Polonia. Il ministro ha anche menzionato altri investimenti fatti dal governo. Sono state citate anche le dichiarazioni del commissario del Governo di Lublino, Lech Sprawek, ed è stata presentata la posizione della GDDKia in merito.
4 tuorli a temperatura ambiente
150 g di zucchero semolato
1 cucchiaio d’acqua
125 g di burro
115 g di farina 00
2 cucchiaini di estratto di vaniglia
1 pizzico di sale
500 g di latte intero
4 albumi a temperatura ambiente
4 gocce di aceto o limone
zucchero a velo x decorare
Procedimento:
Fondere il burro a bagnomaria e lasciarlo raffreddare. Scaldare il latte fino ad intiepidirlo leggermente e mettere da parte. Montare i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso, aggiungere l’acqua e il burro poco per volta e continuare a montare per un paio di minuti. Incorporare la farina setacciata ed amalgamare bene il tutto utilizzando una frusta a mano. Unire l’estratto di vaniglia, il sale ed il latte, un po’ per volta, e mescolare fino ad ottenere una sorta di pastella piuttosto omogenea (è normale che risulti piuttosto liquida). Montare a neve non troppo ferma gli albumi con l’aceto, incorporarli delicatamente e in più riprese al composto preparato precedentemente con una spatola, dall’alto verso il basso, facendo in modo di non smontare la meringa. Versare l’impasto in uno stampo quadrato da 20 cm di lato, imburrato o rivestito con carta forno, e cuocere in forno statico preriscaldato a 150-160°C per circa 45-60 minuti, o fino a quando la superficie del dolce risulterà ben dorata. Sfornare e lasciar raffreddare per almeno 3 o 4 ore nello stampo, prima di affettare (personalmente trovo sia ancora più buona se tenuta in frigo per almeno 1-2 ore, prima di essere consumata). Spolverare con abbondante zucchero a velo e servire.
Una storia italiana fatta di genuinità e valori concreti
Un secolo di storia che parte dall’attività di imbottigliamento artigianale dell’acqua minerale della fonte Galvanina, situata sul verde colle Paradiso di Rimini, luogo delle antiche terme romane. Galvanina si è poi trasformata in un’attività industriale che ha saputo custodire intatta la cura artigianale del dettaglio, dalla creazione alla realizzazione delle bevande biologiche. Oggi Galvanina opera in oltre 50 mercati internazionali e produce bibite di altissima qualità, interpretando con successo, da oltre 30 anni, la tradizione italiana nel mondo.
Tradizione e innovazione le chiavi del successo
Galvanina ha una storia caratterizzata dall’instancabile ricerca dell’eccellenza che si esprime nel rispetto degli ingredienti che seleziona e tratta con grande cura; nella creatività capace di reinterpretare con sapienza le ricette della tradizione in chiave contemporanea; nella sensibilità estetica testimoniata dalla inconfondibile bottiglia con design in rilievo. Nulla è lasciato al caso: le bibite Galvanina sono il risultato di grande cura, passione e conoscenza.
Qualità e bontà un unicum
Il binomio bontà e qualità è sacro “Perché noi di Galvanina siamo fatti così, ci piace ricercare l’eccellenza per rendere felici i consumatori attraverso esperienze di gusto. Un mantra che fa parte dell’identità del brand”, afferma il Ceo Fabio Pesiri. Il profumo e il sapore degli agrumi delle nostre aranciata, limonata, mandarino, esplodono letteralmente in bocca, avvolgendo tutto il palato per proiettarsi in un retrogusto intenso e duraturo, capace di traportare la mente del consumatore nei sapori e nelle atmosfere del Sud Italia.
Un brand pluripremiato
La ricerca e la qualità delle bibite Galvanina non è passata inosservata. Galvanina infatti ha ottenuto diversi riconoscimenti internazionali in Europa e negli Stati Uniti. Dai premi attribuiti direttamente dai consumatori “Gusto dell’anno” in Francia e UK al Sofy award di New York, alle 6 medaglie d’oro per la linea toniche e mixer ricevute nel 2021 a Londra. Solo per citarne alcuni. Qualità e gusto delle bibite Galvanina si sono spesso imposte nei blind test davanti a giurie internazionali. Ma ciò che conta veramente è il riscontro quotidiano che danno i consumatori rispetto alla bontà, alla piacevolezza alla inimitabile personalità delle bibite, che rimangono scolpite nella memoria gustativa.
Un partner strategico per i locali
Galvanina si distingue e fa distinguere perché fa la differenza. I locali, soprattutto quelli che si caratterizzano per essere italiani e che vogliono offrire sapori autentici, gusto e stile italiano trovano in Galvanina un alleato ideale. Bibite che possono essere servite in purezza, personalizzate alla maniera del locale attraverso una guarnizione, ma non solo. Tutte le bibite possono essere miscelate con alcolici per creare cocktail classici o signature e per chi non ama l’alcol possono essere miscelate fra loro aggiungendo tocchi di frutta o agrumi freschi per creare godibilissimi mocktail. Una versatilità incredibile come dimostrano i tanti suggerimenti per l’uso in forma miscelata presenti nel nostro sito.
Una ricca gamma per tante esperienze di gusto
Dalle bibite a base frutta, realizzate con succo e polpe di agrumi, ai soft drink classici della tradizione italiana ed anglosassone e dai tè freddi. Le bibite Galvanina si distinguono per la pienezza di gusto, l’originale bottiglia in vetro con l’originale design in rilievo e la certificazione biologica. Galvanina è sinonimo di bibite premium.
Nella linea a base di frutta, ai classici gusti di Aranciata Bionda, Aranciata Rossa, Limonata, Mandarino, Pompelmo Rosso, si aggiungono quelli di Melagrana, Mandarino & Fico d’India e Arancia Rossa, Carota nera & Mirtillo.
La linea Soft Drinks Biologici “Grandi classici” presenta in omaggio alla migliore tradizione italiana: il Chinotto, simbolo della generazione della “Dolce Vita”, realizzato con infuso di frutto di chinotto ed estratti di erbe amare; il Ginger ideale per un classico Aperitivo italiano; la Gassosa, tratta dalla ricetta originaria dei primi del ‘900 e divenuta famosa negli anni ’50; infine la Cedrata una bevanda semplice e dissetante fatta con gli aromi ricavati dai cedri calabresi.
Per la migliore tradizione anglosassone entrano in gioco a pieno titolo: la Tonica con chinino estratto dalla corteccia di China; il Ginger Ale, inventata dagli inglesi ai tempi della colonizzazione delle Indie e il Ginger Beer, nato nell’Inghilterra del 1700 che Galvanina realizza secondo una ricetta esclusiva, particolarmente apprezzata anche dagli specialisti della mixology.