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“La minoranza nazionale polacca in Bielorussia varia da 300 000 a 1,1 milioni di persone, che potrebbe ammontare al 12% della popolazione totale del paese”, leggiamo nel post pubblicato su Twitter dal Ministero degli Affari Esteri della Polonia. Il Ministero sottolinea che i polacchi in Bielorussia vogliono mantenere le tradizioni e ricordare le loro radici. A ottenere questo scopo aiuta la Związek Polaków na Białorusi (Associazione dei polacchi in Bielorussia), che promuove la cultura e lingua polacca. Nella settimana scorsa molti membri della ZPB sono stati arrestati dalle autorità locali. La presidente dell’associazione Andżelika Borys è stata arrestata e condannata a 15 giorni di prigione per aver organizzato “un evento di massa illegale” ovvero la fiera annuale Grodzieńskie Kaziuki. Alcuni giorni dopo sono stati arrestati gli altri membri del consiglio dell’istituzione: Andrzej Poczobut, Irena Biernacka e Maria Tiszkowska. Le autorità bielorusse hanno anche perquisito la sede della ZPB, le scuole polacche e le case degli arrestati.
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Il Premier polacco Mateusz Morawiecki ha affermato che la Polonia si trova nel momento più critico da quando è iniziata la pandemia essendo ad un passo dal limite al di là del quale non sarà più possibile curare i pazienti in modo adeguato. La terza ondata del coronavirus è molto forte, con oltre 34.000 malati e con il 70% dei posti letto occupati e più del 70% dei posti in terapia intensiva occupati. Per questo dal 27 marzo al 9 aprile sono introdotte nuove restrizioni. La situazione dovrebbe migliorare tra due-tre settimane, altrimenti si rischia che manchino posti in ospedale e che in Polonia sia forse necessario istituire lo stato di emergenza, perché la terza ondata è molto peggiore della seconda, e causa il ricovero in ospedale in gravi condizioni anche di molti giovani. Oltre alle restrizioni già in vigore, quelle nuove sono: chiusura dei centri commerciali (tranne alimentari, farmacie, librerie, edicole, negozi con articoli per l’igiene e con prodotti per animali); chiusura dei negozi di mobili e materiali per l’edilizia aventi superficie di oltre 2000 mq; nei negozi, al mercato, in posta: 15 mq per persona in locali fino a 100 mq, 20 mq per persona in locali superiori a 100 mq; in chiesa: 20 mq per persona, con una distanza interpersonale di almeno 1,5 m. e con mascherina coprente naso e bocca; chiusura dei centri estetici e dei parrucchieri; chiusura degli asili e dei nidi, eccetto per i figli del personale sanitario e delle forze dell’ordine; impianti sportivi aperti soltanto per chi pratica lo sport di professione. Infine si consiglia di lavorare a distanza (in smart working) se possibile e trascorrere la Pasqua a casa.
Chiara Catalano nasce a Palermo da una famiglia di artisti e scienziati da generazioni, di cui hanno parlato scrittori come Sciascia e influenti mezzi di comunicazione. Il nonno Eustachio fu direttore dell’Accademia di Belle Arti nonché esponente dell’arte del Novecento siciliano, cui è intitolato il liceo artistico di Palermo. Lo zio Eliodoro invece biologo marino e scienziato nonché precursore del riciclo urbano in difesa dall’inquinamento del pianeta. Il padre Maurilio, pittore e fondatore della prima galleria d’Arte a Palermo, oggi esponente principale dell’arte contemporanea siciliana.
Laureata in architettura, Chiara eredita i tratti di famiglia ed inizia la sua carriera come curatrice della galleria paterna “Arte al Borgo”, oltre a dipingere. Appassionata da sempre di moda, inizia le sue incursioni brevettando nel 2011 la borsa tastiera “Coccodrive” che sarà finalista del progetto Samsung. “Non mi considero stilista, mi piace descrivermi come una che sperimenta interventi artistici su capi d’abbigliamento, rigorosamente vintage, con un tratto istintivo, ottimista, primitivo, raw. Uso tessuti come tele, come manifesti dove esprimere e comunicare, chi indossa i miei capi diventa ambasciatore di un messaggio eco sostenibile”, spiega l’originale artista siciliana. Nel 2020 la diva di Bollywood Anushka Sharma, indossa un suo capo per Vogue. Catalano ha iniziato collaborazioni creative con Brand Ambientalisti tra pittura e sostenibilità e attualmente sperimenta interventi artistici su oggetti di abbigliamento.
Esprimi la tua filosofia di vita attraverso la moda. Quando hai deciso di comunicare attraverso questa forma d’arte?
Quando ho unito le mie passioni – moda, ecologia, arte – in un unico progetto. Quello della moda sostenibile è un argomento che, insieme a molti altri movimenti nello stesso ambito, gioca un ruolo molto importante per il nostro ambiente, per la nostra consapevolezza sociale e per la nostra economia da svariati decenni. Negli ultimi anni, a causa dell’allarme sul cambiamento climatico, ormai dimostrato dalla scienza, è un argomento sempre più presente anche nella moda, e molti stilisti e maison hanno deciso di unirsi alla causa, modificando le loro vecchie pratiche per diminuire gli sprechi e avere un impatto più positivo.
Potresti descrivere il tuo metodo di lavoro? Come hai creato il tuo stile?
Scelgo dei capi per la loro particolarità, li scelgo per poi trasformarli in pezzi unici, e spesso diventano come manifesti che gridano di “Salvare il pianeta”. Sono capi vintage o in commercio a cui do una seconda vita dipingendo sopra come se fossero tele. Utilizzo colori ecologici, vivaci. Scelgo temi diversi: slogan, figure, giochi…
Sui capi da te ideati troviamo molto spesso frasi come ”Save the planet”, “No plastic in the see” o ”Fuck pollution”. Sono frasi molto simboliche e potenti.
I miei messaggi sono slogan, chi sceglie di indossarli, diventa ambasciatore del messaggio sostenibile. Ce ne saranno tanti altri, diversi ma sempre pensati come inno alla salvaguardia del pianeta. Tra moda e arte c’è un legame profondo e affascinante. La moda stessa si può defi nire una forma d’arte. Nei miei capi il rapporto moda-arte è in continua evoluzione, poiché il filo conduttore di tutto è “comunicare”.
Uno dei tuoi progetti più innovativi e divertenti è certamente la borsa ”Coccodrive”. Com’è nata questa idea affascinante?
L’idea della borsa nasce maneggiando questo oggetto che fa parte delle nostre abitudini quotidiane immaginandolo trasformato in un divertente e sciccoso accessorio. Ha la peculiarità di essere notevolmente resistente agli attacchi chimici e all’ossidazione, risulta elastica, resistente all’invecchiamento e alle alte temperature ed è un ottimo isolante elettrico. In questo modo un elemento tecnologico si trasforma in una pochette colorata da portare a mano o con una scintillante tracolla utilizzando il suo filo di collegamento al pc.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Continuare a fare moda sostenibile, per mantenere vivi i valori in cui credo: rispetto e attenzione verso l’ambiente, libertà personale, non esaurire le risorse del pianeta. Credo che il concetto di sostenibilità abbia fatto capire a molta gente che la moda non è un concetto distante; la sostenibilità nel nostro settore non è una moda passeggera e credo debba essere considerata con rispetto, soprattutto se pensiamo alle condizioni in cui versa oggi il nostro pianeta. Inoltre, chi è venuto prima di noi ha visto le conseguenze drammatiche della fast fashion e anche nel settore del lusso. Per me, sostenibilità è una parola che ti fa pensare due volte alla strada da percorrere, e non è sempre quella più facile e durevole.
La tua terra d’origine è presente nella tua opera?
La Sicilia è una terra di forte personalità, ha una luce magica, ci sono montagne e mare, arte e storia… infinite fonti per ispirarsi!
I capi creati da Chiara Catalano si possono acquistare a Tokyo da Faye_eyaf, a Roma da Carmina Campus di Ilaria Venturini Fendi, e prossimamente online su Instagram. Per collaborazioni artistiche e creative potete contattare la designer direttamente su Instagram.
In Polonia questa settimana si sono registrati ancora nuovi casi, con il numero dei malati attivi e delle terapie intensive occupate in forte crescita. Sono stati superati i 2 milioni di casi da inizio pandemia e la quota di 50.000 decessi totali.
Il numero complessivo dei casi attivi è salito a 381.105 (settimana scorsa 332.028), di cui in gravi condizioni 2.620 (settimana scorsa 2.190),ovvero circa lo 0,7% del totale.
Gli ultimi dati al giorno 25 marzo 2021 mostrano un numero di nuovi casi nelle ultime 24 ore di 34.151 nuove infezioni registrate e 520 morti. Il numero delle vittime nell’ultima settimana è stato alto e in crescita, ovvero 2.472 morti (nella settimana precedente si erano registrati 2.015 morti).
Il Voivodato della Slesia (5.430), la Masovia (5.104), la Grande Polonia (3.334), la Piccola Polonia (2.919) e la Bassa Slesia (2.680) sono i Voivodati maggiormente interessati da nuovi casi.
I numeri dell’epidemia sono in crescita e sale la pressione sulle strutture sanitarie polacche. Sono attualmente occupati 27.118 letti da pazienti COVID-19, mentre sono 2.620 le terapie intensive attualmente occupate.
Per contrastare la pandemia sono state varate nuove restrizioni su tutto il territorio polacco a partire dal 27 marzo e valide per il periodo delle feste pasquali, fino al 9 aprile 2021.
Tutto il territorio polacco è zona rossa con obbligo di mascherinenei luoghi pubblici, anche all’aperto.
Sono chiusi bar, ristoranti, palestre,centri commerciali, hotel, teatri, musei, piscine e aree sportive salvo eccezioni in casi particolari. Ristoranti, bar e caffetterie possono effettuare il solo servizio con consegna a domicilio o da asporto.
Prosegue la campagna vaccinale che conta attualmente 5.381.726 vaccinazioni per COVID-19 in Polonia, di cui 3.524.209 prima dose e 1.857.517 seconda dose.
Per quanto riguarda gli sposamenti, resta in vigore l’obbligo di quarantena di 10 giorni per gli ingressi in Polonia, anche da paesi europei, con mezzi di trasporto organizzati, salvo presentare test COVDI-19 negativo nelle 48 ore precedenti l’ingresso.
Si raccomanda di limitare gli spostamenti e monitorare i dati epidemiologici nel caso di viaggi programmati da e verso la Polonia, per il rischio di possibili nuove restrizioni sui voli e gli spostamenti.
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“Questa primavera la finitura e riparazione degli appartamenti sarà più costosa rispetto all’anno scorso” ha ammesso Pawel Kisiel, presidente della società di costruzioni Atlas. Kisiel ritiene che tale situazione è, tra l’altro, dovuta all’interruzione delle catene di approvvigionamento dalla Cina, ma anche al gelo in Texas che aveva causato molti guasti nelle raffinerie che fabbricano e forniscono vari componenti per le costruzioni. Di conseguenza, mancano le materie prime per la produzione, ad esempio il polistirolo espanso o le vernici. Infatti i prezzi di questi prodotti stanno aumentando di mese in mese del 30%, alcuni sono saliti addirittura del 100% rispetto all’anno scorso. Inoltre, Kisiel ha spiegato che a causa dell’irrigidimento delle restrizioni sanitarie che oggi sta per annunciare il governo, la chiusura del settore edile sembra essere reale, ma se le consegne non saranno vietate, tutti gli ordini dei clienti potranno essere realizzati online. Il presidente di Atlas ha anche aggiunto che durante i lockdown il suo settore non era stato colpito così fortemente come gli altri settori dell’economia, dunque adesso sarebbe in grado di resistere all’eventuale chiusura di 2 o 3 settimane. Secondo lui al momento sicura è la continua crescita dei prezzi dei materiali da costruzione che oltre alla pandemia è dovuta anche alla politica ambientale, il cosiddetto “Green Deal” che persegue l’Unione europea.
Nel 2021, ricorrono i settecento anni dalla morte di Dante Alighieri. Come tutti sanno, la sua Divina commedia è una delle poche opere che attraversa tutte le culture, viene tradotta, citata, riscritta in Europa come negli Stati Uniti o in Giappone o in Africa. E ci sono monumenti dedicati a Dante in tutto il mondo, segno tangibile dell’interesse verso uno scrittore che rappresenta non solo l’Italia del Medioevo ma anche l’intera umanità di ogni tempo. Ma quali sono i motivi di questo interesse che si sviluppa nei secoli a partire dal Romanticismo e ora manifestato persino attraverso film e videogame?
Se si vuole capire perché Dante è ancora attuale, bisogna conoscere meglio le sue opere, senza limitarsi a pochi versi o episodi celebri. Non a caso dantesco è un aggettivo presente in tante lingue di tutto il mondo: ora è disponibile un audiolibro realizzato dal Ministero degli Esteri italiano, dal titolo “Dalla selva oscura al Paradiso”, che presenta un’antologia di canti in originale e in altri trentadue idiomi (tra cui il polacco con voci di Karolina Porcari e Jakub Kamieński: Dalla selva oscura al Paradiso – From the dark wood to Paradise | Spreaker), e del resto molti grandi scrittori, come T.S. Eliot o J.L. Borges, hanno notato che la potenza della Divina commedia resiste persino in traduzione.
disegno: Julia Marchowska
Eppure sono ancora moltissime le cose che non sappiamo su questo capolavoro così come sulle altre opere dantesche. Cominciamo col dire che l’attività letteraria di Dante, così come la sua vita, è stata segnata da improvvisi e profondi cambiamenti. Una prima fase, a partire dal 1283, fu all’insegna del rinnovamento della poesia d’amore e portò alla scrittura di testi lirici di grande rilievo, che però assunsero un senso compiuto quando vennero raccolti nel libro della Vita nova (1292-93) Si tratta già di un’operazione eccezionale perché, attraverso la costruzione diquel libro, il nucleo di ogni singolo componimento viene spiegato e giustifi cato in rapporto alla vita del poeta, protagonista delle parti in prosa, rivoluzionata dall’incontro con la donna-Beatrice, a poco a poco identifi cata con un angelo inviato da Dio. Il finale dell’opera arriva però dopo che un’altra donna si era incuneata nell’esistenza del poeta e la promessa di narrare una “mirabile visione” riguardante Beatrice, cui si accenna negli ultimi capitoli, non trova un seguito immediato.
Dante infatti, dopo il 1293, inizia un’altra fase della sua esistenza: ormai sposato, appassionato non più solo di poesia ma anche di filosofia, invitato a impegnarsi nella vita politica fiorentina, per vari anni non dà seguito al suo primo grande testo, ma scrive liriche di tipo morale, assieme ad altre invece riservate a un amore drammatico e distruttivo per una donna denominata Petra. Non è possibile stabilire la veridicità assoluta o relativa dei componimenti, benché quasi tutti i critici siano disposti ad accettare almeno un fondamento realistico. Sta di fatto che, sino al 1301, Dante segue vie molto diverse da quelle praticate nel periodo precedente.
In quell’anno, come è noto, si consuma l’evento fondamentale nella sua vita terrena ovvero la vittoria dei neri, i ghibellini, e la cacciata dei bianchi, i guelfi cui apparteneva, da Firenze. Uffi cialmente il suo esilio comincia il 10 marzo 1302, però è probabile che Dante non sia riuscito a rientrare mai nella sua città natale dopo essere stato in missione a Roma da Papa Bonifacio VIII (ottobre-novembre 1301). Ma prima di quell’evento aveva iniziato a scrivere alcuni canti del poema che lo ha poi reso celebre? Ci sono pervenute alcune indicazioni di Giovanni Boccaccio in questo senso, ma sono contestate. Tuttavia esse potrebbero contenere un fondo di autenticità: infatti i primi quattro canti dell’Inferno sono molto diversi dai successivi, e potrebbero davvero risalire al periodo intorno al 1300, anno in cui è ambientato il viaggio nell’Aldilà.
Di sicuro per un lungo periodo il poeta si dedica ancora ad altro. Nei primi anni dell’esilio svolge missioni diplomatiche, cerca di rientrare a Firenze ma senza successo, si avvicina persino ad alcuni ghibellini, il che non gli impedisce di arrivare a chiedere il perdono, lui orgoglioso guelfo bianco, ai suoi nemici neri. Dal 1304 concepisce addirittura due progetti che, se terminati, avrebbero prodotto opere di notevole rilievo: il Convivio, primo grande trattato in volgare fi orentino dedicato a questioni fondamentali della filosofia e della morale; il De vulgari eloquentia, incentrato su questioni di stile poetico e basato sulla prima ricognizione delle varie lingue locali italiane, con lo scopo di sintetizzare un ‘volgare illustre’. Sarebbero state imprese di alto profi lo e molto innovative per l’epoca, tuttavia rimasero entrambe interrotte.
disegno: Michał Bukowy
Infatti, dopo un soggiorno in Lunigiana e poi in Casentino, all’incirca tra il 1306 e il 1307, Dante decise di dedicarsi soprattutto al suo poema. I motivi di questa decisione verranno esaminati, così come si vedrà se è possibile individuare un punto da cui l’opera potrebbe essere ripartita. In ogni caso, le tappe interne della scrittura della Divina Commedia sono discusse, qui seguiamo gli elementi storico-documentari principali sino al 1313 circa, quando probabilmente si chiudono definitivamente le stesure dell’Inferno e del Purgatorio.
La storia intanto determina ulteriori cambiamenti, in primo luogo l’elezione di Enrico (o Arrigo) VII a candidato Imperatore del Sacro Romano Impero, il quale già nel 1310 scende in Italia con l’intenzione di ricevere l’investitura a Roma, per le mani di papa Clemente V o di suoi delegati. Dante si schiera immediatamente a sostegno di questo “messo di Dio”, e scrive epistole per tranquillizzare i signori d’Italia che potevano temere vendette o che continuavano a considerare il potere temporale subordinato a quello spirituale della Chiesa. In questo periodo molto probabilmente decide di scrivere addirittura un trattato filosofico- iuridico in latino, la Monarchia, considerato di assoluta importanza anche da teorici moderni del diritto. Ma ancora una volta la storia non andò nella direzione sperata: molte città, compresa Firenze, si ribellarono a Enrico il quale, abbandonato pure dal papa, morì nell’agosto del 1313 senza aver portato a compimento il progetto di superare i particolarismi sotto l’egida imperiale.
Dante si trova a dover scegliere nuove strade: tra il 1314 e il 1318 soggiorna in varie zone d’Italia, di sicuro nella ghibellina Verona sotto la protezione di Cangrande della Scala, ma poi sceglie di risiedere, con i figli, a Ravenna, governata dal guelfo moderato Guido Novello da Polenta. Qui scrive la parte finale del Paradiso, altre opere sicuramente autentiche come le Egloghe in latino, e comunque trova i momenti di più compiuta serenità che gli siano concessi negli anni dell’esilio. Muore però, probabilmente nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321, senza poter rivedere la sua città natale.
Queste poche righe riassumono quasi tutti i fatti principali della vita di Dante. Ma gli avvenimenti non ci consentono di capire a fondo la sua creatività in ogni campo della letteratura (e non solo) che ha praticato, bisogna infatti capire e interpretare le sue opere cercando di definire le loro caratteristiche e il loro stile, insomma come sono fatte e quali siano il loro valore e la loro importanza per noi.
Forse Dante non voleva intitolare il suo capolavoro Commedia tanto è vero che nel Paradiso parla della sua opera come di un “poema sacro”. Di certo le attribuiva un valore altissimo e anche noi, oggi, non dobbiamo ridurre questo grandioso viaggio ultraterreno a un banale testo allegorico. Dopo secoli in cui la varietà del poema dantesco è stata fatta rientrare a forza in schemi unitari e rigidi, adesso siamo in grado di accettarne la straordinaria varietà, degna di un romanzo moderno.
disegno: Małgorzata Pelc
Infatti la perfezione della Divina commedia non è monolitica e anzi sono proprio le sfumature e i cambiamenti che ora ci interessano maggiormente. Inoltre, i lettori di oggi, ormai costantemente esposti a tecniche narrative complesse (letterarie o cinematografiche, e ora evidenti nelle serie televisive più raffinate), riescono a cogliere la grande abilità di Dante nel costruire un racconto poliedrico, pur seguendo una linearità ferrea. Siamo ormai in grado di apprezzare sia le figure potenti dell’Inferno, sia la delicatezza di tante situazioni del Purgatorio, sia l’arditezza di tante altre del Paradiso, il cui ultimo cielo è quasi una ‘realtà virtuale’ basata sulla teologia del XIV secolo.
Dante allora non è più soltanto un classico, bensì l’autore di un’opera-mondo, ovvero di un’opera che sintetizza un’intera cultura, come appunto avviene nella Divina commedia. Di sicuro questo poema di settecento anni fa è uno dei pochissimi capolavori letterari noti e riconosciuti a livello globale, capace di generare ancora interpretazioni davvero ricche di risonanze e di novità.
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Alberto Casadei insegna Letteratura italiana all’Università di Pisa ed è coordinatore del Gruppo Dante dell’Associazione degli Italianisti. Si è occupato di testi dal Tre al Cinquecento, nonché di poesia e narrativa contemporanee, anche in una prospettiva comparatistica e teorica. Fra i suoi libri recenti si ricordano Dante oltre la “Commedia” (2013), Dante: altri accertamenti e punti critici (2019), mentre è imminente la pubblicazione diDante oltre l’allegoria(Ravenna, Longo).
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Lunedì scorso il presidente Andrzej Duda ha conferito l’ordine della Polonia Restituta al calciatore Robert Lewandowski per il suo successo nell’ambito dello sport. “Lewandowski è un eroe nazionale, lo posso dire con certezza. È un calciatore eccezionale non solo sulla scena nazionale ma anche mondiale”, ha detto Duda. Il presidente ha anche sottolineato le parole di Lewandowski, che ha detto in una intervista che non si concentra sui premi già ottenuti perché persegue quelli che non ha ancora vinto: “Ci sono solo tre onorificenze polacche più elevate di questa. Sono convinto, che otterrà anche quelle”. Il presidente ha espresso la sua ammirazione non solo per il talento, ma anche per la determinazione e la laboriosità dell’atleta. Ha anche ringraziato Lewandowski per la promozione della Polonia sulla scena mondiale ed europea. Lewandowski nel suo discorso ha espresso la gratitudine per tutti i membri e personale della squadra: “Non possiamo dimenticare, che il calcio è uno sporto di squadra, quindi vorrei ringraziare i miei colleghi, gli allenatori, il personale che ci aiuta e anche le nostre famiglie. Insieme creiamo l’unità, una squadra che ha voglia di vincere”. Ha anche aggiunto, che rappresentare il suo paese è molto importante per lui: “Non importa se gioco in una partita con la maglia della Polonia o del Bayern, la consapevolezza di sapere da dove provengo è sempre con me”. Lewandowski ha descritto il calcio come uno sport esigente, ma dichiara di non aver paura e di aver sempre la voglia di sfidare sé stesso. Lewandowski ha giocato nella squadra nazionale per la prima volta nel 2008, fino a oggi ha rappresentato il paese 116 volte segnando 63 gol. Ha vestito le maglie di Lech Poznań, Borussia Dortmund e dal 2014 gioca per il Bayern Monaco. Durante l’estate 2020 ha trionfato nella Champions League, a dicembre invece ha ottenuto il premio giocatore dell’anno come il primo polacco nella storia di FIFA.
Il primo segno di un’ennesima imminente rivoluzione nella progettazione delle auto fu l’Alfa Romeo Carabo nel 1968, quando lo Studio Bertone rivelò la sua nuova fascinazione per una carrozzeria dalle linee semplici, futuristiche e affilate. Si trattava di una proposta che prendeva le distanze dalle forme oblunghe e arrotondate che all’epoca erano la norma dello stile automobilistico e che dava inizio a una nuova era, quella delle “Dream Cars”. È con quest’auto che Marcello Gandini introdusse per la prima volta le portiere che si aprono a taglio di forbice, una soluzione che avrebbe più tardi diventata l’attributo del marchio Lamborghini.
Ciò che si poteva osservare allo stand Bertone durante il Salone dell’Automobile di Torino del 1970 era incredibile. La Lancia Stratos Prototipo Zero era come veicolo del Dr. Emmett Brown in “Ritorno al futuro – Parte III”, tranferito nel Far West di fine Ottocento. Ancor maggiore fu lo shock degli abitanti di Bruxelles nel 1971, quando il mezzo si fece strada nel traffico cittadino, diretto alla fiera automobilistica di quell’anno. In un istante tutte le auto che aveva sorpassato si trasformarono in catorci provenienti da un tempo remoto. Con la sua forma incuneata la Stratos ricordava un proiettile argentato più che un automobile. Se allora era innovativa e affatto avulsa dalla realtà di quei tempi, oggi potremmo paragonarla soltanto all’incontro con una civiltà aliena. Mentre Nuccio Bertone illustrava il suo nuovo progetto al direttore generale della Lancia Pierugo Gobbato, i due stavano davanti ai portoni della fabbrica assieme a un gruppo di ingegneri quando sotto le sbarre abbassate sfrecciò loro accanto questa nuova visione automobilistica. La sua altezza non superava quella di una comune tavola su cui fosse appoggiata una tazza, 84 cm. Il re del pop Michael Jackson volle quest’auto “ultraterrena” nel film “Moonwalker” del 1988, nel quale il protagonista fugge a un inseguimento trasformandosi proprio in una Stratos Zero. Naturalmente non era un mezzo che potesse funzionare in modo normale. Era un concept, un punto di partenza per la creazione di un auto la cui unica destinazione doveva essere la partecipazione alle corse.
La Lancia Stratos HF [High Fidelity] apparve nel novembre del 1971 in un’incarnazione completamente nuova disegnata da Gandini su un sottoscocca di Giampaolo Dallara. I due, che avevano già collaborato in precedenza sul progetto dell’indimenticabile Lamborghini Miura, crearono una nuova icona non soltanto dell’automotive italiano ma di quello mondiale. Grazie agli sforzi di Cesare Fiorio, principale ideatore del “progetto Stratos” e direttore del reparto corse di Lancia, e del già menzionato Gobbato, furono testate varie confi gurazioni fino al 1973 affinché il cuore dell’auto fosse costituito dal motore V6 della Ferrari Dino 246GT. Molti componenti minori, come le chiusure e le maniglie delle portiere, i fanali anteriori e posteriori, i pulsanti del cruscotto, ecc. furono attinti a piene mani da vari modelli Fiat, che divenne proprietaria di Lancia nel 1969. La Stratos aveva anche innovazioni proprie: era una delle prime automobili ad adottare rivestimenti in alcantara, forse l’unica al mondo nei portaoggetti delle cui portiere si trovasse posto per caschi sportivi, aveva un parabrezza anteriore tra i più panoramici dell’epoca e fi nestrini laterali che si abbassavano scorrendo un cursore sull’arcuato binario posto negli sportelli.
Compatta, a forma di cuneo, leggera e con un motore potente; l’auto indubbiamente serviva al suo scopo. Dopo aver ottenuto nel 1974 l’omologazione FIA per il gruppo 4 (nonostante fossero stati prodotti soltanto 492 dei 500 esemplari richiesti), conquistò subito il titolo di Campione del Mondo Rally e lo mantenne per i successivi due anni. Il pilota più titolato alla guida della Lancia Stratos fu Sandro Munari, tre volte vincitore del prestigioso Rally di Monte Carlo.
Ciò che le dava un vantaggio nei rally era allo stesso tempo una maledizione per la Lancia Stratos HF Stradale, destinata all’uso civile. Il veicolo aveva sospensioni molto rigide, era costoso, stretto e rumoroso, in poche parole inadatto a un uso normale. I clienti non accettavano la sua radicalità, tanto più considerando che come auto sportiva non era disponibile di colore rosso. Per di più non la si poteva registrare in nessun Paese in Europa, per non parlare del ricco mercato americano, perché non rispettava le norme sulla sicurezza. Apparentemente ancora nel 1978 si poteva ricevere un esemplare di Stradale a chilometraggio zero.
Che cosa ha a che fare con tutto questo Alitalia? È presto detto. La compagnia aerea di bandiera italiana è stata lo sponsor principale di Lancia negli anni 1975-77, ovvero il periodo di maggior successo della Stratos. Il logo tricolore di Alitalia, ideato nel 1969 da Walter Landor, autore tra l’altro del simbolo di Cotton Corporate e del logo FedEx (ora tutti lo sappiamo), era l’esibizione non verbale del dinamismo e della modernità della compagnia aerea. La Stratos dava l’apparenza di essere “tagliata” per quel logo. Durante i rally i reporter che commentavano la corsa, spesso da un elicottero, concordavano sul fatto che dall’alto si poteva riconoscere la macchina da lontano ed era una vista inimitabile.
Dedichiamo dunque ancora qualche parola all’Alitalia, società che da anni attraversa molti problemi. Mi piace viaggiare con Alitalia. Sebbene abbiano iniziato come tutti a risparmiare sui pasti e siano poco puntuali, ho comunque grande rispetto per il loro attaccamento ai dettagli. Nel 2015 il logo della compagnia è stato rinnovato ispirandosi alle auto sportive e per la tredicesima volta dal 1950 è cambiata l’uniforme del personale. Per Alitalia hanno disegnato Florence Marzotto, Renato Balestra, Giorgio Armani. Al momento dietro all’intera collezione si nasconde la famosa Alberta Ferretti. Non ho idea del perché sia stata presa così in fretta la decisione di cambiare, giacché gli abiti del personale proposti da Ettore Billotta nel 2016 erano molto chic, colorati, dignitosi ed eleganti. La collezione era ispirata agli anni Cinquanta e Sessanta, quando hostess e piloti erano considerati sinonimo di classe, eleganza e libertà. Hanno fatto il loro ritorno foulard, guanti, borsette e toque, la cui forma ricordava i pendii terrazzati della Liguria. Gli accessori in pelle provenivano da Napoli, le calzature dalle Marche, i tessuti dalla Toscana. L’ex presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo, alla guida di Alitalia dal 2014 al 2017, ha imposto l’introduzione di un colore fino ad allora mai utilizzato dalla compagnia: il rosso naturalmente, benché in una sfumatura di vinaccia. Con la fuoriuscita di Montezemolo, dalla collezione di quest’anno è sparito anche il suo amato colore rosso.
Riassumendo, la visione futuristica di Bertone, la determinazione di Fiorio e Gobbato, i geniali Dallara e Gandini, il motore Ferrari, il dinamico logo Alitalia e il talento magistrale di Munari; sono questi gli ingredienti che hanno fatto grande la Lancia Stratos, eroina dei rally.
Il modellino dell’azienda Kyosho del 2001 vestendo l’unica giusta livrea è eccezionale e anche abbastanza unico. Qui c’è la versione “Dirty”, vale a dire sporca, assieme a un supporto dato da un diorama che riproduce un pantano dopo una nevicata e dunque vediamo l’auto nel suo ambiente naturale. Un altro ele-mento eccezionale è l’inserimento all’interno del modellino del pilota e del navigatore. Trattandosi di una replica dell’auto che vinse il rally di Monte Carlo nel 1977, sono Sandro Munari e Silvio Maiga. Il tutto è accompagnato da una custodia acrilica dedicata, con l’informazione che si tratta di uno di 1000 pezzi in edizione limitata in scala 1:18.
Lancia Stratos HF – Gruppo 4 FIA
Anni di produzione: 1974-75
Volume di produzione: 492 esemplari (di cui 28 in versione rally)
Motore: Ferrari tipo 236 E. V-6 65°
Cilindrata: 2418 cm3
Prestazioni motore: 245 KM/7700
Velocità massima: 248 km/h
Accelerazione 0-100 km/h (s): 4,6
Cambio: 5 rapporti
Massa: 850 kg
Lunghezza: 3710 mm
Larghezza: 1750 mm
Altezza: 1115 mm
Interasse: 2180 mm
foto: Piotr Bieniek traduzione it: Massimiliano Soffiati
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Il primo ministro Mateusz Morawiecki ha annunciato ieri che la squadra medica polacca, che è composta dai medici, dalle infermiere ed dai paramedici, vaccinerà 3,5 mila dipendenti del quartier generale della NATO a Bruxelles entro 3 giorni. Il capo della cancelleria del primo ministro, Michał Dworczyk, ha detto a PAP che giovedì su richiesta del segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, più di 20 medici polacchi dalla Squadra Medica di Pronto Intervento voleranno a Bruxelles. Per la vaccinazione verrà utilizzato il vaccino AstraZeneca proveniente dalle risorse polacche. Morawiecki ha sottolineato nel post su Facebook che la Polonia è sempre stata un’alleato fedele ed affidabile della NATO e tratta allo stesso modo le iniziative dell’Alleanza legate alla lotta contro la pandemia, ma anche, che garantire la continuità operativa del Comando NATO dipenderà davvero dal lavoro della squadra polacca, e questo è nell’interesse della sicurezza comune. Tanto più che tutti si stanno preparando per un importante vertice NATO alla fine di quest’anno. Il Primo Ministro è molto orgoglioso di questa missione e tale invito significa che i partner apprezzano l’esperienza e la conoscenza dei medici polacchi, ma anche l’efficacia del sistema vaccinale polacco. “Per noi, la solidarietà all’interno dell’Alleanza e l’onesto adempimento degli impegni alleati non sono solo uno slogan vuoto. Ed è ciò per cui siamo famosi nella NATO”, ha detto il Primo Ministro. Morawiecki ha anche ricordato che dall’inizio della pandemia, le équipe mediche polacche hanno aiutato i civili, tra gli altri, in Gran Bretagna, in Slovacchia, ma anche in Italia (Lombardia), USA (Chicago ), in Slovenia e negli altri paesi. La Polonia ha inoltre fornito dispositivi di protezione a chi ne aveva bisogno, tra l’altro in Iraq, Kosovo, Bielorussia, Spagna, Italia, Georgia e Ucraina. Possiamo solo vincere con il virus in solidarietà “, ha scritto Morawiecki. Il segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg ha ringraziato ieri su Twitter per la campagna di vaccinazione e ha confermato che la Polonia è un forte alleato.
Alzo la testa. Sopra di me c’è un groviglio caotico di fili per stendere i panni piegati sotto il peso di lenzuola, mutande e magliette da calcio, con le quali probabilmente oggi nel pomeriggio si svolgerà un’altra partita tra i ragazzi del posto. Per giocare a calcio, anziché utilizzare un normale campo, useranno i vicoli piccoli e stretti. Il campo tra gli scooter che sfrecciano velocemente e sotto gli sguardi curiosi delle nonne, che trascorrono le giornate sporgendosi fuori dal balcone per sentire gli ultimi pettegolezzi sul loro vicino.
Inspiro l’aria e me la godo per un lungo momento. Tutto qua ha un odore diverso, compresa la pasta fatta dalla mamma in casa che nessun cuoco può eguagliare, e non potrebbe essere altrimenti perché siamo a Napoli. E così mi trovo in mezzo ai Quartieri Spagnoli, dove nulla è scontato e il tempo sembra essersi fermato. Un posto in cui puoi avverti la gioia delle persone semplici che forse non hanno tanto, ma non ti mostreranno mai la loro tristezza. Qui posso acquistare verdura fresca ad un prezzo davvero buono e la sera sedermi a bere un bicchiere di vino ad uno dei tavolini traballanti sulla strada. Sebbene i Quartieri Spagnoli non attraggano folle di turisti, è sempre il primo posto in cui vado durante i miei viaggi napoletani.
La cattiva reputazione di Quartieri Spagnoli
Alcuni dicono che di notte i Quartieri Spagnoli diventino pericolosi e che sia meglio evitarli, soprattutto se sei una donna sola. Mi spaventano raccontandomi di furti e risse tra adolescenti che non mi piacerebbe vedere. I titoli dei giornali regolarmente parlano di sparatorie notturne e di altre news poco edifi canti. Ovvero tutto ciò che decisamente non vuoi sperimentare sulla tua pelle. Credo che i napoletani separino i loro pensieri e la loro vita da quello che succede nei Quartieri Spagnoli tanto che è davvero strano per loro vederci qualcuno dopo il crepuscolo, con la macchina fotografi ca legata al collo che fa capire che non è di qua. In questa zona, si incontrano turisti molto raramente. Tutto questo non è causato solo dalla cattiva reputazione dei Quartieri Spagnoli, ma anche dal fatto che muovendosi per questo quartiere viene violato un confi ne invisibile, il cui attraversamento dà un chiaro segnale agli abitanti della zona. Non sei di qui, allora cosa stai cercando? A volte entrando nei Quartieri Spagnoli sembra di entrare nella vita di qualcuno. Appari improvvisamente e non si sa perché stai disturbando il loro ritmo e la loro pace. Forse proprio qui, tra le vecchie case ed i profumi della pasta fatta in casa, più volte nella mia vita, mi hanno chiesto da dove venissi e cosa davvero stessi cercando. Donne anziane che passano i loro pomeriggi su fragili balconi, che sembrano resistere per miracolo, raccontandosi storie inverosimili, casalinghe sedute su seggiole di plastica davanti agli ingressi delle loro case, con i cani rannicchiati sotto i loro piedi, che cercano un po’ di senso di sicurezza mentre i nonni fumano sigarette arrotolate manualmente. Tutti ti guardano e già sai che l’arrivo di un intruso susciterà rapidamente nuovi argomenti di conversazione. A volte la sera senti strani scoppi ma forse sono solo i suoni dei motori. Quando ascolti così tante brutte storie, alla fine inizi a sospettare davvero di tutti e non è così che dovrebbe essere.
E nonostante questa consapevolezza, puoi davvero spaventarti per un momento, ma poi vado in via Toledo, passando dal lato di Vico Santa Maria delle Grazie e ancora una volta sono davvero commossa. Penso che il “vicolo dell’amore”, composto da cuori appesi colorati, frammenti delle più belle canzoni e poesie, sia commovente per ogni anima sensibile. È così follemente fuori posto. Strade sporche e buie e accanto il vero teatro d’amore delle frasi più belle del mondo. Ogni tanto mi sembra che questo sia possibile solo a Napoli, nella città che è la più ricca di contrasti di tutte quelle che ho visto.
E anche se per molto tempo ho pensato che l’unicità di Napoli sia principalmente il paesaggio, il rispetto per l’incombente Vesuvio, i fiori intrecciati sopra le teste dei passanti nei vicoli di Posillipo,oggi aggiungo con certezza che la bellezza di Napoli è data anche dalla gente che ci vive e da luoghi in cui la realtà sembra assumere una dimensione diversa.