Piotr Salwa: la modernità delle Artes Liberales

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Nel fervore economico e architettonico di Varsavia, simbolo dello straordinario recente sviluppo della Polonia, incontrare il professor Piotr Salwa equivale a concedersi una pausa culturale, un’oasi intellettuale nel mezzo dell’efficientismo materico che aleggia in città. Già professore di scienze umanistiche presso il dipartimento di Italianistica e poi della facoltà Artes Liberales, Piotr Salwa, apprezzato studioso della letteratura italiana, è stato anche per sette anni direttore dell’Accademia Polacca delle Scienze di Roma.

Com’è nato il suo rapporto con la lingua e la cultura italiana?

In modo assolutamente casuale! Vicino a casa mia, in via Nowowiejska, negli anni Sessanta aprirono una sala di lettura italiana. All’epoca in Polonia i paesi occidentali non potevano avere dei veri e propri istituti di cultura, prerogativa concessa solo ai paesi socialisti. Un’amica di mia madre mi mandò in quella sala di lettura a chiedere delle informazioni. Lì lavorava Renata Machulec che con grande entusiasmo mi parlò delle attività che facevano ed in particolare dei corsi gratuiti di italiano. Così mi iscrissi, eravamo in pochi perché allora nessuno pensava di viaggiare fuori dal paese e l’interesse per la lingua del Bel Paese era piuttosto limitato, dato che l’italiano non veniva insegnato nelle scuole e i libri e i giornali italiani non si trovavano. Come insegnante avevamo Ludovico Tulli uno di quegli italiani che negli anni incerti del dopoguerra preferirono emigrare. Tulli scelse la Polonia e ci rimase a vita. Dopo l’esperienza alla sala di lettura in via Nowowiejska, conclusi gli studi liceali, scelsi la facoltà di lingue romanze, dato che Italianista ancora non c’era.

La prima volta in Italia?

A Siena nel 1970 grazie ad una borsa di studio. Fu una bella esperienza in una scuola in cui insegnavano italiano agli stranieri con i docenti dei licei senesi. Ci tornai due anni dopo per dare l’esame fi nale. Invece a Torino, anzi in giro per il Piemonte, passai circa un anno dopo la laurea, facevo da interprete ai polacchi che andavano ad imparare i processi produttivi della Fiat per lavorare poi negli stabilimenti della Slesia. Dal punto di vista culturale e linguistico è stata un’immersione totale: altri polacchi non ce n’erano e se non parlavi italiano semplicemente non mangiavi. Tornato a Varsavia feci il dottorato e poi nel 1976 ottenni il posto di docente all’università.

Dopo anni tanti anni di docenza ad Italianistica è passato alla facoltà di Artes Liberales.

La facoltà di Artes Liberales è nata da un’idea di Jerzy Axer un classicista innamorato tra l’altro del Rinascimento che ha voluto riproporre il concetto di studi umanistici interdisciplinari e col tempo unire materie letterarie con studi scientifi ci. All’inizio Artes Liberales era solo un istituto ma ora è una vera e propria facoltà all’interno dell’Università di Varsavia in cui si può fare anche il dottorato. Il concetto alla base di Artes Liberales è bellissimo: approcciare il mondo avendo attenzione alla sua complessità. Gli studi si concentrano tra l’altro sui paesi mediterranei valorizzando la cultura classica, il latino, il greco antico e moderno.

Ovvero l’esatto opposto della recente moda dello spingere, e quasi del costringere, lo studente a dedicarsi subito a una qualche specializzazione che gli faciliti l’entrata diretta nel mondo del lavoro. Mi pare si tratti di un approccio produttivo che sì è diffuso a cascata anche in Europa, con forme di insegnamento che rincorrono la scorciatoia di un profitto immediato, trasformando le università in esamifici e il processo di valutazione in una fredda sequela di test e di quiz.

Nella costruzione del patrimonio intellettuale individuale bisogna partire dalle basi: la conoscenza verso le culture antiche, l’apertura mentale, l’approccio dialettico che stimola la capacità di ragionare. La specializzazione è importante ma deve innestarsi su una base culturale solida perché le necessità del lavoro, e quindi le specializzazioni, cambiano, mentre la cultura resta e ci consente di essere sempre al passo con i tempi. Oggi si sta riscoprendo l’importanza della capacità di ragionamento individuale, lo dimostra anche il fatto che tante aziende multinazionali sono pronte a fare dei corsi di specializzazione ai nuovi assunti che invece devono mostrare capacità dialettiche, idee, fantasia e apertura mentale. Quindi studi fino a pochi anni fa bistrattati, come filosofia, ora sono rivalutati e molto apprezzati perché
formano nel profondo gli studenti. Studiare Artes Liberales è quindi una scelta di grande modernità.

Lo studio della lingua e della letteratura italiana è una scelta moderna?

Direi di sì, verso l’italiano c’è sempre un grande interesse e nel tempo le facoltà si sono moltiplicate. Negli anni Settanta del secolo scorso c’erano solo corsi a Varsavia, Cracovia e per un periodo Wroclaw, poi l’attenzione verso l’italiano è esplosa e oggi per studiarlo a Varsavia si può scegliere tra Italianistica, Linguistica Applicata, Artes Liberales e l’Università Wyszynski, a Cracovia la Jagellonica e la Pedagogica, e poi c’è Italianistica a Wroclaw, Stettino, Danzica, Poznan, Torun, Lublino, insomma l’offerta è ampia per lo studio di una lingua che, anche se si parla praticamente solo in Italia, rimane il verbo della cultura artistica, musicale, architettonica, ragione per cui è la quarta più studiata al mondo.

L’autore che preferisce insegnare?

Sicuramente Boccaccio e la novellistica in genere anche se naturalmente parlare di Dante e Petrarca è sempre molto gratificante.

Gli autori moderni che consiglia?

Umberto Eco naturalmente e poi alcuni meno noti e diversi tra di loro come Giorgio Bassani e Achille Campanile. Di attuale consiglio anche la lettura del libro “Storia dell’Adriatico, un mare e la sua civiltà” di Egidio Ivetic che apre una finestra su questa straordinaria parte d’Europa, un mare in cui da secoli si confrontano popoli e culture. Libro che ora potete leggere anche in polacco.

E se dovesse scegliere una città italiana?

Quando gli studenti mi chiedono consigli su dove fare l’Erasmus o una esperienza di lavoro consiglio le medie città come Padova o Pisa, e magari un’azienda a gestione familiare, è in questa dimensione che si capisce meglio la cultura italiana. Io, ad eccezione di Sardegna e Basilicata, ho visitato tutta l’Italia. Le mie esperienze di studio e professionali mi hanno fatto conoscere bene Siena, Torino, Firenze dove c’ho passato due anni di studio, Venezia dove andavo spesso alla Fondazione Cini e poi naturalmente Roma dove ho lavorato sette anni. Vivevo nel quartiere Nomentano e ogni giorno andavo all’Accademia Polacca delle Scienze in Piazza Venezia. Ma sono sincero, se dovessi scegliere una zona in cui vivere direi il Veneto che è pieno di città meravigliose come Vicenza e Verona, secondo me è la regione in cui la gente è più gentile e poi adoro l’accento veneziano e veneto. Tante volte ho chiesto al professore veneziano Alberto Rizzi, che ha lavorato sei anni a Varsavia, dove poter fare corsi di dialetto, ma lui mi ha sempre risposto che non ho speranza, perchè se non ci nasci non riesci ad impararlo!