Emergenza Coronavirus: il plasma dei guariti verrà somministrato ai primi 100 pazienti
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10 milioni di PLN di Fondi Europei per sostenere la costruzione dei satelliti artificiali polacchi
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Torta al doppio cioccolato e caffè
Ingredienti per la torta:
- 200 g di burro molto morbido
- 300 g di zucchero semolato
- 3 uova intere
- 80 g di cacao amaro
- 120 g di farina di frumento 00
- 4 g di lievito per dolci
- 2 g di sale fino
- 45 ml di caffè espresso
- 8 g di caffè solubile forte
- 1 cucchiaio di rum o brandy
- 125 g di yogurt intero bianco
Per la copertura:
- 200 g di panna da montare
- 200 g di cioccolato fondente a pezzetti
Per guarnire:
- nocciole o codette di cioccolato o chicchi di caffè
Procedimento:
Imburrate e infarinate bene uno stampo a ciambella di circa 22 cm di diametro. Mettete in infusione il caffè espresso caldo con il caffè solubile e il liquore. Setacciate insieme farina e cacao, aggiungetevi il lievito e il sale e mescolate bene. Nella ciotola della planetaria o in una ciotola capiente se utilizzate il frullino ad immersione mettete il burro morbido e montatelo con lo zucchero fino ad ottenere una consistenza molto spumosa. Aggiungetevi le uova, una alla volta, non aggiungendo quello successivo finché il precedente non è ben amalgamato.
A questo punto alternate le farine con lo yogurt: mettete nel composto un terzo delle farine e mescolate, poi una metà dello yogurt e continuate così terminando con le farine. A mano aggiungete, mescolando con una spatola gommata, l’infusione di caffè e liquore. Trasferite l’impasto nella tortiera a ciambella e fate cuocere a 170° per 30 minuti, poi abbassate il forno a 160° e fate cuocere per altri 25 minuti. Fate raffreddare bene la torta prima di sformarla. Preparate la ganache mettendo la panna in un pentolino e portandola al bollore.
Togliete dal fuoco e versatevi dentro il cioccolato fondente a pezzetti, mescolando con una spatola finché non otterrete una crema liscia e omogenea. Fatela colare delicatamente sulla torta e guarnite con nocciole o codette di cioccolato o chicchi di caffè.
Buon appetito!
La Tana del Lupo di Hitler nella Masuria dei mille laghi
C’è un pezzo di Polonia che sembra volersi incuneare tra Bielorussia, Lituania e l’enclave russa di Kaliningrad, una regione modellata dall’azione del grande ghiacciaio scandinavo il quale, ritirandosi circa 12mila anni fa, ha lasciato dietro di sé una terra dolcemente ondulata trapuntata di laghi postglaciali che nel corso dei millenni si è ricoperta di distese di conifere e betulle. I laghi sono talmente tanti che nell’immaginario collettivo, per definire questo territorio, nel corso dei secoli ha preso piede l’espressione “Paese dei Mille Laghi”. Invece per paradosso i laghi della Masuria sono ben più di mille! Per la precisione, fra grandi e piccoli, circa 2600! Un territorio composto di detriti morenici (argilla, pietrisco, sabbia e rocce) da sempre poco fertile la cui unica ricchezza era quella che veniva dai boschi: legname, pece vegetale, selvaggina, animali da pelliccia, miele, cera e poco altro. Questo ha risparmiato alla regione uno sfruttamento agricolo intensivo e scoraggiato una capillare antropizzazione preservando il suo ambiente naturale in una forma, non diciamo integra, ma quantomeno abbastanza equilibrata. Una cartina di tornasole sono le cicogne, che notoriamente disdegnano ambienti naturali inquinati. Pare infatti che quasi un quarto della popolazione mondiale di questi uccelli scelga la Polonia per passarvi l’estate, e la maggior parte di esse per riprodursi si darebbe convegno proprio in questo angolo del paese.
Tali caratteristiche naturali, che in un lontano passato potevano risultare un handicap, oggi, nell’epoca dei viaggi e del turismo, si rivelano un vero asso nella manica.
E così, in particolare dal secondo dopoguerra, la Varmia e Masuria (così si chiama la regione amministrativa che accorpa in sé due regioni storiche), è pian piano diventata una delle mete polacche preferite per il turismo estivo, grazie all’abbondanza di verde (boschi e prati) e di azzurro (laghi e corsi d’acqua), una combinazione sempre molto ambita da chi è in cerca di svago e riposo, più o meno attivo. Una miriade di laghi dalla forma serpeggiante collegati fra loro da canali diventano un paradiso per gli amanti degli sport d’acqua declinati in cento modi. E va detto però anche che, paradossalmente, pur essendo da decenni una delle regioni più bramate, amate e regolarmente visitate dai villeggianti ed escursionisti polacchi, la Masuria non è ancora stata scarnificata dalle cavallette del turismo di massa.
Questo a mio parere per almeno due motivi: il primo è il grande rispetto che i polacchi hanno in generale per la natura, e il secondo è il fatto che il Paese dei Mille Laghi continua a restare piuttosto isolato dal resto della Polonia e dell’Europa, non possedendo ancora una rete di trasporti tale da favorire flussi turistici da grandi numeri. Per questa ragione, chi apprezza questo modo di trascorrere le vacanze dovrebbe affrettarsi a goderselo, prima che vengano realizzate le autostrade e ampliati gli aeroporti. Per ora il modo migliore è muoversi in macchina, con pazienza, spirito ‘slow’ e un bel po’ di tempo a disposizione. In alternativa, spostarsi in barca (per chi ce l’ha o la vuole noleggiare) sfruttando la fitta rete di canali e corsi d’acqua che collegano fra loro un gran numero di laghi. In questo modo si può vagabondare in libertà fuori dai percorsi più battuti per provare l’ebbrezza di scoprire da soli angoli segreti, un laghetto occhieggiante fra un rigoglio di verde, un semplice localino dove ristorarsi con una birra o rifocillarsi con un robusto piatto di campagna o di pesci di lago appena pescati…
Il cuore della Masuria, l’area nota come Paese dei Grandi Laghi Masuri, si estende su 1732 kmq, di cui 486 kmq occupati da laghi e le località più frequentate e meglio attrezzate, quelle dove è più comodo fare base e da dove partire per escursioni nei dintorni, oltre che per gite in battello da un lago all’altro, sono Węgorzewo, Giżycko, Mikołajki e Mrągowo. Un itinerario alternativo, o meglio integrativo, può essere per esempio quello che tocca i castelli dei Cavalieri Teutonici, da visitare o in cui pernottare o pranzare, essendo tutti stati riadattati ad alberghi, musei o ristoranti: Olsztyn (capoluogo della regione), Lidzbark Warmiński, Reszel, Kętrzyn, di nuovo Giżycko e Ryn. In due di questi, a Olsztyn e Lidzbark Warmiński, trascorse diversi anni della sua vita Nicolò Copernico, conducendovi fra l’altro calcoli e osservazioni astronomiche che sistematizzerà nell’opera De revolutionibus orbium coelestis, con cui nel 1543, quasi sul letto di morte, decreterà che è la terra a girare intorno al sole e non viceversa.
Tuttavia, per gli amanti della storia, e soprattutto di quella del Novecento, forse la meta più intrigante della regione è Gierłoż, una minuscola frazione di Kętrzyn, situata 8 km a est della città. Qui, occultate tra i boschi, i laghi e gli acquitrini si trovano le rovine della famigerata Tana del Lupo (in tedesco: Wolfsschanze; in polacco: Wilczy Szaniec), la base strategica che Adolf Hitler fece costruire per sé e per i gerarchi della Germania nazista. Il Quartier Generale del Führer fu iniziato nel 1940 in previsione dell’attacco all’Unione Sovietica programmato per l’anno seguente (il “Piano Barbarossa”). Il luogo fu scelto perché l’allora Prussia Orientale era una zona storicamente ben fortificata, molto vicina al confine sovietico, da dove lo stato maggiore dell’esercito tedesco poteva dirigere meglio le operazioni di guerra. In origine il Quartier Generale era costituito di pochi edifici leggeri costruiti in mattoni, legno e sottili coperture di cemento armato, anche perché si pensava di annientare l’Unione Sovietica con una guerra lampo di non più di sei mesi. Negli anni seguenti, man mano che la guerra si prolungava, il complesso venne sempre più ampliato e rafforzato, fino a estendersi su circa 250 ettari dove sorgevano un’ottantina di edifici vari, fra cui 7 di tipo pesante (i bunker) edificati in cemento armato con muri spessi da 4 a 8 metri praticamente inscalfibili dalle bombe del tempo. E questo è ben visibile ancora oggi: quando con l’avvicinarsi del fronte sovietico, nel gennaio del 1945 il Quartier Generale venne abbandonato, i tedeschi posizionarono dentro ogni bunker fra 8 e 11 tonnellate di esplosivo per farli saltare in aria, ma non servì a molto. Pur se in gran parte danneggiate queste costruzioni sono rimasti integre nelle strutture principali e oggi sono visitabili in buona parte anche internamente.
Adolf Hitler per la prima volta entrò nella Tana del Lupo il 24 giugno 1941, due giorni dopo l’inizio dell’invasione dell’Unione Sovietica, e la abbandonò per sempre il 20 novembre del 1944 per rifugiarsi a Berlino. Detraendo il tempo durante il quale, spostandosi con il suo speciale treno blindato, soggiornò in qualche altro dei suoi 13 quartieri generali, dal 24 giugno 1941 al 20 novembre 1944 il Führer trascorse nella Tana del Lupo di Gierłoż (che allora in tedesco era Görlitz) complessivamente circa 800 giorni!
Qui riceveva i capi di stato dei paesi alleati, fra cui anche Benito Mussolini, che fece a Hitler diverse visite. L’ultima volta fu il 20 luglio del 1944, esattamente il giorno in cui Claus Schenk von Stauffenberg compì il celebre attentato chiamato “Operazione Walkiria” che, come sappiamo, purtroppo fallì. Per colpa anche, in un certo senso, proprio di Mussolini. Hitler aveva subito fino a quel momento una quarantina di attentati, dai quali con molta fortuna era sempre uscito illeso. E la fortuna lo aiutò anche stavolta. I congiurati non credevano più nella vittoria della Germania ed elaborarono un piano per decapitarne in un colpo solo tutta la leadership (il Führer, Hermann Goering, Heinrich Himmler, Wilhelm Keitel, Martin Bormann e Alfred Jodl). Contemporaneamente a Berlino sarebbe dovuta scoppiare una rivolta congiunta di una parte dell’esercito e dei lavoratori forzati del Reich.
Essendo entrato a far parte dello stato maggiore il 1° luglio 1944 il conte Stauffenberg decise che sarebbe stato proprio lui a compiere l’attentato, poiché la sua carica gli permetteva di assistere alle riunioni dello Stato Maggiore nel Quartier Generale di Hitler. Nel mese di luglio erano state programmate riunioni il 6, il 15 e il 20, e Stauffenberg scelse quest’ultima data, perché quel giorno sarebbero dovuti essere presenti tutti. L’attentato fallì per un insieme di circostanze, ma soprattutto perché la riunione venne anticipata di mezz’ora, dalle 13 alle 12.30, a causa dell’arrivo imprevisto di Benito Mussolini, e Stauffenberg e il suo aiutante Werner von Haeften fecero in tempo ad azionare solo una delle spolette chimiche della bomba. Inoltre, per via del caldo, la riunione non si svolse in un bunker come previsto ma nella baracca delle conferenze speciali, un edificio leggero le cui molte finestre aperte contribuirono a disperdere l’onda d’urto. La valigetta con la bomba che Stauffenberg aveva lasciato sul lato sinistro di una trave in cemento armato, cioè dalla parte di Hitler, venne spostata sull’altro lato della trave, quindi più lontano da Hitler, dal generale Heusiger che se l’era trovata fra i piedi e al quale aveva dato fastidio.
La deflagrazione ferì molte delle persone presenti, ma ne uccise solo quattro, e non delle più importanti. Adolf Hitler riportò solo una piccola ferita al braccio destro all’altezza del gomito, un taglio sulla mano sinistra e, come tutti i presenti, lesioni ai timpani. Goering e Himmler arrivarono in ritardo, dopo le 12.30, a esplosione già avvenuta. Stauffenberg e Haeften erano intanto partiti in aereo per Berlino convinti che l’attentato fosse andato a buon fine, ma nel frattempo anche il colpo di stato a Berlino era fallito, perché avviato in ritardo e con molta lentezza solo dopo l’arrivo di Stauffenberg, dopo le 15.15. Alla mezzanotte del 21 luglio la rivolta era già stata soffocata con l’arresto di circa 6000 militari sospetti. Stauffenberg e i capi della rivolta vennero subito fucilati, mentre gli altri vennero giustiziati alcuni giorni dopo in modo atroce, impiccati con delle corde di pianoforte attaccate agli uncini del mattatoio di Ploetzensee o in altri modi umilianti. Hitler fece filmare le esecuzioni e in seguito pare godesse sadicamente nel riguardarsele nella Tana del Lupo.
Se a Mussolini non fosse venuto il capriccio di fare, quel giorno, una sorpresa a Hitler o fosse invece arrivato, da bravo italiano, un po’ in ritardo, l’attentato sarebbe potuto andare a effetto e la fine della Seconda Guerra Mondiale forse avrebbe potuto prendere tutta un’altra piega.
Per informazioni:
Warmińsko-Mazurska Regionalna Organizacja Turystyczna – ul. Staromiejska 1, 10-017 Olsztyn – tel./fax +48 89 535 35 65 – e-mail: kontakt@wmrot.org
Per organizzare il viaggio e per visite guidate in italiano:
Guzik z podróży – Katarzyna Kiewro – tel. +48 693 143 807 – e-mail: guzikzpodrozy@gmail.com – w www.guzikzpodrozy.pl (Kasia parla anche italiano).
Rafał Stanowski: la moda in Polonia ha un enorme potenziale
Cracovia è famosissima per la sua splendida piazza e il vecchio mercato dei tessuti che ricordano la storica grandezza di questa luogo, un passato che ancora risuona nelle fondamenta di una città in crescita continua. Ma il tempo passa e lo sviluppo della società mette in primo piano nuove cose.
E questa volta è la moda ad essere protagonista.
Dall’altra parte della città, un po’ lontano dal centro, ci troviamo davanti ad un palazzo in cui il senso estetico si materializza diventando qualcosa di tangibile. Siamo circondati da foto professionali, ritratti, mockup, quadri, progetti di interni, tutto legato al design.

Qui ci dà il benvenuto il direttore creativo della scuola artistica di progettazione abiti del SAPU nonché direttore creativo della Cracow Fashion Week. Ci rendiamo subito conto che ci troviamo in fronte ad una persona ingegnosa, sensibile e con una profonda cultura estetica.
Parlando del Sapu possiamo affermare che contribuisce ed influisce sul mercato della moda in Polonia?
La Scuola Artistica di Cracovia, fondata nel 1989, è l’istituto attivo da più tempo e con i maggiori successi nel settore in Polonia. Invece la Scuola Artistica di Progettazione Abiti è stata fondata nel 1995. Da allora ad oggi ha formato migliaia di laureati molti dei quali lavorano in grandi aziende come Reserved, Mohito, House, 4F o Patrizia Aryton che attualmente è diretta dal nostro laureato Patrycja Cierocka.
Al SAPU hanno studiato anche persone che hanno aperto loro case di moda come Michał Gillbert Lach, la metà del binomio Bohoboco e altri giovani stilisti molto importanti per il mercato polacco della moda come Monika Ptaszek, Ola Bajer o Waleria Tokarzewska.
Come si suddividono i corsi della scuola?
La Scuola Artistica di Progettazione Abiti istruisce i futuri stilisti di moda e all’interno delle Scuole Artistiche di Cracovia, a cui appartiene, si insegna anche design, recitazione, danza, fotografia, visual merchandising e coreografia.
Il settore della moda è in grande sviluppo in tutto il mondo, avete molti studenti stranieri?
Sì tanti, molti dall’Ucraina ma anche dal resto del mondo. Recentemente abbiamo avuto una studentessa delle Mauritius, ma ci sono anche studenti dagli Stati Uniti, del Nepal, dall’Africa o dall’Arabia Saudita. Ci sono anche slovacchi, tedeschi, svedesi e italiani. Ragione per cui abbiamo fondato il Fashion College per insegnare la moda e la fotografia in inglese. Di anno in anno ci sono sempre di più studenti e aumenta l’interesse verso la moda polacca. Gli studenti stranieri cercano nuove opportunità e noi siamo contenti di poterle offrire.
Ci sono tirocini per i Vostri studenti? Organizzate qualche tipo di scambio internazionale?
Abbiamo avuto uno scambio con la scuola tedesca Fahmoda di Hannover. E siamo in contatto con istituti della Slovacchia, Repubblica Ceca e Ungheria. I rapporti con i paesi confinanti sono molto intensi e gli interscambi di studio si svolgono regolarmente. Per quanto riguarda l’Italia ci piacerebbe creare dei contatti, finora non ci siamo riusciti. Ma, forse, magari grazie a Gazzetta Italia faremo qualcosa di nuovo. Poco fa si è presentata l’occasione di un progetto di una sfilata alla fashion week “Alta Roma”.
Tu sei anche vice caporedattore della rivista “Lounge Magazyn”. Questa attività è legata in qualche modo con SAPU?
Non è legata con SAPU, ma le persone che cercano informazioni sul lifestyle la scelgono frequentemente. La scuola invece una volta all’anno, in occasione della Cracow Fashion Week, pubblica la propria rivista intitolata “Tuba”. Vale la pena dire che il portale Fubiz nella sua lista delle 50 copertine migliori nel mondo ha messo una delle nostre copertine di qualche anno fa accanto a quella di Time.
C’è molto movimento nel settore di moda, ma forse non è ancora un potenziale pienamente sfruttato. Recentemente è arrivata sul mercato editoriale la versione polacca della rivista Vogue, è un momento di svolta per la moda polacca?
Stanno crescendo molte marche nuove e c’è un gran interesse da parte dei media e del pubblico. La gente sempre più spesso acquista vestiti di marche polacche, create da vari giovani stilisti, artisti, artigiani. Il settore della moda in Polonia cresce velocemente da 5-6 anni. E se Vogue è entrato nel nostro mercato significa che c’è un grande potenziale. Le grandi marche, tipo La Mania, vanno benissimo, vendono all’estero e aspirano ad essere riconosciute come marche lussuose e di livello mondiale. La moda cresce di importanza ma non possiamo rapportarci con l’Italia. È un paese che vive di moda da millenni. Guardiamo un po’ Roma Antica, un design meraviglioso che noi di certo non abbiamo avuto a quei tempi. Qui all’epoca vivevamo nei boschi. (risate)
I giovani polacchi attribuiscono una grande importanza allo stile. Ma questo atteggiamento si può notare anche nelle altre classe di età?
Le persone mature delle grandi città che hanno disponibilità economica tendono a prendersi cura della loro immagine. Più problematico è seguire la moda per chi vive lontano dalle grandi città e per ragioni economiche o semplicemente perchè non ne sentono l’esigenza non si prendono cura del loro look. La Polonia è tuttora in cerca di un proprio stile.
Forse lo stile polacco si avvicina a quello tedesco?
Lo stile tedesco ha una grande influenza ma per noi è strano. Non siamo mai stati più di tanto affascinati dalla forza teutonica. Piuttosto direi che abbiamo preso ispirazione da altri paesi. Abbiamo dimenticato che lo stile polacco, quello della nostra epoca d’oro, il XV secolo quando fummo una potenza europea, fu il risultato di un mix tra Est e Ovest. Sono sempre molto attento all’aspetto storico. Per esempio la cavalleria medievale dell’Europa Occidentale aveva le spade dritte mentre quella polacca aveva sciabole curvate. Questo design lo avevamo preso dai Tatari che ci avevano invaso da Est. Mentre poi ci sono tanti elementi occidentali nella nostra cultura, architettura o anche negli abiti dei nobili. Ebrei, tatari e poi turchi hanno avuto un impatto grandissimo sulla nostra estetica. Abbiamo una tradizione bellissima: la meravigliosa Cracovia rinascimentale è stata progettata dagli architetti italiani a cominciare dai tempi della regina Bona, in quel periodo avvenne una crescita incredibile del nostro stile.
Una volta ne ho parlato con Dorota Koziera, una stilista di design eccezionale che ha progettato per aziende come Fiat, Dior, Swarovski. Attualmente abita a Milano, la capitale della moda. Le ho chiesto dello stile polacco. Mi ha risposto che la caratteristica più interessante è il fatto che si trova a cavallo fra il design scandinavo e quello italiano. Secondo me siamo più vicino alla Scandinavia, al suo minimalismo ma d’altra parte si può notare un fascino grande per l’Italia e il suo stile impressionante, pieno di colori e decorazioni.
Tuttavia la progettazione della moda nello stile scandinavo ottiene risultati migliori in Polonia. Lo stile polacco si distingue dalla rigidità scandinava e grazie al carattere della società polacca assume un tono elegante.
Nella Polonia ci sono tante aziende importanti che sono legate direttamente con la moda, ma come si può valutare il loro contributo all’economia del Paese?
La compagna LPP ha un fatturato grandissimo e recentemente ha aperto una sua boutique in Oxford Street. Cresce e nella sua campagna pubblicitaria ha coinvolto la grande Kate Moss. Questo mostra che le aziende polacche stanno sviluppandosi. L’azienda Conhpol, di Cracovia, esporta le sue scarpe in tutto il mondo. Siamo un gigante a livello mondiale per quanto riguarda la produzione dei mobili in legno, lo stesso per quanto riguarda per esempio la produzione delle piastrelle di ceramica. L’industria legata al design in Polonia è molto sviluppata e vanta una lunga tradizione. Nel XIX secolo le manifatture di Łódź erano una potenza. E durante il comunismo si diceva che la Polonia vestiva tutti i paesi dell’area socialista. Era un’industria grandissima che negli anni 90′ ha iniziato ad avere problemi e poi molte aziende hanno chiuso perché hanno perso la sfida di fronte ai prodotti cinesi e internazionali.
Purtroppo poche persone che siedono nei posti decisionali capiscono l’attuale potenziale del settore moda in Polonia. Penso che stiano sotterrando un tesoro prezioso. Basta menzionare l’Italia che vive di produzione di abbigliamento, scarpe, accessori, cerniere lampo, bottoni. La potenza del marchio ZARA spinge il PIL della Spagna, e similmente succede con H&M nell’economia della Svezia.
In Polonia abbiamo tanti giovani e bravi stilisti che si laureano in scuole come il SAPU. Mi piacerebbe che avessero più possibilità di sviluppare il proprio talento, che fossero date più borse di studio, o fossero realizzati programmi di supporto e incontri d’affari.
Ai polacchi manca una capacità di evolvere uno stile individuale?
La domanda per i prodotti polacchi è in crescita continua, sono cose bellissime e spesso si distinguono per la qualità. Ma questa domanda è rallentata dalla scarsa capacità di spesa. Qualche tempo fa ho letto un’indagine sulle decisioni commerciali dei polacchi e in quale modo le prendono. Per quanto riguarda l’abbigliamento il criterio base nel fare acquisti è stato, ovviamente, il prezzo, seguito dalla comodità e solo alla fine dalla qualità dello stile. Secondo me questi parametri dovrebbero un po’ cambiare. In Italia tutto è bellissimo, perché le città per secoli hanno rivaleggiato su estetica e immagine. In questa sfida per la bellezza partecipiamo anche tutti noi che lavoriamo nel settore della moda e penso che ci stiamo avvicinando velocemente a standard di gusto alti.
Autori delle creazioni: Anna Maria Zygmunt, Artur Stec, Daria Grabowska, Ewa Chojnacka, Karolina Głogowska, Laura Filip, Maciej Soja, Nikola Gadzinowska, Patryk Jordan, Paulina Mrożek, Piotr Popiołek, Sandra Stachura, Weronika Urbaniak
Primo ospedale temporaneo per pazienti COVID-19 in Polonia sull’esperienza di Brescia
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La produzione dei test per la presenza di COVID-19 inizierà questa settimana
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Il buongiorno inizia con la colazione
Sono strani, questi italiani: buone forchette, amanti del buon cibo e della cucina tradizionale, tutto l’interesse culinario però si perde al momento di fare colazione. Il primo pasto della giornata, per tempistica e per importanza, il più delle volte viene trascurato con superficialità se non addirittura dimenticato.
La colazione, questa sconosciuta: completamente saltata, oppure ridotta ad un semplice caffè, seguito da un lungo digiuno fino all’ora di pranzo. Nel migliore dei casi, limitata a cappuccino e brioche, consumati al bar in velocità.
Nella vita di tutti i giorni sembra non esserci mai abbastanza tempo, voglia, necessità, eppure le abitudini cambiano, anzi, si stravolgono, quando si va in vacanza: davanti al buffet dell’albergo, anche gli italiani cedono e si riempiono il piatto con dolci fatti in casa, pane, burro e marmellata, prosciutto e formaggio, yogurt con i cereali, uova sode, frutta fresca e chi più ne ha, più ne metta!
Questo dimostra che il problema non è lo scarso appetito, ma la pigrizia: mangiare ci piace, a patto di trovare tutto pronto.
Niente scuse: la colazione deve diventare il pasto principale. Il metabolismo è al massimo della sua attività, pronto a consumare abbondanti dosi di calorie. È il momento di approfittare, e concedersi cibi anche calorici e golosi, purché nutrienti.
Una colazione completa, soprattutto se fatta nei primi 30 minuti dopo il risveglio, fornisce le energie necessarie per affrontare al meglio le attività della giornata: importante per gli adulti e fondamentale per i bambini, non dovrebbe essere mai saltata.
Non fare colazione aumenta la fame nervosa e la voglia di mangiucchiare durante il corso della mattinata, il metabolismo rallenta con un conseguente aumento di peso. La digestione in generale viene resa più difficile: bere un caffè a stomaco vuoto provoca un’ipersecrezione gastrica che può irritare l’apparato digerente provocando gastriti e reflusso esofageo. Al contrario, fare una colazione abbondante e nutriente permette all’organismo di mantenersi in forma e in salute.
Che cosa si intende con una buona colazione? Il primo pasto della mattina dovrebbe fornire circa il 20 per cento delle calorie che occorrono in tutta la giornata. Sembra facile superare questo limite, ma non è così. Prendendo ad esempio un fabbisogno medio di 2000 kcal, una colazione per essere completa deve prevedere almeno una quota di cereali, frutta fresca e frutta secca.
Dolce o salata, non importa: ciò che conta è la nostra colazione sia ricca, nutriente, completa e ovviamente piacevole!
Iniziamo dalle bevande, che hanno il ruolo fondamentale di contribuire a ripristinare l’acqua eliminata dall’organismo durante le ore notturne. Tè, caffè, orzo, centrifughe, spremute e succhi naturali di frutta, bevande vegetali: soia, riso, ma anche farro, avena, miglio e tutti gli altri cereali, purché non addizionate di zuccheri, provare per credere! Tutte queste ultime sono facilmente realizzabili in casa, partendo dal cereale integrale che andrà bollito e poi filtrato.
La frutta fresca non dovrebbe mai mancare. I più pigri la possono tagliare la sera prima, per risparmiare tempo la mattina: una spruzzata di succo di limone eviterà alla frutta di annerire. La stessa cosa vale per la spremuta d’arance, che può essere preparata in anticipo e conservata in un contenitore ermetico. In estate c’è più scelta e meno desiderio di bevande calde, quindi si può optare per un frullato.
Grassi e proteine aumentano il senso di sazietà: frutta secca e semi oleosi combinati insieme sono perfetti a questo scopo. Se messi in ammollo durante la notte, diventano più golosi e anche più sani: si riducono i fitati e aumenta la biodisponibilità di minerali e vitamine, oltre che la digeribilità.
Sbriciolati nello yogurt, frullati con la frutta, oppure spalmati sul pane insieme a un po’ di marmellata. Come si può spalmare la frutta secca? Basta metterla per una decina di minuti in forno, media temperatura, e poi tritare a lungo con un robot da cucina. All’inizio si formerà una farina, e poi, continuando a tritare a lungo, la farina inizierà ad amalgamarsi, diventando sempre più densa e cremosa. Una buonissima crema da spalmare, senza aggiunta di zuccheri e grassi industriali. Nessuno però vi impedisce di aromatizzare con qualche spezia, come la cannella, oppure con un po’ di vaniglia. Le creme di frutta secca si possono acquistare anche pronte, nei negozi di specialità e prodotti biologici: purtroppo non sono esattamente economiche, vista la facilità di realizzazione è molto meglio autoprodurle!
Buona idea anche i dolci fatti in casa: il mio consiglio è di trovare una ricetta base, molto semplice, da personalizzare in base ai gusti, alla stagione, alla disponibilità degli ingredienti. La preparazione di una torta semplice richiede davvero pochi minuti, e la stessa identica ricetta può essere utilizzata anche per i muffin, più adatti ad essere portati a scuola o al lavoro.
Sperimentate farine di diversi cereali, preferendo sempre quelle integrali (o eventualmente mescolando la farina integrale a quella semintegrale, “tipo 1 o 2”). Aggiungete poi frutta di stagione, frutta secca tritata, yogurt, tofu frullato e persino ceci e fagioli, lessati e frullati. In questo modo avrete una colazione davvero completa.
Legumi a colazione, addirittura in un dolce? Avete letto bene, sono un ingrediente buono e inaspettato! Se non ci credete, provate a frullare 75 gr di fagioli già lessati con 75 gr di latte di soia, 15 gr di cacao amaro in polvere, 20 gr di cioccolato fondente, 25 gr di nocciole o altra frutta secca, 2 cucchiai di olio di semi e un po’ di zucchero di canna: otterrete una crema al cacao, perfetta per invogliare alla colazione anche il più pigro degli italiani!
Essere o esserci?
Quante volte vi siete domandati se usare il verbo essere o la sua forma arricchita della particella pronominale ci? La differenza tra i due è significativa e può portare a fraintendimenti e disguidi nella comunicazione. Per evitarli basta essere a conoscenza di alcune regole fondamentali che ci permettono di applicare correttamente queste due forme verbali. Come sappiamo il verbo essere è totalmente irregolare. Lo usiamo soprattutto quando vogliamo descrivere o presentare qualcosa o qualcuno. In questo caso viene tradotto in polacco come to jest o to są. Di conseguenza, se non sapete quale forma del verbo usare provate a pensare se in polacco nella frase sarà presente il pronome dimostrativo to. In tal caso ogni dubbio scomparirà. Essere viene usato inoltre per indicare il luogo in cui si trova una determinata cosa o in cui si svolge un’azione. In questo caso, però, è fondamentale l’ordine degli elementi nella frase. Infatti, essere sarà usato esclusivamente con l’ordine tradizionale SVO (Soggetto Verbo Oggetto):
- Mia sorella è a scuola = Moja siostra jest w szkole
- Gli uccelli sono sull’albero = Ptaki są na drzewie
Se invece l’ordine SVO non sarà rispettato può capitare che nella data frase al posto del verbo essere sarà richiesto l’uso di esserci. Quando precisamente? Il verbo pronominale sarà applicato in tutte le frasi in cui l’avverbio di luogo sarà posto prima, mentre il soggetto dopo il verbo essere.
- A scuola c’è mia sorella = W szkole jest moja siostra
- Sull’albero ci sono gli uccelli = Na drzewie są ptaki
Come potete notare tutto dipende dalla disposizione degli elementi nella frase, mentre il verbo pronominale è facilmente sostituibile con il verbo riflessivo trovarsi. Tenendo presente che la particella pronominale ci del verbo esserci svolge la funzione di avverbio di luogo, questo verbo è sempre usato per indicare la presenza delle persone in un certo posto o degli oggetti in un certo spazio. In questi casi si evita la ripetizione di un determinato posto spesso nominato in precedenza.
- Sei in Italia? = Jesteś we Włoszech?
Sì, ci sono = Tak, jestem (tu)
In questo caso ci ha sostituito l’avverbio di luogo in Italia. In polacco la particella ci significherebbe tu o tam anche se raramente viene tradotta. Bisogna poi tenere presente che l’uso di essere e esserci dipende anche dal contesto situazionale e la stessa frase corretta in determinate circostanze può essere sbagliata in altre. Le differenze in questione sono illustrate perfettamente nei seguenti esempi:
- C’è Paolo? = Jest Paolo?
- È Paolo = To Paolo
Entrambe le frasi sono corrette dal punto di vista grammaticale, ma saranno usate in contesti situazionali differenti. La prima infatti è adeguata dal punto di vista contestuale se cerchiamo Paolo in un determinato posto, mentre la seconda quando indichiamo che si tratta di questa persona e non altra.