Negli ultimi decenni alcuni fumettisti italiani si sono fatti strada all’estero, e in particolare negli Stati Uniti, non di rado collaborando con le più importanti case editrici d’Oltreoceano. Tra questi autori va menzionato Gianluca Piredda, sceneggiatore di un gran numero di opere tradotte in buona parte del mondo, tra cui “Dracula in the West”, opera recentemente pubblicata anche in Polonia.
Piredda è nato a Sassari nel 1976 e ha esordito nel mondo del fumetto nel 1992. Dopo essere stato uno dei pionieri del fumetto indipendente in Italia, a partire dal 1999 ha iniziato a collaborare con vari editori americani. Dopo la sua prima opera edita negli USA, la graphic novel “Winds of Winter”, nel 2001 esce un numero speciale della serie “Warrior Nun Areala”, creata nel 1994 da Ben Dunn (e in anni recenti divenuta una serie televisiva prodotta da Netfl ix). L’albo, intitolato “No Justice for Innocents” e pubblicato dalla casa editrice Antarctic Press, è scritto da Gianluca Piredda e illustrato da Chris Gugliotti. Negli anni successivi lo sceneggiatore italiano continua a pubblicare negli Stati Uniti con varie case editrici: tra i suoi vari progetti, nel 2005 esce la miniserie thriller “Free Fall”, mentre due anni dopo Piredda è tra gli autori che partecipano alla pubblicazione antologica della Image Comics “Negative Burn”. Del 2012 è invece la miniserie “Airboy: Deadeye”, scritta a quattro mani con Chuck Dixon per i disegni di Ben Dunn e dedicata alle avventure dell’omonimo personaggio, eroico aviatore della seconda guerra mondiale.

In Italia Gianluca Piredda ha continuato a pubblicare libri (tra cui “Wicked Game” e “Sardegna in cucina”) e fumetti, traducendo anche comics americani e collaborando con varie riviste dedicate alla nona arte e al fantastico, tra cui i settimanali “Lanciostory” e “Skorpio” dell’Aurea Editoriale, a cui è legato dal 2015. Nel 2017, su “Lanciostory”, Piredda diventa sceneggiatore di “Dago”, celebre fumetto di ambientazione storica creato nel 1980 in Argentina da Robin Wood e Alberto Salinas. Nel 2018 sulle pagine di “Skorpio” esordisce la sua serie western “Freeman”, disegnata da Vincenzo Arces, che affronta la drammatica storia dello schiavismo e del razzismo negli Stati Uniti. Alla fine del 2019, di nuovo su “Lanciostory”, esce in quattro puntate il primo episodio di “Dracula in the West”, illustrato da Luca Lamberti. La seconda storia, pubblicata nel 2021, ha invece i disegni di Emiliano Albano.
“Dracula in the West” è un’originale variazione sul mito del vampiro: il villain del romanzo di Bram Stoker, a malapena sopravvissuto allo scontro con Abraham Van Helsing, fugge negli Stati Uniti per iniziare una nuova vita lontano dall’Europa. Grazie all’aiuto di una sciamana nativa americana, sua riluttante alleata, il vampiro trova il modo di sopravvivere alla luce del sole e decide di stabilirsi nella località di Penny Town. Il punto di forza della serie è certamente l’idea di inserire un personaggio come Dracula, così fortemente legato al vecchio continente, nelle atmosfere tipiche della frontiera americana, tra saloon, gangster e indiani. Il vampiro di Gianluca Piredda, ritrovatosi in un mondo a lui del tutto estraneo, non è un personaggio totalmente negativo come il conte di Stoker, anzi, con il tempo assume i tratti di un antieroe. Pur essendo orgoglioso, arrogante e violento, mostra spesso riconoscenza e generosità verso i mortali che lo aiutano ed è pronto a difendere gli innocenti di Penny Town dai criminali e da minacce più soprannaturali. Un ruolo importante ha nella storia la cultura dei nativi americani, i cui miti e leggende sono uno degli elementi chiave delle avventure di Dracula nel Far West. Toni oscuri e tipicamente horror pervadono soprattutto il secondo episodio, impreziosito dal tratto dettagliato e realistico di Emiliano Albano.
Nel 2022 i primi due episodi di “Dracula in the West” sono stati pubblicati negli USA dalla Antarctic Press; nello stesso anno la casa editrice Elemental ha portato il Dracula di Piredda in Polonia, raccogliendo le due storie fi nora uscite in un volume cartonato arricchito da illustrazioni aggiuntive e studi preliminari di alcune pagine del fumetto.

Foto: Sławomir Skocki, Tomasz Skocki














naturale, dato il fatto che il cinema è nato in Francia. La parola francese cinéma è però un troncamento del nome dell’invenzione chiamata nel francese cinématographe, neologismo costruito dai fratelli Lumière in base delle due parole greche: κίνημα (kínema) che significa “movimento” e γράφω (grápho) che significa “incidere”, “scrivere” o anzi, “descrivere”. Il nome della nuova invenzione di Lumière significa quindi ciò che è capace di salvare, registrare il movimento e poi rappresentarlo grazie alla proiezione su schermo. È interessante anche il fatto che mentre l’italiano preferisce adoperare la parola “cinema”, cambiando solo il suono della kappa iniziale nella parola kinema, il polacco usa la forma ancora più breve, ma che preserva il suono iniziale: kino.
Come nel caso del cinematografo, la fotografia è costruita da due parole greche di cui una è il verbo grapho, con il significato di “scrivere”. La prima parte a sua volta viene dalla parola greca φωτός (photós) il genitivo dal φῶς (phôs), che signifi ca “luce”. Siccome la fotografi a è una tecnologia della registrazione permanente di un’immagine su un materiale attraverso la luce, possiamo immaginare che in questo caso il nome significa non “descrivere la luce” ma piuttosto “scrivere con la luce”. Nella lingua italiana, come nel caso del cinema, riguardo al prodotto della fotocamera si usa la versione abbreviata della parola, cioè “foto”. Ripensandoci, possiamo osservare che in italiano si dice semplicemente “movimento” (cinema) e “luce” (foto). Al posto della foto il polacco invece usa una parola nativa, zdjęcie, dal verbo zdejmować (rimuovere, spogliare, prendere). Anche per i polacchi, se ci si pensa un attimo, questo può sembrare strano, perché tale uso (nel contesto fotografico) è preservato solo nella parola zdjęcie. Zdejmować invece non si usa più nel signifi cato di “fare una foto”, ma il senso di zdejmować in questo contesto si può facilmente comparare al verbo “scattare” (come in “scattare una foto”), proveniente dal latino excaptare.
caso della parola “telefono”. Di nuovo abbiamo una parola con due elementi greci. Questi sono: τῆλε (têle), col signifi cato di “lontano” e φωνή (phoné), che signifi ca “voce” oppure “suono”. Vediamo quindi che il nome dell’apparecchio, senza cui sarebbe diffi cile funzionare nella società d’oggi, indica la sua funzione basilare: parlare con gli altri a distanza, cioè sentire “la voce lontana”, nascosta nella parola “telefono”.

L’Etna, il più grande vulcano attivo d’Europa è considerato un vulcano buono per via della natura delle sue eruzioni che, sebbene improvvise, hanno un fronte lento e contenuto in modo naturale dalle enormi vallate che raccolgono i materiali emessi.
infatti ad un clima soleggiato per gran parte dell’anno e ad una escursione termica tra il giorno e la notte,che favorisce la viticoltura in una complessità di aromi e sapori tutta particolare, portando alla produzione di vini di eccellenza con qualità certificata in ambito internazionale.
Etna rosso. Tra i vini bianchi la varietà dominante è quella del Carricante, un’uva e un vino ricco di profumi e intensi aromi, con persistenti note floreali. In minori quantità troviamo la Minnella o il Cataratto che vanno a formare l’Etna bianco DOC.




E’ vero che Milano è grande, ma è vero anche che le zone da non perdere sono tutte abbastanza vicine al centro, e quindi raggiungibili anche a piedi.
Avete già visto “L’ultima cena”? Allora ve ne andate a fare un giro in zona Brera e vi godete le opere artistiche e pittoriche della “Pinacoteca di Brera”, dove ogni terzo giovedì del mese potete assistere ai concerti di “Brera musica”, dentro le sale espositive.

Gli odori, incredibili! Ho visitato spesso le mie zie ed i miei zii in Italia sin dalla tenera età. Rimanevo molto colpita dagli odori: il miscuglio dei profumi delle piante e del mare, l’aroma del caffè, dei “bomboloni”, del cibo, delle spezie e, naturalmente, il profumo del bucato lasciato ad asciugare, appeso ovunque.
All’inizio vivevamo a Conegliano Veneto, in provincia di Treviso. Era l’ultimo anno dei miei studi all’Accademia di Belle Arti di Varsavia. Come oggetto della mia tesi di laurea ho proposto “Ritratto di una città italiana”; una rappresentazione sociologica e architettonica di Conegliano, con i suoi edifici, le sue architetture, le sue tradizioni e, soprattutto, i ritratti di persone che riflettevano sia la loro fisionomia che il loro carattere. Ogni mese viaggiavo in pullman per le correzioni dal relatore della tesi, il prof. Krzysztof Wachowiak. Erano più di 30 ore a tratta ed ogni volta rischiavo che i miei dipinti venissero fermati alla frontiera. Nonostante questo, il diploma è stata una grande gioia per me. Ho passato ore a dipingere, seduta nella biblioteca locale, cercando e spiegando curiosità sulla città. Gli sforzi sono stati ripagati perché ho ottenuto il diploma con lode e dopo ho ricevuto il premio Ewa Tomaszewska e il premio ZPAP della città di Varsavia.
persiane delle case sono chiuse, le persone riposano, spengono i loro telefoni. I negozi e gli uffici fanno una pausa. In quei momenti sgattaiolavo fuori ed ero tutta sola nella città. Camminavo per le strade deserte, guardavo ogni angolo, scattavo foto e traevo ispirazione per quello che cercavo nei miei dipinti: pace, tranquillità e contemplazione.
Nell’anniversario della leggendaria battaglia duecentesca, nella grande Piazza Cima viene allestita un’enorme scacchiera: è monumentale, inondata di sole durante il giorno, illuminata di notte. Al posto delle pedine ci sono i residenti della città, ospiti e celebrità travestite in costumi rinascimentali che si muovono sulla scacchiera. Un vero e proprio teatro, la città si trasforma in una scenografia e i cittadini in attori. Posso tranquillamente dire che per un anno e mezzo ho vissuto in un teatro, e da questa meravigliosa esperienza si sono create molte composizioni nella mia testa e ho fatto schizzi e dipinti ai quali torno spesso nel tempo. Sulla stessa scacchiera si celebra anche la “Festa dell’uva” celebrata in tutta Italia nel mese di settembre. A Conegliano si chiama “Gioco fino all’ultimo bicchiere”, perché al posto delle pedine si gioca sulla scacchiera con bicchieri di vino bianco e rosso. Vino che, ovviamente, viene abbondantemente degustato.
volti dipinti che indossano costumi di arlecchino, dei giullari e dei pierrot in abiti rinascimentali. Secondo me, i veneti hanno il teatro nel sangue. “Sono attori nati”, come scriveva Guido Piovene. La messa in scena viene loro naturale, senza alcuno sforzo. I veneti amano vestirsi, gesticolare, tutti i partecipanti entrano nei propri ruoli, interpretano spontaneamente i personaggi e le scene, si muovono con la grazia dell’epoca, hanno un grande senso estetico. Tutto ciò è per me una miniera di ispirazioni pittoriche.
piena, i miei preferiti sono nella Basilica di Santo Stefano che è composta da un complesso di 7 chiese. In qualsiasi momento lÌ trovavo pace e tranquillità per contemplare. Amo dipingere i deliziosi contrasti, creati dalle ombre e dalle superfici infiammate dal sole. Un po’ come i pavimenti in pietra italiana, con colori e motivi geometrici diversi, sui quali si creano effetti speciali quando vengono colpiti dalla luce.
dall’infanzia, quindi da quando stiamo insieme cantiamo molto. Entrambi amiamo l’opera. Creiamo anche le nostre composizioni e le registriamo per il nostro piacere. Questa è la nostra passione comune, un trampolino di lancio. Quando suono e canto, sono in un mondo diverso.
reti distese. Nel frantoio delle olive, abbiamo spremuto l’olio a freddo, che si è rivelato essere il migliore che avessimo mai assaggiato. Tutta la famiglia italiana era felice e la quantità di olio era sufficiente per un anno. L’olio, un po’ di parmigiano o pecorino, origano fresco, buon pane, spaghetti e vino: tutto il necessario per rendere una persona felice.
