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La panacea nell’orto

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L’olio di rosmarino, Rosmarinus of ficinalis

Ci sono poche sostanze che godono allo stesso tempo di proprietà ringiovanenti, immunostimolanti, antimicrobiche, energizzanti, disinfettanti, disintossicanti, che migliorano stato d’animo e allo stesso tempo stimolano la memoria e concentrazione. Sembra una pozione fiabesca per la quale uno possa far scoppiare delle guerre internazionali… Tuttavia, a quanto pare, questo tesoro è una semplice erba comune a portata di tutti quelli che hanno l’accesso a internet oppure ad un’erboristeria: scopri le incredibili e versatili proprietà dell’olio di rosmarino!

La più antica panacea

“Fresca brezza marina”, come veniva chiamato una volta, occupa un posto speciale nei cuori degli amanti di erbe e oli essenziali. Il rosmarino che è base di innumerevoli miscele mediche, cosmetiche e culinarie è un agente curativo noto fin dai tempi antichi e a esso sono legate tantissime leggende e avvenimenti.

Le fonti storiche attribuiscono al rosmarino diverse proprietà, tra le quali la più apprezzata è quella di migliorare la memoria (oggi, dagli studi moderni, sappiamo che grazie ai principi attivi dell’olio di rosmarino le capacità mnemoniche possono aumentare anche dell’80%). Gli antichi greci l’avevano già intuito e mettevano i rametti di rosmarino nei capelli per facilitare l’apprendimento. Per le sue capacità terapeutiche la resina di rosmarino veniva usata come incenso nella stanza dei malati e i suoi rametti venivano sparsi nelle sale dei tribunali per proteggere dal tifo. Durante la peste medievale si portava sempre appresso il rosmarino per annusarlo quando si passava per i posti contaminati. E ingegnosi erboristi-ladri aggiungevano a questo scudo protettivo vegetale, tra le altre cose, chiodi di garofano e cannella, idea che Gary Young (fondatore del famoso marchio Young Living e pioniere dell’aromaterapia moderna) ha trasformato nell’ormai leggendaria miscela degli oli Thieves (ing. ladri), la quale probabilmente è stata copiata da ogni ditta aromaterapeutica. E non c’è da stupirsi perché è una delle più efficaci miscele naturali con qualità antivirali e antibatteriche. In un passato non tanto lontano, durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, i rami di rosmarino venivano appesi nei corridoi ospedalieri per disinfettare l’aria. E poi, in alcuni paesi del Mediterraneo, fino ad oggi le tele di lino vengono asciugate sui cespugli di rosmarino in modo che prendano un odore che è repellente per gli insetti.

Questa icona dell’orto delle piante officinali dalle proprietà rinforzanti il cervello è anche il simbolo dell’amore fedele. Spesso veniva intrecciato nella corona della sposa e poi si piantava uno dei rametti nel vaso per vedere se si radicava (questo era segno di felicità). Si metteva il rosmarino anche nelle tombe, in quanto simbolo del ricordo dei morti. Invece gli spagnoli ancor oggi celebrano questa delicata pianta perenne, credendo che essa desse il riparo alla Vergine Maria durante la sua fuga in Egitto. Quando ella ha messo i panni di Gesù su un cespuglio di rosmarino questo subito è fiorito e quando ha appeso il suo vestito celeste i fiori sono diventati blu… Secondo le stesse credenze la pianta di rosmarino non può crescere più alta dell’altezza di Gesù (circa 185 cm) e vivere più a lungo rispetto a lui (33 anni). Conosciamo però tante specie di rosmarino e quelli più alti raggiungono anche 2,5 metri di altezza.

Il primo elisir della gioventù

Anche se il rosmarino non raggiunge le dimensioni della sequoia, la sua fama di pianta di longevità è arrivata alle stelle nel Trecento quando è diventato l’ingrediente principale del primo profumo ufficiale d’Europa: l’elisir di rosmarino ringiovanente. La sua formula viene attribuita anche a una donna leggendaria, ovvero la regina ungherese Elisabetta di Polonia proveniente dalla dinastia polacca dei Piast, la moglie di Carlo Roberto d’Angiò. Anche se la vera storia della misteriosa L’eau de la Reine D’Hongre è esattamente come il suo nome: lunga, complicata e non del tutto chiara (almeno per chi non conosce il francese).

Diversi documenti storici si sono persi oppure non sono disponibili e le informazioni tramandate dai cronisti sono contraddittorie. Tuttavia, sembra che la denominazione “l’acqua ungherese” appaia per la prima volta negli scritti di Arnaud de Villeneuve (XIII-XIV secolo), un medico provenzale che lavorava in alcune corti reali, anche se perseguitato dall’inquisizione. A tutti i suoi pazienti consigliava lo “spirito al rosmarino”, lavorando allo stesso tempo a migliorare la tecnologia di distillazione. All’epoca questa tecnica era già conosciuta dagli arabi, ma in Europa per la prima volta è stata descritta dalla scuola medica salernitana, la quale nei secoli XI-XII distillava il cosiddetto esprit de vin, chiamato anche aqua vitae. Nonostante tutto ciò, si considera che l’acqua di rosmarino, descritta da tanti autori, sia nata nel 1370 quando Elisabetta di Polonia l’ha presentata alla corte di Carlo V di Francia, noto per la sua passione per i profumi. La bellezza, l’energia e l’intelligenza di questa regina polacco-ungherese veniva sempre descritta quale straordinaria: secondo le testimonianze all’età di 60-70 anni ne dimostrava venti di meno, il che ovviamente era legato all’utilizzo del suo elisir.

Purtroppo la ricetta originaria de L’eau de la Reine D’Hongre non è stata ritrovata, però con certezza possiamo costatare che la produzione di questo prodotto speciale consisteva in distillazione di rosmarino, e in tante altre versioni anche di timo e altre piante officinali e fiori. Perciò si trattava di distillazione in acqua-etanolo che in pratica dà gli stessi risultati della distillazione degli oli essenziali con il vapore che dopo vengono dissolti nell’alcol appositamente diluito. Nel medioevo l’acqua della Regina d’Ungheria veniva utilizzata principalmente come tonificante per il viso, agente rinfrescante e calmante, anche sotto forma di liquore. Uno dei testi medici più antichi, Pharmacopoeia di Nicholas Culpuper, descrive in modo molto dettagliato L’eau de la Reine D’Hongre, che merita essere citato poiché rende benissimo i diversi modi di utilizzo dell’olio di rosmarino:

Quest’acqua è ammirevole contro il raffreddore, il mal di testa causato dall’umidità, altri malori di testa, apoplessia, epilessia, giramenti di testa, letarghi, paralisi, disturbi nervosi, reumatismi, diatesi, contrazioni, convulsioni. E poi ancora aiuta contro la perdita di memoria, problemi mentali, coma, sonnolenza, sordità, tinnito, disturbi della vista, coagulazione del sangue, mal di testa causati dal catarro e da malumori. Aiuta contro mal di denti, mal di stomaco, pleurite, mancanza di appetito e cattiva digestione, ostruzione epatica, problemi a milza, intestino e utero. Assorbe e conserva il calore. Rinnova le capacità e funzioni del corpo, anche in età avanzata (così dicono). Ci sono pochi rimedi che offrono una così vasta gamma di benefici. Si consiglia la somministrazione nel vino oppure nella vodka, sciacquare le tempie, inalare.

traduzione it: Anna Wójcicka

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Tutti gli articoli della rubbrica “Nutriceutica” troverete qui.

Successo della VIII Borsa Vini a Varsavia, Italia primo fornitore di vino della Polonia

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

L’VIII edizione della Borsa Vini, organizzata dall’ICE Italian Trade Agency, a Varsavia è stata l’occasione non solo per presentare 32 aziende di varie regioni italiane agli importatori polacchi e lituani ma anche di fare il punto sull’interscambio commerciale tra Italia e Polonia con particolare attenzione al settore del vino. Un evento partecipato cui è intervenuto anche l’ambasciatore italiano in Polonia Aldo Amati. “La Borsa Vini, ritornata in presenza dopo due anni di pandemia, ha confermato il forte interesse polacco verso i vini italiani. I margini di crescita in Polonia sono significativi e la buona presenza degli importatori polacchi è un segnale molto positivo. Nonostante le obiettive difficoltà macroeconomiche congiunturali, le eccellenze vinicole italiane si fanno strada con forza in parallelo con la crescita del reddito delle famiglie polacche”, ha detto Amati dopo aver partecipato alla masterclass in cui il giornalista Maciej Nowicki e la sommelier Claudia Marinelli hanno condotto una degustazione al buio su sei vini.  A fare il punto sui numeri del settore è stato il direttore dell’ICE di Varsavia Paolo Lemma: “con 96 milioni di euro di vino esportato, equivalente ad un +16% rispetto all’anno precedente, l’Italia si conferma al primo posto per valore nelle esportazioni di vino in Polonia seguita da Germania, 41 milioni di euro, e Francia, 39 milioni di euro. Nelle importazioni totali di vino in Polonia l’Italia ha una quota del 26,9% mentre la Polonia è il 16° mercato di destinazione delle esportazioni di vino dell’Italia. Per quanto riguarda la quantità di vino esportata l’Italia è prima con 342 mila ettolitri, seguita da Germania 197 mila ettolitri, Spagna, Stati Uniti, Portogallo e Francia”. Interessanti anche i dati sul consumo pro capite di vino da parte dei polacchi, 5,9 litri, e sulla spesa con il vino in crescita al terzo posto con l’8% di un mercato dominato da birra (50% ma in calo) e vodka (35% ma in calo). I vini italiani più noti in Polonia sono: Prosecco, Primitivo, Pinot Grigio, Chianti, con una crescita di gradimento dei vini bianchi trainata dal Prosecco e dalla diffusione dello spritz, al momento è nota sola la variante spritz all’Aperol. “Sono dati che fanno intendere un futuro positivo per il settore”, spiega il direttore dell’ICE Paolo Lemma “perché il consumo di vino pro capite è ancora basso e l’offerta enogastronomica sta crescendo e diversificandosi in Polonia. Il suggerimento agli esportatori è di coinvolgere nel lancio di nuovi vini gli importatori affiancandoli nelle loro azioni promozionali. La sfida da vincere è quella dell’aumento dei costi di produzione dei vini italiani e quindi di conseguenza l’aumento del prezzo d’esportazione che oggi non possiamo prevedere come sarà accolto in una Polonia attualmente segnata da una inflazione importante. Queste le 32 aziende provenienti da 12 regioni che hanno partecipato alla Borsa Vini 2022 a Varsavia: AQuercia, Agricole Gussalli Beretta, Alessandro di Camporeale, Bartali, Bosio Family Estates, Cantina Bosco, Cantina Villa Colle, Cascina Vengore, Colacino Wines, Distilleria Jannamico, Donvitantonio, Fattoria Il Muro, Federtrade Scarl, Grillo Iole, I Feudi di Romans, Il Drago e la Fornace Group, Il Palazzo, Inverso, IVAL, Livio Bruni-Ambre, Mossi 1558, Podere Colle Castagno, Poderi Moretti, Savian Biowinemaker, Scuderia Italia, Tenuta Canto Alla Moraia, Tenuta di Trinoro & Passopisciaro, Tenuta Patruno Perniola, Tenuta San Jacopo, Villa De Varda, Villa Trasqua, Wine Generations-Italian Family Legacy.

Polonia Oggi

Prezzo carburanti ancora in crescita, qualcuno pensa di mettere il prezzo di mezzo litro

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

All’inizio di giugno, il prezzo medio della benzina a 98 ottani ha superato gli 8 PLN al litro. “Questa settimana e la prossima porteranno ulteriori aumenti del prezzo del carburante”, ha dichiarato ieri Rafał Zywert, analista di BM Reflex che ha aggiunto che un litro di benzina adesso costa circa 8,20-8,30 PLN. È probabile che anche il gasolio diventi più costoso. Giovedì scorso la media nazionale del gasolio era di 7,40 PLN. Purtroppo, questa settimana sarà di almeno 7,80-7,90 PLN. Inoltre, è possibile che il prezzo del carburante superi i 10 PLN al litro. Anche se i prezzi smettono di crescere, rimarranno alti. Secondo Zywert, ci sono persino idee per esporre il prezzo per mezzo litro nelle stazioni di servizio, in modo da non spaventare gli automobilisti.

https://www.money.pl/gospodarka/czarne-chmury-zbieraja-sie-nad-kierowcami-10-zl-za-litr-paliwa-wszystko-jest-mozliwe-6776904900897344a.html

L’inflazione non farà saltare i programmi degli investimenti stradali

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L’inflazione, così come l’aumento dei costi dei materiali da costruzione, fanno sì che molte aziende stanno risolvendo i contratti precedentemente firmati, perché non sono in grado di eseguire i lavori pianificati entro il budget adottato. “Sono convinto che la situazione degli investimenti infrastrutturali attualmente in corso in Polonia sia sotto controllo”, ha detto il ministro delle Infrastrutture Andrzej Adamczyk. “Deduco questo anche dall’apertura delle offerte per la progettazione e la costruzione della superstrada S-19.Questa è una sezione del percorso della Via Carpatia a sud di Rzeszów. Certo, i prezzi sono aumentati, anche i prezzi dei servizi, ma per gli investimenti programmati non vedo una minaccia. Questa non è solo una convinzione interna” ha aggiunto. Il Ministero delle Infrastrutture e la Direzione Generale per le Strade e le Autostrade Nazionali (GDDKiA) sta già intervenendo per valorizzare gli stipendi degli appaltatori utilizzando i meccanismi legali disponibili. Il budget del National Road Construction Programe per gli anni 2020-2030 aumenterà di 2,7 miliardi di złoty. D’altra parte, i fondi per l’attuazione del programma di costruzione di 100 bypass per gli anni 2020-2030 saranno aumentati di 115 milioni di złoty. “Le ipotesi da noi adottate per la valorizzazione dei contratti,  anche quelli da noi sottoscritti in precedenza, assumono un rapporto del 10%. Nulla però accade automaticamente, l’appaltatore dovrebbe documentare le spese e mostrare dove e di quanto erano più alte, questo meccanismo dovrebbe consentire un’efficace effettuazione del programma di investimenti” ha aggiunto il ministro Andrzej Adamczyk. Non è un segreto che molte imprese di costruzione stanno aspettando i fondi del Recovery Fund per la Polonia KPO perché essi saranno in gran parte destinati alla costruzione di strade e percorsi ferroviari.

https://www.wnp.pl/budownictwo/nie-ma-zagrozen-dla-inwestycji-drogowych-wpolsce,588118.html

Architettura del potere in Italia e Polonia (I)

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Palazzo delle Poste e Telegrafi, Napoli, allegoria della Vittoria, monumento (1935), Arturo Martini

Maestosi, monumentali, espressione della forza del potere. Così sono gli edifici modernisti costruiti negli anni ’20 e ’30 del secolo scorso. Dalla sede del capo di stato alle scuole fino alle istituzioni culturali, i governi contrassegnano la loro presenza allargando e, a volte, perfino creando, città nuove. La tendenza era popolare in tutta Europa. Diamo uno sguardo all’architettura polacca e italiana di questo periodo e analizziamo la sua evoluzione e i suoi influssi tra la Prima e la Seconda guerra mondiale.

La semplicità della forma si combina con l’eleganza e fino ad oggi non lascia indifferenti. Ci rendiamo conto della storia che è nascosta dietro la loro creazione, il loro posizionamento, il loro aspetto? Durante questo periodo l’architettura era in piena simbiosi con il potere statale e aveva un ruolo decisivo nella propaganda politica.

Nel 1918, dopo più di un secolo, lo stato polacco riconquistò l’indipendenza e tornò sulle mappe del mondo. Le terre, che per molto tempo furono sotto l’occupazione prussiana, russa e austriaca, divennero nuovamente uno stato. Il Governo di Józef Piłsudski doveva affrontare una grande sfida. Bisognava unificare e uniformare il livello di istruzione, economia, sviluppo e introdurre un unico modello di cultura e identità nazionale. Il processo doveva essere decisamente infl uenzato dall’architettura.

Anche l’Italia dopo la Prima guerra mondiale doveva ricostruirsi. Le perdite di guerra, il crescente debito e la distruzione del paese stimolarono lo sviluppo di un’atmosfera rivoluzionaria. Nel 1919 Benito Mussolini creò i “Fasci Italiani di Combattimento”: un’organizzazione che riuniva i veterani di guerra, due anni dopo entrò sulla scena politica guadagnando gradualmente la popolarità. Infi ne, nel 1925, il Duce assunse il pieno controllo del potere e dichiarò la fi ne della democrazia. Mise in pratica un programma di fascistizzazione dell’Italia, che copriva ogni aspetto della vita e cercò di plasmare i nuovi cittadini e una nuova ideologia, sfruttando abilmente a questo scopo l’architettura.

Il Parlamento della Silesia a Katowice (Sejm Śląski), (1925-1929), arch. Ludwik Wojtyczka, P. Jurkiewicz, K. Wyczyński i S. Żeleński

All’inizio degli anni ’20 in Polonia viene ricercato e discusso uno stile che dovrebbe rispecchiare i valori e le tradizioni nazionali nell’architettura e allo stesso tempo introdurre un elemento di modernità. Gli edifi ci con tendenze allegoriche, ispirati dagli antichi manieri, avevano lo scopo di rafforzare nel popolo il senso di appartenenza al paese e alla sua storia. Vengono realizzati molti edifici pubblici, soprattutto nelle città più piccole. I palazzi sono stilizzati come i vecchi manieri polacchi, ma in forme più semplificate. Uno di questi esempi è la Stazione Ferroviaria di Lublino, ricostruita al posto della stazione precedente negli anni 1924-1925, secondo il progetto dell’architetto Jerzy Müller. Il classicismo accademico è rappresentato anche dagli edifici per banche, teatri e uffici.

Palazzo della Banca PKO (1925-1926), arch. Adolf Szyszko-Bohusz

Un buon esempio è l’edificio della Banca PKO a Cracovia, costruito tra il 1925 e il 1926 da Adolf Szyszko-Bohusz. Uno dei primi palazzi progettati per ospitare il potere è stato il Parlamento della Slesia (Sejm Śląski) a Katowice. Nella sua forma e dimensione assomigliava ai castelli rinascimentali. Decorato con i rilievi di aquile e altri simboli che si riferivano alla storia della Polonia.

Bassorilievi di marmo alla Casa di Deputati a Varsavia (1925-1935) di Zofia Trzycińska-Kamińska

Una questione urgente era il bisogno dell’espansione di Varsavia, una città che all’epoca non era adatta al ruolo di capitale della Polonia. Mancavano strutture che potessero ospitare ministeri e istituzioni centrali. Inizialmente le loro sedi sono state localizzate nei palazzi e nel Castello Reale. Nel frattempo, venivano annunciati i bandi dei concorsi e iniziavano i lavori di costruzione degli edifici per le autorità centrali. Uno dei palazzi più interessanti, che richiamava il classicismo modernista, è l’edificio del Sejm della Repubblica di Polonia. Il complesso parlamentare consisteva in: una sala plenaria semicircolare e la Casa dei Deputati, il tutto decorato con bassorilievi e circondato dal verde dava l’impressione di accessibilità e apertura a chi passava vicino. Sia all’esterno che all’interno di questo edificio si può osservare una gradevole evoluzione dello stile nazionale. Le forme geometriche diventano più ornamentali e richiamano la nascente Art Déco polacca, che ha avuto grande successo all’esposizione mondiale di Parigi nel 1925.

L’Italia fascista degli anni ’20 perseguiva un progetto di “unificazione”, ossia la trasformazione dei centri della maggior parte delle città. Mussolini sosteneva la città come un fattore molto importante nel processo della creazione dell’ideologia della Nuova Italia, che influenzava anche la percezione del potere da parte della società. Era nelle piazze centrali che si svolgevano le sue marce, i comizi, le assemblee. Era lì, che il Duce, circondato da edifici monumentali, perseguiva la grande “rivoluzione spirituale e sociale,” che avrebbe dovuto condurre il popolo verso un futuro migliore.

Palazzo della Borsa, Milano (1928-1931), arch. Paolo Mezzanotte

Inizialmente si pensava che lo stile dell’arte d’avanguardia, specialmente quello dei futuristi, fosse uno stile nazionale, perché i principi degli artisti e di Mussolini erano molto simili. Entrambi immaginavano cambiamenti radicali, il crollo del vecchio ordine, la distruzione della “Italia Vecchia” e la creazione di un nuovo modello del cittadino italiano. La loro attenzione era rivolta alla novità, al progresso tecnologico, al culto della gioventù: si autodefinivano addirittura “creatori del futuro”. La relazione tra le due comunità era inizialmente intrecciata e fortemente interconnessa. Il governo mussoliniano però non era pienamente convinto di questo stile in quanto riteneva che le composizioni fossero troppo dinamiche, troppo espressive, che non coincidessero del tutto con la visione di uno stato forte e stabile. Mussolini, fortemente interessato all’architettura, non imponeva uno stile di produzione ufficiale ai progettisti e agli artisti, come invece fecero diversi dittatori in Europa. Inoltre, permetteva loro di operare liberamente alla sola condizione che non interferissero nella sfera politica. La sua attenzione era attratta dallo stile Novecento: creato dagli artisti stanchi dalla sperimentazione nell’arte degli anni ’20, rivolti verso l’antichità classica, la composizione e la forma pura ma più geometrica. Lo stile fiorisce nell’architettura a cavallo tra gli anni ’20 e ’30. Un buon esempio di questa tendenza è il Palazzo della Borsa in Piazza Affari a Milano. La sua forma ricorda i templi antichi. Le colonne sormontate da sculture, bassorilievi e altri ornamenti sulla facciata dei palazzi: tutti gli elementi nonostante il loro riferimento al passato, sono molto moderni e geometrici nella loro forma.

Palazzo di Giustizia, Milano, Giustizia romana, alla Giustizia Corporativa e alla Giustizia Biblica, (1932-1940) Trittico marmoreo di Romano Romanelli, Arturo Marini e Arturo Dazzi

Anche se lo stile di costruzione e i gusti delle autorità cambiavano durante questi due decenni, la maggior parte delle edificazioni aveva una caratteristica in comune: la scultura. Sia all’esterno che all’interno c’erano sculture, monumenti, bassorilievi o altre decorazioni. Questi “sottili” segni inseriti negli edifici monumentali intendevano avere una influenza sugli abitanti delle città e dei paesi. Un ottimo esempio è il Palazzo dell’Arengario (in copertina di questo numero) e l’interno del Palazzo di Giustizia di Milano. All’entrata siamo accolti da bassorilievi di simbolismo puramente fascista. Camminando per gli enormi corridoi possiamo ammirare numerosi bassorilievi, dipinti o mosaici che si riferiscono al tema della giustizia e che fanno sembrare che il diritto e il fascismo siano una cosa sola, reciprocamente complementari. Era un messaggio molto chiaro, che enfatizzava il nuovo ordine dell’Italia fascista.

foto: Michał Łukasik
traduzione it: Judyta Czekajewska

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L’Italia è piena di incredibili posti da scoprire. Li troverai qui.
Ti interessa la storia dell’architettura polacca e italiana? Dai un’occhiata alla nostra rubbrica Arte per saperne di più.

Vino e VIP (II)

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Continuando il nostro piccolo viaggio tra le cantine che personaggi famosi e affascinanti star del cinema hanno intrapreso con passione e successo, ecco che troviamo lungo questa “wine way” ad esempio l’attrice Cameron Diaz, che ha fondato l’etichetta Avaline, sotto la quale vengono proposti due vini estivi: un bianco spagnolo e un rosé francese. La Diaz definisce i suoi vini “clean”, puliti, perché prodotti con uve da coltivazioni biologiche e privi di additivi.

I vini dell’ex bambina prodigio di Hollywood Drew Barrymore, Pinot Grigio, Rosé e Pinot Noir, vengono venduti sotto il nome di Barrymore Wines e vengono prodotti in collaborazione con la cantina californiana Camel Road Estate.

Dopo Sex and the City, sarebbe proprio il caso di dire Sex and the Wine. Nel 2019, Sarah Jessica Parker ha annunciato il lancio della sua linea di vini: la SJP x Invivo. L’Invivo X SJP Sauvignon Blanc è prodotto nella splendida regione di Marlborough, in Nuova Zelanda, famosa appunto per questa varietà d’uva. Recentemente la diva ha lanciato un rosé, per un perfetto aperitivo in puro stile Sex and the City: l’Invivo X SJP Rosé, prodotto in Provenza con uve Cinsault, Grenache e Syrah.

Dan Aykroyd (indimenticabile nel film The Blues Brothers in coppia con John Belushi) non è sconosciuto al mondo delle bevande. Nel 2017, infatti, l’attore ha lanciato la sua Crystal Head Vodka, contenuta in una bottiglia a forma di teschio ideata dall’artista John Alexander. Già qualche anno prima Aykroyd aveva investito molti soldi nella Diamond Estates, che comprende varie cantine nella regione canadese del Niagara.

“Il vino che produco io non è da collezionare, ma da aprire e bere con gli amici giocando a carte.” Gerard Depardieu presenta così i vini da lui prodotti. Anche se la selezione di vini rossi, bianchi e rosé proposta è piuttosto ampia, Château Tigné – la tenuta da lui acquistata nel 1989, situata nel cuore dell’Anjou – è famosa soprattutto per due grandi cuvée, la Cyrano e la Mozart, prodotte esclusivamente nelle grandi annate e in quantità limitata. Il divo francese, inoltre, è proprietario di varie cantine in giro per il mondo.

Forse ispirata dal suo ex compagno Depardieu, la bellissima attrice Carol Bouquet ha iniziato molti anni fa a produrre un pregiato vino Passito in Sicilia, a Pantelleria, nella cui tenuta è presente anche un uliveto e una piantagione di capperi. Il regista Premio Oscar Francis Ford Coppola è il proprietario della celebre Rubicon Estate, tenuta situata nei pressi di Geyserville, nella parte settentrionale della Sonoma County, in California. Le due linee proposte, la Diamond Collection e la Director’s Cut in cui troviamo uve Chadonnay, Cabernet Sauvignon, Zinfandel, rendono omaggio alla storia della famiglia Coppola, al terroir unico della California e al mondo del cinema.

Altri nomi celebri sono Meryl Streep e Helen Mirren che possiedono due masserie in Puglia, con tutto ciò che comporta in termini di territorio e genuinità dei prodotti. Ecco quindi quanto sia esteso e approfondito il panorama che avvicina le star del cinema e dello spettacolo al mondo del vino e delle eccellenze che i territori più vocati riescono a esprimere, riuscendo con successo a convogliare le capacità artistiche e le capacità imprenditoriali che creano felici connubi di piacere, avventura e gossip…

Del resto, chi non sarebbe d’accordo nel definire un vino fatto bene se non come un’opera d’arte o un’espressione artistica (?) che richiede studio, pazienza, professionalità e rispetto per il pubblico, sia quello presente in sala che quello che bacia un calice per un sorso, aspettando l’applauso che le papille gustative e i sensi sono pronti a far risuonare nel cuore…

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Più articoli su vino troverete nella nostra rubbrica In vino veritas.

Italia: moglie, fanciulla, guerriera

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La parola Italia, nell’odierno immaginario collettivo, richiama alla mente quel crogiolo di culture che nei millenni hanno costituito la storia di questa straordinaria penisola, la cui peculiarità maggiore è proprio la sua ricca e complessa identità. L’ideale risorgimentale dell’unità italiana è stato un fenomenale motore per realizzare quella forma di Stato, che era all’epoca assolutamente inderogabile, necessaria per potersi confrontare in una Europa delle nazioni.

Ma la visione associata al Risorgimento di una nazione Italia che in modo lineare ha acquistato consapevolezza di sé fino ad arrivare alla costruzione di un proprio Stato è stata da tempo superata. Il libro “L’Italia immaginata”, a cura di Giovanni Belardelli, nel riconoscere il complesso rapporto tra pluralità di culture italiche e unità di rappresentazione del Paese, affronta in modo sistematico l’iconografia che ha caratterizzato l’Italia nei secoli. A questa interessante pubblicazione l’Istituto Italiano di Cultura di Cracovia, per volontà del suo direttore Ugo Rufino, ha dedicato nello scorso dicembre due incontri – uno all’Istituto stesso ed uno all’Università Pedagogica di Cracovia – alla presenza dei professori Alessandro Campi, dell’Università di Perugia, coautore del libro, del professore Stefan Bielanski, dell’Università Pedagogica di Cracovia e del sottoscritto.

La pubblicazione curata da Giovanni Belardelli ha il merito di affondare la ricerca sull’iconografia fino alle città greche, anzi risalendo addirittura alle più antiche civiltà orientali, per chiarire come sia intrinsecamente connesso alla nostra cultura il raffigurare le comunità territoriali con figure femminili.

“In certi casi, come quello della stessa Italia o come la Britannia che in un bassorilievo del III sec d.C., viene sottomessa dall’imperatore Claudio, questo genere di allegorie precede di molti secoli la comparsa di qualunque idea di nazione in senso moderno, e poi quasi scompare per un lungo periodo. Ricompare all’inizio dell’età moderna, quando si formano le grandi monarchie nazionali europee e con il Rinascimento si tornano a studiare sculture e monete antiche che di quelle allegorie femminili forniscono numerosi esempi…”, spiega nell’introduzione a “L’Italia immaginata” lo stesso Belardelli.

Un altro passaggio interessante della pubblicazione è quello che ricorda le complementari identità di Roma e Italia – nome che definiva le province della penisola ai tempi della Roma antica – che convivono fino all’assorbimento reciproco, prima di Roma sull’Italia e quindi, dallo svilupparsi dell’idea di nazione, dell’Italia su Roma.

Sullo sviluppo dell’allegoria femminile dell’Italia ne parliamo con il professore Alessandro Campi:

“Chi si ricorda, ai giorni nostri e soprattutto tra i più giovani, del fatto che l’Italia – stando alla sua iconografia ufficiale – è una bella e prospera signora e dunque, non foss’altro che per buona educazione, andrebbe sempre trattata col massimo del rispetto e del garbo? Una donna elegante e piena di fascino, rimasta eternamente giovane e piacente da quando per la prima volta Cesare Ripa (1560-1645), nella sua Iconologia (1603), ebbe l’idea di stilizzarla sontuosamente vestita, per indicare una terra ricca d’arte e natura, e con addosso i contrassegni della prosperità, della regalità e della fortuna. C’era già, in quest’immagine che Ripa ricavava dall’antichità classica, tutto ciò che l’Italia da allora in avanti ha sempre rappresentato a livello di immaginario popolare, anche per chi ad essa ha guardato e continua a guardare da oltre i suoi confini geografici e politici. Le torri e le muraglie come ornamento sulla testa indicavano «Città, Terre, Castelli e Ville»: quel pluralismo di territori, borghi e comunità locali, oggi più prosaicamente le sue 20 Regioni, le sue 107 Province e i suoi 7904 Comuni (secondo il dato aggiornato al 20 febbraio 2021), che nemmeno una volta raggiunta l’unità nazionale si è riusciti – nel giudizio di molti – a ricomporre all’interno di un tessuto istituzionale organico e funzionale”.

Nei secoli le raffigurazioni dell’Italia-donna hanno assunto diverse fattezze secondo le mutevoli contingenze e necessità storiche. L’iconografia può dunque ben fotografare lo stato d’animo di una nazione?

“L’Italia è stata di volta in volta una madre amorevole e protettiva, una sorta di Madonna laica impegnata a difendere tutti i suoi figli e ad assicurare loro giustizia e benessere; una vedova o madre piangente, quando dopo le guerre c’era da simboleggiare il dolore di un’intera comunità per i suoi morti (o come appare, affl itta e dolente per la scomparsa del somma poeta, nel celebre cenotafio dedicato a Vittorio Alfieri realizzato da Antonio Canova); un’amazzone combattente quando bisognava chiamare gli italiani alle armi; una bambina irriverente per indicare una nazione da poco nata che lotta per vedersi riconosciuto il proprio posto all’interno di un consesso mondiale popolato da vecchi marpioni; una ragazza piena di vita, radiosa e con lo sguardo rivolto al futuro tutte le volte che l’Italia si è dovuta rimboccare le maniche o ha cambiato politicamente pelle; una sorella che, all’epoca delle lotte irredentiste, bramava per ricongiungersi con le terre ancora sotto il giogo straniero (Trento, Trieste, Gorizia, sorelle minori di Italia) o che, all’epoca di quelle risorgimentali, avanzava pugnace contro l’invasore austriaco avendo al fianco Marianne-Francia, sua sorella maggiore e simbolo per eccellenza della libertà rivoluzionaria”.Un’Italia che è stata anche raffigurata come sposa del Re ai tempi dei Savoia, o rappresentata con fattezze via via sempre più marziali ai tempi del fascismo fino ad arrivare ad un volto, ben poco femminile, che alludeva chiaramente a quello del Duce. Merito della pubblicazione curata da Giovanni Belardelli è l’aver ordinato, riassunto e interpretato, soprattutto con riferimento al periodo post-unitario, le molteplici immagini rappresentazioni che sono state date dell’Italia nei secoli.

“Si tratta di un campionario di immagini simboliche dell’Italia che arrivano fino all’oggi quando, attraverso l’inventiva dei vignettisti dei grandi giornali (Matteo Bertelli, Mauro Biani, Emilio Giannelli, Vauro), le raffigurazioni si fanno spesso dolenti, come l’Italia distesa a terra ferita dopo l’ennesima uccisione per mafia di un servitore dello Stato; l’Italia impietrita dal dolore, come la Pietà michelangiolesca, dopo il terremoto che nell’aprile del 2009 ha devastato l’Aquila; l’Italia che si sorregge con le stampelle dopo i danni ad essa causati dalla crisi economica; l’Italia esanime a terra mentre il Capo dello Stato (all’epoca Carlo Azeglio Ciampi) cerca di rianimarla con un massaggio cardiaco; l’Italia dallo sguardo impaurito che indossa una mascherina a protezione del volto (ultima trasmutazione iconografica legata ovviamente alla pandemia scoppiata nel febbraio 2020)”.

L’Italia turrita, ovvero con in testa la corona di torri e mura delle città, ha però anche un altro simbolo sempre ben presente: una stella radiosa sul capo che rappresenta la buona sorte di un territorio baciato da un clima mite e salubre.

“Un simbolo che per estensione è diventato lo «stellone»protettivo e provvidenziale, forse sin troppo autoconsolatorio, di una nazione che secondo la percezione comune della gente riesce sempre a cavarsela, capace con le sue sole forze di superare ogni avversità”.

L’utile netto del settore bancario nel 2022 è aumentato del 111%

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L’utile netto del settore bancario nel periodo gennaio-aprile 2022 ammontava a 9,19 miliardi di złoty, il che significa un aumento anno su anno del 111%. Informa la Banca nazionale polacca. Solo nel mese di aprile 2022 l’utile netto è stato pari a 2,98 miliardi di złoty, ovvero è aumentato del 70%.Il reddito operativo netto totale nei primi quattro mesi del 2022 è stato pari a 31,08 miliardi di złoty, il che significa un aumento del 36% su base annua. Gli interessi attivi sono aumentati dell’83% e gli interessi passivi del 331%.I proventi da interessi nel solo mese di aprile ammontavano a 8,36 miliardi di złoty, mentre a marzo erano al livello di 7,69 miliardi di złoty. Gli interessi passivi in questo periodo sono aumentati a 2,11 miliardi da 1,7 miliardi di złoty.I costi amministrativi nel periodo da gennaio ad aprile 2022 sono stati pari a 14,33 miliardi di złoty, il 18% in più rispetto a un anno fa. Le perdite di valore ammontano a 2,08 miliardi di złoty, in diminuzione del 9%.

https://forsal.pl/biznes/bankowosc/artykuly/8430840,zysk-netto-bankow-wzrosl-o-111-proc.html

Covid-19, in Polonia 200 mila morti

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Il COVID-19 è molto più grave dell’influenza, il tasso di mortalità è molto alto, ricordano gli esperti. Ora è il momento di prepararsi all’ondata autunnale della pandemia. Gli specialisti ne hanno parlato in una conferenza stampa in cui è stato presentato un rapporto intitolato “Percorso diagnostico e terapeutico di un paziente con COVID-19”. La pubblicazione è stata creata su iniziativa dell’Institute of Patient Rights and Health Education. Come hanno sottolineato, è fondamentale integrare le vaccinazioni e ricostruire il sistema di test, perché nell’Unione Europea è stato registrato un farmaco antivirale orale efficace per il COVID-19. Il nuovo farmaco è una combinazione di due farmaci antivirali: nirmatrelvir e ritonavir. “La somministrazione è raccomandata soprattutto a quelle persone che hanno un rischio di COVID-19 grave” ha affermato il Prof. Jaroszewicz presidente della Società Polacca di Epatologia, Capo del dipartimento clinico di malattie infettive ed epatologia presso l’Università medica della Slesia. Maggiormente a rischio sono le persone di età superiore ai 60 anni, con obesità, diabete, insufficienza respiratoria cronica, insufficienza renale cronica, insufficienza circolatoria cronica, immunodeficienza, immunosoppressione. “Il tasso di mortalità complessivo dei pazienti ricoverati in ospedale con COVID-19 in Polonia dal marzo 2020 è stato del 12,2%”, ha dichiarato il Prof. Jerzy Jaroszewicz. Ha fatto riferimento ai dati del database nazionale SARSTER. Ha aggiunto che questa mortalità aumenta con l’età. Secondo i dati che ha presentato, anche nel caso della variante omicron, la mortalità è ancora alta, soprattutto nei pazienti con altre malattie. “Il COVID-19 è una malattia sistemica. Colpisce molti organi, non solo i polmoni “ha spiegato lo specialista. L’esperto ha ricordato che più di 6 milioni di persone sono morte di COVID-19 nel mondo. Secondo i dati del Ministero della Salute, in Polonia questo numero ammontava a 116 mila. Tuttavia, come ha sottolineato il cardiologo Prof. Krzysztof Filipiak, Rettore dell’Università di Medicina Maria Skłodowska-Curie di Varsavia, infatti, 200.000 persone hanno perso la vita a causa della pandemia in Polonia. Si tratta sia di persone decedute a causa di COVID-19, ma anche quelle decedute a causa del sovraccarico del sistema sanitario. Ha sottolineato che la Polonia è tra i primi cinque paesi che hanno avuto il più alto tasso di mortalità standardizzato a causa della pandemia. Pertanto, secondo il parere degli esperti, è necessario prepararsi per l’ondata autunnale della pandemia. “Ora dovremmo integrare le vaccinazioni” Il Prof. Filipiak ha ricordato che in Polonia l’intero programma di vaccinazione contro SARS-CoV-2 ha coinvolto il 59% della società, e la dose supplementare il 31%. In Polonia, il gruppo dei bambini e degli adolescenti è il meno vaccinato, ha aggiunto il Prof. Filipiak. “Abbiamo anche almeno 2 milioni di rifugiati dall’Ucraina non vaccinati ” ha sottolineato lo specialista.

https://forsal.pl/lifestyle/zdrowie/artykuly/8429506,eksperci-covid-19-jest-grozniejszy-niz-grypa-trzeba-sie-przygotowac-na-jesienna-fale-pandemii.html

La Polonia produce il 40% degli elettrodomestici fatti nell’UE

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APPLiA Polska è un’associazione di datori di lavoro che rappresentano produttori e importatori di elettrodomestici in Polonia. Secondo i dati dell’associazione 35 milioni di elettrodomestici sono stati prodotti in Polonia nel 2021. Nel settore delle attrezzature di grandi dimensioni la produzione è aumentata del 13%. Con questi dati la Polonia rafforza la propria posizione di leader nella produzione di elettrodomestici fornendo circa il 40% dei grandi elettrodomestici fabbricati in tutta l’UE, mentre in termini di valore è una quota del 30%. Il paese è inoltre il secondo esportatore di elettrodomestici al mondo. Oltre il 90% della produzione viene esportato, i maggiori mercati per i prodotti polacchi sono Germania, Francia, Gran Bretagna. Il presidente di “APPLiA Polska” Wojciech Konecki ha sottolineato che notevoli risultati sono stati raggiunti nonostante il drastico aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, nonchè i problemi di fornitura dei componenti. L’industria investe ogni anno oltre 1 miliardo di złoty in fabbriche e centri di ricerca e assistenza in Polonia. Sempre secondo i dati dell’associazione nel 2021 i consumatori hanno speso 13,6 miliardi di złoty in elettrodomestici, il 15% in più rispetto all’anno scorso. Il valore della produzione venduta ha superato i 26 miliardi di złoty nel 2021. Ci sono circa 35 fabbriche do elettrodomestici situate in Polonia. L’occupazione nel settore è stimata in oltre 100 mila persone. Le principali aziende nel settore degli elettrodomestici sono BSH Sprzęt Gospodarstwa Domowego, Electrolux Poland, Whirlpool, Samsung Electronics Poland Manufacturing e Amica. Queste aziende impiegano il 70% delle persone che lavorano nel settore degli elettrodomestici e sono responsabili del 72% dei ricavi di tutti i produttori e importatori di elettrodomestici e di circa il 75% del valore delle vendite della produzione di elettrodomestici.

https://forsal.pl/biznes/przemysl/artykuly/8427231,40-proc-duzego-agd-produkowanego-w-ue-pochodzi-z-polski.html