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Governo dispone creazione di un ospedale da campo nello Stadio nazionale di Varsavia
Spettacolo “Guerra e pace” di Lev Tolstoj al Teatro Morlacchi: LA PRIMA 28 X
Andrea Baracco e Letizia Russo dopo lo straordinario successo de Il maestro e Margherita ci accompagneranno nel magico mondo di uno dei più grandi capolavori della letteratura mondiale Guerra e Pace di Tolstoj. La platea del Teatro Morlacchi diventerà un grande palcoscenico, gli spettatori potranno assistere allo spettacolo unicamente dai palchi.
“Se ti chiedono di parlare di Guerra e Pace non sai che dire, e se ci provi hai la frustrante consapevolezza di balbettare delle banalità. I personaggi, tutti, proprio tutti, se ne stanno ostinatamente distanti da qualunque tipo di definizione, i temi sono talmente “alti” da non sognare neanche lontanamente di farsi precipitare a terra. E quindi non si può che procedere per contradditorie impressioni, oppure provare a dare della carne e delle ossa a quei personaggi, a quei temi, farli un poco circolare tra la vita, nel teatro, indicargli la strada della sala e mettersi ad osservarli agire. Ma l’ingombro è davvero sproporzionato, vanno fuori quinta di continuo, il palco non riesce proprio a contenere tanta maestosità, tanta volontà di grandezza e allora via tutto, via le quinte, via la platea, Austerlitz, Lisie Gory, la casa di Anna Pavlovna, Mosca, la trincea, Pietroburgo, le carrozze, le feste, Andrej e il cielo, Pierre e la massoneria, hanno bisogno di spazio.
A sproporzione non si può che rispondere con sproporzione, ed il teatro è il luogo ideale, unico, per ingigantire o rimpicciolire, per mostrare in primissimo piano i turbamenti sui volti di Marja, di Lize, di Nikolaj per poi, immediatamente dopo staccare nei campi lunghissimi delle strade di Mosca, dei campi di battaglia, dei ricevimenti che sono uno dei luoghi più significanti ed emblematici del romanzo, tant’è che apri il libro e ti ci ritrovi subito immerso. Siamo a casa di Anna Pavlovna, lei apre la porta, dà il via al romanzo, ed è un incipit sensazionale: ora un personaggio parla russo, ora francese: parole russe si frammischiano in discorsi francesi, parole francesi si insinuano in discorsi russi, parole francesi sono trascritte in russo, e il gioco delle due lingue, condotto con una meravigliosa felicità, viene accompagnato dai suoni delle forchette e dei coltelli, dal tintinnio dei bicchieri, dal passo discreto dei camerieri, dal nome delle portate e dei vini rossi. Mai, forse, qualcuno ha rappresentato con più grazia e potenza insieme, l’inconsistente.
Le prove, l’allestimento e le repliche di Guerra e Pace si svolgeranno al Teatro Morlacchi che per l’occasione riapre al pubblico dopo mesi di chiusura. Abbiamo pensato che oggi, in questo momento, è assolutamente necessario festeggiare il teatro, e non si può fare una festa e non invitare chi negli anni quel luogo lo ha abitato, frequentato, trasformato, insomma chi ha fatto sì che quel luogo sia oggi quello che è. Useremo quindi, per la composizione della scenografia, elementi e oggetti ideati e costruiti per altri spettacoli, da Castri a Ronconi; così a questa “festa”, ci sarà anche chi ha creato momenti memorabili di vita in quel luogo, e noi ci attaccheremo con ferocia a quella vita nel tentativo di costruirne un’altra.
Riscrittura: Letizia Russo
Regia: Andrea Baracco
Con: Giordano Agrusta, Caroline Baglioni, Carolina Balucani, Dario Cantarelli, Stefano Fresi, Ilaria Genatiempo, Lucia Lavia, Emiliano Masala, Laurence Mazzoni, Alessandro Pezzali, Ludovico Röhl, Emilia Scarpati Fanetti, Aleph Viola, Oskar Winiarski
Scene e costumi: Marta Crisolini Malatesta
Luci: Simone De Angelis
Musiche originali: Giacomo Vezzani
Produzione: Teatro Stabile dell’Umbria con il contributo speciale della Fondazione Brunello e Federica Cucinelli
Da mercoledi 28 ottobre a domenica 22 novembre:
- da martedi a venerdi ore 21
- sabato e domenica ore 17
Fonte: www.teatrostabile.umbria.it/spettacolo/guerra-e-pace/?produzione=1
[Aggiornamento 15.10.2020] Situazione attuale in Polonia rispetto all’epidemia di COVID-19
Negli ultimi giorni in Polonia si sono registrati ancora numeri record per nuovi casi di COVID-19. Il numero complessivo dei malati attivi è salito a 61.007 (numero doppio rispetto a una settimana fa), di cui in gravi condizioni 508, ovvero circa l’1% del totale. Tutta la settimana si sono registrati casi in aumento, arrivati anche oltre 8.000 casi/giorno. Gli ultimi dati mostrano 8.099 nuovi contagi, con 91 morti. Il Voivodato di Masovia (1.306), la Piccola Polonia (1.303), la Grande Polonia (835) e la Slesia (822) sono i Voivodati maggiormente interessati dai nuovi casi.
Complessivamente i numeri dell’epidemia rimangono sotto controllo e senza pressione eccessiva sulle strutture sanitarie polacche. L’impennata dei nuovi casi ha indotto il Governo a prendere nuove misure restrittive per contenere il contagio.
Tutto il territorio polacco è zona gialla, con obbligo di mascherina, anche all’aperto, e oltre 150 zone rosse (152 contee e 11 città). Sia per le zone rosse che per le zone gialle sono state introdotte nuove misure per prevenire la diffusione dell’epidemia.
Si raccomanda di limitare gli spostamenti e monitorare i dati epidemiologici nel caso di viaggi programmati da e verso la Polonia, per il rischio di possibili nuove restrizioni sui voli e gli spostamenti.
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Informazioni per i cittadini italiani in rientro dall’estero e cittadini stranieri in Italia tra cui le risposte alle domande:
- Ci sono Paesi dai quali l’ingresso in Italia è vietato?
- Sono entrato/a in Italia dall’estero, devo stare 14 giorni in isolamento fiduciario a casa?
- Quali sono le eccezioni all’obbligo di isolamento fiduciario per chi entra dall’estero?
- E’ consentito il turismo da e per l’estero?
Per gli spostamenti da e per l’Italia a questo link le informazioni del Ministero degli Esteri:
https://www.esteri.it/mae/it/
La situazione Polonia verrà aggiornata all’indirizzo: www.icpartners.it/polonia-situazione-coronavirus/
Per maggiori informazioni:
E-mail: info@icpartnerspoland.pl
Telefono: +48 22 828 39 49
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51 scienziati chiedono di chiudere le miniere di carbone della Slesia
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Nutella, l’irresistibile dolcezza italiana
Da quell’aprile del 1964, da quando cioè esce il primo barattolo di Nutella dalle linee della Ferrero, ad Alba, in provincia di Cuneo, le merende per i bambini non sarebbero state mai più le stesse.
I Ferrero – Pietro prima e Michele poi – inseguono dagli anni Venti l’obiettivo di creare una merenda al cioccolato e a basso prezzo da mangiare assieme al pane.
All’inizio Pietro Ferrero non si rivolge ai bambini, bensì agli operai. Il fondatore della dinastia industriale si era spostato dalle natie Langhe a Torino dove aveva aperto una bottega di pasticcere. Vede gli operai che vanno a lavorare in fabbrica portando con sé del pane da consumare assieme a pomodori e formaggio. Pensa che se fosse riuscito a fornire a quegli operai qualcosa di dolce e a basso prezzo da mangiare assieme al pane, avrebbe fatto tombola. In Piemonte al tempo esiste già una specie di cioccolato autarchico, fatto con poco cacao e molte nocciole tritate fino a essere ridotte in polvere: il gianduia. Pietro Ferrero comincia a lavorarci sopra e nel 1925 mette a punto il cosiddetto “pastone”, una sorta di nonno della Nutella. Si tratta di una pasta al cioccolato e nocciole, ottima da mangiare assieme al pane. Naturalmente, oltre che dagli operai, viene subito apprezzata anche dai bambini e proprio i più piccoli diventano l’obiettivo di Ferrero convinto che ci saranno sempre bambini a cui far fare merenda.
Arriva la guerra, Pietro chiude la bottega di Torino e si rifugia ad Alba dove continua a lavorare attorno a quel composto al cioccolato. È buono nel gusto, ma troppo duro, difficile da utilizzare. Pietro cerca la formula per ammorbidirlo. Il successo arriva a guerra finita da pochi mesi: all’inizio del 1946 ritrova su uno scaffale un dimenticato barattolo di burro di cacao. Lo aggiunge all’impasto e ottiene una pasta bella morbida, che si può fare a fette, che sa di cioccolato, ma soprattutto, che costa pochissimo. Nell’Italia stremata dalla guerra nessuno ha soldi da buttar via in dolcezze e voluttà. Gli ingredienti sono più o meno quelli odierni: zucchero, nocciole, grassi vegetali e cacao. Per il nome Pietro non ci pensa su molto: va benissimo quello del tradizionale cioccolato con le nocciole piemontese. Il Giandujot, o Pasta gianduja, arriva nei negozi nel 1946 e costa 4-5 volte meno del cioccolato tradizionale. Si tratta di una specie di marmellata solida in pani avvolti nella stagnola che si vende a peso e si taglia a fette per imbottire i panini.
Il prodotto va subito fortissimo, il successo è immediato. Il cioccolato per far merenda con il pane si vende come il pane e il problema ora, per Ferrero è tener dietro agli ordini. Lo stabilimento di Alba, da minuscolo laboratorio artigianale, si amplia sempre di più. Monsù Pietro, come tutti lo chiamano, ha un’ulteriore idea: vendere il Giandujot in confezioni monodose. Nasce così il cremino, un cioccolatino popolare ancora ai nostri giorni.
Il passo successivo è quello di rendere la pasta al cioccolato da affettabile a spalmabile. Ma non sarà Pietro a compierlo: il fondatore della Ferrero muore il 2 marzo 1949, sostituito dal figlio Michele (scomparso nel 2015). La leggenda vuole che in quella stessa estate del 1949, particolarmente calda, la pasta gianduja si sciolga e in tal modo la si possa spalmare sul pane.
A quel punto Ferrero ritocca la formula e rende la pasta più morbida, facendo sì che si possa spalmare sempre, a prescindere dalla temperatura esterna. L’impasto non contiene più burro di cacao, bensì una miscela di oli vegetali. Come questa miscela sia composta è uno dei segreti meglio custoditi dall’azienda. I pochi che lo conoscono non possono, per contratto, abbandonare la provincia di Cuneo. E pur di non violare quel segreto, la Ferrero ha preferito perdere alcune cause legali (la più clamorosa negli Stati Uniti) basate sull’impossibilità di identificare cosa diavolo si celi all’interno di quella benedetta scritta «olî vegetali».
Il prodotto prende il nome di Supercrema e si affianca, senza sostituirlo, al Giandujot. I genitori, tuttavia, preferiscono la crema spalmabile alla pasta da tagliare a fette perché i bambini non possono più buttare le fette di pane per mangiarsi solo l’imbottitura di cioccolato, come talvolta avveniva in precedenza.
C’è anche una componente psicologica: il dolce in Italia, paese cattolico, è visto come qualcosa di peccaminoso. La Ferrero, per renderlo maggiormente accettabile, lo confeziona dentro oggetti che poi resteranno: dapprima giocattoli per i bambini e in seguito i celebri bicchieri. Il contenitore che può essere riutilizzato fornisce una giustificazione morale all’acquisto.
Il decennio Cinquanta costituisce un periodo di crescita clamorosa per la Ferrero, che apre pure uno stabilimento in Germania, ad Allendorf, 150 chilometri da Francoforte. Proprio dalla filiale tedesca verranno le spinte più forti a cambiare il nome del prodotto: Supercrema riesce ostico da pronunciare in tedesco, per non parlare di Giandujot, che è ostico pure in italiano. Inoltre, nel 1962, il parlamento italiano approva una legge che viene interpretata come un divieto di apporre prefissi accrescitivi ai nomi: niente più super, ultra, stra e poi qualcosa. La Supercrema ci ricade in pieno.
Ad Alba c’è grande fermento per trovare un nome nuovo. La rosa è ampia, si parla di SuperNut, Nutosa, Nutola, Nusty. Alla fine, però, come sempre, è Michele Ferrero in persona a decidere. E sceglie Nutella. Il nome è formato da due parti: la prima «nut» vuol dire noce in inglese, ma è facilmente identificabile anche in altre lingue. La seconda «ella» è un diminutivo femminile, che quindi comporta sentimenti positivi come tenerezza, affetto, dolcezza. Inoltre è facile da pronunciare in qualsiasi lingua.
Evidentemente la scelta è ben ponderata perché il nome viene depositato il 10 ottobre 1963. Il primo barattolo, come detto, vede la luce sei mesi più tardi. Dal 20 aprile 1964 inizia l’era della Nutella in cui ancora, ci piaccia o meno, ci ritroviamo immersi.
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Pillole culinarie è una rubrica di approfondimento sulla storia della cucina curata dal giornalista e scrittore Alessandro Marzo Magno. Dopo essere stato per quasi un decennio il responsabile degli esteri di un settimanale nazionale, si è dedicato alla scrittura di libri di divulgazione storica, pubblicati da importanti case editrici e in alcuni casi tradotti in varie lingue. Ne ha pubblicati diciassette, uno di questi “Il genio del gusto. Come il mangiare italiano ha conquistato il mondo” ripercorre la storia delle più importanti specialità gastronomiche italiane. Partecipa a trasmissioni televisive sulla principale rete della tv pubblica italiana.
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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl
“Zła matka/La cattiva madre” 21.10 Klub Komediowy ore: 19
“Zła matka/La cattiva madre” è uno studio della maternità in chiave autoironica. E’ uno spettacolo sulle donne che non vogliono interpretare i ruoli loro imposti e vogliono essere libere di decidere di se stesse. E’ un racconto ironico sul rapporto con gli uomini e non solo.
Replica: 21.X.2020 ore 19.00, Klub Komediowy a Varsavia
Acquista biglietti: komediowy.pl/event/zla-matka-rez-karolina-porcari-2/
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Presidente Duda, collaborazione economica con l’Ucraina è strategica
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