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Il Tour de Pologne ritornerà in agosto
Il governo revoca il divieto dei collegamenti aerei con vari Paesi
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Ieri il governo ha revocato il divieto dei collegamenti aerei con vari Paesi, ad esempio con la Gran Bretagna, il Giappone, il Canada, la Corea del Sud o l’Ucraina. Lo scorso martedì sera, nella Gazzetta Ufficiale, è stato pubblicato un nuovo decreto legislativo del Consiglio dei Ministri del 30 giugno 2020 riguardante il divieto dei collegamenti pubblici. Il decreto consente i collegamenti internazionali con gli Stati membri dell’Associazione europea di libero scambio [EFTA], con gli Stati dell’Area economica europea [SEE], con la Svizzera e i Paesi dell’UE tranne la Svezia e il Portogallo. Dalla lista dei divieti del decreto precedente è stata eliminata la Gran Bretagna. Il divieto dei voli non riguarda il Montenegro, la Georgia, il Giappone, il Canada, l’Albania, la Corea del Sud e l’Ucraina. Il decreto è entrato in vigore ieri, con la scadenza il 14 luglio 2020.
Il teatro-gioiello sulla via dell’Ambra
L’articolo è stato pubblicato sul numero 76 della Gazzetta Italia (agosto-settembre 2019)
Nel margine sud-ovest del centro storico di Danzica il rinato, potente, Teatro Shakespeariano suggella, impreziosendola, la bellezza cosmopolita di questa millenaria città mercantile che per secoli fu il cuore pulsante commerciale e culturale del Baltico e della via dell’Ambra.
Una città per tradizione sempre in lotta per la sua libertà e indipendenza che nel Seicento era così all’avanguardia da avere un teatro elisabettiano in cui venivano rappresentati i lavori di William Shakespeare solo pochi mesi dopo che erano andati in scena a Londra. Esattamente sul sedime di quell’antica scena si trova oggi il nuovo Teatro elisabettiano progettato dall’architetto italiano Renato Rizzi, docente presso l’Università di Architettura IUAV di Venezia, ed inaugurato nel settembre del 2014. La giuria del concorso per la progettazione del nuovo teatro, tra cui figuravano Andrzej Wajda, Arata Isozaki e Gaetano Pesce, all’epoca decise di puntare sulla proposta più coraggiosa, in grado di coniugare l’impostazione scenica elisabettiana – con rappresentazione a cielo aperto al centro del teatro e spettatori intorno – con quella all’italiana con la classica forma a scatola e palcoscenico frontale. L’audacia del progetto di Rizzi tocca il suo vertice nella ideazione di un tetto apribile che consente di riproporre in modo autentico l’ambientazione scenica elisabettiana. Un tetto che si apre e si alza come due braccia levate al cielo in segno di vittoria, richiamando l’iconica immagine della Polonia che si libera dall’imposizione sovietica: Walesa con le braccia alzate alla guida di Solidarnosc, il movimento che ha determinato una delle svolte politiche più significative del Novecento europeo.
Il teatro shakespeariano di Danzica è anche per queste ragioni un edificio intrinsecamente teatrale che prima di ospitare uno spettacolo è già di per sé una simbolica messa in scena intrisa di richiami culturali, architettonici, storici e perfino politici. L’edificio in mattoni contrassegnato da costolature gradonate che si susseguono all’esterno evoca ad un tempo l’imponenza strutturale della vicina chiesa di Santa Maria e i canoni del classicismo greco-romano facendo assumere al teatro una atmosfera quasi sacrale che si conferma nella disposizione rituale degli spazi interni, in cui alcuni dettagli costruttivi si ripetono nei diversi ambienti richiamandone l’unità concettuale.
Bellezza, forza, ardimento uniti alla funzionalità di un teatro che nell’involucro esterno che avvolge la sala interna accoglie scale, ascensore, corridoi di smistamento per il pubblico, impianti tecnici e naturalmente il supporto statico al tetto apribile “a libro” in grado di sollevarsi in pochi minuti. Funzionalità che si ritrova nella parte principale della sala che può essere diversamente gestita grazie a piattaforme retraibili che consentono di organizzare lo spazio con diverse configurazioni tra palco e platea. Un progetto che si sviluppa su tre piani, su un’area di 4 mila mq, con spazio teatrale di 650 metri quadrati sovrastato da un tetto apribile (2 falde di 18×12 mq) di 400 mq, e con capacità di 600 posti a sedere più un’area di 1700 mq per servizi, amministrazione, bar e con possibilità di utilizzo della terrazza per spettacoli. L’apprezzamento, che possiamo definire ormai mondiale, verso questo teatro ha portato al professor Renato Rizzi una lunga serie di riconoscimenti, l’ultimo in ordine cronologico è stato il Premio per l’Architettura dell’Accademia Nazionale di San Luca ritirato dalle mani del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella. Nel 2017 Renato Rizzi ha ricevuto a Varsavia il Premio Gazzetta Italia, che la nostra rivista riconosce alle persone che nella loro vita hanno contribuito in modo speciale ad arricchire la storia delle relazioni tra Italia e Polonia.
Come cambia il VAT
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Carbonara di asparagi

La carbonara è uno dei piatti simbolo della cucina italiana, e anche uno dei più fraintesi. Basti pensare a tutte le varianti che il piatto subisce a seconda delle zone. Il condimento base, infatti, prevede l’utilizzo del guanciale, del pecorino, del tuorlo d’uovo e del pepe, tutti ingredienti molto utilizzati nella cucina romana. Di volta in volta, però, il guanciale viene sostituito dal bacon, l’uovo viene inserito con l’albume, oppure al posto del pecorino viene utilizzato il parmigiano.
Ovviamente il risultato però viene completamente diverso e decisamente distante dalla ricetta originale. Le regole sono semplici: il guanciale si sfrigge e l’uovo con il pecorino vengono mantecati senza fiamma.
La ricetta che andiamo a scoprire non tradisce la ricetta tradizionale, ma introduce un’originale novità: al posto della pasta, infatti, andiamo ad utilizzare gli asparagi verdi.
RICETTA per 4 persone:
- 600 grammi di asparagi verdi
- 8 tuorli d’uovo
- 10 cucchiai di pecorino
- 120 grammi di guanciale affettato sottile
- pepe nero q.b.
PROCEDIMENTO:
Come prima cosa andiamo a pulire gli asparagi e tagliamoli alla julienne ottenendo delle strisce. Quindi prendiamo gli ”spaghetti di asparagi” e li sbollentiamo un minuto in acqua bollente non salata. Importante raffreddare immediatamente gli asparagi in acqua ghiacciata, per bloccare la cottura mantenendo il colore brillante e la consistenza croccante.
Una volta asciugati gli asparagi prendere le fette di guanciale e sfriggerli in una padella antiaderente con poco olio mantenendo la fiamma bassa per poter permettere al guanciale di non bruciarsi e di rimanere croccante allo stesso tempo. Una volta croccantizzato togliere il guanciale dalla padella, spegnere il fuoco, lasciando però il grasso di cottura nella padella stessa.
In una ciotola di acciaio versare i tuorli e il pecorino, macinate del pepe a piacere: questa è la crema che andrà a condire il nostro piatto.
Prendiamo gli asparagi e saltiamoli nel grasso del guanciale sul fuoco aggiungendo poca acqua bollente non salata. Scaldiamo gli asparagi in padella fino a quando non evapora tutta la parte umida. Prendiamo gli asparagi bollenti e mescoliamoli con la crema di uovo e pecorino nella ciotola di acciaio fuori dal fuoco, aggiungendo un pò di acqua bollente non salata per ottenere una consistenza cremosa mantenendo calda la preparazione.
Porre sul piatto la nostra carbonara di asparagi guarnendo col guanciale croccante precedentemente preparato.
Buon appetito!
Presidenziali 2020, spoglio completato: Duda 43,5 per cento, Trzaskowski 30.46
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Pinko, una famiglia italiana
L’articolo è stato pubblicato sul numero 77 della Gazzetta Italia (ottobre-novembre 2019)
“La famiglia è la forza, anche nella vita professionale”, assicura Pietro Negra, il proprietario del marchio Pinko.
Il marchio è stato fondato negli anni Ottanta da Pietro e sua moglie Cristina, per la quale la moda è sempre stata una passione. Sin dall’inizio il matrimonio ha condiviso le responsabilità per la gestione del marchio di moda. Cristina era responsabile del lato creativo e Pietro gestiva l’azienda dal lato commerciale. Oggi, anche se Pinko sta subendo importanti cambiamenti interni, rimane comunque un marchio di famiglia. La squadra attualmente comprende le figlie dei fondatori: Caterina e Cecilia. La prima è direttore creativo. È stato grazie a lei che Pinko ha rinunciato alle pellicce naturali ed è diventato più eco sostenendo tra l’altro il progetto “Treedom” dell’organizzazione che lavora per il rimboschimento di aree in tutto il mondo. Cecilia è responsabile della comunicazione del marchio. Per la prima volta nella storia Pietro Negra ha deciso di sostenere una squadra interamente italiana e molto giovane. Da diversi mesi è Federico Bonelli il responsabile della parte commerciale, mentre Emanuele Bianchi che in precedenza ha lavorato per Diesel, Coccinelle e Dolce & Gabbana è entrato a far parte del team come direttore del marketing. Caterina Salvador invece è diventata direttore del prodotto, nel suo curriculum vanta collaborazioni con marchi come Giorgio Armani, Hugo Boss, Calvin Klein, Dolce & Gabbana, Coin. “Questo è solo l’inizio di un progetto più ampio che introdurremo gradualmente nel corso dei prossimi mesi. Crediamo nella forza delle giovani generazioni. Ecco perché abbiamo creato un team completamente nuovo per rafforzare il modello di un business già di successo”, così commenta la riorganizzazione dello staff Pietro Negra.
Collezione per la stagione autunno inverno 2019/20 è la prima creata dal team rinnovato. Tuttavia la donna Pinko è rimasta invariata, appassionata e attenta alle ultime tendenze ma scegliendo solo quelle che si abbinano al suo stile individuale. È per lei che nasce la linea Pinko Black che combina l’eleganza con uno stile rock. Sui vestiti si possono trovare molti dettagli luccicanti, perché la donna Pinko non può rimanere indifferente. Con questa collezione il marchio ritorna alle sue radici, vale a dire gli anni Ottanta. Troviamo quindi maniche a sbuffo, minigonne, magliette stampate e scollature profonde. Inoltre una miscela di colori, materiali, disegni e trame. Grazie a questo a seconda dell’ora del giorno, dell’occasione e dell’umore, una donna può cambiare ogni volta in modo irriconoscibile. Il volto del marchio è diventata quindi la carismatica Madison Headrick, una top model mondiale che incarna la bellezza moderna e può cambiare come un camaleonte. Nelle sue campagne Pinko si concentra sempre sui volti unici e sulle modelle di livello mondiale. Tra loro c’erano: Naomi Campbell, Eva Herzigova e Sara Sampaio. „Oggi, è necessario pensare a livello globale allo sviluppo dell’azienda. La cosa più importante è la flessibilità, la capacità di anticipare vari scenari e adattarsi facilmente alle nuove regole del gioco. È quello che cerchiamo di fare ogni giorno”, dice Pietro Negra. „Lavorando insieme ognuno di noi ha il proprio spazio operativo grazie al quale ci completiamo a vicenda, il che è la prova che un’azienda familiare può avere la forza di imporsi sul mercato globale della moda “, aggiunge.
traduzione it: Justyna Czerwonka
Sito web: www.pinko.com
Facebook: www.facebook.com/PINKO.official
ElectroMobility Poland presenterà le prime auto elettriche polacche
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Il mio mese in Polonia
È cominciata la prima mattina di questo mese polacco e già mi sembra siano passati giorni. Non ho fatto in tempo ad arrivare che sono stata catapultata nella frenesia polacca da un ricevimento in ambasciata, accompagnando mio padre ad un incontro di lavoro, alla notizia che il giorno dopo sarebbe iniziato il mio primo corso di polacco.
Avviata verso la scuola IKO attraverso Nowy Swiat come se fosse la prima volta, rimanendo affascinata dal senso di ordine ed eleganza dei palazzi di inizio Ottocento ricostruiti tra il 1950 e il 1960. Sento tirare la manica della giacca, mio papà mi fa cenno di girare nella strada laterale e il paesaggio cambia completamente, sembra di essere in un’altra zona della città, al bianco dei palazzi della strada principale si sostituisce il giallo spento dei condomini costruiti durante il comunismo. Siamo arrivati. Entro in aula e mi accorgo di essere la più giovane, con me a lezione ci sono una insegnante di inglese, che ha il marito polacco e che dopo anni a Varsavia ha deciso di imparare la lingua per ottenere la cittadinanza polacca; una suora nigeriana che ha dedicato la sua vita ad una parrocchia nella periferia della capitale; un giovane programmatore di videogiochi giapponese in cerca di lavoro e ispirazione; un personal trainer arabo trasferitosi qui da poco e un professore di economia canadese. Sembrava l’inizio di una barzelletta e poi lo è diventata!
Dal primo giorno siamo stati spinti a provare a parlare polacco, dicono che sia l’unico modo per riuscire ad apprenderlo davvero, perciò lezione dopo lezione si è creato un senso di solidarietà nell’aiutarci a vicenda in questa avventura. É stato incredibile vedere come queste persone così diverse tra loro abbiano avuto il coraggio di lanciarsi nello studio di una lingua piuttosto ostica, accettandone le tante stranezze, ognuno riuscendo a raggiungere il proprio traguardo. Figure importanti sono state le nostre due insegnanti che, con due approcci diversi, uno più grammaticale l’altro più discorsivo, sono riuscite in poco più di tre settimane a renderci capaci di sostenere e comprendere alcuni piccoli dialoghi necessari alla vita quotidiana utilizzando uno degli idiomi più complicati al mondo.
Tuttavia questa permanenza polacca non includeva solo il corso, ho avuto anche la possibilità di girare per il paese riscoprendo posti che avevo già visitato e conoscendone di nuovi. La particolarità della Polonia è la grande differenza di energia che si può percepire visitando le città, e forse questo è dato anche dalla separazione geografica che c’è tra esse. Ho viaggiato soprattutto in treno e quello che mi ha colpito è stato la vastità del paesaggio. Dal finestrino quello che si vede sono perlopiù boschi giganteschi o prati sterminati caratterizzati da dominanti sfumature di verde che non permettono di avere indizi su come sarà la città in cui arriverai. É qualcosa di assolutamente rilassante e magnetico da osservare, che in Italia abbiamo un po’ perso, perchè la natura non è più la protagonista del paesaggio ma è ridotta al ruolo di sfondo di fabbriche e paesi.
La prima meta è Cracovia, una città con architetture e palazzi solenni che trasmette un’atmosfera rilassante, quasi come se il tempo andasse più lento, qui spiccano i volti di studenti e turisti, che vagano per le vie acciottolate, attraversano la piazza principale o seguono le mura del castello. L’architettura medievale, prevalentemente di edifici in mattoni, è lo scenario in cui si mescola l’energia dei giovani studenti con l’indelebile presenza di un passato particolarmente segnato dalla II Guerra Mondiale. Al di là del fiume Vistola che attraversa Cracovia si trova la Schindler Factory e a 70km dalla città c’è il campo di concentramento Auschwitz Birkenau, il più tragico e toccante simbolo della tragedia della Shoah. Sono due realtà che nello stesso contesto raccontano storie dolorose ma differenti: la prima parla di speranza, di un luogo in cui nonostante il pericolo incombente si è riusciti a salvare un gran numero di vite. La seconda è invece la storia del più basso punto che l’umanità abbia toccato. Un luogo tristemente noto a tutti che per questo, sotto sotto, pensiamo di essere preparati a visitare, magari immaginando anche quali emozioni potremmo provare. Invece una volta arrivati sentiamo che forse non saremo mai in grado di comprendere completamente il dramma vissuto da chi è stato portato qui.
Dopo Cracovia è stata la volta di Danzica, diametralmente opposta sia geograficamente che culturalmente. Se Cracovia è sfondo, Danzica è protagonista e come tutte le città di mare è palpabile quel senso di indipendenza e libertà, che la differenzia dalle altre città polacche visitate. Insieme alla maestosità della via principale risaltano la forza delle costruzioni in mattone rosso, tra cui la Basilica di Santa Maria la più grande chiesa in mattoni al mondo, e del nuovo teatro Shakespeariano progettato dall’architetto Renato Rizzi, inaugurato nel 2014. Ed essendo una città che si affaccia su piccoli canali non è potuto mancare lo spettacolo di mio papà che cercava di destreggiarsi nel vogare su una vera gondola veneziana sul fiume Motława.
Verso la fine del mio mese polacco ho partecipato all’Orange Music Festival un evento musicale che attrae sia giovani che famiglie con bambini. É stata un’esperienza fantastica, svoltasi all’interno di un ippodromo di Varsavia, con diversi palchi in cui contemporaneamente si esibivano diversi artisti internazionali in mezzo a street-food e giochi, tutto perfettamente organizzato e pianificato in modo da far divertire il variegato pubblico. Clou della serata la performance dell’eclettica Miley Cyrus la mia cantante preferita fin dall’infanzia.
L’ultimo giorno prima di partire mi sono ritrovata a passeggiare per le vie di Varsavia e imbattendomi in un tipico bar Mleczny ho ricordato le sensazioni delle mie prime visite in Polonia. Non capivo cosa aveva attirato mio padre lì, mi sembrava una realtà buia, spoglia, austera, rigida, ripiegata in tradizioni che mi sembravano così distanti da quello a cui ero abituata. Ma con il tempo ho imparato tanto su questo paese e l’ho visto cambiare, spingersi a ricercare tutto quello che gli mancava, a conoscere nuove culture, nuove lingue e ad accoglierle. La Polonia ha radici solide che in passato sono state calpestate e nascoste, e dopo un fisiologico periodo necessario a farle riaffiorare, oggi forse può puntare ad intrecciarle con altre, in modo da diventare più forte, aperta e ricca. Tra i polacchi ho conosciuto tante persone che ricercano la qualità, la bellezza e la perfezione e nel farlo si applicano con strategia ed energia.
Da giovane italiana finora ho trovato nella Polonia un paese ricco di opportunità per il futuro, sia in ambito turistico che lavorativo, e sono curiosa di vederne l’ennesima evoluzione nel mio prossimo viaggio.