Slide
Slide
Slide
banner Gazzetta Italia_1068x155
Bottegas_baner
baner_big
Studio_SE_1068x155 ver 2
Gazetta Italia 1068x155
LODY_GAZETTA_ITALIA_BANER_1068x155_v2

Home Blog Page 32

Da Tintoretto ai cicchetti

0
smart

Tanti turisti vengono a Venezia per un giorno: si meravigliano dell’onnipresente acqua, delle snelle gondole, dei colori delle maschere e dei vetri, si stringono in Piazza San Marco e sul Ponte di Rialto seguendo obbedientemente l’ombrello della guida. Solo immagini, sorrisi, ricordi.

L’innumerevole quantità di ponti e canali, chiese e campi, all’inizio può sbalordire e

scoraggiarti dall’esplorare la Serenissima individualmente. Tuttavia, se dedichiamo un po’ più di tempo a Venezia, si scopre che è diffi cile perdersi qui. Perché anche se ci perdiamo in un vicolo cieco, alla fi ne troveremo o un giardino segreto o una nuova vista su un canale. E non è esattamente quello che stiamo cercando? Bellezza, mistero, qualcosa che ci stupirà?

Quest’anno siamo arrivati a Venezia in aprile-maggio. Dopo esser scesi dall’autobus a Piazzale Roma, siamo stati salutati dal cielo limpido e dal verde intenso dei Giardini Papadopoli.

È a questo punto, dove il traffi co automobilistico finisce, che per la maggior parte dei turisti inizia l’avventura a Venezia.

Subito abbiamo seguito il percorso, ben noto, verso Campo Santa Margherita nel sestiere Dorsoduro, che è uno dei sei sestieri di Venezia. Un ponte, un secondo, un terzo, un quarto, un quinto. Fermata. Dobbiamo fermarci a uno di questi ponti. Questo non è un normale ponte. Questo è Il Ponte dei Pugni, un tempo scenario di furiose disfide tra veneziani. Il ponte non aveva barriere e l’obiettivo della lotta dei pugni era quello di gettare l’avversario in acqua.

Uno dei nostri bar veneziani preferiti si trova ai piedi di questo ponte – Bar Artisti Osteria Ai Pugni – qui ci sentiamo come se fossimo a casa nostra. Siccome vogliamo mangiare e bere come i veneziani, ordiniamo da bere lo spritz al Select, una versione più secca dello spritz all’aperol, caratterizzata da un colore carminio e un sofisticato gusto amaro. Come aggiunta obbligatoria gli spuntini, preferibilmente diversi tipi. All’Osteria ai Pugni ci piace mangiare i fagottini fritti ripieni di prosciutto cotto, mozzarella o melanzane. Tutto si sceglie in bocca, ogni cosa ha un suo specifico gusto ed odore. In nessun altro luogo si mangia così bene.

Venezia ci sta aspettando. Percorriamo il largo Campo Santa Margherita verso le Gallerie dell’Accademia, il tempio dell’arte, dove sono raccolti i più grandi tesori della pittura veneta: opere di Bellini, Tintoretto, Tiziano, Guardi e Canaletto. Ovunque, lungo le calli, incontriamo numerose vetrine piene di vetri e gioielli, che ci ricordano che il commercio è sempre stato alla base dell’esistenza di questa città. Ci sono anche profumerie, quasi gallerie d’arte, come Bottega Cini, che vende i prodotti della marca The Merchant of Venice (Kupiec wenecki), profumi unici e raffinati con composizioni che ricordano tutta la ricchezza di Venezia quando era all’apice della sua gloria.

La Bottega Cini prende ovviamente il suo nome dal Palazzo Cini, oggi museo che espone le collezioni di Vittorio Cini (1885- 1977), collezionista, industriale e filantropo italiano. Un po’ più in là un altro museo, o meglio una Mecca per chi si occupa d’arte, cioè la Peggy Guggenheim Collection. Nel palazzo incompiuto, situato proprio sul Canale Grande, sono raccolte le opere dei più famosi artisti del XX secolo, come Kandinsky, Rothko e Pollock. Mi ha affascinato molto la statua Maiastra di Constantin Brancusi, ovvero un mitico uccello rumeno, trasformato dall’artista in un blocco d’oro sintetico. C’è anche un meraviglioso giardino dove ci si può rilassare all’ombra e una libreria, dove non ho comprato né matite con il nome del museo né calze colorate, ma un libretto Venice the basics, di Giorgio Gianighian e Paola Pavani. Si potrebbe dire che è un libro destinato ai bambini, ma sono rimasta affascinata dalle illustrazioni di Giorgio del Pedros e da una una chiara rappresentazione di come è stata costruita Venezia: da isole naturali, rinforzate da pali, a canali e palazzi perfettamente delineati che sembrano galleggiare sull’acqua, ma in realtà poggiano su solide fondamenta che sono un capolavoro dell’arte ingegneristica.

L’estremità dell’est di Dorsoduro, chiamato Punta della Dogana, si affaccia verso la dirimpettaia isola di San Giorgio Maggiore, che accoglie i visitatori con la sua scintillante facciata bianca del Palladio e la fi gura di un angelo che veglia sul campanile della chiesa. È lì, in alto, sotto le campane, si possono guardare i quattro angoli del mondo e ammirare le tante isole di Venezia, per poi tornare sulla terra ed alzare lo sguardo per vedere l’Ultima Cena di Tintoretto nel presbiterio della chiesa. Questa è una delle tante meraviglie di questa città, un dipinto creato per questo luogo, tenendo conto della prospettiva da cui verrà visto; è ancora qui da oltre 400 anni!

Sull’isola è molto attiva anche la Fondazione Giorgio Cini. Quest’anno, grazie a lei, sono state realizzate diverse mostre: FontanaArte. Vivere nel vetro, dedicata al vetro d’arredo della fabbrica milanese leggendaria, con degli oggetti risalenti agli anni ’30 del XX secolo, An Archaeology of Silence con sculture e dipinti del famoso artista contemporaneo Kehinde Wiley, e una mostra molto intrigante, chiamata “On fire”, che presenta le opere realizzate da artisti eccezionali, mediante il fuoco. La Fondazione ha inoltre condiviso la sua galleria alla mostra Homo Faber, affollata di visitatori, che intende ricordare l’importanza dei mestieri tradizionali e la trasmissione delle tradizioni di generazione in generazione.

L’isola più vicina a San Giorgio Maggiore è la Giudecca, la più grande tra le isole che formano il centro di Venezia, dove si svolge la vita quotidiana dei veneziani. Una quotidianità eccezionale, perché puoi mai rientrare nella normalità che chi abita vicino al Redentore, chiesa che dà il nome ad una grande festa durante la quale, una volta all’anno, la terza domenica di luglio, può arrivare alla Giudecca senza usare una barca, camminando su un ponte di barche? Su quest’isola sorge l’hotel Hilton, con il suo bar “Skyline”, situato sul tetto, dal quale si può vedere la parte orientale e occidentale di Venezia. È un luogo unico, perché vedute comparabili a quella, possono essere ammirate solo dai campanili delle chiese. Il bar è anche un ottimo posto per incontrare gli amici la sera. Invece le mattine a Venezia è meglio trascorrerle come lo fanno gli italiani ovvero bevendo il caffè espresso e non quello

diluito con acqua e latte, americano o caffè latte. Adoro il caffè. Senza non riesco a immaginare il mio soggiorno in Italia, né a Venezia. L’espresso bevuto più volte al giorno ti dà forza e buonumore. Stesso effetto mi dà il gelato. Non avrei mai pensato che dopo tanti anni avrei ritrovato la gelateria dove l’avevo mangiato quando sono stata a Venezia per la prima volta durante i miei studi. È la gelateria Millevoglie gestita da Dorota e Tarcisio, vicino a quella Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari dove si trova lo straordinario dipinto dell’Assunzione di Tiziano. Il nostro incontro si è trasformato in una riunione casuale di polacchi che vivono a Venezia, perché più gustavamo il gelato (nel mio caso il pistacchio, per cui ho una debolezza, e il gianduiotto, come se il gusto arrivasse direttamente da Torino), più persone si univano a noi. Nota bene, al bar di Dorota e Tarcisio, accanto alla gelateria, si può anche bere un caffè e uno spritz e mangiare cicchetti. Che dire dei cicchetti? Di certo sono deliziosi. Queste piccoli spuntini, spesso fatte con un pezzo di pane, su cui vengono adagiate verdure, formaggi, salumi e pesce fanno parte del mio rituale di cucina veneziana. Amo particolarmente quelli con pasta di pesce con baccalà o quelli con carciofi e prosciutto cotto. E per favore, vi prego di non chiamarle tapas, paese diverso, tradizione diversa, ruolo diverso. Se volete mangiare e bere come un vero veneziano, allora bevete un caffè, lo spritz al select e mangiate i cicchetti. E per cena, provereste forse la polenta con il fegato o dei frutti di mare fritti? È vero che molti hanno già detto che Venezia e l’Italia non sono solo pasta e pizza, ma vale la pena prendere a cuore questa verità.

A proposito di cuore, per Venezia è ovviamente la Piazza di San Marco, con la Basilica di San Marco, il campanile e il Palazzo Ducale. Sebbene questi siano luoghi molto affollati di turisti, non possono essere saltati. Si deve visitare almeno una volta nella vita il Palazzo

Ducale. La cosa che mi ha impressionato di più sono i dipinti, per le loro dimensioni, la loro quantità e qualità. Tintoretto e i due Bassano. Una quantità inimmaginabile di lavoro, idee e grandi capacità. Così come nella chiesa di San Giorgio Maggiore, i quadri, che sono stati dipinti per le singole stanze, sono ancora lì esposti e raccontano la storia di Venezia alle generazioni future che verranno qui. Il percorso espositivo del Palazzo è molto interessante. Direttamente dalle stanze piene d’oro, sculture e dipinti colorati, ci conduce, attraverso il famoso Ponte dei Sospiri, alle ex carceri. Scendiamo sempre più in basso, i corridoi si restringono, le finestre sono sbarrate, le porte chiuse a chiave. Tutto questo ricorda vividamente i disegni onirici di Piranesi. Al livello più basso, le finestre sono vicine al livello del canale, si può sentire l’odore dell’acqua di mare e dell’umidità. Nonostante oggi sia solo un museo, ho sentito i visitatori che respirano con sollievo, quando escono di nuovo alla luce.

Anche noi vogliamo sole, aria e brezza marina, quindi ci spostiamo ai Giardini della Biennale, ovviamente “questa” biennale, la mostra d’arte, conosciuta in tutto il mondo, che si svolge quest’anno per la cinquantanovesima volta. Qui tra gli alberi, passeggiando tra i padiglioni, si può trascorrere l’intera giornata. Ma come nel caso dei grandi musei, è bene fare una scelta, anche se è molto difficile, perché a noi interessa tutto. Senza dubbio guardiamo il padiglione principale e il padiglione polacco, con una mostra di installazioni di Małgorzata Mirga – Tas, in cui l’artista mostra le sue attività quotidiane, che sono in relazione al ritmo dell’universo. Non è una visione terrificante, anzi proprio il contrario. L’installazione, realizzata con pezzi cuciti di tessuti colorati, richiama alla mente la quiete domestica, permette di sentire il calore, la pace e l’ospitalità di una casa polacca.

Neanche ai veneziani manca il senso dell’ospitalità. Li ammiro per il fatto che con questa infinita quantità di turisti continuano a servirmi il caffè con un sorriso ed a rispondere calorosamente ai saluti, e che addirittura sono così orgogliosi della loro città e ne condividono volentieri i tesori. Allo stesso tempo, rimangono se stessi, così positivi nel riguardo alla vita e irradiano questo stato d’animo sugli altri.

tłumaczenie it: Wojciech Wróbel

In principio era Valentino

0

Il primo volto del cinema a far innamorare folle di ammiratori in ogni parte del mondo, generando nello stesso momento enormi profitti per produttori cinematografi ci, fu quello di Rodolfo Valentino: misterioso rubacuori italiano che morì all’età di soli 31 anni.

Secondo i racconti della madre il piccolo Rodolfo non era un bravo ragazzo e non sembrava destinato ad avere successo nella vita. Sua madre proveniva da un villaggio francese, le piaceva divertirsi e ballare. E proprio ad un ballo conobbe un giovane veterinario italiano, straordinariamente bello, Giovanni D’Antonguella, che lavorava per un circo itinerante. Fu un colpo di fulmine. Organizzarono velocemente le nozze e dopo il matrimonio si trasferirono in un paesino polveroso e poco attraente, Castellaneta, in cui il tempo si era fermato. Rodolfo nacque il mattino del 6 maggio 1895 e venne battezzato con il nome di Rodolfo Alfonso Raffaello Piero Filiberto Guglielmi di Valentina d’Antonguella. Nei ricordi della madre fi n dall’inizio il bambino si caratterizzò per la sua testardaggine, era un ribelle, disobbediente ed avventuroso. Aveva un bel viso da cherubino. Dopo anni le sue sorelle confessarono che era il fi glio preferito del padre e che la madre non era riuscita a tenerlo sotto controllo. Già da bambino smise di obbedirle, rifi utò persino di andare in chiesa, e quando la madre provava a obbligarlo lui gridava e sputava ovunque. Era un vero tormento, specialmente dopo che il padre lo portò con sé a visitare la provincia di Taranto in occasione della festa del nuovo millennio. In una grande città ebbe modo di vedere vita, altre prospettive e opportunità, automobili ed enormi edifici. Negli occhi di un bambino la piccola cittadina di Castellaneta diventò la cella di una prigione. Da questo momento fu determinato a lasciare il paesino. Fu educato dal parroco ma anche dalle donne sposate e dalle zitelle del paese. Rodolfo detestava studiare, ragione per cui il padre lo picchiava spesso e lo obbligava a frequentare le lezioni, però senza ottenere nessun effetto positivo. La futura stella del cinema saltava le lezioni e giocava negli uliveti, immaginando di essere un eroe mitico oppure un guerriero coraggioso. Adorava recitare diversi ruoli e mascherarsi; la sua fantasia era illimitata. Questa immaginazione lo portò all’età di cinque anni a sfregiarsi la guancia destra con un rasoio. La cicatrice l’accompagnò per tutta la vita; agli amici del cortile in cui giocava raccontava che si era ferito durante uno dei numerosi duelli, in cui, ovviamente, era uscito vincitore.

Il padre di Rodolfo morì quando lui aveva 11 anni, allora il ragazzo, con il fratello, dovette prendersi cura della madre e della sorella. “Dovette”, ma non lo fece con facilità, perché invece di guadagnare per mantenere la famiglia, partecipava continuamente a risse, rubava gli ultimi risparmi dei vicini e perfino della propria madre. Rifiutò di mettersi a fare qualsiasi lavoro, era sempre più disobbediente e affascinato dal mondo erotico. Cominciò dai baci innocenti per poi passare alle conquiste sessuali di cui si vantava tra i suoi coetanei italiani. Nell’educazione di Rodolfo venne coinvolta tutta la famiglia, ma senza effetti. Un giorno uno dei cugini disse che se doveva essere un criminale era meglio che se andasse in America perchè così non metterebbe a repentaglio il nome della famiglia. E così fu, uno zio lo aiutò a stabilire contatti tra l’Italia e l’America. La partenza per il Nuovo Mondo coinvolse non solo la famiglia, ma anche i vicini che erano felicissimi di vederlo partire, tanto che contribuirono economicamente in modo che all’inizio avesse qualche soldo per mantenersi. Il 9 dicembre 1913 Rodolfo salì a bordo della nave da crociera Cleveland che stava per salpare verso New York. Per i propri cari l’unica cosa buona fatta da Valentino era lasciare l’Italia.

I primi mesi del suo soggiorno in America non furono né un sogno, né sicuramente la scoperta di un mondo migliore. Rodolfo non riusciva a mantenersi, cambiò parecchi lavori che non gli garantirono nemmeno una base per vivere. Girava la città in cerca di un lavoro migliore, a volte trascorreva la notte in strada o rimaneva da gente appena conosciuta. Per sopravvivere chiedeva l’elemosina nei ristoranti. Finalmente trovò un lavoro che gli permise di mettersi in sesto. Faceva il ballerino e il ragazzo in affitto, un gigolò che grazie alla sua straordinaria bellezza fece innamorare di sé le sue ricche clienti. In seguito si unì al gruppo itinerante dell’operetta con cui viaggiò fino a San Francisco, dove, su insistenza dell’attore Norman Kerry, si cimentò in un film. Fu in questo momento che cambiò il suo cognome in Valentino. All’inizio si trattava di film muti di scarsa qualità in cui contava un’interpretazione il più esagerata possibile. Durante i primi anni girò quasi venti film, la svolta però fu nel 1921, quando uscì il film “Cavalieri dell’Apocalisse” e in seguito l’ancora oggi iconico “Lo sceicco”. Entrambi riscossero grande successo, specialmente tra le donne. Valentino diventò il primo idolo maschile della cultura popolare a tal punto che quando dopo una visita in Europa si fece crescere la barba, le critiche dei fan lo costrinse a tagliarsela.

La fama di Rodolfo Valentino è legata a numerosi scandali, che erano ovviamente collegati a belle donne. Il suo primo matrimonio con Jean Acker finì dopo alcuni mesi. Tutto a causa del fatto che l’attrice del cinema muto non voleva avere rapporti sessuali con il giovane sposo (apparentemente era una lesbica che acconsentì al matrimonio per salvare la sua carriera cinematografica ormai al crepuscolo). In seguito nella sua vita fece la sua comparsa Natacha Rambova, una scenografa e costumista, che Valentino sposò nel 1922, prima della finalizzazione del divorzio con Acker, il che suscitò grande scandalo. Solo qualche giorno dopo il matrimonio i funzionari lo fermarono e lo arrestarono con l’accusa di bigamia. Il matrimonio tra Valentino e Rambova venne dopo poco annullato ed essi si sposarono di nuovo nel 1923. Molte persone dell’ambiente affermavano che Rambova, almeno in parte, fu la causa della rovina di Valentino. La maggior parte dei suoi amici la ritenevano assurdamente possessiva e tossica per la sua carriera. E così fu, la grande stella cominciò a sbiadire. Il cinema muto fin dagli anni 20 iniziò ad essere superato come il viale del tramonto del film di Billy Wilder. Valentino era spesso sulle copertine dei giornali che parlavano del suo critico stato di salute. Probabilmente soffrì di depressione.

Nella figura di Valentino c’è un aspetto rimasto irrisolto fino ad oggi. Considerando la sua mascolinità, la cura del corpo, l’atteggiamento, gli abiti perfettamente scelti, si vociferava di una sua possibile omosessualità. Nella lista dei suoi amanti si sarebbero trovati l’attore mexicano Ramón Novarro o il poeta francese Jacques Hebretot. Gli articoli sulle sue avance verso i maschi apparivano sempre più spesso nella stampa. Per smorzare i pettegolezzi Valentino iniziò ad interessarsi al pugilato e, per sottolineare la mascolinità, partecipò persino a qualche incontro di boxe.

Nell’agosto del 1926 Valentino ebbe un collasso nervoso mentre si trovava in un albergo a New York. Si racconta che per alcuni giorni non sarebbe uscito dalla camera. Una notte cadde improvvisamente e dopo esser stato ritrovato, fu portato in ospedale. I medici gli diagnosticarono una ulcera. Il suo stato non migliorò dopo l’intervento, al contrario peggiorò. Lunedì 23 agosto, al mattino presto parlò con i medici del suo futuro, per morire solo qualche ora dopo, alla giovane età di 31 anni.

Natacha fu informata della tragica notizia nel suo castello in Francia. Ricevette un telegramma con l’informazione della morte del suo ex marito e cadde in una grande depressione. Si chiuse nella sua camera per qualche giorno. Rifiutò cibo, contatti, conversazioni o commenti sulla morte di Valentino. Anche Jean Acker si rifiutò di rilasciare dichiarazioni, annunciò solo che Valentino era morto e che non valeva la pena di aggiungere nient’altro. La reazione più scioccata fu quella di Pola Negri. La notizia le arrivò quando era in un albergo a Hollywood, dove lavorava giorno e notte sulle scene finali del film “L’ultimo addio”. Dopo aver appreso la notizia della morte di Valentino l’attrice svenne. Dopo un attimo la disperazione passò all’isteria e iniziò a chiamare il defunto, in polacco ed in inglese. Il medico dell’albergo con l’ausilio del dottore personale dell’attrice riuscirono a calmarla somministrandole dei sedativi. Il giorno stesso sui giornali si poteva leggere: “La celebrità ha avuto un collasso che le rende impossibile rilasciare qualsiasi dichiarazione, i lavori sui film sono stati sospesi.”

Le persone che aspettavano l’attrice davanti all’ospedale ebbero per prime la notizia della morte del grande seduttore e reagirono con la stessa emotività. Dopo pochi minuti le donne radunate sotto l’ospedale cominciarono a piangere e gridare. “Rudi è morto” urlavano in coro. Alcune caddero sul marciapiede, altre svennero. La polizia fu costretta ad entrare in azione sollevando da terra le ammiratrici sconvolte. Dal trambusto davanti all’ospedale, la notizia ai tempi non ci fossero internet e i cellulari, si diffuse rapidamente in tutto il mondo. Giornali e radio si scatenarono e la morte di Valentino fu la notizia principale per alcuni mesi. Era morta una leggenda, il seduttore per eccellenza del mondo del cinema. Nelle città di tutta l’America le donne si accamparono sotto le edicole per ore, solo per comprare i giornali che riportavano il suo necrologio. Le tirature andarono esaurite in un attimo. Quando l’altra star, Charlie Chaplin venne a sapere della morte di Rodolfo confessò: “La morte di Rudolph Valentino è una delle tragedie più grandi nella storia di cinema.”

Quello che successe dopo la pubblicazione dell’informazione della morte di Valentino superò tutte le aspettative. Ci fu un lutto globale, scontri, atti di isteria da parte dei suoi ammiratori. L’ultimo desiderio dell’attore fu l’esposizione pubblica del suo corpo alla vista dei fan. Il personale delle pompe funebri lavorò tutta la notte per preparare il corpo all’esposizione con un trucco adeguato. La salma venne vestita con un abito elegante, come se fosse la cerimonia degli Oscar, la bara era di bronzo e argento, come se fosse un membro della famiglia reale. Inoltre, nell’obitorio, 4 guardie delle Camicie nere (presumibilmente mandate da Mussolini) vegliavano la bara. Un’indagine successiva rivelò che l’obitorio le aveva assunte come mossa promozionale.

Il suo corpo fu esposto nella chiesa di San Malachia. Decine di migliaia di persone vollero dare il loro addio all’attore, non di rado sull’orlo di crisi nervosa. La folla pressava la polizia di New York responsabile del mantenimento dell’ordine dell’avvenimento. The Smithsonian stimò che la folla fuori dell’obitorio era di circa centomila persone. Alla fine scoppiarono rivolte, i fan in lutto volevano a tutti i costi vedere per l’ultima volta “il seduttore italiano”. Ci furono anche suicidi. Il funerale di Valentino fu un evento trasmesso alla radio per poi divenire oggetto di discussione in tutto il mondo. Alla cerimonia, ovviamente, era presente Pola Negri che per la gioia dei giornalisti svenne un paio di volte. Secondo l’attore Ben Lyon nel giorno del funerale chiese agli organizzatori di posizionare sulla bara di Valentino una composizione floreale con la scritta “P-O-L-A”.

A quanto pare tra le ultime parole pronunciate da Valentino in punto di morte ci fu la frase: “Non tirate giù le tende. Mi sento bene. Voglio essere salutato dalla luce del sole”. E fu così. Non morì nell’ombra, ma nella luce, come un tempo. Per decenni, dopo la morte di Valentino, ogni anno, nell’anniversario della sua morte sulla sua tomba arrivava una donna misteriosa velata di nero per posare una sola rosa sulla lapide. Alla fine emerse che questo gesto consisteva in una trovata pubblicitaria con lo scopo di mantenere d’attualità il fenomeno della star del cinema.

Tłumaczenie it: Milena Lachendo, Marzena Wójcik

Sella del Diavolo – tribuna d’onore sul golfo di Cagliari

0

Lo scorso aprile, dopo un veloce weekend a casa in Lombardia, prima di rientrare in Polonia ho deciso di concedermi una breve tappa a Cagliari: un posto meraviglioso, ma non certo a metà strada tra Bergamo e Varsavia! Pur non avendo troppo tempo a disposizione, di contro alla calma e al rilassamento con cui bisognerebbe visitare l’isola, la gita è stata assolutamente ben goduta, intensa, con un sole splendente ad irradiare le bellezze del capoluogo della Sardegna.

Giunto di buona mattina dal vicino aeroporto al centro città, con le svettanti palme a impreziosire lo scenario, mi sono subito diretto al mio primario obiettivo, protagonista assoluto della visita: la Sella del Diavolo. Come in tutti i casi, e in Italia vi sono esempi a bizzeffe, in cui il nome di un luogo richiama direttamente la fi gura mefi stofelica, se ne rintracciano le origini in qualche leggenda. Nel caso della Sella del Diavolo si narra di una battaglia celeste tra angeli e demoni, che non solo ha dato vita per l’appunto alla denominazione “malvagia” del promontorio, ma anche di contro a quella dell’insenatura marittima che lo accoglie, ossia il Golfo degli Angeli.

Lo scenografi co complesso naturale, situato nella parte meridionale della città, è agevolmente raggiungibile dal centro, con una lunga passeggiata o mediante un più celere spostamento in macchina o bus con capolinea alla spiaggia di Calamosca, che è il punto di partenza per il sentiero che conduce alla cima della Sella.

Per la non tortuosa salita bisogna disimpegnarsi in una folta vegetazione tipica della zona, tra ginepri e arbusti vari. Il cammino prosegue affi ancando la protetta zona militare, prima che si apra dinnanzi a noi un vastissimo panorama, nel quale spicca tra gli altri la spiaggia del Poetto, nei suoi ben dodici chilometri di litorale. Anche da questo versante, dal porticciolo di Marina Piccola, è possibile avere accesso al promontorio, con un sentiero alternativo. Proseguendo il percorso lungo la cresta si comprende effettivamente sempre più come la Sella separi di netto le due citate spiagge, e come costituisca realmente un palcoscenico di privilegio per apprezzare appieno la bellezza mozzafi ato del golfo.

Qui sopra si incontrano poi diversi elementi che ne raccontano la ricca e variegata storia in quanto a presenze, popoli e culture: le rovine di un tempio punico, due cisterne, l’una sempre legata al mondo punico e l’altra più piccola di fondazione romana, il perimetro di una chiesa dedicata dai monaci vittorini a Sant’Elia, santo protettore della città che si racconta sia stato martirizzato proprio qui, ed una torre di guardia riconducibile all’epoca della dominazione spagnola. Non mancano più avanti nel tragitto anche tracce di strutture della Seconda Guerra Mondiale.

Impossibile non ritenere la cornice nel quale è incastonata la Sella del Diavolo come il principale spettacolo, senza nulla togliere intrinsecamente al promontorio stesso. Non si può davvero guardare questo mare senza restarne folgorati. Le scogliere a picco regalano uno scenario magico. L’acqua è così limpida che si possono percepire distintamente ad occhio nudo sul fondale le ombre dei kayak e delle barche, che sembrano quasi volare.

Iniziando la discesa dopo le cisterne, per completare una sorta di anello sul colle, si nota in basso in lontananza una nicchia lucente, un triangolo cristallino di acqua tra rocce e vegetazione che riluce ed attira: lì nascosta c’è la spiaggia di Cala Fighera. Man mano che ci si avvicina, avventurandosi nella vegetazione, attraverso incerti sentieri, la nicchia lucente si allarga fi nchè non ci troviamo al cospetto di questo piccolo angolo di paradiso protetto; e qui le parole si fermano, come me nella contemplazione di questa meraviglia, con i piedi a mollo in un’acqua dalla trasparenza mai vista prima altrove. E lo stupore prosegue anche risalendo e avanzando sulla via del ritorno tra le rocce, quando la vista della piccola baia dall’alto regala un’ultima cartolina indelebile, prima di lasciarsela alle spalle e ricongiungersi con la strada per Calamosca, al termine di una favolosa immersione naturale in uno dei simboli di Cagliari. E lo stupore per questo luogo rimane indelebile nel tempo.

Rau all’ONU: venga istituito tribunale sui crimini di guerra russi

0

Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl.

Durante il suo discorso al forum dell’ONU, il ministro Zbigniew Rau ha accusato la Russia di violare le regole internazionali e di aver commesso numerosi crimini non solo contro i civili. Ha aggiunto che la Russia dovrebbe essere ritenuta responsabile e l’Ucraina dovrebbe ricevere un risarcimento. Il ministro ha anche informato che la Polonia sostiene l’Ucraina e appoggia la creazione di un tribunale internazionale per giudicare i crimini russi.

https://www.pap.pl/aktualnosci/news,1432624,minister-rau-na-radzie-bezpieczenstwa-onz-polska-chce-pociagniecia-rosji

Katowice Internationals World Cup

0

Un meraviglioso fine settimana all’insegna dello sport, dell’amicizia e dell’inclusione. Questa è l’esperienza che hanno vissuto il 28-29 maggio scorso gli oltre 200 giocatori, provenienti da venti diversi Paesi, scesi in campo nel competitivo torneo di calcetto Katowice Internationals World Cup. Un evento, giunto alla IV edizione, divertente e spettacolare che ha attirato sulle gradinate dell’impianto a pochi passi dallo Stadion Śląski anche un folto pubblico di amici, studenti, parenti, appassionati di calcio e curiosi.

Il torneo, organizzato dalla Katowice Internationals Foundation con il supporto di E.S.A.A (Erasmus+ Student and Alumni Alliance) e diretto dall’infaticabile Marco Cillepi, sostenuto da 25 volontari, è stato l’occasione per immergersi nelle diverse culture, tradizioni, lingue degli stranieri che vivono e lavorano in Polonia, tra questi i marocchini che saggiamente hanno adottato come base per la squadra una tenda vicino all’entrata dei campi, struttura rivelatasi utilissima quando il sabato ha improvvisamente diluviato per un’ora. Un momentaneo abbassamento della temperatura che ha spinto gli italiani, vestiti con un elegante, non poteva essere altrimenti, completino azzurro, a tirare fuori le coperte e una bottiglia di vino, manco fossero ad una partita di hockey su ghiaccio. Un paio di strepitosi colbacchi delle steppe hanno reso facilmente riconoscibile la squadra uzbeka che tra l’altro è stata una delle rivelazioni del torneo. Poco più in là una cassa wireless diffondeva senza sosta le note nostalgiche della bossanova, così i giocatori brasiliani cercavano di ricreare una atmosfera familiare per dimenticare il clima di una Polonia fredda anche in maggio. In zona, anche per assonanza d’idioma, c’era la squadra portoghese che ha avuto il grande merito di schierare anche una brava calciatrice donna. Altra compilation musicale invece per gli algerini che sedevano di fianco ai vietnamiti, paesi che si sono ritrovati a sfidarsi ai quarti di finale. Ah a proposito il torneo l’ha vinto l’Ucraina battendo in finale l’Algeria che aveva eliminato agli ottavi l’Italia! Gli azzurri dopo un girone quasi perfetto in cui hanno battuto Ghana e Ucraina (il sabato aveva qualche assenza importante) e pareggiato con Tunisia e Portogallo senza esser stati mai un solo minuto in svantaggio sono stati fermati dall’Algeria sul 2-2 nei tempi regolamentari per poi perdere ai rigori. Questi gli azzurri scesi in campo: Giuseppe Berardone, Gennaro Caputo (10 gol in 4 partite!), Alessandro Padovani, Michele D’Errico, Gabriel Di Cesare, Andrea Gigante, Valerio Polchi, Claudio Ascani, Alessio Solazzo, Enrico Daniel Monti, Giovanni Genco, Riccardo Rosi, Marcello Arachi, più il portiere polacco Konrad Dymalski e il selezionatore-scrivente Sebastiano Giorgi. In attesa della prossima edizione ricordiamo e ringraziamo le istituzioni e le aziende che hanno sostenuto l’evento: Save the Dream, GaragErasmus Foundation, Com.It.Es Polonia, Bona Fides, KKM Biuro Rachunkowe, Capgemini, WiPjobs Recruitment, WhyEurope, Jan Olbrycht, Sportowa Liga Firm, Sapore d’Italia, Argos Lubelscy i Wspólnicy, Wellcome Home, Angolo Italiano, Newtechlab, SocialOwl, BaseCamp, Gazzetta Italia, Keywords studios.

 

Bernardo Bellotto. Nel 300° anniversario della nascita del pittore (23 settembre 2022 – 8 gennaio 2023)

0

Per commemorare il 300° anniversario della nascita di Bernard Bellotto, detto Canaletto, la Staatliche Kunstsammlungen di Dresda e il Castello Reale di Varsavia – i due musei con il maggior numero di opere dell’artista nelle loro collezioni – organizzano congiuntamente una mostra per presentare il percorso creativo e l’opera di uno dei più famosi vedutisti del XVIII secolo.

Le presentazioni della mostra, che è stata presentata per la prima volta alla Gemäldegalerie di Dresda (maggio – agosto 2022) e sarà ospitata al Castello Reale di Varsavia dal 23 settembre, differiranno nei contenuti, anche se è stata preparata una selezione di opere che saranno esposte in entrambi i musei.

La mostra comprende dipinti, stampe e disegni che caratterizzano i diversi periodi dell’opera di Canaletto. La prima parte sarà costituita da opere della sua giovinezza trascorsa a Venezia e dei suoi viaggi in altre città italiane: Firenze, Milano, Roma e Verona. La seconda sarà dedicata al soggiorno dell’artista a Dresda, dove lavorò per la corte di Wettin per più di vent’anni – con un’interruzione quando, dopo lo scoppio della Guerra dei Sette Anni in Europa, dovette cercare lavoro a Vienna e Monaco. L’ultimo periodo di vita e di lavoro del pittore fu a Varsavia, dove lavorò per il re Stanislao Augusto e per i rappresentanti dell’aristocrazia. Nel Castello Reale di Varsavia, in una sala progettata su ordine del re polacco, si può ancora oggi ammirare una serie di 22 vedute di Varsavia e dei suoi dintorni, che costituiscono la più grande serie esistente di dipinti di Bellotto.

La mostra di Varsavia includerà opere di Bernard Bellott provenienti, tra gli altri, dalla National Gallery e dal British Museum di Londra, dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, dal J.P. Getty Museum di Los Angeles, dal Fitzwilliam Museum di Cambridge, dalla Manchester Gallery of Art, dal Museo Capodimonte di Napoli, dalla Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano, dai Musei Reali di Torino e dalla Gemäldegalerie di Dresda.

La mostra sarà accompagnata da un esauriente catalogo scientifico, composto da saggi preparati dai massimi esperti dell’opera di Bellotto e da note di approfondimento sulle singole opere, redatte dai curatori/proprietari. Il catalogo sarà pubblicato in inglese, tedesco e polacco.

Si tratta della prima mostra nella storia della museologia polacca che presenta tutte le fasi della carriera dell’artista e l’evoluzione del suo stile: Bellotto si è rapidamente svincolato dallo stile del suo maestro Antonio Canal e ha introdotto nelle sue opere: elementi realistici, contrasti espressivi di chiaroscuro, un insieme di colori più freddi.

Si tratta di una mostra internazionale: si basa su un progetto congiunto dei due musei di Varsavia e di quello di Dresda; sebbene le esposizioni delle due mostre siano diverse, questa cooperazione ha portato a una più ampia collaborazione con altri grandi musei (a Napoli, Milano, Torino, Londra, Vienna, Los Angeles, Cambridge), che sono più disponibili a prestare le loro mostre. Sono esposti più di 150 oggetti, alcuni dei quali appartenenti a collezioni private.

Per la prima volta nella storia, la mostra permette di accostare due versioni dell’Elezione di Stanislaw August a Wola – la prima è stata presa in prestito dal Museo Nazionale di Poznan, la seconda è un’esposizione permanente del Castello Reale: esse differiscono per l’insieme di figure in primo piano: la prima selezione di nobili – figure reali dell’entourage del Re – non era adatta al Re, motivo per cui fu creata la seconda versione.

La mostra è collegata a un’ampia gamma di programmi educativi: per bambini, insegnanti, persone con disabilità e adulti, compresi molti progetti creativi, ad esempio un corso di pittura e disegno.

In una delle sale espositive viene proiettato il film “L’opera di Bellotto”, che racconta in modo accessibile l’evoluzione del suo stile.

Un evento di accompagnamento alla mostra è il “Canaletto Festival”, dal 15.10.2022 al 16.10.2022, che sarà l’occasione per visitare la mostra con i curatori della mostra e per usufruire di un prezzo d’ingresso promozionale unico alla mostra.

La mostra è molto accessibile: è stata allestita in modo da poter essere visitata anche da persone con disabilità: per gli ipovedenti ci sono riproduzioni con forme convesse su cui far scorrere le dita per conoscere le opere d’arte, oltre a descrizioni in braille e la cosiddetta audiodescrizione (con una speciale cuffia si può ascoltare la descrizione del dipinto).

C’è anche una sala speciale con giochi educativi per bambini: insegnare la prospettiva, i colori.

Curatori della mostra: Dr. Artur Badach, Magdalena Królikiewicz, Castello Reale di Varsavia

WIDEO:
dr Artur Badach, curatore della mostrafdc18377-83b2-4f14-b4e8-d12181507a24
Magdalena Królikiewicz, curatore della mostra: 32b7a431-4708-4164-bb15-e1ff02b2814d
prof. dr hab. Wojciech Fałkowski, Direttore del Castello Reale di Varsavia – Museo: f13caee9-a4df-47fa-ad39-f1dcbce41caf
dr Stephan Koja, Direttore della Pinacoteca degli Antichi e della Collezione di Sculture fino al 1800 del Museo di Dresda: bb938afa-794f-46f4-a646-a728984bcd68

Una serie di conferenze che accompagnano la mostra

23 settembre 2022. – L’opera di Bernard Bellott alla corte di Augusto III a Dresda Moderatore: Dott.ssa Yvonne Wagner (Gemäldegalerie Alte Meister – Dresda)
(conferenza in tedesco, traduzione in polacco)

26 ottobre 2022. – I disegni di Bellott dell’ex collezione Tyszkiewicz a Łohojsko Guidati da Piotr Kibort (Museo Nazionale di Varsavia)

23 novembre 2022. – Sui paesaggi fluviali di Bernard Bellotto
Moderato da: Dr. Artur Badach (Castello Reale di Varsavia)

14 dicembre 2022. – Le vedute romane di Bernard Bellott dipinte per il re Stanislao Augusto
Moderato da: Prof. Andrzej Rottermund (Castello Reale di Varsavia)

La mostra Bernardo Bellotto. In occasione del 300° anniversario della nascita del pittore è stata cofinanziata dal Ministero della Cultura e del Patrimonio Nazionale.

Il programma didattico che accompagna la mostra Bernardo Bellotto. Nel 300° anniversario della nascita del pittore

ALUNNI
Lezioni e laboratori:
Varsavia nei dipinti di Bernardo Bellotto, classi I-III
Viaggio in Europa con Bernard Bellotto, classi IV-VIII
Gli inizi dell’Europa moderna – un panorama del XVIII secolo nei dipinti di Canaletto, classi della scuola secondaria

INSEGNANTI
28 settembre 2022 18.00 webinar gratuito Tra realtà e fantasia. L’Europa dei Lumi nei veduta dell’epoca. Moderato dallo storico dell’arte Przemysław Głowacki
28 settembre e 1 ottobre 2022 laboratori gratuiti

FAMIGLIE CON BAMBINI
Spazio attività creative – Bellotto, Ispirazioni.
Uno spazio appositamente allestito e aperto a tutti i visitatori. I visitatori potranno vedere una fam Swiat Bellorto appositamente preparata per introdurre il lavoro dell’artista. I visitatori più giovani impareranno, tra le altre cose, la veduta, lo stencil e potranno così ottenere il titolo di assistente del maestro Bellotto stesso grazie a una scheda di compito. La mostra comprende uno spazio con compiti interattivi che consentiranno ai visitatori di osservare da vicino la tecnica pittorica dell’artista.
Laboratorio di Bellotto – attività educative condotte da educatori e volontari junior nello Spazio Attività Creative tutte le domeniche durante il periodo della mostra dalle 12.00 alle 14.00.
Accademia del Castello per giovani esploratori (ZA.M.Ek) – attività per bambini
7 gennaio 2023Il grande viaggio. Con il maestro Canaletto attraverso l’Europa del XVIII secolo

ADULTI
Incontro con il curatore e visita congiunta alla mostra
13 novembre 2022; 11 dicembre 2022; 8 gennaio 2023 12.00 1 2.00 p.m.
Un’ora con l’arte: un incontro alla mostra
20 novembre 2022Cosa ci aspetta a Varsavia? Il percorso artistico di Canaletto.
Moderato da Tomasz Drapala
Nella bottega del pittore reale – un corso di pittura e disegno
Veduta, ovvero l’immagine di una città. Prospettiva, impostazione del piano, luce

17, 24 novembre e 1, 8, 14 dicembre 2022
gruppo I 9.30-11.30, gruppo II 12.00-14.00.
Condividere la storia – incontri per ascoltatori di università della terza età
Conferenza Viaggio con Canaletto nell’Europa del XVIII secolo
Visita guidata alla mostra di Bernardo Bellotto.
Visite guidate
Le guide certificate del Castello Reale di Varsavia sono state addestrate per guidare i gruppi attraverso la mostra. Un elenco di guide è disponibile sul sito www.PERSONE CON

ESIGENZE SPECIALI
Museo accessibile – visite guidate per persone con disabilità
4 novembre 2022, ore 17.00 – visite guidate per visitatori ipovedenti
9 novembre 2022, ore 16.00 – visite guidate per non udenti

Il museo ha predisposto tiffografie, descrizioni in Braille e audiodescrizioni per alcune opere d’arte della mostra. Inoltre, è stata predisposta un’area per il riposo e il relax.

Museoterapia – L’Europa attraverso gli occhi del Canaletto v Previa comunicazione, è possibile organizzare corsi per le istituzioni che si occupano di persone in crisi mentale.

INFORMAZIONI DETTAGLIATE SU TUTTE LE PROPOSTE DIDATTICHE SUL SITO WEB: https://www.zamek-krolewski.pl

Politica, idiota, manifestazione

0

Chi ha studiato la storia e la cultura dell’antica Grecia e di Roma, sicuramente ricorda le lezioni dedicate alla questione della democrazia ateniese. La parola democrazia, cioè il potere del popolo, è un esempio delle parole greche la cui bellissima etimologia è ben nota a tanta gente anche non necessariamente esperta in linguistica. Il programma scolastico prevede la conoscenza di questa parola greca perché è uno dei termini basilari per descrivere la realtà politica dei nostri giorni. Ma ci sono altri termini che non sempre vengono spiegati. Ci sono anche le parole che provengono dal vocabolario politico dell’epoca classica che adesso hanno totalmente cambiato il senso, e a cui pochi saprebbero dare un altro significato. E poi esistono anche le parole che nella dimensione politica sono venute dai campi semantici completamente diversi.

Politica
La parola “politica” nella sua costruzione è abbastanza semplice. Viene dalla latinizzazione del termine dal greco antico πολιτικά (politiká), che è costruito sulla parola πόλις (pólis), cioè una città-stato, che nei tempi dell’antica Grecia erano un modello politico tipico. Una delle caratteristiche più importanti delle poleis è il fatto che ognuna prevedeva una partecipazione alla vita politica dei suoi cittadini molto attiva, il che è forse più evidente nel caso della democrazia ateniese, ma riguarda anche altri sistemi politici. L’insieme di queste attività, che erano l’essenza della vita di un cittadino di una polis, erano chiamate πολιτικά che in realtà non ha perso tanto del suo significato, ma l’ha piuttosto amplificato.

Idiota
Se parole come politica, democrazia o anche nomi degli altri tipi di governi, ad esempio oligarchia o autocrazia sono abbastanza conosciute (cioè, il loro significato è piuttosto chiaro e corrisponde alla loro etimologia), è molto meno probabile che la provenienza di una parola usata spesso come invettiva sia ugualmente ovvia. La parola “idiota” adesso è usata esclusivamente come un insulto. In questo senso popolare l’usavano anche i greci nell’antichità, ma con un significato molto diverso: la parola “idiota” viene dal greco antico ἰδιώτης (idiótes) costruito sulla base della parola ἴδιος (ídios), cioè “particolare, che sta a sé”. La parola ἰδιώτης quindi descriveva un uomo occupato solo dalle sue proprie attività. No significa però un egoista: la parola ha un significato politico per cui si intende una persona che non partecipa in nessun modo alla vita politica della propria polis. Questo, cioè non usare il proprio diritto di partecipare alla politica, che apparteneva solo a pochi, veniva considerato dai classici una stupidità. Per questo motivo la parola in latino è giunta col significato di una persona semplice o anche stupida e con questo significato è preservata in tantissime lingue moderne.

Manifestazione
Tantissime parole che adesso sono strettamente associate con certe aree semantiche vengono dai termini provenienti da categorie completamente diversi. Qualcosa del genere è successo con la parola “manifestazione”. Per noi questa parola ci fa venire in mente un tipo di protesta, espressione dei sentimenti di un gruppo ecc. Interessante è però che la parola viene dal sostantivo latino tardo manifestatio, le cui vere origini derivano dall’aggettivo manifestus, costruito da due elementi: manus (mano) e un elemento protoindoeuropeo su cui gli studiosi non sono d’accordo, ma che potrebbe essere o *dhers- (essere audace) o *dher- (tenere). Il termine latino comunque significava un criminale preso sul fatto, il che rende la proposta etimologia credibile, dandoci un immagine di una persona presa per mano. La parola manifestus ha partorito il verbo manifestare che ha ottenuto anche il significato di “rendere qualcosa pubblico” in generale, proprio come facciamo tutti vedere un criminale in flagrante. Da questo è facile dedurre che “manifestazione” significa un atto di rendere qualcosa chiaro, ovvio, pubblico, il che potrebbe avere anche il valore dell’importanza e urgenza di questo che manifestiamo, come spesso è nei vari casi delle materie politiche.

“Torino-Wrocław: a bridge across the sky”

0

Si è svolta in questi giorni la seconda puntata dell’educational “Torino-Wrocław: a bridge across the sky” organizzata da Confindustria Polonia insieme a  Fiavet Piemonte con lo scopo di promuovere il volo Torino – Wrocław e le relative concrete possibilità di ricadute sul turismo tra le due regioni.

Un completo team formato da tour operators, bloggers e istituzioni ha visitato Breslavia, il castello di Książ, Polanica-Zdrój e Złoty Stok a cui sono andati i forti ringraziamenti dei partecipanti per l’ospitalità ricevuta e per le bellezze mostrate.

Grazie anche al supporto dei partners istituzionali locali polacchi si sono già aperte concrete opportunità per ospitare turisti italiani nei prossimi mesi a partire dal periodo dei mercatini.

A conferma dell’importanza erano presenti i rispettivi consoli: la dottoressa Kwiatosz  console onoraria italiani per la Bassa Slesia a Wrocław e il dott. Leiss de Leimburg console onorario polacco per il Piemonte, oltre che la direttrice dell’ufficio del turismo polacco a Roma la dott.ssa Barbara Minczewa.

Mateusz Morawiecki: i paesi dell’Europa centro-orientale avevano messo in guardia sul pericolo Russia

0

Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl.

“Quando i paesi dell’Europa centrale e orientale hanno avvertito del risveglio delle ambizioni neo-imperiali del Cremlino sono stati considerati come una voce di isteria”, ha affermato il primo ministro Mateusz Morawiecki a Bratislava, dove ha preso parte al 2° Vertice conservatore. Il primo ministro ha valutato che l’Europa occidentale era intrappolata in un doppio stereotipo: verso l’Europa centrale e verso la Russia. Come Morawiecki ha detto, l’Europa occidentale aveva una grande tolleranza nei confronti della Russia nonostante le varie inclinazioni neo-imperiali che erano evidenti prima dell’attacco russo all’Ucraina. Allo stesso tempo, in relazione all’Europa centrale, c’era una sorta di visione condiscendente delle ragioni della Polonia e dei suoi tentativi di uscire dal post-comunismo. Nel suo discorso sulle sfide contemporanee per l’Europa centrale, Morawiecki ha sottolineato che “l’odierna Russia del potere di Vladimir Putin ha distillato sugli altri paesi, in un certo senso, anche il colonialismo”. Il primo ministro ha aggiunto che l’Europa è stata messa sotto pressione dalla propaganda russa, che oggi è molto più visibile e bisogna esserne consapevoli.

https://polskieradio24.pl/5/1223/artykul/3039241,premier-gdy-ostrzegalismy-przed-rosja-traktowano-to-jako-histerie-a-to-byl-glos-proroczy

A Milano non ti puoi annoiare

0

Credo che la cosa più difficile sia iniziare a scrivere il primo articolo di una rubrica in una, per me, nuova rivista, quindi, senza pensarci troppo, inizierò subito raccontandovi chi sono e perché questa rubrica si chiamerà “Temperateitacchi” (se non vi interessa saltate qualche riga e andate subito alla frase che inizia con “Per una come me“).

Mi chiamo Barbara Garavelli Nani Mocenigo e nasco dal piemontese Giancarlo Garavelli e dalla veneziana Gabriella, di cui porto il resto del mio lungo cognome, non proporzionale al mio conto in banca.

Sono nata ad Edimburgo, in Scozia, un po’ per sbaglio, ho trascorso i primi anni della mia vita a Roma e poi ho vissuto a Venezia fino alla fine del liceo.

Sono arrivata a Milano nel 1989 per studiare pubbliche relazioni all’università IULM, e da qui fi no ad ora non mi sono più mossa.

La mia indole, aiutata dagli studi, mi ha portato a diventare una PR a 360 gradi: locali, eventi, alberghi e persino una squadra di calcio (vi do un indizio dicendo che ha appena vinto lo scudetto).

Mi viene naturale chiacchierare, intrattenere, organizzare, aiutare, condividere, risolvere. Mi viene meno naturale respirare, stare ferma, rilassarmi, non pensare a niente, e, soprattutto, fare una cosa alla volta

Sono una donna assolutamente trasparente, non nel vestire, ma perché non mento mai e quindi vi dico anche che ho 52 anni, e che sono fi era di come ci sono arrivata.

Sono mamma, divorziata, di un ragazzo di 14 anni, quindi un adolescente: lo dico per le mamme che stanno leggendo, giusto per avere un po’ di solidarietà.

Come tutti ho i miei problemi, le mie pene d’amore, i momenti in cui spaccherei tutto (a volte qualcosa l’ho spaccato davvero), ma non riesco a stare più di due ore senza sorridere. Non parlo di quei sorrisi di circostanza, fatti con la bocca, ma di quelli veri fatti col cuore.

Come faccio ad essere quasi sempre allegra? Me lo chiedono in tanti e la risposta è molto semplice: tutte le mattine mi sveglio e tempero i tacchi. Attenzione, ho detto che li tempero e non che li indosso. Sono alta 1,76 e molto difficilmente indosso i tacchi (sono una da jeans e scarpe da ginnastica).

Per me temperareitacchi è un po’ quello che fanno gli uomini quando affilano i coltelli: cerco sempre di pensare a quello che ho avuto e realizzato, e a quello che potrò ancora fare e non a quello che non è andato bene, tanto ormai è passato, perché lo trovo inutile e frustrante.

Un motivo per sorridere lo abbiamo tutti, basta non fissarsi sui pensieri negativi, pensare alle persone a noi care, ascoltare musica, guardare un tramonto…

Ora basta parlare di me, parliamo della città dove vivo da ormai 33 anni: Milano

Per una come me, iperattiva e curiosa, Milano, in Italia, è la città migliore in cui vivere perché a Milano, qualsiasi cosa tu cerchi la trovi, e spesso è lei che trova te, con nuovi ristoranti, nuove mostre, nuove iniziative. Qui non ti puoi annoiare, e, anche se la sera stai a casa a guardare un film, o a leggere un bel libro, la senti lì fuori la città che pulsa, che vive, che trasuda energia.

Nonostante i miei 52 anni, per fortuna, conservo l’entusiasmo di una quindicenne, quindi mai e poi mai mi sarei potuta perdere la mostra “The art Of The Brick”, una mostra meravigliosa in cui si possono vedere circa un milione di mattoncini lego trasformati in sculture dall’artista Nathan Sawaya.

E quando dico “sculture” non parlo delle costruzioni che facevamo da piccoli,
affidandoci alla fantasia o a complicate istruzioni, ma parlo di quadri come “La notte stellata” di Van Gogh e “La gioconda” di Leonardo da Vinci, un dinosauro di enormi dimensioni, il “David” di Michelangelo…

Nel 1980 il grande storico Argan disse “L’arte è morta”. L’arte sarebbe potuta sopravvivere solo con l’utilizzo di nuovi materiali, di nuove forme, di nuove idee e tecnologie. La Pop Art, l’arte povera e l’Optical dimostrarono che l’arte poteva uscire dai “vecchi” binari e presentarsi al mondo sotto altre vesti.

Nathan Sawaya, inspirandosi ai vecchi binari, ha preso il volo in una galassia che riporta gli adulti indietro nel tempo e i fanciulli nei loro boschi incantati.

Una mostra da non perdere e che merita un viaggio a Milano. E se dopo la mostra avrete voglia di un caffè, di un pranzo veloce o di un ottimo aperitivo, a pochi metri troverete il nuovo “Bobino”, dentro la vecchia stazione dei treni di Porta Genova, in Piazzale Porta Genova 4.

Una location aperta da poco, ma già entrata nel cuore dei milanesi, e di una veneziana che tutti i martedì ci organizza aperitivi danzanti per noi diversamente giovani. Nella serata del martedì che, dopo anni di lockdown, abbiamo deciso di chiamare “Contatto”, alle 21 già si balla, e alle 24 si chiude, per poter così difenderci dall’invecchiamento precoce, andando a letto presto.

Ho tanto da raccontarvi di Milano, ma ho finito lo spazio, quindi dovrete aspettare “la prossima puntata”

Voi temperate i tacchi, io tornerò prestissimo!