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Antico Pastificio Morelli, l’unica pasta toscana con germi di cereali

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Anna Wójtowicz – API Food

I primi giorni di maggio, così pieni di sole, sicuramente ispirano a pianificare le vacanze di quest’anno. Il posto più popolare tra i polacchi, per quanto riguarda i viaggi all’estero, è ovviamente la Toscana. Ma prima di scoprire la bellezza di questa terra, vale la pena iniziare risvegliando l’appetito, perché l’interesse gastronomico potrebbe diventare un punto di partenza per un viaggio estivo.

Morelli, il segreto nascosto nei germi di grano

A San Romano, nei pressi di Pisa, è attivo dal 1860 il pastificio della famiglia Morelli. Questa famiglia esercita con immutata passione il suo mestiere già da cinque generazioni, ammodernando costantemente l’immagine della società. Ed è proprio dall’unione di questa lunga tradizione con le moderne esigenze alimentari che è stata creata una linea di paste prodotte con germi di cereali. Soltanto pochi produttori possono vantare di aver prodotto una simile pasta, e Morelli ne ha fatto un elemento distintivo della propria azienda all’interno del ricco mercato dei produttori italiani di pasta.

Il germe costituisce una parte del chicco da cui crescono i germogli e che contiene i più preziosi componenti nutritivi. Nella produzione tradizionale, i germi vengono rimossi dalla farina, dal momento che è estremamente difficile mantenere intatta la loro freschezza per poterli conservare sufficientemente a lungo. Nel pastificio Morelli, alla semola di grano duro di altissima qualità si aggiungono i germi di grano, creando in questo modo una nuova qualità di pasta.

I germi sono gli embrioni di grano che accumulano tutte le sostanze indispensabili per il processo di germinazione, come, ad esempio, le vitamine e gli enzimi. Essi costituiscono una fonte di proteine sane: prive di glutine, contengono acidi grassi benefici e molti minerali come il selenio o il cobalto, estremamente importanti nel coadiuvare i processi metabolici. Inoltre, i germi di grano sono ricchi di fitosteroli che riducono il livello del “cattivo” colesterolo LDL nel sangue. I germi di grano sono particolarmente consigliati nella dieta delle persone affette da problemi cardiovascolari, da malattie della pelle e per chi sta attraversando un periodo di convalescenza.

Dopo gli anni di esperienza nell’utilizzo dei germi di grano, la pasta della società Morelli è diventata una vera e propria delizia, dal gusto eccezionale ed unico. Vale la pena sottolineare che durante la cottura della pasta, nell’aria si propagherà un odore di grano fresco e l’acqua acquisterà un colorito verde chiaro. Oltre ai valori di gusto e di benessere, le paste Morelli devono la propria qualità anche ad altri fattori: per la loro produzione viene utilizzata solo semola di ottima qualità e le modalità di produzione hanno la natura di un lavoro artigianale, raffinato da generazioni. Il processo dell’impasto si svolge in maniera libera, poi la pasta viene disposta a mano in una cornice speciale e infine viene sottoposta ad un lento processo di essicazione; la pasta a questo punto si asciuga in 36 ore ad una temperatura di 45-50°C. In questo modo, vengono mantenute intatte tutte le migliori proprietà nutrizionali e di gusto.

Linguine al limone e pepe “confuse”

Ingredienti per 2 persone

–    linguine limone e pepe (250gr)

–    2 spicchi d’aglio

–    sedano

–    un bicchiere di vino bianco secco

–    80 gr di tonno sott’olio

–    80 gr tonno fresco

–    5 pomodorini piccoli

–    olio d’oliva, sale quanto basta

Soffriggere 2 spicchi di aglio intero ma schiacciato in olio d’oliva.

Aggiungere abbondante sedano tritato e tonno fesco.

Lasciare soffriggere ed infine sfumare con un bicchiere abbondante di vino bianco secco.

Aggiungere 80gr di tonno sott’olio e una dadolata di pomodori piccoli  e completare la cottura della salsa.

Cuocere la pasta in abbondante acqua salata ed ultimarne la cottura saltandola in padella con il resto degli ingredienti.

Tagliatelle al farro con salsiccia e funghi

Ingredienti per 2 persone:

– tagliatelle al farro Morelli – 250gr

– 1 salsiccia tenera

– 2 scalogni

– 150 g funghi Champignon

– piccolo ciuffo di prezzemolo

– 2 cucciai di passata di pomodoro

– olio d’oliva, sale e peperoncino quanto basta

Spellate la salsiccia, sbriciolatela e fatela rosolare in una padella antiaderente senza aggiungere grassi. Mettetela poi da parte. Private i funghi della parte terrosa, spellateli e tagliateli a piccoli pezzetti. Sbucciate gli scalogni, affettateli sottili e rosolateli nella stessa padella con un cucchiaio d’olio. Unite i funghi e l’alloro e cuocete a fiamma vivace per 5-6 minuti, lasciando evaporare l’acqua di vegetazione. Togliete l’alloro e aggiungete la salsiccia, le due cucchiaiate di pomodoro passato e lasciate insaporire ancora per qualche istante. Aggiustate di sale e di peperoncino. Cuocete la pasta Morelli, scolatela al dente e saltatela nella padella con il sugo. Profumate infine con il prezzemolo tritato e il restante olio di oliva e servite subito.

Training per allenatori di calcio

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Nel weekend del 25-26 marzo 2012 a Brwinów, vicino a Varsavia, si è tenuto un training per allenatori organizzato in virtù dell’accordo tra l’Associazione Italiani in Polonia e “Seconda Panchina”, l’Associazione dei Giocatori di Riserva della Squadra Nazionale. Ad organizzare l’evento è stata l’azienda Shake. Per l’occasione è arrivato in Polonia il prof. Mauro Burbello, l’allenatore dell’Associazione Italiana di Calcio a Torino, che è anche uno scout della lega italiana dei giovani calciatori. Sabato mattina gli allenatori hanno partecipato ad un corso di teoria, nel pomeriggio invece si sono tenuti i corsi pratici a cui hanno partecipato i bambini dell’UKS Czerwone Smoki Brwinów (Club Sportivo degli Allievi “Draghi Rossi di Brwinów”). Il prof. Burbello è rimasto sorpreso della disciplina e della concentrazione dei bambini polacchi nell’eseguire gli insegnamenti.

Il giorno seguente nel primo pomeriggio si sono tenuti i corsi pratici degli allenatori che hanno mostrato le tecniche usate con i bambini. Poi si sono ripetuti i corsi con i bambini. L’intero allenamento si è svolto in italiano con l’aiuto importantissimo di Anna Go?kowska, traduttrice che ormai conosciamo molto bene. Il prossimo training per allenatori, stavolta della durata di 10 giorni, è programmato dal 30.06 fino al 9.07.

A Cracovia “Mozzarella e business”

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La redazione di Gazzetta Italia ha organizzato, in occasione dell’inaugurazione dell’Ufficio di Cracovia della Camera di Commercio e dell’Industria Italiana in Polonia, l’Italian Business Mixer @ Krakow, con il patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura di Cracovia e la Camera di Commercio stessa. L’evento è stato organizzato grazie all’aiuto del Responsabile di Cracovia della Camera di Commercio, Matteo Redenti. Il Business Mixer consisteva in un aperitivo informale con alcuni brevi saluti da parte di Gazzetta Italia, di Donato Di Gilio il Presidente della Camera di Commercio e di alcuni partner e sponsor della serata tra cui: IMQ, Holiday Inn Hotel, Giandac&M.

La Sala Fontana del Palazzo Krzysztofory nel Rynek G?owny è stata la location dell’evento, cortesemente concessa dal Muzeum Historyczne Miasta Krakowa.

Il quotidiano Dziennik ha simpaticamente intitolato l’articolo sull’evento “Mozzarella e business“ perché agli ospiti è stato offerto un assaggio della vera mozzarella di bufala importata dall’azienda Giandac&M accompagnata ovviamente da ottimo vino italiano.

In questa occasione, tra l’altro, la Città di Cracovia ha ufficializzato la partnership con la Camera di Commercio per la cosiddetta “Strefa Kibica”, ossia l’area dedicata ai tifosi degli EURO2012 dove si potranno guardare le partite di calcio su maxischermi, partecipare a simpatiche attività organizzate dagli sponsor e degustare cibo e bevande.

Il grande successo di questo incontro sottolinea l’ottimo inizio di attività da parte del Consigliere della Camera di Commercio Matteo Redenti come referente per tutti gli imprenditori italiani che svolgono la propria attività nel territorio di Cracovia. Oltre 100 aziende hanno partecipato all’evento e nei giorni seguenti hanno dimostrato grande interesse verso questo tipo d’iniziative e si sono congratulate per l’ottima organizzazione. Non ci resta che augurare a Matteo Redenti buon lavoro!

Il successo del “Nuovo Cinema Italiano” al Kino Muranów

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Si è conclusa recentemente “Cinema Italia Oggi”, la rassegna del “Nuovo Cinema Italiano” in programma nelle sale del  Kino Muranów di Varsavia dal 29 marzo al 1 aprile.

Nel nome una dichiarazione d’intenti: “Cinema Italia Oggi” ha voluto promuovere la circolazione e la distribuzione del cinema contemporaneo italiano in Polonia ed allo stesso tempo regalare una panoramica sull’Italia contemporanea attraverso firme d’autore. La rassegna ha riscosso ad ogni proiezione un grande successo; il pubblico oltre ad essere accorso numeroso ha infatti partecipato vivacemente agli incontri con ospiti, registi ed attori presenti al termine dei titoli di coda.

Il progetto “Cinema Italia Oggi” è stato ideato dall’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia che ne ha curato la realizzazione con grande vitalità e professionalità insieme all’Istituto Luce – Cinecittà. Tra gli elementi che hanno determinato l’ottima riuscita della manifestazione c’è stata, oltre alla fondamentale collaborazione con il Kino Muranów, la scelta delle opere in programma. I film selezionati, pur restituendo l’immagine di realtà sociali e culturali diverse tra loro, riportano alcune problematiche della società italiana di stringente attualità tra cui quella dell’integrazione, della convivenza con la criminalità organizzata, del rapporto con la tradizione religiosa e della crisi finanziaria.

La serata inaugurale ha registrato alcuni ospiti d’eccezione tra cui l’attore italiano Remo Girone ed il maestro del cinema polacco Krzysztof Zanussi in platea. Dopo il saluto dell’ambasciatore d’Italia in Polonia, le proiezioni si sono aperte con “Il gioiellino” di Andrea Molaioli;  nei tre giorni successivi hanno fatto seguito: “Il villaggio di cartone” del grande regista ottantenne Ermanno Olmi, “Tatanka” di Giuseppe Gagliardi, regista presente in sala, film tratto dalla pagine de “La bellezza e l’inferno” di Roberto Saviano; “Isole” di Stefano Chiantini, film acclamatissimo al Toronto International Film Festival, il divertente “Senza arte né parte” del regista Giovanni Albanese anch’egli presente alla proiezione, l’opera prima della giovanissima Alice Rohrwacher “Corpo Celeste”, film passato per la Quinzaine des realizateurs all’ultimo Festival di Cannes e Nastro d’argento al miglior regista esordiente e per concludere “Scialla!” di Francesco Bruni, presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e vincitore della sezione Controcampo italiano.

Se la rassegna ha conquistato il pubblico ed ha dimostrato la necessità di sostenere il cinema di qualità in controtendenza alle strategie di promozione del mercato hollywoodiano e dei multisala, a sua volta la sala gremita ad ogni proiezione ha confermato la capitale polacca come luogo felice per coloro che supportano il cinema d’autore e le produzioni minori.

La rassegna si è conclusa con la speranza che la collaborazione tra l’Istituto Italiano di Cultura,  Cinecittà Luce e il Kino Muranów possa continuare e che la mostra si trasformi in un appuntamento annuale, sulla scia di altre iniziative a favore del cinema italiano promosse nel mondo dall’Istituto Luce quali gli Open Roads di New York o il Festival del Cinema Italiano di Tokyo, il Mittelcinemafest di Budapest, il Festival del Cinema Italiano di Madrid o l’Appuntamento con il Cinema Italiano di Istanbul.

Oltre a questo, l’auspicio di tutti, organizzatori e pubblico, è che dalle sale del Muranów sia arrivato un contributo all’inizio di una nuova stagione per le pellicole italiane sui grandi schermi delle città europee.

Gli asparagi

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Finalmente è arrivata la primavera. Devo dire che quest’anno mi è mancata parecchio, l’ultimo stralcio d’inverno è stato una vera tortura soprattutto per quello che siamo riusciti a trovare sui banchi dei mercati ortofrutticoli di questo paese meraviglioso per tanti versi, ma un po’ difficile per quanto riguarda frutta e verdura per colpa di un clima non esattamente felice.

Eppure vi è un momento di tre-quattro mesi in cui tutto arriva di colpo, una vera esplosione di primizie devo ammettere a volte fantastiche che finalmente allietano i nostri palati.

Il primo ad arrivare quasi in assoluto è sua maestà l’asparago, verde o bianco come preferite (i gusti personali non si discutono mai). Si è vero è un prodotto che si trova tutto l’anno ma in generale io sono contrario a tutto quello che è fuori stagione, che ha fatto settimane chiuso in un cargo e poi è maturato in un magazzino. In questa mia convinzione per fortuna non sono solo e per questo ne parlo con Luca Dolfi, executive chef del ristorante San Lorenzo a Varsavia, nato in provincia di Firenze, cresciuto in ottime cucine toscane e dal 2001 in pianta stabile nella capitale polacca.

Caro Luca certo non è facile strapparti dichiarazioni o interviste, da questo punto di vista sei un cuoco ancora della vecchia scuola, ovvero poca sala e apparizioni ed invece tanta cucina?

“Si è vero mi sento molto meglio in cucina che davanti a un microfono o peggio ancora una telecamera. Questo non vuol dire che il contatto con il cliente mi dia fastidio, anzi mi stimola tanto che chiedo sempre alle ragazze in sala come reagiscono e quali osservazioni fanno i clienti.”

Insomma ti esprimi meglio con i tuoi piatti?

“Senza dubbio è così, e poi io non faccio una cucina complicata ma abbastanza semplice ed immediata, come del resto è la cucina italiana oggi, vale a dire basata su ingredienti di assoluta qualità manipolati e stravolti il meno possibile.”

Io ho avuto la possibilità di collaborare con te creando menu speciali per le serate che organizziamo insieme, segno che sei uno curioso che non temi gli esperimenti?

“La fantasia in cucina è l’ingrediente segreto, l’unico limite che mi impongo è la qualità dei prodotti, se non sono buoni da me non entrano e basta. Il San Lorenzo è sul mercato da più di 10 anni quindi è più facile per me parlare così. I clienti ci danno ragione, anche se da noi c’è una clientela internazionale ci sono tantissimi polacchi e soprattutto uno zoccolo duro di italiani che continuano a venire da noi e che “vigilano” sulla nostra italianità.”

Torniamo agli asparagi. Finalmente è finito l’inverno e arriva uno dei tuoi prodotti preferiti.

“Resistere agli asparagi è difficile! Io, come faccio con ogni primizia di stagione, dedico un menu che va dall’antipasto con gli “asparagi alla milanese” con uovo e parmigiano, al carpaccio di manzo servito con un pesto di asparagi e uno zabaione al limone, oppure tagliatelle fresche con asparagi e la lombatina di vitello in salsa di asparagi. Insomma una vera goduria per chi apprezza questo ortaggio molto delicato in cottura ma con un sapore veramente deciso.”

Nel ringraziarti per la piacevole chiacchierata posso chiederti una ricetta per i lettori di Gazzetta Italia, magari la mia preferita “asparagi alla milanese”?

“Ma certo con piacere, io prediligo gli asparagi verdi con un gusto più deciso che vanno spellati delicatamente partendo da 3 cm sotto la punta, poi scottati in acqua salata per 1 minuto e messi a gratinare ricoperti da un uovo al burro e parmigiano fino a quando il parmigiano non si scioglie.”

Grazie Luca e Buon appetito a tutti!

Grissini italiani, il pan sano e squisito

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 Anna Wójtowicz – API Food

Secondo me, il pane polacco, tanto glorificato dai connazionali, ormai ha smesso di compiere il ruolo d’alimento completo e sano. L’addizione lecita di ingredienti artificiali in quantità sempre più grande, l’uso di farina raffinata, il breve tempo della crescita di lievito oppure il problema del tutto nuovo della qualità del sale polacco, sono solo alcuni dei crimini commessi dai cuochi.

Eppure il pane da sempre costituisce la nostra base alimentare. La storia dell’umanità è strettamente collegata alla storia del pane. All’epoca del Neolitico, circa 10 mila anni fa, l’uomo fece un passo avanti importantissimo ovvero abbandonò la caccia come modo di procurarsi il cibo ed iniziò a coltivare ed allevare. Apparvero le prime coltivazioni dei cereali, i metodi primitivi della macinatura dei grani da cui poi si producevano gli alimenti che furono il prototipo del pane di oggi.

La storia di quel croccante pane italiano chiamato “grissini” è molto più vicina ai nostri giorni ma per arrivare alle sue origini bisogna ritornare all’anno 1679. Come dice la leggenda, il principe Vittorio Amedeo II di salute cagionevole, da piccolo aveva grossi problemi di stomaco, soffriva dell’indigestione e della mancanza di appetito. Sua madre, Maria Giovanna Battista, preoccupata per la condizione del figlio, si rivolse al dottore di corte cercando aiuto. Il dottore, un certo don Teobaldo Pecchio, grazie all’intuizione, diagnosticò la fonte dei problemi del piccolo principe. Si trattava di un’intossicazione alimentare collegata alla digestione del pane mal cotto. Sicuramente, in quei giorni, nelle panetterie, non si rispettavano le norme di igiene ed il tempo di cottura poteva essere insufficiente visto che si voleva risparmiare sui combustibili. Il dottore collaborò con un suo amico panettiere, Antonio Bruneto che inventò il pane senza mollica, ben cresciuto, molto croccante e ben cotto. L’impasto doveva essere stirato fino ai 50 cm. Così allungati i pezzi di pane, senza mollica, ma solo con la crosta croccante, si rivelarono un rimedio ai problemi digestivi del piccolo principe che fra pochi anni sarebbe stato eletto re. Nella località piemontese Lanzo Torinese, da dove venivano il dottore ed il panettiere, è stata messa una targa commemorativa presso la casa in cui secondo la leggenda visse don Pecchio.

Vale la pena d’aggiungere che dalla fine del XVII secolo, i grissini si usarono alla corte reale dei Sabaudi e la loro fama iniziò a diffondersi anche all’estero. Famoso buongustaio di grissini fu Napoleone Bonaparte che ordinò a portarli da Torino a Parigi.

Grissini d’oggi

L’accompagnamento croccante, ossia i grissini, di cui l’origine sia etimologica che storica proviene dal Piemonte, oggi si trovano sulle tavole di tutta Italia. Di sicuro, gli abitanti di Torino e dintorni sono più ricchi in esperienze culinarie in quanto a Torino, in ogni panetteria si possono ordinare sia i grissini tradizionali, i cosiddetti “stirati”: lunghi e fini di forma regolare, che i grissini meno conosciuti i cosiddetti “rubatà”. Il secondo tipo viene da Chieri, una località vicino a Torino. Quei grissini sono più corti, voluminosi e la loro forma è meno regolare in quanto vengono lavorati a mano leggermente arrotolando l’impasto. Durante le olimpiadi invernali a Torino nel 1996, gli atleti hanno avuto la possibilità di gustare i grissini, facilmente digeribili, suggeriti dal Comitato Olimpico. I grissini piemontesi sono venduti in tutto il mondo, inclusi i centri commerciali famosi come Harrod’s a Londra.

Mario Fongo – la panetteria piemontese di famiglia ed il suo pane

La storia della famiglia Fongo è strettamente legata alla fondazione del primo forno di pane in una località piemontese, Rocchetta Tanaro. Dal 1945, la sede e la struttura dell’azienda rimane sempre uguale. Ubicata tra i campi pittoreschi del Piemonte, mantiene l’esperienza lavorativa e la conoscenza dei prodotti di base dell’arte panettiera conservata nella catena famigliare da generazioni. Il metodo artigianale della lavorazione del pane costituisce la base della sua qualità. La famiglia Fongo segue lo spirito dei tempi però e continua a modernizzare l’azienda introducendo delle tecnologie nuove. Il prodotto che distingue la panetteria dei Fongo, sono lunghe (50 cm) lingue fini e croccanti chiamate “Lingua di Suocera”. Il loro gusto squisito è dovuto all’uso di ingredienti di base della migliore qualità: farina, acqua, sale ed olio di oliva extravergine organico ed ai metodi giusti di lavorazione dell’impasto e di cottura al forno.

La Panetteria Fongo produce grissini deliziosi, sia nella forma classica “gli stirati” che nella forma “rubatà”. La base della specialità piemontese è costituita da farina, acqua, sale, lievito naturale ed una goccia d’olio di oliva di alta qualità ma l’offerta di gusto è molto più ricca: i grissini di mais, di farina non abburattata, ma anche quelli classici con aggiunta di rosmarino, parmigiano, peperoncino ed il sale Fleur de Sel di Ibiza.

Pompeo Girolamo Batoni

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BATONI: (Si rivolge al pubblico quasi sottovoce) Sapete, a settantanove anni si è terribilmente vecchi. Anche se si è Pompeo Girolamo Batoni! E la vecchiaia non la tollera nessuno, neanche le persone più care. (Si guarda intorno) Perché devo vivere così al buio? (Mentre s’avvicina a due candelabri poggiati su un piano) Chissà quanto buio mi aspetta con la morte! Ora, finché m’è consentito, voglio vedere la luce. (Accende alcune candele) I miei figli e i miei nipoti hanno tutti il loro bel da fare; non possono certo star appresso ad un vecchio come me. Anch’io da ragazzo, d’altronde, avevo il mio bel da fare per divertirmi, quando poi non dovevo seguire mio padre nella sua bottega di orafo. E da adulto avevo da pensare alla famiglia che m’ero creato. Avrei mai avuto, allora, il tempo d’assistere i miei nonni, o qualcuno di famiglia che con l’età si fosse rimbecillito? Anzi, tra i miei figli, i maschi tutti e tre, hanno lavorato a bottega con me. Uno, Felice, è venuto addirittura con me a lavorare a Lisbona. E quattro delle mie figlie, di quelle che hanno scelto l’arte, anziché la clausura o il matrimonio, hanno suonato per anni nell’antibottega, in modo da accogliere ed intrattenere piacevolmente le lunghe schiere di ospiti, di visitatori e di committenti, che ogni giorno si accalcavano lì in attesa di essere ricevuti da me. E le mie citte offrivano dolci e leccornie varie, preparate da loro stesse, con le loro mani, una vera panacea, per quei signori, contro tutti i disagi per le lunghe ed estenuanti attese. I miei figli, tutti e dodici, hanno le mani d’oro, c’è chi suona l’arpa o la viola, chi, come Ruffina, compone versi, chi disegna, chi dipinge, chi sa cucinare. E se io oggi sono vecchio non è colpa di nessuno di loro. Certo, neanche mia. Si invecchia per colpa o per grazia della natura, del Padreterno. E noi, una volta vecchi, con il fatto che ci consideriamo detentori delle tradizioni, degli usi e delle consuetudini, così vorremmo che nulla cambiasse, che il sistema di vita restasse quello che noi conosciamo. E allora giù con improperi contro chi è più giovane di noi. Questo perché costui sta cambiando, si sta trasformando. E ancora giù contro chi si adegua, contro il mondo intero che, col suo ritmo, a noi, ormai stanchi, ci sconvolge. E così diventiamo scorbutici, antipatici, ossessivi, intolleranti. A sprazzi siamo anche consapevoli di tutti questi nostri orrendi difetti, ma purtroppo ciò accade soltanto in particolari momenti di lucidità e di senso d’umanità, come per me adesso. E non consideriamo i disagi e le difficoltà che creiamo ai nostri figli – ancora di più quando noi siamo anziani e loro ancora giovani – o a chi ci assiste, quando ci ostiniamo, quando non vogliamo valutare le loro esigenze, quando se ci propongono di trasferirci altrove, noi ci intestardiamo a voler vivere in quella casa dove abbiamo sempre vissuto, dal momento che quella è stata il nostro rifugio per tutta la vita. Così sacrifichiamo i nostri figli, creiamo spesso figli soli, senza una moglie, senza un marito, senza prole. Li colpevolizziamo in nome di tutto quello che noi abbiamo sempre fatto per loro; creiamo loro una miriade di atroci rimorsi soltanto per dar sfogo ai nostri capricci, perché vogliamo essere considerati, assistiti, ossequiati. Invece non è così che devono andare le cose. Il mondo appartiene a tutti, anche a noi, è vero, ma dobbiamo tener presente ch’esso appartiene soprattutto a coloro che poi lo muovono e che dovranno abitarlo in futuro. Noi dovremmo avere il coraggio di ritirarci di buon grado; dovremmo raccoglierci tra noi anziani, dovremmo assisterci tra di noi, come una comunità superiore, privilegiata perché più saggia, distaccata dal resto del mondo, con tutto il bagaglio del nostro sapere, dei nostri interessi, con la nostra conoscenza da distribuire a tutti coloro che ce ne facessero richiesta, senza alcuna distinzione: a figli, a parenti, ad amici, … ad estranei. Dovremmo insomma vivere appartati, in qualche luogo, sempre pronti però, noi, ad offrire il nostro contributo, i nostri consigli, quindi in qualche modo integrati con gli altri. Ed intanto dovremmo coltivare degli interessi, avere cura della nostra persona, scambiarci tra di noi, informazioni, aiuti, amicizia, assistenza. Ma tua moglie? Vi domanderete. Mia moglie, poverina, fa quello che può per me. Anche lei ha da pensare ai suoi malanni ed è ancora al servizio qualche nostro figlio in difficoltà. (Mentre recupera un calice da sopra un tavolo e versa dentro del vino) Scusate se bevo un po’ di vino, il latte dei vecchi. (Beve) Altra cosa. Come avete sentito dire prima, da quelle donne, noi anziani dovremmo accettare le malattie, il distacco dagli affetti e godere di ogni possibilità che ancora la natura ci riserva. Abbiamo perso un occhio, abbiamo l’altro, li abbiamo persi tutti e due, abbiamo l’olfatto, abbiamo perso anche l’olfatto, ci restano il tatto, il gusto e così via. Anche perché per noi, prima o poi, sopraggiungerà la morte, quella morte che allora non dovremmo vederla come una soluzione ai nostri problemi, ma un’amica che viene per condurci in un’altra dimensione. Il nostro cuore quindi, prima o poi, è destinato ad arrestarsi; esso infatti, anche se sede dei sentimenti, altro non è che un viscere con la funzione di pompare e spingere il sangue in ogni parte del nostro corpo. E non è come il tempo che, credo, continuerà a pulsare per l’eternità. C’è un cuore soltanto che vivrà in eterno, quello Sacro di Gesù Cristo che io ho rappresentato più volte con i miei pennelli. (Prende un quadro appeso ad una parete e lo mostra al pubblico) Questa è una copia ad olio su tela che ho voluto conservare per me. L’originale, alla Chiesa dei Gesuiti a Roma, invece era su rame. Vedete qui, il Cuore di Gesù irradia luce, non vive al buio, nascosto all’interno del corpo come quello nostro; il Sacro Cuore è manifesto, visibile a chiunque, come è stato per Margherita Maria Alacoque, a chiunque, naturalmente, abbia un sincero desiderio di vederlo. (Ecco che avverte intorno a sé delle presenze)

Laura Gigante, stella nascente del cinema italiano

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Bellissima e giovane attrice italiana con il fascino di un’adolescente. Famosa soprattutto grazie ai vari horror come “Fantasmi”, “L’urlo” e “Ubaldo Terzani Horror Show”, di cui ci racconta e anche grazie al film ‘’Albakiara” del 2008, una controversa storia di Stefano Salvati sulla trasgressione della gioventù, la così detta Generazione K. Oltre alle varie apparizioni nelle serie televisive italiane (“13 Apostolo”, “L’ispettore Coliandro”), oggi Laura Gigante è il viso dell’ultimo Calendario Lavazza e ultimamente potremmo vederla sul palcoscenico teatrale in “Sfiorirai il mio destino come una farfalla” con la regia di Raffaele Curi (Fondazione Alda Fendi) e nel suo ultimo film “La terra e il vento”, opera prima di Sebastian Maulucci.

Chi è “Albakiara”? La stessa ragazza della canzone di Vasco Rossi?

“L’Albakiara del film è l’esatto opposto dell’Albachiara della canzone di Vasco”.

Come ti rapporti con questo personaggio?

“Quando l’ho girato nel 2008 per alcuni aspetti mi sono identificata. Ora invece forse mi identifico di più con la canzone!”

Cosa pensi riguardo la droga?

“Sono per la legalizzazione delle droghe leggere. Secondo me è sbagliato anche chiamarla droga. Gli psicofarmaci danno più dipendenza della marijuana, ma vengono venduti come medicinali curativi.”

Pensi che guardare questo film farebbe bene ad un ragazzo, potrebbe salvare la vita a qualcuno?

“Non penso che il film Albakiara possa essere d’aiuto a qualcuno, anche se inizialmente avrebbe dovuto avere questo scopo.”

In questa produzione hai lavorato con Davide Rossi, il figlio di mitico cantante Vasco menzionato sopra. Come ricordi la vostra collaborazione?

“Davide è un ragazzo molto sensibile. Mi sono trovata bene con lui, come con tutti gli altri attori.”

Quando hai capito di voler fare l’attrice?

“L’ho capito meno di un anno fa!”

Com’è stato lavorare nella serie “L’ispettore Coliandro3”?

“Lavorare con i Manetti Bros è stato molto divertente e utile per la mia crescita artistica, anche se il mio personaggio [ruolo Kikky] era frivolo e molto semplice.”

Ti sei mai immaginata che un giorno avresti posato nuda per un mensile maschile, Maxim, uno tra i più letti in Europa?

“Me ne ero completamente scordata! Comunque sì e lo rifarei. Il nudo non sempre è volgare, dipende dal soggetto che sta davanti all’obiettivo!”

Dai temi sociali dell’anno 2008 passi a un horror nell’anno 2011, la tua seconda esperienza sul grande schermo. Raccontaci qualcosa dell’Ubaldo Terzani Horror Show  (regia Gabriele Albanesi). Come ti sei trovata in questo genere?

“Fare horror è fantastico. Impari un sacco di cose. Grazie al maestro Sergio Stivaletti ora so cosa sono gli effetti speciali e come si fanno. È stato divertente studiare ogni fase del lavoro di Sergio, dal calco del corpo, al sangue finto! Gli horror comunque continuano a farmi paura, non sono film che guardo, anche ora che so come funzionano!”

Dove potremmo vederti nel 2012?

“Ho appena finito di girare un film “La terra e il vento” di Sebastian Maulucci (opera prima), invece ad aprile sarò in scena per una performance teatrale di Raffaele Curi (Fondazione Alda Fendi). Oltre ad un altro spettacolo teatrale… ma non so ancora le date!”

Najpiękniejsze muzeum Warszawy

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Muzeum Historii Żydów Polskich w Warszawie to inicjatywa zapoczątkowana w 1995 roku dzięki Stowarzyszeniu “Żydowski Instytut Historyczny”. Gmach Muzeum powstaje przy ulicach Zamenhofa, Anielewicza, Lewartowskiego oraz Karmelickiej, czyli na warszawskim Muranowie, które było sercem dawnej dzielnicy żydowskiej. Aż do 2005 roku muzeum było tylko i wyłącznie inicjatywą społeczną, nad którą patronat objął Prezydent RP Aleksander Kwaśniewski, natomiast pod przewodnictwem prezydenta Izraela, Shimona Preresa, działalność rozpoczął Międzynarodowy Komitet Honorowy Muzeum. W 2005 roku Minister Kultury i Dziedzictwa Narodowego, Prezydent m.st. Warszawa oraz Przewodniczący Stowarzyszenia ŻIH podpisali umowę trójstronną, na mocy której strona publiczna finansuje budowę Muzeum. Jest to pierwszy w Polsce przykład instytucji publiczno- prywatnej, przy której współpracują rząd, samorząd lokalny oraz instytucja pozarządowa.

Prace nad projektem Muzeum rozpoczęły się dzięki funduszom otrzymanym od osób prywatnych oraz od fundacji z USA, Anglii, Niemiec oraz Polski. Ich udział pomógł w zgromadzeniu danych o Żydach mieszkających na świecie, a także pobudził szerokie wsparcie międzynarodowe konieczne dla powstania samego Muzeum oraz głównej ekspozycji.

Autorem projektu Muzeum jest Rainer Mahlamäki, profesor Wydziału Architektury Uniwersytetu w Oulu w Finlandii i jest to jego pierwszy zagraniczny projekt. Architektowi udało się w sposób twórczy połączyć walory estetyczne budynku oraz założenia funkcjonalno- użytkowe. Wystawa główna zostanie umieszczona w kondygnacjach podziemnych, natomiast w części naziemnej będzie się mieściło Centrum Edukacyjne z salami projekcyjnymi, konferencyjnymi i koncertowymi oraz biblioteka. Inspiracją do stworzenia projektu były widoki w Izraelu, ale także Biblia oraz opis kiedy Morze Czerwone rozstąpiło się przed Mojżeszem i Żydami uciekającymi z Egiptu. Dlatego też jest to pierwszy przykład gmachu Muzeum, którego ściana jest krzywa, a to właśnie ona podtrzymuje całą konstrukcję stalową dachu oraz wszystkie stropy. Hol ma wyglądać tak jakby był to naturalny krajobraz skał wyżłobionych przez płynacą wodę.

Obok Muzeum, po obu stronach pomnika Bohaterów Getta ma powstać także skwer, który ma tworzyć spójną całość z budynkiem Muzeum. Kolory mają nawiązywać do elewacji gmachu oraz do barw na fladze Izraela. Ułożoną w pasy kompozycję zieleńców podkreśli oświetlenie, ciągły układ ławek oraz pasy traw ozdobnych, co doda atrakcyjności skwerowi.

Misją muzeum jest stać się miejscem spotkań oraz dyskusji dla wszystkich zainteresowanych historią, tradycją oraz kulturą żydowską. Ma stać się miejscem, do którego zwrócą się wszyscy zaintersowani dziedzictwem Żydów polskich, a także symbolem przełomu w stosunkach Polaków i Żydów. Otwarcie muzeum przewidziane jest na wiosnę 2013 roku.

 

Vanni Scheiwiller editore europeo

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Vanni Scheiwiller editore europeo, a cura di Carlo Pulsoni, Perugia, Volumnia, 2011

Questo volume rappresenta il sigillo finale di un progetto avviato nell’autunno del 2008, quando con Alina Kalczynska Scheiwiller si pensò di realizzare una mostra su Vanni da tenersi a Perugia. L’esposizione nasceva con uno spirito diverso rispetto a quelle dedicategli nell’ultimo decennio: lo specimen esibito doveva fungere da volano per far comprendere l’importanza dell’attività e della personalità di Vanni grazie a un ciclo di conferenze a corredo della mostra. L’intento è stato quello di gettare luce su alcuni tasselli del prezioso e scrupoloso fervore dell’editore, come dimostrano i vari approcci di questo volume, nel quale si propongono contributi su autori particolarmente significativi del catalogo Scheiwiller, pubblicazioni di inediti, testimonianze di alcune delle persone che gli furono vicine.

http://www.insulaeuropea.eu/Scheiwiller/Mostra/scheiwiller.html