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Guerra in Ucraina: 200 mila rifugiati in Polonia e altrettanti attendono di entrare

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

“Ogni residente dell’Ucraina che ne avrà bisogno riceverà asilo e aiuto in Polonia”, ha affermato Mariusz Kamiński, ministro dell’interno e dell’amministrazione in una conferenza stampa svoltasi domenica. A sua volta, Paweł Szefernaker, viceministro dell’Interno e dell’amministrazione, ha informato che “l’80-90% dei posti nei centri di accoglienza alle frontiere sono ormai pieni”, perciò nel tardo pomeriggio di domenica, ulteriori centri di accoglienza sono stati istituiti in ogni voivodato. Dal confine, dopo aver ricevuto assistenza medica, i rifugiati vengono trasportati nelle singole città mediante mezzi organizzati dal Governo. Nei capoluoghi dei voivodati, nelle stazioni ferroviarie e all’aeroporto di Okęcie, ci sono anche punti informativi per tutti gli ucraini, dove si trovano i dettagli sull’aiuto che i rifugiati possono ricevere in Polonia. “In tre giorni e mezzo, la Polonia ha accettato quasi 200.000 rifugiati di guerra dall’Ucraina”, ha informato Tomasz Praga, comandante in capo della Guardia di frontiera. Per quanto riguarda l’assistenza materiale, sui siti web degli uffici di ogni voivodato sono stati indicati gli indirizzi dove si può portare cibo, mezzi igienici e abbigliamento per gli ucraini. Michal Dworczyk sottolinea che questo aiuto deve essere ben coordinato dalle istituzioni statali, poiché potrebbe essere meno efficace se i cittadini polacchi tentassero di trasportare i prodotti dalla Polonia all’Ucraina da soli. Dworczyk stima inoltre che ci sono già circa un quarto di milione di cittadini ucraini ai valichi di frontiera che vogliono sfuggire alla guerra. A parte questo, ci sono segnalazioni di truffatori che si sono avvantaggiati dei rifugiati. Il Procuratore Generale Zbigniew Ziobro, ha emesso un ordine di fermo di tali persone in attesa del processo.

https://www.rynekzdrowia.pl/Polityka-zdrowotna/Polska-przyjela-juz-200-tys-uchodzcow-z-Ukrainy-Punkty-recepcyjne-beda-w-kazdym-wojewodztwie,229931,14.html
https://www.polskieradio24.pl/7/5766/Artykul/2910269,Kazdy-kto-ucieka-przed-wojna-bedzie-mogl-liczyc-na-pomoc-Dworczyk-o-uchodzcach-z-Ukrainy
https://www.polskieradio24.pl/5/1222/Artykul/2910191,Zerujacy-na-nieszczesciu-uchodzcow-zostana-ukarani-Ziobro-beda-kierowane-wnioski-o-areszt

 

Lasagna Zucca e Champignon

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250 g di pasta fresca lasagne
600 g (circa) di zucca
500 g di funghi Champignon
1/2 scalogno
1 spicchio d’aglio in camicia
q.b. parmigiano grattugiato e provola
q.b. olio extra vergine di oliva
sale q.b. sale

Besciamella:
1 l di latte
100 g di burro
100 g di farina 00
q.b. noce moscata

Przygotowanie:
Puliamo la zucca, tagliamola a fette e mettiamola a cuocere in forno già caldo a 170° per circa 30 minuti. Prendiamo una padella in cui mettiamo un filo d’olio extra vergine, mezzo scalogno e uno spicchio d’aglio in camicia a soffriggere, quando saranno brasati li togliamo e li mettiamo da parte. Rimettiamo la padella sul fuoco e quando sarà ben calda aggiungiamo i funghi puliti e tagliati a fettine sottili, saliamo e facciamo cuocere per qualche minuto, “attenzione non devono lessare”. Infine aggiungiamo lo scalogno brasato in precedenza e lasciamo intiepidire.

Quando la zucca è pronta, mettiamola in un mixer e frulliamo fino ad ottenere un composto morbido che andremo successivamente ad unire alla besciamella.

Mettiamo a scaldare il latte in un pentolino, mentre, in un altro pentolino facciamo sciogliere il burro, quando sarà del tutto fuso, uniamo la farina 00, facciamo tostare un minuto e poi aggiungiamo il latte preriscaldato un po’ alla volta e mescolando di continuo con una frusta. Saliamo e aromatizziamo con la noce moscata e mescoliamo. Versiamo la polpa di zucca frullata e mescoliamo per far amalgamare bene.

A questo punto possiamo procedere ad assemblare le nostre lasagne: versiamo un filo d’olio sulla teglia e un sottile strato di besciamella alla zucca.

Appoggiamo la sfoglia di pasta fresca, ricopriamo con besciamella e distribuiamo i funghi. Continuiamo così formando 4 o 5 strati. Ultimati gli strati terminare con la besciamella e un po’ di parmigiano.

Infornare a 200° per 18-20 min. Buon appetito!

Andrea Zanzotto: un poeta gettato nel futuro

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2021 è stato un anno straordinariamente ricco di celebrazioni e ricorrenze per la letteratura italiana, a partire ovviamente dal settecentesimo anniversario della morte di Dante, a cui si aggiungono i festeggiamenti per i 150 anni dalla nascita di Maria Grazia Deledda, i 125 dalla nascita di Eugenio Montale, i 120 da quella di Salvatore Quasimodo. Cento anni fa inoltre è nato il grande scrittore siciliano Leonardo Sciascia così come Andrea Zanzotto, uno dei più significativi rappresentanti della poesia europea dal secondo dopoguerra ad oggi.

Era nato a Pieve di Soligo, in provincia di Treviso, il 10 ottobre, ed è morto a Conegliano, sempre in provincia di Treviso, il 18 ottobre del 2011, appena varcata la soglia dei novant’anni. Per circa settant’anni Zanzotto ha posto al centro della sua inesauribile curiosità e inquietudine intellettuale, come stella polare, la convinzione che la poesia rappresenti una delle più ostinate forme di speranza e di attaccamento al senso profondo della vita. Ma per far ciò egli ha ininterrottamente sollecitato la poesia stessa a mettersi in discussione, a spingersi oltre, a varcare il suo spazio tradizionale, per fare i conti con una realtà più ampia, sensibile alla ricerca scientifica, capace di saltare a piè pari oltre gli steccati della cultura umanistica, restando però sempre prima di tutto poeta.

Quella di Zanzotto è allo stesso tempo una lingua babelica e privatissima, segnata da traumi personali quanto epocali. L’“autonomia totale” della poesia, a cui la sua pagina a tratti rimanda, si realizza solo passando attraverso un continuo incontro con la storia. Uno dei nodi della sua opera è rappresentato dall’attenzione al paesaggio (sino alla drammatica denuncia della sua progressiva devastazione), tanto da trasformare gran parte della sua poesia in una sorta di invocazione e celebrazione, da poeta trobadorico, delle virtù ‘miracolose’ della sua Pieve di Soligo, luogo natale che rappresentava per lui, allo stesso tempo, un riferimento reale e ideale, qualcosa di sognato e vissuto, fonte apparentemente inesauribile di entusiasmi quanto di terrori primordiali.

Le tracce della prima guerra mondiale, impresse come ferite ancora aperte sul paesaggio veneto, i ricordi della resistenza al nazi-fascismo, il trauma del boom economico italiano a partire dalla fine degli anni Cinquanta sino alle trasformazioni planetarie portate dalla globalizzazione: sono questi gli scenari in cui la sua poesia si immerge, affrontando la storia in chiave geologica, geografica, spaziale. Dalla apparente retrovia della sua Pieve di Soligo Zanzotto è riuscito a parlare al mondo e del mondo, dando forma ad una delle opere più globali e originali del nostro Novecento, prossima, pur nella sua unicità, a due grandi altri maestri europei, come il poeta rumeno, di origine ebraica e lingua tedesca, Paul Celan e lo svizzero, di lingua francese, Philippe Jaccottet. Zanzotto è stato un intellettuale libero e generoso, orgogliosamente periferico e allo stesso tempo profondamente cosmopolita, dalla forte vocazione civile. Della realtà ha indagato le stratificazioni, muovendosi come una talpa in profondità, ponendo in dialogo mondo e inconscio, intrecciando linguaggio, paesaggio e identità. In definitiva la sua opera, ricca di paradossi, aporie, opposizioni e polarizzazioni, fonde le dinamiche del viaggio verticale, alla ricerca di simboli e archetipi, con quelle di un percorso orizzontale, tanto che Andrea Cortellessa, uno dei suoi più sensibili interpreti contemporanei, ha recentemente proposto di leggere i suoi componimenti come esempi di Land Art.

La poesia, pur se spinta quasi al margine, tenta, nonostante tutto (…), di ‘far ricordare’ la presenza dell’ardore originario, anche quando sia tragedia o dramma, anche quando sembri aver perduto essa stessa ogni senso. Continua a puntare sulla vita, per quanto enigmatica essa sia.

L’esordio poetico di Zanzotto è avvenuto all’inizio degli anni Cinquanta con la raccolta Dietro il paesaggio, in cui si rivendicava il complesso tentativo di sanare la ferita fra storia e cultura, fra natura e uomo, che la seconda guerra mondiale aveva lasciato in eredità. Questo “petrarchista impazzito”, come lo definirà Pasolini, che a molti critici di allora era inizialmente sembrato un attardato, legato a poetiche ormai superate, vetuste, in realtà, invece, era e si era da subito gettato nel futuro, dimostrandosi capace di sperimentare e ripensare la tradizione poetica italiana, muovendosi fra lirica ed enciclopedia, mettendo la sua coltissima formazione letteraria in dialogo con gli stimoli provenienti dallo strutturalismo, dall’astronomia, dalla cibernetica, dalle neuroscienze, dalla psicoanalisi e dall’antropologia, nonché dalle novità introdotte dalla fisica e dalla chimica contemporanee.

Nei suoi testi troviamo recuperi del linguaggio infantile, neologismi, citazioni, giochi fonici, termini stranieri (in francese, inglese e tedesco) così come inserti in latino e in greco, riflessioni meta-letterarie, richiami al mondo del fumetto e dello scarabocchio, nonché, soprattutto a partire dalla fine degli anni Sessanta, le risorse del dialetto, terreno di incontro fra il mondo dei defunti e quello del quotidiano. Proprio il dialetto è stato alla base della sua collaborazione con Federico Fellini, concretizzatasi nella stesura di alcuni testi in veneto per il film Casanova del 1976, composti nel segno di una suggestiva alleanza fra sacro e popolare, di un paradossale intreccio di euforia e angoscia. A Pasolini invece lo accomunava lo choc per la mutazione infernale cui il paesaggio viene sottoposto in Italia a partire dagli anni del boom economico, nonché l’idea che la letteratura sia chiamata a svolgere una funzione pedagogica molto prossima a una sorta di passio cristica.

Zanzotto, dunque, da sempre “versato nel 2000”, continua ad abitare con la sua opera il XXI secolo, e lo fa a partire dalla sua capacità di anticipare e problematizzare questioni che oggi più che mai impongono di superare le divisioni fra cultura umanistica e cultura scientifica, a partire dal dibattito che ruota attorno al concetto di antropocene, la nuova era geologica dominata dall’azione dell’uomo e dai rischi che ne derivano per le sorti del nostro habitat. La sofferenza per la devastazione del paesaggio e la crisi ecologica del pianeta diventano negli anni una questione chiave per l’autore al fi ne di leggere la storia del XX e del XXI secolo, tanto che in occasione delle celebrazioni del suo ottantacinquesimo compleanno arriverà a dichiarare: “Prima c’erano i campi di sterminio, ora c’è lo sterminio dei campi ed è la stessa logica”. Così come, con efficace vena sarcastica, criticando l’antropocentrismo della cultura moderna, definirà l’umanità “un’insignificante muffetta che appena sopra lo zero […] ha attecchito sulla terra, essendosi poi anche rivelata velenosa a sé e a tutto”.

Ai suoi lettori di sempre, così come agli “occhi più futuri”, ai nuovi lettori che questa opera saprà conquistare a sé, resta aperta come più preziosa eredità del pensiero artistico zanzottiano la necessità di proseguire il dialogo (spesso apparentemente compromesso) fra psiche e ambiente così come fra poesia, etica e utopia.

Teatr Wielki; applausi scroscianti e parole di solidarietà all’Ucraina al concerto con il violino di Paganini

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Straordinario successo del concerto “La magia della musica italiana con il violino di Paganini” andato in scena ieri al Teatr Wielki di Varsavia. L’evento, reso speciale dalla presenza del violino “Sivori” appartenuto a Paganini, è diventato una serata indimenticabile anche perché svoltosi in un clima di particolare emozione visto l’attacco militare nella notte di ieri della Russia all’Ucraina. Le belle parole di solidarietà al popolo ucraino e di fratellanza tra Italia e Polonia, pronunciate in polacco dall’Ambasciatore d’Italia Aldo Amati e del Sovrintendente del Teatr Wielki Waldemar Dabrowski, che a sua volta si è espresso in italiano, hanno scatenato un lunghissimo applauso della sala gremita. Poi via al concerto con alcuni dei brani più noti della immensa tradizione italiana (arie di Rossini, Mascagni, Puccini, Verdi ed il concerto per violino e orchestra in re maggiore di Niccolò Paganini) diretti dal maestro Patrick Fournillier. Il violino di Paganini è stato invece suonato dal grande virtuoso Vadim Brodski, nato a Kiev e con una lunga carriera professionale alle spalle tra Italia e Polonia. Domani il violino di Paganini sarà protagonista di un altro concerto alla Filarmonica di Cracovia.

Polonia Oggi

 

Guerra in Ucraina: esercito polacco pronto a reagire in caso di necessità, manifestazione davanti l’ambasciata russa

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“Stanotte la Russia ha aggredito militarmente l’Ucraina. Pertanto, tutti i servizi, tutte le autorità statali competenti hanno avviato procedure relative a questo tipo di situazione”, ha affermato stamattina il portavoce del governo polacco Müller. “In queste ore si è svolta una seduta del Comitato Nazionale della Sicurezza con la partecipazione del primo ministro Morawiecki, del vice primo ministro Kaczyński  del ministero della difesa Błaszczak e del ministro degli affari interni Kamiński” ha aggiunto Müller precisando che la Polonia ha fatto una richiesta alla NATO per attivare l’articolo numero 4 del Trattato che prevede un incontro dei membri e un monitoraggio della situazione di potenziale e reale violazione di un stato membro della Nato.” Il portavoce ha confermato anche che le forze armate polacche sono pronte a reagire.” Il presidente Andrzej Duda ha detto stamattina che “Siamo vicini alla Ucraina sia come paese confinante, che come NATO e come Ue e speriamo che questa aggressione russa sarà presto fermata”. Intanto da stamattina c’è una manifestazione davanti all’ambasciata russa a Varsavia in cui campeggiano cartelloni con le scritte “Una Norimberga per Putin”, “Ucraina senza Putin”. Tra le altre conseguenze dell’aggressione militare c’è l’indebolimento dello złoty che attualmente perde 6 groszy sull’euro (cambiato a 4,64 zł) e 8 groszy sul dollaro (4,14 zł).

Polonia Oggi

Nuovo rapporto sul consumo di caffè in Polonia

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È stato pubblicato il rapporto di OOH Café ARC Rynek i Opinia, sul consumo del caffè in Polonia. Secondo la società, quasi la metà dei caffè serviti viene comprata nelle stazioni di servizio; al secondo posto ci sono i negozi alimentari. Tutti e due hanno battuto le caffetterie e i ristoranti, sia quelli tradizionali che i fast food. Per quanto riguarda chi di solito compra il caffè, il 37% sono gli abitanti dei villaggi e delle piccole città. A proposito dell’età invece il 30% sono le persone tra i 35 e i 44 anni, il 24% tra i 25 e i 34. Il gruppo meno numeroso è costituito dalle persone tra i 18 e i 24 anni (6%). La situazione cambia un po’ se si osserva la frequenza nelle caffetterie: il gruppo maggiore, il 28%, sono gli abitanti delle grandi città. Seguono le persone tra i 25 e i 34 anni (il 29%) e quelle che hanno tra i 35 ed i 44  (il 25%). I risultati variano molto se si studiano i tipi di caffè solitamente comprati: l’espresso è il più popolare tra chi ha fra i 55 e i 65 anni (25%), il latte e il latte macchiato viene scelto nel gruppo dei 35-44 anni (il 32%) e infine il cappuccino viene bevuto di più in due gruppi (22-55 anni e 35-44 anni, in tutti e due casi il numero è pari al 24%).

https://www.horecatrends.pl/

Riunione del Consiglio Affari Esteri dell’UE sul conflitto Russia-Ucraina

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Il ministro degli Affari Esteri, Zbigniew Rau, ha partecipato lunedì a un incontro a Bruxelles dei ministri degli Esteri degli Stati membri dell’UE, che in precedenza avevano incontrato il capo della diplomazia ucraina, Dmytro Kuleba. Rau ha ammesso che il Consiglio Affari esteri è stato dominato dal tema della situazione della sicurezza in Ucraina e dintorni. Durante l’incontro, i ministri hanno ricevuto informazioni da Mosca che già lunedì verrà presa una decisione sul riconoscimento da parte della Russia dell’indipendenza di due “repubbliche popolari” stabilite nel Donbass dai separatisti filorussi. Il ministro ha sottolineato che riconoscere la loro indipendenza sarebbe contrario agli accordi di Minsk. Assicura che se ciò dovesse accadere, l’UE prenderà una posizione inequivocabile. Ha anche aggiunto che durante l’incontro sono state prese decisioni anche sul contenuto delle sanzioni contro la Russia.

https://www.wnp.pl/parlamentarny/wydarzenia/rau-zapadly-decyzje-co-do-tresci-sankcji-na-rosje,543101.html

Due concerti in Polonia con il violino di Paganini

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Venerdì scorso preso l’Ambasciata Italiana a Varsavia si è svolta la conferenza stampa di presentazione dei due concerti ,”La magia della musica italiana con il violino di Paganini” che si svolgeranno a Varsavia il 24 febbraio e a Cracovia il 26 febbraio (alla Filarmonica Szymanowski). Un evento straordinario perché come ha detto ambasciatore Aldo Amati: “questo storico e pregiato strumento viene raramente prestato e non è facile convincere i suoi custodi, ma noi ce l’abbiamo fatta! L’idea di far arrivare il violino a Varsavia è nata durane un incontro con il sindaco di Genova.”  Alla conferenza erano presenti anche il maestro Vadim Brodski, il direttore del Teatr Wielki Opera Narodowa di Varsavia Waldemar Dąbrowski e il direttore d’orchestra Patrick Fournillier. Questo famoso violino “Sivori” è stato realizzato nel 1834 da un liutaio francese, amico di Paganini come copia del violino soprannominato “il Cannone” mentre questo veniva manutenuto. Il maestro Brodski ha dichiarato che: “sono assolutamente emozionato all’idea di suonarlo e sicuramente per qualche momento mi tremeranno le mani perché suonerò uno strumento leggendario”.
Nel programma del concerto all’Opera Narodowa di Varsavia sono previsti i brani dei più importanti compositori italiani come Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini, Gioachino Rossini, Pietro Mascagni e ovviamente Niccolò Paganini.

Polonia Oggi

Leonardo Fibonacci, il genio medievale dei numeri

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il. Dorota Pietrzyk

Il medioevo è generalmente considerato come un periodo buio, dove scienza, tecnologia ed arte si sono quasi fermati. In realtà buona parte di questa convinzione è fondata su degli stereotipi: i grandi geni continuano a nascere, le persone continuano a lavorare ed ingegnarsi, ed il mondo è tutt’altro che fermo. Ed è proprio in quegli anni che, attorno al 1170, nasce Leonardo. No, non il Leonardo che tutti conoscono, Leonardo da Vinci: questo Leonardo ha un altro cognome, Leonardo Pisano detto Fibonacci. Il secondo Leonardo italiano, che passerà alla storia, anche senza saperlo, grazie ai conigli.

Leonardo Pisano, come ci dice il cognome, nasce nella Pisa del XII secolo, fulcro del mondo occidentale dell’epoca. In quel periodo l’Italia era il centro del commercio tra i paesi del Mediterraneo: medioevo o non medioevo, il commercio non si ferma. Anche Leonardo nasce da una famiglia di mercanti, e proprio la sua famiglia segnerà il suo destino. A soli quattordici anni segue suo padre a Bugia, uno dei porti islamici più fiorenti dell’epoca. E così, non solo il piccolo Leonardo entra subito in un mondo, quello del commercio, dove sono necessari calcoli ed ingegno, ma lo fa in un modo particolare: arriva in un porto di transizione, il contatto tra il mondo arabo ed il mondo europeo. Un mondo di confine dove i problemi del commercio sono moltiplicati: tasse di importazione ed esportazione, operazioni a rischio con prestiti ed interessi, cambi di valuta, merci che cambiano dinamicamente di giorno in giorno. Un vero inferno, per chi deve gestire tutta questa complessità. Ma anche una miniera di opportunità e di nuove conoscenze, per una mente fervida che è pronta ad imparare. Leonardo osserva, ed impara appunto. E resta affascinato dalla padronanza che gli arabi dimostrano nel saper fare calcoli anche complessi usando una strana forma di numeri, così diversi da quelli che si usavano allora in Europa.

Quei numeri non sono i soliti numeri romani, I, X, V, L e compagnia bella, ma sono in realtà assolutamente bizzarri per un europeo: numeri composti da dieci simboli, da 1 a 9 più un simbolo stranissimo, un simbolo che indica il nulla, lo zero. Questi nuovi numeri, composti sapientemente, sono uno strumento potentissimo, e Leonardo capisce che il mondo può cambiare. I numeri romani, che hanno fatto la storia, sono ben poca cosa di fronte alle meraviglie che sono possibili con questi nuovi numeri, i numeri arabi. E proprio studiando questi numeri e le loro infinite possibilità Leonardo inizia ad applicarli a quell’inferno commerciale del porto di Bugia, e oltre. Tutti quei problemi così complessi con i numeri romani hanno soluzioni molto più semplici, se affrontati con inventiva e con quegli strani nuovi numeri. Leonardo Fibonacci diventa così uno dei massimi esperti di finanza al mondo, iniziando a risolvere problemi e sviluppare tecniche per affrontare le complessità del commercio. Ed in questo processo deve scontrarsi, in Europa, con il primo problema fondamentale: iniziare dalle basi, cercando di spiegare cosa sono questi nuovi strani numeri, e come si usano.

Per questo scrive un libro, il Liber Abaci, che praticamente sconvolge il mondo finanziario dell’epoca, ed è considerato una pietra miliare per l’introduzione della matematica in Europa. Ma questa è solo una semplifi cazione, perché in realtà molti dimenticano da dove nasce quel libro così fondamentale, e cosa contiene veramente. Certo, il Liber Abaci spiega questa nuova matematica, questi strani simboli da 0 a 9, queste nuove tecniche di calcolo così potenti. Ma i numeri per Leonardo Fibonacci, figlio di mercanti, sono un mezzo e non un fine: il mezzo per risolvere le complessità del mondo, ed in particolare il mondo del commercio, delle merci, della vita pratica di tutti i giorni. Fibonacci resterà nella storia, ironia della sorte, proprio per uno di questi problemi pratici che affronta, e risolve, con l’uso dei numeri arabi. Ma la grande eredità dimenticata di Fibonacci è in realtà quella di avere introdotto nuove tecniche di calcolo per affrontare il mondo, quello vero, creando quella che è a tutti gli effetti la prima grande rivoluzione finanziaria nel mondo europeo. È per questo che il suo libro, all’epoca, ha un successo incredibile: al di là del suo valore didattico, non spiega dei numeri in maniera teorica ma mostra come si possono usare, come con essi si possa piegare il mondo, capirlo, analizzarlo, risolverlo. Tutto questo nuovo sapere entrerà in Europa, e poi nel mondo, ed ora lo diamo per scontato, anche se è stato Fibonacci ad iniziare la grande rivoluzione dei numeri. Tutto normale adesso, e per questo il nome di Leonardo Fibonacci sarebbe ormai sparito, uno dei tanti geni passati che solo gli storici conoscono, perché il mondo va in fretta, ed in fretta dimentica. Ed invece, ironia della sorte, Leonardo Fibonacci passa alla storia, quella vera che dura millenni, per uno dei tanti problemi pratici che ha risolto: un problema sui conigli. Un problema tra l’altro relativamente facile, rispetto a tanti altri ben più difficili che risolve nel suo libro. Ma dentro quel problema ci sono dei numeri speciali, e molto importanti, che porteranno per sempre il suo nome.

Il problema dicevamo ha a che fare con i conigli, e fa parte di quei problemi pratici che Fibonacci usa per mostrare la potenza dei nuovi numeri arabi. Così, in mezzo a un problema sulla divisione del cibo ed uno sulla divisione del denaro, Leonardo figlio di un mercante mostra come i numeri arabi possano essere usati per calcolare delle merci dinamiche, come appunto quelle composte da animali che si riproducono. Cosa succede se investo comprando una coppia di conigli e li faccio riprodurre? Come crescerà il mio allevamento? Fibonacci analizza questo problema con i nuovi magici numeri arabi e trova la formula corretta, quella che calcola come cresce l’allevamento di generazione in generazione. La taglia dell’allevamento, mostra Fibonacci, cresce seguendo questa sequenza, misurata in coppie di conigli: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144 e così via. Una bella popolazione che cresce in un modo semplice da calcolare, dimostra Fibonacci: basta sommare gli ultimi due numeri per ottenere quello successivo. Numeri che sono diventati talmente famosi da avere preso poi proprio il nome di numeri di Fibonacci. Ma perché, tra tutti i problemi risolti, e le nuove tecniche ben più sofi sticate descritte nel Liber Abaci, proprio questa apparentemente semplice sequenza di numeri ha poi avuto così tanto successo? Matematicamente sono numeri eleganti ed interessanti, ma non è per questo che sono passati alla storia. Il vero motivo di questo successo è al tempo stesso stravagante e sconvolgente: perché i numeri di Fibonacci non hanno a che fare solo con i conigli, ma con la struttura stessa della nostra realtà. Questi numeri sono presenti in ogni dove, e sono sempre stati lì, ma come spesso succede con le grandi scoperte occorrono occhi attenti per vedere l’ordine nel caos apparente della vita.

Prendiamo ad esempio un girasole, ed invece di ammirarlo solamente guardiamolo più da vicino: noteremo come i suoi semi seguano delle spirali, ma quante sono? Ecco un girasole, contiamo: 34 spirali da un lato, e 55 dall’altro. 34 e 55, due numeri di Fibonacci? Sarà un caso suvvia, prendiamo un altro girasole più grande: 89 e 144 spirali. Prendiamo un girasole più piccolo? 34 e 55 spirali. Incredibilmente, i girasoli sembrano crescere usando i numeri dei conigli di Fibonacci. Finita qui? Nemmeno per sogno, anche solo guardando ad altri fiori troveremo 3 petali nei gigli, 5 nelle rose selvatiche, 8 nei delphinium, 13 nelle calendule. Vi è venuto un dubbio? Perché un quadrifoglio è così raro? Non sarà perché 4 non è un numero di Fibonacci?

La magia dei numeri di Fibonacci si trova in tantissimi altri posti in natura e a tutte le scale. Qualche esempio? Dal micromondo degli elettroni e dei cristalli, al nostro mondo (fiori, pigne, alberi, conchiglie, cicloni), al macromondo (dalle orbite di pianeti e lune, fino alla forma stessa delle galassie).

il. Klaudia Chachura

Ma i numeri di Fibonacci non sono solo presenti in natura: fanno parte del nostro mondo a tutti i livelli. Scaffali dei supermercati, carte da gioco, finestre, armadietti, calcolatrici, cartoline, carte di credito e innumerevoli altri oggetti hanno forme dettate dai numeri di Fibonacci: in altre parole, a noi umani piacciono le forme che seguono i rapporti creati da questi numeri. Senza saperlo, il nostro concetto di bellezza è guidato proprio da questi strani numeri studiati da Fibonacci per dei conigli, tant’è che li ritroviamo anche dentro alle opere d’arte più famose al mondo. Le proporzioni di questi numeri magici sono davanti ai nostri occhi: dalle piramidi di Giza al Partenone nei tempi antichi, dal Taj Mahal al palazzo delle Nazioni Unite a New York o la CN Tower di Toronto nei nostri tempi moderni. Il bello in architettura segue i numeri di Fibonacci, ma anche il bello nell’arte, e lo stesso Leonardo (da Vinci) usa le proporzioni di Fibonacci per i suoi lavori più famosi, come la Gioconda, l’ultima cena e l’uomo vitruviano. Anche nella musica ritroviamo Fibonacci ed i suoi strani numeri: già dalla scala delle note, che è passata nel tempo da 5 a 8 alla nostra moderna scala cromatica di 13 note (!). E Fibonacci appare anche dentro la musica stessa, nella struttura delle opere dei nostri compositori più famosi. Solo restando alla lettera B, ecco che Fibonacci plasma la musica da Beethoven a Bach a Bartók: in innumerevoli pezzi musicali di successo i numeri di Fibonacci sono la base per l’armonia, il ritmo e persino l’indicazione del tempo.

Perché tutto questo? Perché il nostro concetto di bellezza dipende dai numeri di Fibonacci? Non abbiamo ancora la risposta definitiva, ma una ipotesi ce l’abbiamo. Se la natura che ci circonda segue le regole dei numeri di Fibonacci, ed anche noi siamo parte della natura, allora non è sorprendente che ci piaccia tutto quello che ha a che fare con questi magici numeri. In altre parole, se noi siamo fatti di numeri di Fibonacci, ecco che anche le nostre creazioni migliori, la nostra arte e la nostra bellezza, si fondano su questi numeri. La bellezza della natura e la bellezza dell’uomo, apparentemente diverse eppure, a guardarle bene, unite insieme, al ritmo di una strana sequenza sui conigli.

Un figlio di mercanti del medioevo, Leonardo Fibonacci, voleva cambiare il mondo con i suoi numeri: forse ci è riuscito davvero.

***

Massimo Marchiori è Professore all’Università di Padova (Italia) e Direttore Tecnico dello European Institute for Science, Media and Democracy (Belgio). Ha lavorato presso il Centro Nazionale di Ricerca Olandese (CWI) e poi al MIT (USA), dove ha condotto lo sviluppo di parecchi standard mondiali per il web. Creatore di Hypersearch (il precursore di Google) e di Negapedia (la versione negativa di Wikipedia) ha vinto numerosi premi, tra cui l’IBM research award, la Lifetime Membership Award della Oxford Society, il Microsoft Data Science Award, il MIT TR35 award dato ai migliori innovatori del mondo.

L’Etna, non l’ho visto

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Do la colpa a molte persone, compreso Jarek Mikołajewski, di cui ho letto l’intervista nell’87° numero di Gazzetta Italia. La lettura ha solo confermato il peggio. Ho quindi deciso di andare in Sicilia.

Ho comprato una versione cartacea della Gazzetta, poi i biglietti, poi il libro “Czerwony śnieg na Etnie” (trad. “Neve rossa sull’Etna”, scritto da Jarosław Mikołajewski e Paweł Smoleński), anche se il bisogno interiore di partire risuonava dentro di me da molto prima. Mi sono detta che mi mancava l’esperienza di vivere su un’isola e di tutte le isole del mondo la Sicilia mi è sembrata la più vicina.

Dopo aver letto il suddetto articolo, sono corsa in libreria, dove ho sentito un’ondata di caldo di tipo mediterraneo. Gli autori sul retro della copertina hanno scritto qualcosa del genere (o così me lo ricordo): per la prima volta siamo andati nell’isola perché insieme si vede meglio. La seconda volta ci siamo andati per convincerci se, alla fine, quello che avevamo visto ci avrebbe deliziato ancora una volta. Sentivo che la prima volta viaggiavo per la Sicilia spinta dall’impulso di questa lettura. La seconda invece ho sforzato anche il mio corpo e sono andata a vedere se quello che avevo letto si rifletteva nella realtà.

Ci sono andata con un’amica. Eravamo proprio in mezzo della piazza Quattro Canti, il crocevia delle quattro direzioni del mondo, quando ho chiesto casualmente “ti piace di più qui o al nord?”, al che lei mi ha risposto con occhi innocenti da cerbiatta: “Ma Kociel, questa è la mia prima volta in Italia”. Mi sono fermata. Per un istante non si sentiva più nessun rumore. Mi dispiace di averti fatto questo, ho detto. Mi dispiace Sicilia, per quello che dico. Ma ci credo ancora: non sei il posto migliore per iniziare.

Dipende dai punti di vista. Per me non ti si visita, ma ti si scopre. O meglio, sei tu che gentilmente ci permetti di conoscerti, anche se non in fretta, sottolineando sempre i tuoi confini e le tue differenze locali. Sappiamo entrambe che sei unica e un po’ diversa dalle altre regioni. Ecco perché mi dispiaceva per la mia amica che non aveva avuto la possibilità di conoscere il resto della penisola.

Paragonare, “direttamente dal greco: affrontare qualcuno”. Lei ha paragonato ciò che sa con ciò che vede. Sì, a Palermo la povertà è vista in modo diverso che in Polonia. Ha la pelle scura, rughe, non dorme e ha perso i denti, ha un sorriso sul viso e le ginocchia sbucciate. Non sono rimasta scioccata dalla povertà italiana, non era una novità per me, in fondo, durante il soggiorno in Italia ho avuto modo di osservarla un po’. Era la mia microrealtà, qualcosa che veniva da casa anche se a Palermo decisamente non mi sentivo come a casa. Non parlavo la loro lingua. La melodia della lingua siciliana risuona nelle mie orecchie fino ad oggi ma purtroppo rimane solo questo: la melodia e la barriera che c’era tra loro e me, a causa del mio italiano.

Ricordandosi di questa discussione, abbiamo vagato per il quartiere Ballarò. Abbiamo oltrepassato il mercato locale, i venditori di polipi e spremute fresche, le opere di streetart di minore e maggiore fama, e finalmente siamo arrivate dietro le quinte, dove vive la comunità etnica palermitana. Sapete mi vergognavo un po’ a tirare fuori il mio telefono là. Non si trattava tanto della paura di essere derubata ma piuttosto della sensazione di violare l’intimità di queste persone estraendo il mio flash e fotografando le loro case. Immersa nei miei pensieri, non mi sono accorta del turista che senza scusarsi portava davanti a sé una refl ex da diversi chilogrammi, sventolandola a destra e a manca.

Ho avuto la fortuna di incontrare i miei amici che non vedevo da tempo, due veri palermitani. Mi ero promessa prima di chiedere loro di Ballarò. È con incredibile gratitudine che torno a quel momento in cui le parole sono sgorgate dalle loro bocche. Parole oneste, piene di passione, dolore e amarezza per Palermo, che vanno spiegate, come separate da tutto ciò. Ho raccolto tutte le mie conoscenze acquisite e ho cercato di stare al passo con le loro storie. Sai cosa significa il titolo del film che hai appena menzionato? “La mafia uccide solo d’estate”, è quello che i genitori dicevano ai figli perché non si preoccupassero, non è ancora il momento, non è il momento dei delitti.

In pochi giorni di vacanza abbiamo conosciuto una parte della zona occidentale dell’isola. Passando da una città all’altra guardavo questa terra bruciata dal sole, con condomini e cactus intorno, e pensavo “cosa c’è qui?”. Credevo di aver capito perché si scappa da lì. Solo in seguito ho sentito il fenomeno del ritorno sulla mia stessa pelle (e questo non ha niente a che vedere con la testa siciliana di Moro che mi guarda ostentamente dal davanzale!). Voce di Madre Terra, odori, intensità e colori che non si riesce a dimenticare. Bisogna guardare la Sicilia con gli occhi ben aperti, altrimenti non si vede nient’altro che spazi vuoti.

traduzione it: Bartosz Pikora