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La pandemia causa problemi alle case automobilistiche

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

La pandemia ha provocato difficoltà alla fornitura di ricambi auto tanto che alcune case automobilistiche devono sospendere l’attività o licenziare i lavoratori. Anche la fabbrica di Tychy (conosciuta principalmente per la produzione della Fiat 500) appartenente al gruppo Stellantis, l’impresa multinazionale produttrice di autoveicoli, affronta questo problema. Il portavoce della società FCA Poland (che fa parte di Stellantis), Rafał Grzanecki, sostiene che i produttori devono cercare soluzioni che riducono al minimo i costi di fermo della produzione. A tal fine i dipendenti, che non svolgono mansioni nel luogo in cui sono impiegati, sono distaccati presso lo stabilimento dove sono necessari i lavoratori. Agendo in questo modo gli imprenditori possono gestire bene le risorse umane e quindi evitare i licenziamenti. Circa 100 dipendenti della fabbrica di Tychy, che sono pronti a cambiare temporaneamente il loro posto di lavoro, andranno a Trnava, in Slovacchia (un’altra filiale di Stellantis) per un periodo di 6-12 mesi per acquisire esperienza e imparare qualcosa di utile nel loro mestiere. Oltre agli stipendi i lavoratori riceveranno circa 1400 euro di benefici aggiuntivi per l’aumento del costo della vita e avranno l’alloggio pagato.

https://businessinsider.com.pl/firmy/przerzucaja-polskich-pracownikow-na-slowacje-przez-brak-czesci-samochodowych/x8qtkp9

[Aggiornamento 16.09.2021] Situazione attuale in Polonia rispetto all’epidemia di COVID-19

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In Polonia questa settimana si sono registrate ancora nuove infezioni da COVID-19, il numero complessivo dei casi attivi è 161.257 (settimana scorsa 158.928), di cui in gravi condizioni 91 (settimana scorsa 77), ovvero circa lo 0,1% del totale.

Gli ultimi dati mostrano 722 nuove infezioni registrate su 40.800 test effettuati, con 10 morti da coronavirus nelle ultime 24 ore.

Il numero delle vittime nell’ultima settimana è stato di 45 morti (settimana scorsa 42) e la situazione nelle strutture sanitarie polacche è sotto controllo, anche sale a 881 il numero dei malati di COVID-19 ospedalizzati, con 91 terapie intensive occupate.

Prosegue la campagna vaccinale in Polonia, attualmente sono state effettuate 36.841.191 vaccinazioni per COVID-19, di cui 19.167.754 completamente vaccinate, ovvero il 50,71% del totale della popolazione.

Sono in vigore fino a fine settembre restrizioni tra cui l’obbligo di indossare la mascherina nei luoghi pubblici al chiuso. Sono aperti bar e ristoranti e sono consentite riunioni fino a 150 persone. Sono aperti hotel, centri commerciali, negozi, saloni di bellezza, parrucchieri, musei e gli impianti sportivi, anche al chiuso.

Ogni attività è sottoposta a regime sanitario e sono previste limitazioni sul numero massimo di persone consentite, in linea generale 1 persona ogni 10 m2, con norme di distanziamento per limitare le occasioni di contagio.

Per quanto riguarda gli sposamenti, salvo per vaccinati o ingressi con presentazione di test COVDI-19 negativo PCR molecolare o test antigenico effettuato nelle 48 ore precedenti, resta in vigore l’obbligo di quarantena di 10 giorni.

Per gli ingressi in Polonia da paesi al di fuori dell’area Schengen è prevista quarantena automatica obbligatoria, fino alla presentazione di un test negativo effettuato in Polonia successivamente all’ingresso, ma non prima di 7 giorni dal momento dell’ingresso nel paese. Sono escluse dall’obbligo di quarantena le persone vaccinate per COVID-19 con vaccini approvati dall’EMA.

Si raccomanda di limitare gli spostamenti e monitorare i dati epidemiologici nel caso di viaggi programmati da e verso la Polonia. Dal 17 luglio è stato introdotto anche in Polonia il Digital Passenger Locator Form (dPLF) – Karta Lokalizacji Podróżnego. Per spostamenti all’interno dell’UE, si raccomanda di verificare le restrizioni nei singoli paesi sul portale: https://reopen.europa.eu

***

Informazioni per i cittadini italiani in rientro dall’estero e cittadini stranieri in Italia tra cui le risposte alle domande:

  • Ci sono Paesi dai quali l’ingresso in Italia è vietato?
  • Sono entrato/a in Italia dall’estero, devo stare 14 giorni in isolamento fiduciario a casa?
  • Quali sono le eccezioni all’obbligo di isolamento fiduciario per chi entra dall’estero?
  • E’ consentito il turismo da e per l’estero?

Per gli spostamenti da e per l’Italia a questo link le informazioni del Ministero degli Esteri: https://www.esteri.it/mae/it/ministero/normativaonline/decreto-iorestoacasa-domande-frequenti/

La situazione Polonia verrà aggiornata all’indirizzo: www.icpartners.it/polonia-situazione-coronavirus/

Per maggiori informazioni:

E-mail: info@icpartnerspoland.pl
Telefono: +48 22 828 39 49
Facebook: www.facebook.com/ICPPoland
LinkedIn: www.linkedin.com/company/icpartners/

La Polonia cerca di attirare il nuovo investimento Intel

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Intel

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La società statunitense Intel vuole costruire 8 fabbriche di chip per 80 miliardi di euro in uno dei paesi dell’Unione europea. La Polonia è uno dei candidati potenziali considerati dalla direzione dell’azienda. Come dice Pat Gelsinger, il presidente di Intel, l’azienda ha ricevuto 70 proposte di localizzazioni potenziali tra le quali 3 si trovano sul territorio polacco. Oltre alla Polonia vengono considerate anche la Germania, l’Irlanda, la Francia e l’Italia. La decisione sarà presa entro la fine dell’anno. Nella localizzazione scelta dall’azienda saranno costruite 8 fabbriche che costeranno 80 miliardi di euro. Il progetto è pianificato per i prossimi 10 anni. Grazie a questo investimento 10 mila di persone troveranno il lavoro.

https://automotivesuppliers.pl/pl/polska/fabryka-intela-polska-walczy-o-najwieksza-inwestycje-w-historii

Del participio passato non abbastanza apprezzato

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Studiare le forme irregolari del participio passato non è mai stato il passatempo migliore degli studenti, eppure l’abbiamo fatto tutti, tutti noi che volevamo imparare l’italiano e di solito il passato prossimo era uno dei primi tempi che ci veniva insegnato a scuola oppure ai diversi corsi di lingua. Non c’è soluzione, bisogna imparare queste forme a memoria perché tante, almeno a prima vista, non assomigliano per niente ed è diffi cilissimo indovinarle. E invece dobbiamo ricordare che a base di molte forme irregolari del participio passato si creano i sostantivi e le strutture che arricchiscono il nostro lessico e soprattutto ci aiutano ad approfondire la lingua. Conoscere il participio passato quindi decisamente aiuta a capire di più e col tempo anche a dire di più.

Vorrei presentarvene una lista, almeno di alcuni gruppi. Li divido a seconda della forma del sostantivo:

1) La forma del participio non cambia:
ridere – riso – il riso – śmiech
sorridere – sorriso – il sorriso – uśmiech
fare – fatto – il fatto – fakt
dire – detto – il detto – powiedzenie
essere – stato – lo stato – stan
mordere – morso – il morso – kęs, ugryzienie
permettere – permesso – il permesso – pozwolenie

2) La forma del participio passato prende la desinenza femminile:
cuocere – cotto – la cottura – gotowanie
proporre – proposto – la proposta – propozycja
sorprendere – sorpreso – la sorpresa – niespodzianka
promettere – promesso – la promessa – obietnica
correre – corso – la corsa – bieg
scrivere – scritto – la scritta – napis
offrire – offerto – l’offerta – oferta
offendere – offeso – l’offesa – obraza
rispondere – risposto – la risposta – odpowiedz
vedere – visto – la vista – widok
scegliere – scelto – la scelta – wybór
spendere – speso – la spesa – zakupy
scendere – sceso – la discesa – zjazd, zejście

3) Il participio costituisce la base per il sostantivo
aprire – aperto – l’apertura – otwarcie
chiudere – chiuso – la chiusura – zamknięcie
morire – morto – la morte – śmierć
chiedere – chiesto – la richiesta – prośba, zapytanie
leggere – letto – la lettura – czytanie, lektura
decidere – deciso – la decisione – decyzja

Inoltre, le stesse forme del participio passato servono a costruire le frasi tipo:

Fatti gli esercizi, vado a casa. Zrobiwszy ćwiczenia, idę do domu.
Finita la lezione, possiamo giocare. Skończywszy (po skończeniu) lekcji możemy grać.

Mentre in polacco questa struttura suona strana, all’antica e non naturale, in italiano è una forma molto utile poiché tutto quello che ci permette di evitare le forme coniugate del verbo diventa più facile. Vi ho convinti a studiare il participio passato?

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It.aldico

Valore degli affitti raddoppiato in 10 anni

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Negli ultimi dieci anni gli affitti sono aumentati in tutta la Polonia. Il più caro è l’affitto a Varsavia, dove alla fine dell’anno scorso ammontava a 52 zł al mq.
Nello stesso periodo l’affitto costava oltre 40 zł al mq a Cracovia, Breslavia, Danzica, Gdynia, Poznań e Łódź. In queste città, come a Varsavia, l’affitto negli ultimi dieci anni è raddoppiato. Secondo gli ultimi dati, dal settembre dell’anno scorso in Polonia gli appartamenti sono affittati principalmente dai giovani. Una persona su quattro all’età di 18-24 anni affitta un appartamento in Polonia. Per i giovani l’elemento importante per quanto riguarda affittare un appartamento è lo standard di finitura. I nuovi investitori di massa al mercato hanno provocato il miglioramento dello standard degli appartamenti. La città più costosa in Polonia, per quanto riguarda l’affitto è Varsavia. Nel 2020 i problemi riguardanti il Covid-19 hanno provocato il calo dei prezzi degli affitti, però nella prima metà del 2021 i prezzi hanno cominciato ad aumentare. Questo aumento ammontava dal 2% al 3% nelle grandi città, però in alcuni casi ha superato anche il 5%. Nel periodo degli ultimi dieci anni il decrescente tasso d’interesse ha causato l’acquisto degli appartamenti da parte degli investitori individuali. Questo ha provocato il miglioramento dello standard degli appartamenti e l’aumento della professionalizzazione del mercato, con contratti che garantiscono maggiormente il locatario.

https://forsal.pl/nieruchomosci/aktualnosci/artykuly/8245440,mieszkania-na-wynajem-ceny-czynsz-pandemia.html

Come si evolve l’e-commerce

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Secondo una ricerca preparata da AdColony per l’agenzia Mobiem, 6 utenti polacchi su 10 intervistati utilizzano il telefono per effettuare acquisti. Questa statistica ha influenzato la presentazione di due iniziative legislative da parte della Commissione Europea: l’Atto Legale sui Servizi Digitali (ad esempio legati ai social media) e l’Atto Legale sui Mercati Digitali (ha lo scopo di garantire l’apertura alla concorrenza). L’e-commerce sfrutta le nuove tecnologie. Quelli che hanno un impatto diretto sullo sviluppo dell’e-commerce oggi sono, ad esempio, i big data, la realtà aumentata, i chatbot o l’intelligenza artificiale che consentono una significativa automazione del processo di assistenza clienti. Grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, Amazon introduce acquisti lungimiranti, cioè invierà le spedizioni a magazzini situati nelle immediate vicinanze dei potenziali clienti e lì aspetteranno l’arrivo dell’ordine. Questo è possibile grazie all’analisi degli ordini precedenti. Inoltre, si prevede che le informazioni provenienti da applicazioni mobili, siti Web o social media saranno rilevate da algoritmi. Di conseguenza, creeranno profili dei consumatori sui loro interessi e analizzeranno il loro comportamento online. Questi dati permetteranno di creare offerte di prezzo personalizzate a seconda del livello di fedeltà, interessi o comportamento dei consumatori. I clienti di solito desiderano che la merce venga ritirata il più rapidamente possibile, pertanto si cercano nuove tecnologie che accelerino la consegna dei prodotti dal negozio online. A tal fine, vengono sviluppati nuovi mezzi di trasporto per supportare la consegna rapida, come i droni. Il servizio BNPL, cioè “compra ora, paga dopo”, è molto popolare su Internet. In Polonia, è già offerto da un negozio online su tre. È importante sottolineare che è possibile posticipare il pagamento fino a 45 giorni gratuitamente. La menzionata soluzione è stata proposta per la prima volta dalla svedese Klarna, fondata nel 2005 da Sebastian Siemiątkowski. Questo sistema di solito funziona con pagamenti di piccole quantità. Si prevede che in futuro saranno meccanismi di verifica del consumatore che voglia usufruire di tale servizio, in modo che chi non effettua il pagamento non possa effettuare ulteriori acquisti con tale modalità. Quando si parla di e-commerce, il tema del marketplace non può essere ignorato. Un marketplace dovrebbe essere inteso come una piattaforma che offre i prodotti di molti venditori online in un luogo. Allegro è ancora il leader in Polonia, ma i suoi seri concorrenti sono l’americana Amazon e la cinese AlliExpres. La quota del marketplace delle vendite online in Europa è di circa due terzi di tutte le transazioni di e-commerce e continua a crescere. Le piattaforme di vendita online offrono servizi di fulfillment che consistono nella consegna dell’ordine. La ricerca di Oliver Wyman e dell’Università di St. Gallen, commissionata da Amazon, dimostra che l’e-commerce è più verde del commercio tradizionale. Emette da 1,5 a anche 2,9 volte meno CO2. I fattori più importanti che spiegano questa conclusione sono le differenze nel consumo di energia negli edifici, il trasporto dell’ultimo miglio e l’imballaggio. Secondo gli scienziati del MIT Real Estate Innovation Lab, nell’e-commerce, l’imballaggio è un “inquinatore” maggiore dell’ultimo miglio. Genera quasi il 50% delle emissioni di gas serra dell’e-commerce. Nel centro di Łukasiewicz si sta sviluppando il progetto ePack, che introducendo nel commercio imballaggi a rendere dimostra un approccio ecologico all’e-commerce. Inoltre, il commercio su Internet di beni di seconda mano può avere un impatto positivo sull’ambiente (in Polonia, ad esempio, è popolare l’applicazione “vinted”). Il commercio online favorisce gli acquisti esteri, cioè cross-border e-commerce. In Polonia, questa percentuale non supera il 10%, ma la quota di tali transazioni nel mondo ammonta già oltre al 20%.

https://www.wnp.pl/tech/koniec-z-marnotrawieniem-pudelek-w-e-commerce-polacy-pracuja-nad-nowym-patentem,492148.html

Il Papa beatifica il Cardinale Stefan Wyszyński e Madre Elżbieta Czacka

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Msza beatyfikacyjna kardynała Stefana Wyszyńskiego oraz matki Róży Czackiej w Świątyni Opatrzności Bożej w Warszawie Fot.PAP/Radek Pietruszka

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Papa Francesco ha beatificato il Cardinale Stefan Wyszyński, Primate di Polonia, e Madre Elżbietę Czacką, fondatrice della Congregazione delle Suore Francescane Serve della Croce. A nome del Papa, durante la cerimonia al Tempio della Divina Provvidenza di Varsavia, il cardinale Marcello Semeraro ha letto la Lettera Apostolica. Durante la cerimonia sono stati portati i reliquiari dei Beati da Karolina Gawrych e Suor Nulla Lucyna Garlinska, che sono stati guariti grazie alla loro intercessione. Alla cerimonia hanno partecipato le più alte cariche dello stato: il presidente della Repubblica di Polonia, i presidenti del Sejm e del Senato e i membri del governo.

https://www.pap.pl/aktualnosci/news%2C945322%2Cpapiez-wlaczyl-do-grona-blogoslawionych-kardynala-stefana-wyszynskiego-i

Enzimi digestivi e sistema immunitario

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Probabilmente l’avrete già sentito dire: la cottura rovina gli enzimi, è meglio preferire i cibi crudi. Oppure li avete sentiti nominare dalle pubblicità: dai cosmetici ai detersivi per la casa, l’impiego degli enzimi nei prodotti industriali è veramente ampio, tanto che ormai il termine è diventato di uso comune. Il grande interesse commerciale e il modo in cui la loro presenza viene enfatizzata per reclamizzare i prodotti, dovrebbe suggerire che gli enzimi servano a “far funzionare” meglio le cose. E, in effetti, è così.

Gli enzimi sono dei catalizzatori, cioè delle proteine in grado di accelerare le reazioni chimiche. Quanto? Anche di un milione di volte! Vengono prodotti dal nostro stesso organismo, all’interno delle cellule, ma possono funzionare anche fuori dall’organismo, quindi nei prodotti industriali, dopo essere stati ottenuti solitamente da fermentazione di microrganismi (funghi e batteri).

Ne parliamo perché fra le principali funzioni all’interno dell’organismo c’è quella di favorire i processi digestivi. La digestione è a tutti gli effetti un elaborato processo di trasformazione: durante il lungo tragitto dalla bocca all’intestino, il cibo ingerito viene smontato e ridotto alle sue componenti più piccole, quelle adatte ad essere utilizzate dall’organismo. Le proteine sono ridotte in aminoacidi, i carboidrati diventano zuccheri semplici. Poi al momento opportuno, l’organismo utilizzerà tutto per ricomporre ciò che è necessario.

Com’è facilmente intuibile, si tratta di un lavoro enorme, e protagonisti assoluti di quest’opera sono proprio loro: gli enzimi digestivi, prodotti soprattutto da stomaco, fegato e intestino.

Veniamo al mondo con un patrimonio di circa cinquemila enzimi diversi, che però tendono a esaurirsi con il tempo: età avanzata, stress, veleni ambientali, farmaci di sintesi, sono tutti fattori che riducono la potenzialità enzimatica. Anche la qualità degli alimenti può essere pregiudicata da tecniche di coltivazione, conservazione, sterilità dei terreni per uso massivo di concimi e diserbanti.

E cosa succede quando il nostro organismo si trova in carenza di enzimi? Il primo segnale è dato dai tipici sintomi di digestione lenta: gonfiore, flatulenza, sonnolenza dopo i pasti.

Ma c’è di più: la carenza enzimatica può contribuire all’insorgenza di disturbi molto più seri, quali malassorbimento intestinale, infiammazione da cibo e “leaky gut syndrome” (sindrome da alterata permeabilità intestinale), tutte situazioni che facilitano la comparsa di malattie autoimmuni. In pratica, le pareti dell’intestino dovrebbero fare da barriera selettiva e permettere il passaggio solo delle sostanze necessarie. In presenza di disbiosi (alterazione della flora batterica) prolungata nel tempo, le pareti si infiammano e non sono più in grado di svolgere la loro funzione, lasciando lo spazio a batteri e molecole mal digerite per passare nel sangue e nei tessuti sottostanti, fino ai diversi organi, creando uno stato infiammatorio diffuso. Il sistema immunitario è costantemente sollecitato, perché impegnato a combattere tutte le sostanze patogene in circolo, e in questo modo si crea un’attivazione a cascata di reazioni infiammatorie, con conseguenze sull’intero organismo.

Fortunatamente l’utilizzo mirato di enzimi e probiotici può migliorare la situazione fino alla risoluzione dei disturbi: l’impiego di queste tecniche, sempre più basate su evidenza scientifica, risulta efficace e rapido. In pratica una buona digestione riduce la presenza di sostanze allergizzanti ed è fondamentale per il buon funzionamento del sistema immunitario.

Ma dove si trovano gli enzimi digestivi? Fin troppo semplice, in frutta e verdura! Meglio se cruda, perché come già detto, gli enzimi sono sensibili al calore, e già sopra i 40° vengono denaturati. Anche per questo è così importante che nelle propria alimentazione quotidiana siano presenti abbondanti porzioni di frutta e verdura di stagione: possibilmente 5 porzioni al giorno, una per ogni pasto e spuntino.

In particolare, gli alimenti più ricchi di enzimi sono la papaya e l’ananas (che però non sono frutti locali), la frutta secca in generale, i germogli freschi, lo zenzero e i cibi fermentati (come kefir, tofu e miele).

E se ancora non è sufficiente? Allora in commercio si trovano integratori di enzimi polivalenti, contenenti cioè enzimi diversi per agire contemporaneamente su proteine, carboidrati e lipidi, completati da probiotici e coenzimi, cioè vitamine che ne assicurano l’attivazione.

Gli integratori di enzimi digestivi naturali non hanno, in genere, controindicazioni specifi che e vanno assunti in modo continuativo per almeno 1-2 mesi, immediatamente prima dei pasti principali o nel corso degli stessi.

Ricordiamoci però ciò che dice il famoso proverbio: la digestione comincia in bocca. La saliva contiene amilasi, enzima necessario alla digestione dei carboidrati. Masticare lentamente è il primo atto di terapia per migliorare la digestione.

Domande o curiosità inerenti l’alimentazione? Scrivete a info@tizianacremesini.it e cercherò
di rispondere attraverso questa rubrica!

***

Tiziana Cremesini, diplomata in Naturopatia presso l’Istituto di Medicina Globale di Padova. Ha frequentato la Scuola di Interazione Uomo-Animale ottenendo la qualifica di Referente per intervento di Zooantropologia Assistenziale (Pet-Therapy), attività in cui si sposano i suoi interessi: supporto terapeutico e miglioramento della relazione fra essere umano e ambiente circostante. Nel 2011 ha vinto il premio letterario Firenze per le culture di pace in memoria di Tiziano Terzani. Attualmente è iscritta al corso di Scienze e Tecnologie per Ambiente e Natura presso l’Università degli Studi di Trieste. Ha pubblicato due libri  “Emozioni animali e fiori di Bach” (2013), “Ricette vegan per negati” (2020). Con Gazzetta Italia collabora dal 2015 curando la rubrica “Siamo ciò che mangiamo”. Per più informazioni visitate il sito www.tizianacremesini.it

Kasia Dyjewska, love the context!

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Se gli artisti sono uno poetico sismografo della condizione umana, allora il messaggio che Kasia Dyjewska lancia attraverso il suo lavoro è quello della necessità di recuperare il valore dei rapporti umani. Un concetto che esprime utilizzando la forza degli edifici in cui viviamo, coerente con il suo essere un architetto prestato alla pittura o forse una pittrice affascinata dall’architettura.

Sono architetto e pittrice, o forse il contrario. La casa in cui sono cresciuta era una baraonda di matite, fogli di carta, pennarelli, insomma di tutto ciò che serve per dipingere. Mio nonno, il mio migliore amico, è architetto e anche mia madre ha studiato architettura. Ma non è detto che crescere in questo ambiente determini per forza delle scelte di vita. Per esempio i miei due fratelli hanno fatto percorsi lavorativi totalmente diversi. Io invece fin da bambina ero attratta dalla pittura, mi piaceva andare alle mostre. La creatività mi ha sempre accompagnata. Alle scuole elementari un giorno ci chiesero: chi volete essere nel futuro? risposi: una pittrice! Però al liceo scelsi l’indirizzo matematico-informatico, volevo studiare e conoscere nuovi ambiti. In realtà amavo contemporaneamente sia la pittura che le materie scientifiche così ho deciso che avrei fatto l’architetto.

L’architettura come mediazione tra pittura e matematica?

Studiare architettura mi è piaciuto molto ma parallelamente continuavo senza sosta a frequentare altri corsi. Dipingevo e disegnavo insieme. Il corso preferito ad architettura, oltre a progettazione, era ovviamente quello di disegno e da questo si è originata la raccolta delle mie opere da presentare per essere ammessa all’Accademia”.

Ovvero?

Una pazza idea. Mentre studiavo architettura mi sono iscritta all’Accademia pensando da persona risoluta quale sono: “mando le mie opere e sarà quel che sarà”. Risultato sono stata ammessa all’Accademia delle Belle Arti di Danzica mentre stavo ancora frequentando  architettura. Per circa due anni ho studiato parallelamente entrambi gli indirizzi e poi mi sono laureata prima in architettura e poi all’Accademia delle Belle Arti.

Per anni il Politecnico di Varsavia organizzava dei viaggi studio a Venezia e tu hai partecipato ad uno di questi.

Che bei ricordi! È stata una splendida esperienza di studio ma anche di socializzazione tra noi studenti, l’atmosfera era meravigliosa, l’Italia, il sole, il cibo, il vino, la gente, era tutto stupendo! E poi, ovviamente, abbiamo indagato a fondo il tema della progettazione moderna in un’ambientazione antica. Quel viaggio mi ha fatto innamorare dell’Italia, era la prima volta che ci andavo. Anni dopo sono tornata a Venezia e poi ho visto anche Roma e Anzio.

Nelle tue opere emerge un maggiore interesse per le forme rispetto alle persone? Nella nostra quotidianità sono le architetture ad influenzare le persone piuttosto che il contrario?

Penso che ogni pittore dipinge ciò che vede o che ha visto. Sono cresciuta a Varsavia e per me crescere e vivere in questa città ha avuto un’enorme influenza sulla mia percezione del mondo. Mi spiego: le architetture dei miei quadri sono la metafora di come vedo la società oggi, architetture vuote che rappresentano una umanità disgregata e isolata in cui i singoli individui stanno perdendo la capacità d’interazione. E su questa solitudine umana incombono architetture sempre più maestose e opprimenti. Rifletto molto su come sarà lo sviluppo futuro delle architetture e dei centri urbani perché ritengo che i contesti in cui viviamo influiscano sulla nostra psiche e sulle relazioni. Nei giorni di massimo lockdown pandemico quando uscivo per prendere una boccata d’aria avevo l’impressione di camminare dentro uno dei miei quadri, opere che si erano materializzate, con la gente rintanata nelle case e la cui la presenza si avverte solo grazie a qualche luce accesa dietro le finestre dei palazzoni.

Una visione orwelliana?

”1984” di Orwell è in effetti uno dei miei libri preferiti. Recentemente mi è piaciuta la serie Netflix “Brave new world” tratta dall’omonimo libro di Aldous Huxley. Adoro libri e film che parlano di futuro apocalittico e del rapporto tra uomo e intelligenza artificiale, temi che sono per me grandi fonti d’ispirazione”.

Come giudichi il tumultuoso sviluppo urbanistico di alcune città polacche ed in particolare di Varsavia?

A Varsavia sembra mancare un piano urbanistico coerente. Ho l’impressione che non tutte le scelte architettoniche siano a misura d’uomo, ovvero che non si faccia attenzione al fatto che tutti i gruppi sociali hanno il diritto di usufruire della città allo stesso modo. Io preferisco dipingere una Varsavia minore che è ai margini della grande trasformazione urbanistico-architettonica, come il quartiere Szmulki nella zona di Praga dove ho il mio laboratorio. Dipingo i palazzoni residenziali in cui vive la gente comune, una vita ad una scala di grandezza totalmente diversa dalla rampante Varsavia che cresce al motto di Rem Koolhaas “fuck the context” con grattacieli in vetro e cemento.

Widok na przyszłość / 90×170 cm / olio e pasta di cera su tela / 2020

Perché dipingi solo in grandi dimensioni?

Mio padre ripete spesso: “non venderai mai questo quadro, è troppo grande!”. Io dipingo con un sistema di piccole strisce o puntini che, quando si osservano le tele dal vivo, ipnotizzano chi li guarda e questo effetto non è visibile se il quadro è piccolo e poi la grandezza aiuta anche nel trasmettere la forza visiva delle architetture.

Nei tuoi lavori emergono atmosfere classiche, cromaticamente eleganti, quasi metafisiche che fanno pensare un po’ a Giorgio De Chirico.

La modalità con cui dipingo è frutto della mia personalità, non sono una pittrice dal gesto pazzo e spontaneo, sono invece precisa e questo discende dal fatto che sono un architetto, che ho necessità di ordine. Ma forse è anche una risposta inconscia al disordine di un mondo in cui tutto è accelerato e caotico. Per quanto riguarda l’ispirazione in effetti apprezzo molto De Chirico, in particolare per l’atmosfera che le sue opere creano tramite la luce e la composizione. Mi piace poi molto Edward Hopper, con i suoi spazi vuoti, e David Hockney che ho imparato ad apprezzare visitando una sua mostra a Londra, il modo in cui applica il colore è ipnotizzante. E poi mi incuriosiscono i quadri di Pieter Bruegel, mi divertono le situazioni che racconta, sembrano solo scenette di una umanità minore ma in realtà hanno una valenza universale, e questi ometti di Bruegel a volte appaiono anche nei miei quadri quale misura simbolica di un mondo contraddittorio, come il ragazzino col pallone nel quadro “Divieto di giocare a pallone”.

Ti piace giocare con le parole nello scegliere i titoli dei tuoi quadri?

Sì, i titoli per me sono molto importanti. Ma ti racconto l’intera metodologia del mio modo di lavorare: gironzolo per la città, a piedi, in bicicletta o con il trasporto pubblico, perché voglio il contatto diretto con la gente. Quando qualcosa mi tocca l’immaginazione la fotografo, poi preparo un bozzetto per il quadro in modo preciso, vi sovrappongo una retina, e poi quando tutto è progettato, in scala 100:1 o 10:1, lo trasferisco su una grande tela. Ultimamente sono rimasta colpita da una scena: vicino al mio laboratorio c’è una scuola, era un weekend forse, la scuola era chiusa e ad un certo punto arriva un tizio che evidentemente tornava da una festa. Si è fermato esattamente davanti al portone della scuola e si è messo a far pipì. Immediatamente ho collegato questo gesto alla scuola e ho pensato al grande dibattito che c’è in Polonia sull’educazione, ovvero su quale sia la migliore didattica, se i bambini debbano stare seduti in classe o se debbano correre all’aria  aperta. La scuola è un aspetto fondante della nostra società ma evidentemente non per quel tizio che ci pisciava davanti. Così dipingendo questa scena ho deciso che il titolo sarebbe stato “Bad Education”.

A proposito di educazione tu appartieni alla generazione polacca post muro di Berlino che è oggi protagonista di un vivace dibattito politico nel Paese.

Premetto che sono nata nell’87 ma in effetti mi considero una post PRL. La domanda è molto interessante perché ho l’impressione che la mia generazione sia da un certo punto di vista vicina alla gente che ha vissuto la trasformazione della Polonia, ma allo stesso tempo eravamo ancora troppo piccoli per ricordarlo direttamente, ad esempio sappiamo chi è Leszek Balcerowicz perché ce l’hanno raccontato non perché l’abbiamo vissuto. Allo stesso tempo noi trentenni siamo forse vecchi per comprendere pienamente ciò che sta succedendo oggi. Insomma in poco tempo è cambiato tantissimo e forse tutto questo si riversa nel dibattito politico che è sempre più dicotomico. Io sono tollerante, seguo l’impostazione filosofica per cui in una conversazione cerco di capire entrambi i punti di vista. Oggi ho l’impressione che la gran parte delle contrapposizioni nasca dal fatto che per tante persone sostenere (con rigidezza) una determinata posizione sia un esercizio per trovare e dimostrare la propria identità, insomma una espressione di insicurezza. E questo causa aggressività tra la gente indipendentemente dalle posizioni che sostengono. Una situazione che mi stanca e quindi mi concentro su ciò che sono capace di fare, su quello che so dare di buono alla gente, a tutta la gente indipendentemente dal colore politico. Mi auguro che usciremo presto da questo clima e che impareremo a vivere in modo più empatico, a discutere rispettandoci e cercando di evolvere i nostri punti di vista perché l’evoluzione si fa insieme dialogando e aprendosi non chiudendosi nelle proprie convinzioni. L’estremismo causa spesso tragedie.

In una Europa in cui il grande motto è il Green Deal della sostenibilità ambientale quali architetture dipingerai tra 10 anni? Gli edifici saranno più “intelligenti” e con minore impatto sulla natura?

To nie raj / 180×180 cm / olio e acrilico su tela / 2019

Eh chissà. Tra 10 anni dipingerò ciò che osserverò allora, o forse dipingere quadri cesserà di avere senso perché saremo tutti “ecologici” e non produrremo più cose nuove? È comunque interessante analizzare come gli artisti rispondono a questo problema. Per gli architetti è sostanzialmente una questione tecnologica. Gli artisti invece reagiscono ovviamente in modo artistico ad esempio tanti utilizzano per le loro opere materiali derivanti dal recycling. Abbiamo studentesse dell’Accademia che sfruttano ciò che trovano per creare bellissimi tessuti e capi di abbigliamento. Credo che il mondo dell’arte abbia un enorme potenziale da esprimere nel rivolgersi a questi temi.

E tu in che mondo sogni di vivere tra 10 anni?

Vorrei soprattutto che il mondo non perda le relazioni interpersonali, che l’individuo sia attento a chi lo circonda, che si sviluppi una maggiore empatia che aiuti a comprendere le reciproche necessità, che non affondiamo in internet e che al contrario ci incontriamo di persona e poi mi auguro che le città si sviluppino dando alla gente l’occasione di incontrarsi. Insomma spero che tra 10 anni Facebook e i nuovi social non abbiano sostituito le piazze. Chissà magari il sistema internet salterà tutto d’un colpo e la gente tornerà a relazionarsi dal vivo e non in modo virtuale come troppo spesso avviene oggi.

E le tue mostre?

Dopo il diploma la mia vita è proseguita in modo pazzesco, ho fatto numerose esposizioni sia a Varsavia che in altre città. Sono una persona aperta e succede che conosco qualcuno e poi quel qualcuno parla a qualcun altro e poi, chissà come, mi arriva un invito a mostrare i miei quadri. Ora in epoca Covid è naturalmente tutto più complicato. Probabilmente nella mia prossima mostra porterò i quadri del mio dottorato all’Accademia delle Belle Arti di Danzica.

Wampiry budzą się nocą / 130×260 cm / olio su tela / 2018

Quadri architettonici?

In questa città ci sono dei posti incredibili e storie di cui poche persone sono a conoscenza. In Plac Bankowy una volta c’era un circo, nell’edificio all’angolo, e mi diverte molto il fatto che dove oggi ci sono degli uffici comunali un tempo c’era il circo, sembra una metafora… A Plac Unii Lubelskiej vi era invece il cosiddetto luogo dei suicidi, venivano affittati degli appartamenti per brevi periodi dove pare fosse frequente che la gente si suicidasse. Invece a Muranow c’è una chiesa dove, ai tempi del PRL, sembra sia apparsa la Madonna. C’è una foto di Rolke che mi ispira molto, mostra proprio il momento in cui una moltitudine di gente guarda a bocca aperta verso la presunta apparizione. Ecco queste sono le storie che voglio dipingere.

La Cittadella di Varsavia e l’aiutante colonnello Francesco Nullo

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Syberia, Aleksander Sochaczewski

A Varsavia tutti sanno dove si trova la statua del colonnello Francesco Nullo, molti sanno anche come mai è arrivato in Polonia. È ormai un personaggio entrato nei libri di storia, un simbolo dei rapporti tra Polonia e Italia. Ma cos’ha in comune con Varsavia, con la Cittadella o, più specificamente, con il X padiglione della Cittadella, dove nel 1835 c’era una prigione politica zarista? C’è mancato poco che proprio Francesco Nullo finisse qui nel 1863, come successe al suo aiutante tenente Luigi Caroli, arrestato il 5 maggio 1863 nella battaglia di Krzykawka vicino a Olkusz.

Nel 1863 scoppiò la rivolta di gennaio (pl. powstanie styczniowe), il che suscitò grande scalpore in tutta l’Europa e particolarmente in Italia. Come ha scritto Stefan Kieniewicz, lo storico più eminente della rivolta del gennaio: “All’ovest c’è ancora un paese, l’Italia, in cui la simpatia verso la Polonia è dichiarata unanimemente, non solo tra i compagni di Mazzini  Garibaldi, ma anche tra i patrioti moderati. I polacchi erano idealmente e la loro causa era coerente con il Risorgimento italiano. A febbraio e marzo in tutte le città maggiori d’Italia si svolsero manifestazioni pro-polacchi, si raccolsero donazioni, migliaia di persone firmarono petizioni nelle quali chiedevano si aiutasse la Polonia”. Anche se sia Mazzini che lo stesso Garibaldi non prevedevano alcuna iniziativa militare italiana in Polonia, sperando invece in un intervento militare eropeo, alcuni loro compagni nonostante le loro riserve decisero di partire per la Polonia. Così nacque la cosiddetta legione italiana. Garibaldi esitò ad appoggiarli, nonostante suo figlio Menotti volesse comandare la spedizione. Alla fine solo circa 30 persone partirono per la Galizia e da lì attraverso il confine raggiunsero i polacchi che combattevano nel Regno di Polonia. Tra questi c’erano il colonnello Francesco Nullo e Luigi Caroli.

Come hanno scritto Ewa e Bogumił Liszewscy, autori del libro sulla partecipazione degli stranieri alla rivolta di gennaio: “Luigi Caroli era nato a Bergamo nel 1834 in una famiglia mercantile patriota. Ereditò una grande fortuna del padre, ottenne una formazione solida per quei tempi. Era un grande atleta e cavaliere, un ottimo schermidore, un donnaiolo soprannominato affettuosamente “signor Gigio”. All’inizio servì in un’unità della cavalleria piemontese. Fu promosso tenente per i suoi meriti militari nelle battaglie contro l’Austria.”

Nel 1863 decise di aiutare la Polonia in guerra. Una scelta dettata dal cuore più che dalla ragione. La legione italiana partì da Cracovia il 2 maggio 1863, insieme all’esercito di Józef Miniewski. Armi ed equipaggiamento li ricevettero a Krzeszowice. I soldati italiani si distinsero dai partigiani polacchi per le loro camicie rosse garibaldine. Già durante la loro prima battaglia di Krzykawka, appena attraversato il confine, la legione italiana, di cui facevano parte anche dei francesi, andò in rotta e Francesco Nullo morì in battaglia. Quelli  che non riuscirono a scappare dal campo di battaglia furono fatti prigionieri: Luigi Caroli, Emil Andreoli, Alessandro Venanzio, Ambrogio Giupponi, Febo Arcangeli di Bergamo, Giuseppe Clerici di Como, i fratelli Lucio e Giacomo Meuli di Viadana, Achille Bendi di Forli, il francese Louis Alfred Die, un livone che fingeva di essere francese Charles Richard e i polacchi: Józef Czerny- Szwarcenberg di Cracovia e Ferdynand Gajewski di Podgórze (oggi una zona di Cracovia della riva destra). I prigionieri furono messi in detenzione a Olkusz e poi dal 20 maggio 1863 detenuti in un carcere a Częstochowa.

Inizialmente venivano trattati bene, siccome le autorità russe non sapevano nemmeno cosa fare con gli stranieri, ovvero cittadini di un paese con cui la Russia aveva buoni rapporti diplomatici, in più il trattamento dei prigionieri lo controllava il duca Aleksander Szachowski, che comandava gli eserciti russi in quella zona. Per questo gli italiani imprigionati mantenevano il morale alto, alcuni aspettavano una liberazione imminente. Però il 17 giugno 1863 li trasferirono tutti nella Cittadella di Varsavia, nel X padiglione, ormai famoso in tutta Europa, gli umori peggiorarono. Caroli e i suoi compagni non sapevano che da Pietroburgo fosse arrivato un ordine riguardante il trattamento duro dei prigionieri, che magari mirava a scoraggiare chi fosse pronto a partecipare alla rivolta.

A quel tempo sembrava che la guerra europea si stesse avvicinando: le autorità zariste non volevano essere troppo indulgenti verso i cittadini dei paesi occidentali. La detenzione nella Cittadella di Luigi Caroli e dei suoi compagni durò solo due settimane; in quel periodo la corte marziale agiva rapidamente. Erano evidentemente colpevoli, colpevoli di partecipazione alla rivolta contro le autorità zariste, tanto più che i detenuti non celavano i motivi per i quali erano arrivati in Polonia. Non sappiamo in quale cella furono detenuti Caroli e i suoi amici. È probabile che fossero in una cella comune, visto che il numero di prigionieri era molto alto. Imprigionati per la partecipazione alla rivolta rischiavano la pena capitale o l’esilio in Siberia, la fucilazione però veniva raramente ordinata. In genere se un prigioniero non veniva fucilato subito sul campo di battaglia o qualche giorno dopo e invece arrivava nel X padiglione, era praticamente sicuro di finire in Siberia. Spesso la pena capitale veniva attenuata qualche giorno dopo la sentenza e sostituita con l’esilio. E fu proprio così in questo caso: il granduca Costantino, che risiedeva ancora a Varsavia e fu uno sostenitore del trattamento favorevole, decise di attenuare la pena capitale. I cittadini italiani furono condannati da 7 a 12 anni di katorga (schiavitù penale) in Siberia. La katorga fu la pena più grave, molto più severa dell’esilio o della prigione in quella zona: la katorga prevedeva che il prigioniero fosse incatenato e svolgesse lavori forzati in Siberia.

Emil Andreoli, uno dei prigionieri sopravvissuti alla katorga, ritornò a casa e scrisse: “Fino ad oggi mi domando perché, invece di fucilarci onestamente o di impiccarci, il governo russo ci abbia mandato in Siberia. Non è la Siberia cento volte peggio della morte?” La sua opinione la sostengono i dipinti commoventi di Aleksander Sochaczewski nel Museo del X Padiglione. L’artista trascorse più di 20 anni in esilio in Siberia. Una volta ritornato creò una struggente collezione di dipinti siberiani (120 opere), il più famoso di quali si chiama “L’Addio all’Europa”, mostrato dal 1900 a Londra, Bruxelles, Vienna, Cracovia e Lviv. Rappresenta un gruppo di esiliati politici e criminali che attraversano il confine tra l’Europa e l’Asia negli Urali. Un aspro paesaggio invernale e le facce degli imprigionati esprimono una profonda disperazione e riflettono gli animi degli esiliati italiani. Per i polacchi la Siberia non era totalmente estranea, ma per gli italiani vivere a quelle temperature era uno shock.

Come hanno scritto Ewa e Bogumił Liszewscy: “Gli italiani, ammanettati, percorsero migliaia di chilometri. Giunsero alla loro destinazione. vicino a Nerczyńska Kadai, in inverno, dove gli aspettava un lavoro duro nelle miniere d’argento. Spesso sognavano la fuga o la ribellione, ma Caroli riteneva che fossero idee illusorie e nel tempo libero imparò il polacco. Fu affascinato dalle poesie di Juliusz Słowacki e lui stesso cominciò a scrivere poesie. La famiglia, con cui manteneva rapporti epistolari, gli mandava un po’ di denaro, grazie al quale la vita di Caroli e di suoi compagni fu meno insopportabile. E tuttavia tutti i tentativi da parte della famiglia e di persone influenti nel mondo diplomatico di convincere lo zar di ridurre la pena non servirono a nulla.”

L’amnistia fu annunciata nel 1886, ma purtroppo Caroli morì prima. Karolina Firlej-Bielanska, l’autrice del libro Nullo e i suoi compagni, pubblicato nel 1923 scrisse: “Malato nell’anima e nel corpo, stava morendo lentamente; lo consumavano le sfide per la sopravvivenza e la nostalgia per il Bel Paese. Morì di encefalite il 8 giugno 1865”. Nelle sue lettere ai familiari scrisse “La vita di un prigioniero è molto dura, ma quanto è più facile sopportarla, quando il proprio cuore è fiero di completare una sfida ed è pieno di ricordi dolci”. Andreoli e gli altri italiani imprigionati ritornarono a casa.

Il 5 gennaio 1937 la “Gazzetta di Lviv” (pl: Gazeta Lwowska) scrisse: “Riorganizzando l’archivio comunale a Bergamo sono stati ritrovati testamenti manoscritti di due cittadini, che diedero le loro vite per la Polonia, cioè di Francesco Nullo, morto a Krzykawka e di Luigi Caroli, morto tra i ghiacci della Siberia. Entrambi i testamenti furono scritti nel 1853, prima di partire per la Polonia”.

Ricordandosi della loro storia tragica, vale la pena visitare il Museo del X Padiglione della Cittadella di Varsavia in via Skazańców 25 (mercoledì- domenica, dalle 10 alle 17). Nella parte della mostra dedicata alla rivolta del 1863 troverete una targa con il nome di Luigi Caroli e una bellissima statuetta del colonnello Francesco Nullo. Si deve aggiungere che tra gli imprigionati nel X Padiglione, oltre a famosi nomi della storia polacca, quali Romuald Traugutt, Roman Dmowski e Józef Piłsudski, troveremo anche personaggi che hanno segnato la storia mondiale. Feliks Dzierżyński fu imprigionato nel X Padiglione quattro volte, la sua cella (nella quale fu detenuto nel 1908) è stata individuata al pianoterra del museo. Nel 1906 fu imprigionata anche Rosa Luxemburg, nel 1904 Jakub Furstenberg-Hanecki, il braccio destro di Vladimir Lenin, uno degli organizzatori della rivoluzione bolscevica del 1917. Negli anni 1861-1862 fu incarcerato anche il padre del sommo scrittore Joseph Conrad, Apollo Nałęcz-Korzeniowski (cella al pianoterra) che riceveva le visite del piccolo Józef Korzeniowski, a tutti noto come Joseph Conrad.

Appena sarà completata la nuova sede del Museo dell’Esercito Polacco e il Museo della Storia della Polonia, l’intera Cittadella sarà aperta ai visitatori. sarà creata una Cittadella dei Musei (il Museo della Storia di Polonia, il Museo dell’Esercito Polacco, insieme ai già esistenti: Museo del X Padiglione della Cittadella di Varsavia e il Museo di Katyn).

Jan Engelgard

Direttore del Museo del X Padiglione di Cittadella di Varsavia (reparto del Museo dell’Indipendenza a Varsavia)

traduzione it: Justyna Bryłka
foto: Jan Engelgard