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Home Blog Page 329

Pasta frolla, sfoglia e brisee

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È difficile andare al ristorante e rinunciare al dolce soprattutto quando è ben fatto! È anche una questione di comodità, a casa sì certo due spaghetti troviamo il tempo di farli, ma un tiramisù, uno strudel, una mille foglie, richiedono più tempo e soprattutto un po’ di capacità perchè se in cucina dosi approssimative sono non solo concesse ma spesso fanno la differenza fra un piatto qualsiasi ed uno geniale, in pasticceria no! Tutto deve essere misurato: dosi, temperature …tutto altrimenti otteniamo risultati spesso avvilenti. Ho chiesto a Luca Dolfi Chef del Ristorante San Lorenzo quali sono i dolci che vanno per la maggiore in questo famoso locale varsaviano.

“Sempre i classici tiramisù e panna cotta”, risponde lo chef “ma da quando abbiamo introdotto l’angolo con il frigo e le torte fresche come la millefoglie o la torta fiorentina, lo strudel,  le crostate di frutta e cosi via i clienti stanno iniziando a ordinare queste prelibatezze e non solo da consumare nel ristorante ma anche da asporto per cene private o compleanni, tanto che stiamo pensando di aprire un banco pasticceria classica all’italiana anche con i mignon e quindi cannoncini barchette bignè, fiamme al cioccolato, insomma un’offerta praticamente ancora assente a Varsavia oggi e che pensiamo potrà avere molto successo in futuro.”

Fate davvero tutto da soli?

“Sì certamente dalle paste base alle creme e cosi via”.

Quali sono gli impasti base per le vostre torte? e le ricette?

“La base sono pasta frolla, sfoglia e brisee. Le ricette che suggeriamo da provare a casa sono le seguenti:

PASTA FROLLA

Ingredienti per 3 stampi da 22 cm:

Farina g 500

Zucchero g 200

Burro g 300

Tuorli n 4

Limone n 1

Vaniglia n 1 stecca

Procedimento:

Setacciare la farina sul tavolo e formare una fontana, porvi al centro il burro leggermente ammorbidito, lo zucchero, la scorza del limone grattugiata, i tuorli d’uovo e la polpa della vaniglia ricavata dalla stecca. Impastare con le mani fino ad ottenere un panetto omogeneo e compatto.

Riporre l’impasto a riposare per almeno un’ora in frigorifero e trascorso il tempo necessario, con il mattarello stendere la pasta fino ad ottenere uno strato di 1/2 cm. Imburrare 3 tortiere da 22 cm e foderarle con la pasta frolla. Con i rebbi di una forchetta o l’apposito rullo fora pasta, bucare leggermente la superficie ed infornare a 180°C per 15/20 minuti circa. Lasciar raffreddare, rimuovere gli stampi e farcire secondo ricetta.

PASTA SFOGLIA

Ingredienti per 2,5 kg di sfoglia cruda:

Farina kg 1

Burro kg 1

Acqua fredda cl 45

Sale g 20

Procedimento:

Primo panetto:

Lavorare il burro con grammi 300 di farina, fino ad ottenere un impasto omogeneo dargli la forma di un panetto rettangolare. Avvolgerlo in un foglio di carta da forno e riporlo in frigorifero a raffreddare. Secondo impasto (pastello): prendere i rimanenti 700 grammi di farina e sistemarla a fontana sul tavolo. Al centro mettere il sale, l’acqua ed  impastare per ottenere una pasta morbida, ma asciutta. Mettere a riposare per 1 ora circa, coperto con la pellicola in frigorifero.

Primo giro: stendere il pastello allo spessore di 1 cm, sistemare al centro il panetto precedentemente preparato ed avvolgerlo con il pastello avendo cura che tutti i bordi abbiano lo stesso quantitativo di pasta su ogni lato. Infarinare il tavolo e cominciare a stendere il tutto allo spessore  di 2/3 cm, ripiegare la sfoglia su se stessa in modo da avere quattro strati uno sull’altro.

Secondo giro: ruotare la sfoglia e stendere nuovamente come il passaggio precedente, ripiegare nuovamente in modo però da avere 4 strati di pasta facendo convergere le estremità al centro e ripiegando a metà l’impasto. Terzo e quarto giro: ripetere i passaggi precedenti facendo riposare sempre l’impasto in frigorifero prima dell’utilizzo per almeno 2 ore. È possibile conservare in congelatore le parti in eccesso facendole scongelare prima dell’utilizzo in frigorifero. Per riutilizzare i ritagli di lavorazione, sarà sufficiente sovrapporli senza impastare e stenderli nuovamente; la resa sarà leggermente inferiore.

PASTA BRISEE

Ingredienti per 850 g di pasta:

Farina g 500

Burro g 250

Acqua cl 12,5

Sale g 10

Procedimento:

Disporre su di un tavolo la farina a fontana e al centro adagiare il burro tagliato a pezzetti e lavorali fino a che tutto il burro non risulterà assorbito dalla farina.

Aggiungere l’acqua e continuare ad impastare fino a che non risulterà compatta ed omogenea.

Avvolgere l’impasto nella pellicola e far riposare in frigorifero per circa 1 ora prima dell’utilizzo.

Cardinal Cesare Baronio

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Scena Settima: CALVINO – Mainz 1606. Giusto Calvino, seduto al tavolino, s’accinge a scrivere al Card. Cesare Baronio.

CALVINO: (Pronunciando ogni parola mentre scrive con una penna d’oca su una carta da lettera) Mainz, oggi dì 27 gennaio, Anno Domini 1606. Eccellentissimo Cardinale Cesare Baronio, chi Vi scrive è il Vostro amatissimo e umilissimo Giusto Calvino, Vostro “figlioccio”, come Voi siete solito chiamarmi affettuosamente. Vi invio questa mia epistola a ringraziarVi per tutto quello che Voi avete fatto per me. Un tempo io ero un povero eretico calvinista, un figlio della Riforma, così come tanti, vittima delle nuove proposte dilaganti che arrivavano dalla Sassonia, dalla Piccardia, dalla Svizzera. Che poi per quanto riguarda me, personalmente, a dir il vero, io credo di aver abbracciato la religione riformata e con particolare fervore, principalmente in quanto parente stretto di Giovanni Calvino fondatore di una delle più diffuse, fra queste nuove religioni protestanti. Così, quando Voi siete entrato nella mia vita, la mia vita ha incominciato a colorarsi di amore, di fiducia nel futuro, di Fede in Dio, nella Vergine, nei Santi. Voi, che avete convertito luterani, zuingliani, calvinisti e mussulmani, ferventi apologisti noti in tutta Europa, come Giacomo Nigrino o Federico Husmann, non so dove abbiate trovato anche il tempo e la pazienza per convertire, un povero teologo, esaltato come tanti allora, un modesto uomo di provincia, distribuito fra un lavoro di insegnante, una sposa e dei figli. Così Voi mi avete aiutato a venire in Italia assieme a mio fratello e alla mia famiglia, mi avete spinto a prendere un dottorato in Teologia a Perugia e una laurea in Diritto a Siena. A Roma, poi, avete fatto da padrino alla mia Cresima e alla mia Prima Comunione, due cerimonie entrambe celebrate, per grazia di Dio e Vostra, personalmente da Sua Santità Papa Clemente VIII, presso la Basilica di San Giovanni in Laterano. E fu in quell’occasione che io assunsi il Vostro nome di “Baronio”; per cui è da allora che io posso chiamarmi, per Vostra concessione, “Justus Baronius Calvinus”. Oggi, che vesto l’abito dei Carmelitani Scalzi, posso dirVi di aver avuto veramente grandi privilegi dall’amore che nutro per la Madonna del Carmelo. E questo e tutto il resto grazie a Voi!

BARONIO: (Vfc: risponde scrivendo con una penna d’oca su una carta da lettera) È bello quello che stai dicendo; ha del miracoloso. Ma sarà bene che tu metta a freno il tuo entusiasmo. Il Signore Iddio, Lui, che dovrebbe per primo essere entusiasta del Suo creato, sicuramente non può esserlo, almeno dal risultato di noi creature umane, per i nostri pensieri, per i nostri comportamenti. Perché allora dovremmo esserlo noi di noi stessi? E poi ora non stare ad adularmi! Se hai potuto abbracciare la Fede Cristiana, secondo me, lo devi soprattutto alle amorevoli attenzioni che ti hanno riservato, a quel tempo, i due tuoi amici gesuiti e alle letture, che tu hai regolarmente fatte, degli scritti del Cardinal Bellarmino.

CALVINO: Non c’è dubbio, ma la Vostra generosa e costante assistenza ha fatto sì che poi persistessi nella Fede. Voi siete una persona preziosa per tanti in Europa, non soltanto per me. Voi siete amato nel mio paese, in Prussia; in Polonia siete addirittura adorato. Il vostro nome compare spesso nei drammi del loro Teatro Gesuitico; le Vostre opere letterarie sono state tutte tradotte nella loro lingua. In Francia e in Spagna poi, siete quasi venerato.

BARONIO: (Vfc) Eppure io son qui alla Vallicella che attendo trepidante la Morte, la quale invece è già dietro la porta, che mi rimprovera tante cose; con i miei confratelli che devono sopportare le mie lagne per tutti gli acciacchi che ho; quelli dovuti all’età, so bene!

CALVINO: Ah! Quei Vostri cari Confratelli dell’Oratorio! L’Eminentissimo Padre Antonio Gallonio, Flaminio Riccio, Francesco Bozio, Pietro Dieni che tutti chiamavamo simpaticamente “Pernacchione”. Sì, l’Oratorio che ho avuto il piacere e l’onore di sperimentare a Roma presso la Vostra Chiesa di Santa Maria in Vallicella. Ricordo ancora tutti quei pomeriggi, quelle sere, nella sala del refettorio a declamare, a disquisire, ad ascoltare musica, a rivivere storie di vite di Santi, con i Vostri confratelli, con i laici, con gli artisti, tutti insieme protagonisti. Che meraviglia, che momenti!

BARONIO: (Vfc) Sono contento che tu sia rimasto contento di noi. Lo siamo tutti, anche noi per te, preti oratoriani e fedeli, qui alla Vallicella. Ma dovremmo tutti ringraziare nostro Padre Filippo e il Maestro Pierluigi da Palestrina che hanno ideato questa formula straordinaria per stare tutti insieme in armonia: grandi, piccini, preti, laici, maschi, femmine, ricchi, poveri. Pertanto anche tu devi ringraziare quel sant’uomo di Padre Filippo se la tua teologia l’hai potuta sperimentare concretamente. A tal proposito vorrei suggerirti un tema che ritengo particolarmente idoneo per un teologo che si interessa alle vicende umane come fai tu, un tema su cui dissertare durante un Oratorio dalle parti tue, lì a Mainz. Eccolo, questo tema! “Con la Santità si possono restaurare le Istituzioni, mentre non si può restaurare la Santità con le Istituzioni”. Questo era quanto affermava Filippo Neri, il nostro fondatore della Congregazione degli Oratoriani.

CALVINO: Allora, se Vostra Eccellenza mi consete, anch’io avrei un tema da proporre, un tema che amerei fosse discusso in seno ad uno dei Vostri Oratori a Santa Maria in Vallicella. Eccolo, questo tema! “La giustizia della Vostra misura di uomo, Illustrissimo Cardinal Cesare Baronio, è ormai vicina. Il tempo, galantuomo, sta già delineando la Vostra statura di gigante”. … (Lunga pausa) Spero che il Buon Dio vi faccia rimettere presto dai Vostri acciacchi. Io, dal canto mio, pregherò per Voi la Madonna del Carmelo. Vostro umilissimo servo, Justus Baronius Calvinus. (Buio)

Biodiversità – significato e valore di una parola

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Il termine biodiversità definisce il complesso di specie animali, piante e microorganismi di un ecosistema. In un ecosistema si riconoscono i produttori autotrofi (piante, alghe e protisti), i consumatori eterotrofi ed i decompositori. Questi componenti interagiscono fra di loro e sono in equilibrio; se anche un solo componente viene perduto, la funzionalità dell’intero ecosistema viene compromessa e la biodiversità diminuisce. Ogni ambiente ospita molte forme viventi, quale risultato di vicende storiche e climatiche della regione considerata. Gli individui di una specie vivente in un ambiente non sono tutti identici, ma ciascuno ha un suo genotipo, diverso da quello degli altri individui: sono cioè eterozigoti e questo è particolarmente importante perché la diversità genetica di una specie è il fattore che le consente di evolvere, al cambiare delle pressioni selettive ambientali.

Nel lontano passato si sono avute 5 estinzioni di massa, ma la biodiversità è aumentata. Ciò si spiega considerando che fra una estinzione e la successiva trascorrevano milioni di anni, consentendo alle forme residue una evoluzione e una notevole radiazione adattativa. Oggi, invece, la scomparsa delle specie avviene in tempi troppo brevi, non compatibili con una evoluzione naturale. Secondo Wilson (1999) ogni anno scompaiono 25.000 specie. La biodiversità è importante per la conservazione dell’equilibrio ecologico del nostro pianeta e la sopravvivenza della nostra specie. Ragioni utilitaristiche impongono la difesa della biodiversità. L’uomo utilizza per il proprio fabbisogno, 40.000 specie animali e vegetali. La semplificazione strutturale dell’ambiente operata dall’uomo con l’agricoltura, e l’intensificazione delle monocolture, ha realizzato un ecosistema artificiale per il mantenimento del quale occorrono continui interventi per la difesa delle colture dai patogeni. Il miglioramento delle specie utilizzate dall’uomo è possibile solo ricorrendo alla loro diversità genetica. Il recupero della variabilità genetica può essere attuato ricorrendo alle specie di partenza (o alle banche delle sementi) geneticamente variabili. Occorre inoltre ricordare che è stato grazie ai primi organismi capaci di effettuare una fotosintesi aerobica (cianobatteri e alghe) che la composizione gassosa dell’atmosfera si è arricchita, nel lontano passato, di ossigeno rendendo abitabile il pianeta ad organismi più evoluti. Oggi le piante delle foreste temperate e tropicali, considerate a ragione il polmone verde del pianeta, provvedono al mantenimento in essere della percentuale di ossigeno per la nostra sopravvivenza. È necessario, pertanto , che queste foreste siano protette; esse sono una risorsa a proprietà comune, alla cui salvaguardia dovrebbero partecipare tutti i paesi.

È auspicabile un nostro maggiore impegno per preservare l’ambiente e la biodiversità in esso presente. Occorre che maturi un’etica ambientale che ci faccia riflettere sul nostro modo di vivere. Solo se si affermerà  una forte e diffusa capacità di valutazione morale e di responsabilità collettiva potremo sperare di salvare l’ambiente e la biodiversità presenti nel nostro pianeta.

Alitalia acquisisce Wind Jet

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Il 13 aprile scorso è stato firmato il contratto per l’acquisizione, da parte del Gruppo Alitalia, di attività della compagnia Wind Jet relative al trasporto passeggeri di linea. Con questa operazione il Gruppo Alitalia mira ad acquisire il know-how specialistico sviluppato da Wind Jet nel settore dei voli a basso costo, completando ed arricchendo il proprio portafoglio di prodotti e competenze. Ciò consentirà di diversificare ulteriormente l’offerta del Gruppo Alitalia – in linea con quanto già avviato con il progetto Air One –  e, in particolare, di proporre al mercato una nuova e più ampia offerta, italiana e di qualità, di voli low cost.  Nata nel 2003, Wind Jet si è affermata come la prima compagnia low cost italiana, trasportando nel 2011 quasi tre milioni di passeggeri.  L’operazione è coerente con quelle recentemente annunciate da altri importanti gruppi del trasporto aereo europeo, finalizzate a rafforzare le attività nel segmento dei voli a basso costo.  L’operazione è subordinata al buon esito di una serie di condizioni, di mercato e normative, individuate nel contratto. Tra queste, in particolare:

–  l’autorizzazione da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;

–  il pronunciamento da parte dell’ENAC per gli aspetti di competenza.

Andrea Ragnetti, amministratore delegato di Alitalia, ha dichiarato: “sono estremamente soddisfatto dell’accordo sottoscritto oggi in quanto si aprono prospettive di grande rilevanza strategica per Alitalia, legate  allo sviluppo di un’offerta low cost di qualità e di grande valore per il mercato italiano. Antonino Pulvirenti, presidente di Wind Jet, ha dal canto suo dichiarato: “siamo soddisfatti dell’accordo raggiunto che premia la qualità del lavoro svolto e riconosce le competenze e i risultati raggiunti in questi anni nel costruire la prima Compagnia low cost italiana. Dalla Sicilia emerge ancora una volta un’azienda di eccellenza che si proietta nel panorama nazionale e internazionale. Alitalia comunica anche che, alla scadenza del 31 marzo scorso, con la compagnia Blue Panorama non è stato raggiunto un accordo in merito al progetto di integrazione.

 

Educazione senza stress

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Weronika Boczar

Bisogna impartire un’educazione severa oppure lasciare una totale libertà? Un’educazione senza pressioni potrebbe essere il giusto metodo per formare un futuro cittadino modello, un partner affidabile o un coniuge responsabile? Oppure si corre il rischio di formare individui immaturi? Scommetto che la maggior parte dei lettori abbia già sentito il seguente aneddoto: in treno, improvvisamente, un ragazzino dà un calcio ad un uomo anziano seduto di fronte a lui; la mamma del ragazzino non fa una piega. Un altro passeggero però interviene dicendo: “forse dovrebbe far attenzione a ciò che fa il bambino”. Ascoltando queste parole, un giovane si alza e, avvicinatosi alla donna, le appiccica la propria gomma da masticare sulla fronte, esclamando: “anch’io sono stato cresciuto senza stress”. Molte persone pensano che il concetto di “educazione senza stress” significhi che si debba permettere al bambino di fare tutto ciò che vuole. È un ragionamento corretto?

Ogni giorno i ragazzi si sentono imporre divieti e obblighi: “Non farlo!”, “non fare pasticci!” “Sii educato!”. I genitori pronunciano spesso queste parole istintivamente. Ma perché il bambino, lungo il corso della sua crescita, tende a disobbedire sempre di più? Domande di questo tipo se le pongono molti genitori. Questo ci porta a considerare la domanda successiva: chi ha sbagliato? Le nostre nonne sicuramente avrebbero detto: “il bambino è come l’avete cresciuto…”. Beh, non avrebbero forse ragione? Molti genitori non hanno capito fino in fondo le regole della cosiddetta “educazione senza stress” e permettono al bambino di far tutto, cercando di essere per i propri figli degli “amici adulti”. Quando i bambini si comportano male, le mamme tendono a non reagire, pensando che queste cattive abitudini passeranno con l’età. Tuttavia, il bambino che non ha dei modelli concreti di riferimento e che non sa cosa sia giusto o sbagliato, può perdere facilmente i suoi punti di riferimento e si sentirà di conseguenza smarrito. I paesi scandinavi possono tornarci utili come esempio e in particolare la Svezia, dove il modello di “educazione senza stress” era molto popolare a cavallo tra gli anni 70 e 80. Era completamente vietato punire i bambini dandogli uno schiaffo e i requisiti per considerare come “buono” il loro comportamento erano bassissimi. Secondo gli psicologi, questo ha portato alla crescita di una generazione di egoisti, persone incapaci di reagire alle difficoltà della vita, poco istruiti e convinti che tutto sia loro dovuto di diritto. I bambini che sono cresciuti con questa educazione illusoria non se la sono cavata bene nel mondo reale. La moda di far crescere i figli senza stress è arrivata in Polonia all’inizio degli anni ’90. I giovani genitori erano convinti che, grazie a questo metodo, i loro figli si sarebbero trovati senza problemi e sicuri di sè una volta cresciuti. Dopo anni di pratica di questo modus educandi sembra che si senta il bisogno di tornare ad usare i metodi tradizionali di educazione. Essi sono più efficaci, a condizione che siano usati con saggezza, con amore e con un’attenzione costante.

Lo psicoterapeuta James Dobson ritiene che insegnare a un bambino ad essere obbediente, trattandolo con dignità e rispetto, sia di enorme utilità per la sua crescita futura. Ovviamente, noi genitori dovremmo dare costantemente un buon esempio. Saper mantenere un equilibrio costante tra disciplina e affetto darà al bambino un senso di sicurezza. Grazie a questo modo di fare, il bambino capirà e man mano imparerà a muoversi nel mondo dei principi morali, a riconoscere le autorità, a costruire le relazioni con altri individui. Dobson sostiene che, quando questo equilibrio viene violato, si verificano dei problemi sia per i genitori che per gli insegnanti, i quali non saranno più in grado di gestire e correggere un bambino viziato. Lo psicoterapeuta rimarca che l’uso della disciplina non è rivolto contro i bambini, ma contro i loro comportamenti indesiderati. Se diciamo al bambino di “no” e lo puniamo perché si è comportato male, non significa che lo amiamo di meno. Dobson ritiene che le punizioni corporali non siano un metodo di educazione efficace. Se il bambino si comporterà male, bisogna cercare di “guardare” la situazione attraverso gli occhi del bambino, cercando di capire le ragioni che lo hanno portato a reagire in quel modo. Una cosa importante da fare è parlare con lui: più il bambino è piccolo, più spesso gli si dovrà dire quando si comporterà male. Non dobbiamo essere né indulgenti né indifferenti di fronte ai suoi cattivi comportamenti, altrimenti il bambino avrà un vantaggio su di noi.

Insegnare l’ubbidienza non significa rendere il piccolo forzosamente docile: se succede così, il bambino potrà facilmente perde l’autostima e comincerà a ribellarsi contro i genitori che lo puniscono. Bisogna invece cercare di instaurare un dialogo con il proprio figlio. Quando gli poniamo una domanda, ad esempio “perché non metti in ordine i tuoi giocattoli?” molto spesso ci sentiamo rispondere: “no, perché no”. Noi, come genitori, dobbiamo mostrarci più furbi e non cadere nella provocazione, provando invece a utilizzare questa strategia di “scontro” con il bambino solo nelle situazioni opportune, perché solo a quel punto potremo rendere nostro figlio consapevole del significato delle sue stesse parole. Ad esempio, quando il piccolo vorrà vedere il suo cartone animato preferito o allungherà la mano per prendere un dolce noi gli risponderemo: “no, perché no”. Dovremo essere decisi e coerenti in questo modo di fare, anche se poi lui comincerà a piangere. Se in futuro gli chiederemo ancora una volta di mettere in ordine la sua stanza, il bambino, che prima era riluttante, tenderà ad obbedire perché avrà memorizzato il suo comportamento precedente e capirà che la ribellione non ha senso. Il cattivo comportamento dovrà essere sempre associato a delle conseguenze, anche se il bambino soffrirà un po’. Secondo gli psicologi, vale la pena introdurre la disciplina a ogni passo, non solo in occasione di un comportamento inappropriato. Questo potrebbe essere sorprendente, ma i divieti e gli ordini aiutano a raggiungere l’autodisciplina che costituisce la chiave del successo, insegna al bambino cosa siano la perseveranza e la pazienza. Uno degli elementi più importanti nell’educazione sono le lodi: niente rende un bambino più felice quanto le parole “sono orgoglioso di te” pronunciate da un adulto.

Il Mundial dei giornalisti

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“Uè ragazzi giochiamo la prima contro l’Austria e come nelle notti magiche di Italia Novanta vinciamo con gol di Schillaci!” urla il Boga-viola nella sala del consiglio comunale di Cracovia! Tra seriosi rappresentanti delle istituzioni, impeccabili organizzatori, sexy hostess che sfilano con le coppe e professionali team di giornalisti sportivi, provenienti da Austria, Ungheria, Repubblica Ceca, Lituania, Ucraina e Polonia, c’è anche la squadra italiana e si nota subito… “Qui sono tutti giornalisti sportivi giovani ed allenati, noi siamo un manipolo di scappati di casa in Polonia”, commenta salace il nostro capitano. Poco male siamo fierissimi e pronti a batterci incuranti della scarsa forma atletica di buona parte di noi. Ma torniamo alla genesi dell’avventura: quando a marzo Marcin Lepa, noto giornalista di Polsat, al termine dell’intervista per Gazzetta Italia buttò là un “perché non organizzate la squadra italiana e partecipate al campionato internazionale di giornalisti in campo da 11?”, la mia risposta fu cortese ma tiepida. Primo non avevamo 18 giornalisti da schierare, secondo gli amici italiani di stanza in Polonia giocano soprattutto a calcetto. Dubbi subito dissolti da President ottimismo Fenzi: “andiamo!”. Non toccando palla da un anno, causa rottura della caviglia, lascio all’entusiasta Fenzi il bandolo della situazione. Così, prima di venerdì 27 aprile, avevo solo vaghe news riguardo un gruppo di entusiasti che un paio di sere la settimana, rinunciando al tepore familiare o ad altri calori serali, si allenavano guidati dal ferreo Mister Mirko all’aperto incuranti del clima e dell’ardua impresa che li attendeva. Un gruppo solido pronto a tener alto l’italico spirito fin dalla stazione di Varsavia dove quel venerdì ci siamo dati appuntamento. Il sabaudo Fenzi, degno capo comitiva del “Gruppo Vacanze Piemonte”, aveva organizzato tutto: cordata umana al binario per bloccare le porte d’accesso ai vagoni, schema 5-3-2-1 con lanci lunghi di valigia per accaparrarsi i posti negli scompartimenti e poi bibite ricchi premi e cotillon! Ma il treno gioca in contropiede e ferma 50 metri più avanti! Catena umana vanificata e corsa (per chi ce la fa) all’ultima porta dell’ultimo vagone. Si entra a fatica e dentro è un girone dantesco, e non siamo certo la testa di serie… Milord Migliorisi, vista la mal parata, alla prima fermata saluta il gruppo e attende comodo il treno seguente. Dopo circa 4 ore arriviamo stremati, sudati, ma alcuni di noi arricchiti di biondi numeri cellulare, in quel di Cracovia. Il pullman ci attende per portarci in albergo. Abbiamo solo un’oretta per rinfrescarci e prepararci per i sorteggi ufficiali nella sala del consiglio comunale. Schierati in prima fila al centro della sala seguiamo con interesse le estrazioni e con ancor maggiore attenzione lo sfilare delle lunghe gambe delle hostess. Girone A: Austria, Ungheria, Italia, Lituania. Girone B: Polonia giornalisti, Repubblica Ceca, Ucraina, Polonia scrittori. Il sorteggio è positivo abbiamo evitato i ragazzini dell’Ucraina che, dall’atteggiamento e dalle impeccabili tute da riposo, sembrano i più freschi ed organizzati. Il giorno dopo si giocherà al mattino con Austria e Ungheria e al pomeriggio con la Lituania. Buon senso vorrebbe che si andasse a dormire presto… Io mi limito a ricordare una generosa cena a base di pesce, spritz, prosecco e grappa al ristorante italiano Acqua e Vino e un successivo taxi per l’albergo preso con il tifoso Truppa, con figlio al seguito, e con Gian Marco giunto a Cracovia in serata. Del resto del gruppo ho notizie vaghe e confuse ma dagli occhiali da sole inforcati fin dalla colazione alle 7.30 del mattino posso forse intuire qualcosa…

È il gran giorno! Il Mister nello spogliatoio catechizza la squadra: padri di famiglia, studenti in Erasmus, DJ, rappresentanti di prodotti italiani, stimati manager, playboy, insegnanti di lingue, carabinieri ed un giornalista (sì ho calzato i scarpini da calcio pure io) sono pronti alla pugna! In avanti abbiamo la qualità e la freschezza di Gennaro e Giacomo, dietro un solido mix intergenerazionale guidato dal sosia del rapper Fabri-Fibra. In mezzo un sapiente gruppo di mazzolatori. In conclusione un ottimo 4-4-2 dotato di italico spirito contropiedista. Si parte forte è 3-0 contro l’Austria alla fine del primo tempo. Secondo tempo dopo un minuto è già gol per gli attempati danubiani, poi arriva anche il 2-3 ma si regge fino alla fine. Non c’è tempo di rilassarsi. Eccoci al secondo match. È un 2-0 secco all’Ungheria che gioca bene, macina gioco ed occasioni da gol ma si trova davanti saracinesca-GencAperol, mentre la nostra coppia d’attacco è infallibile. La squadra prende fiducia. In attesa del terzo match si discute animatamente se la matematica sia un’opinione o una scienza esatta, ovvero se siamo già qualificati o no? E mentre gli altri team si radunano e si allenano compatti, sia fisicamente che formalmente, la banda azzurra, per l’occasione bianca visto l’uso della seconda maglia, si segnala per aver occupato le panchine del bar. Si notano birre medie, sigarette, cerotti per unghie rotte, cavigliere e ginocchiere e poi i veri segni distintivi italiani: occhiale da sole e cellulare!

E siamo alla Lituania. Solito sprint iniziale, si va sul 3-1. Poi una sofferenza biblica. I lituani capiscono che fisicamente non ci siamo più e che di testa siamo leggerini. Così il secondo tempo è un bombardamento di cross. Noi a difendere nel bunker, la metà campo è un luogo remoto e ameno. Rocco e Trapattoni sarebbero fieri di noi! Arriva il 3-2… Alterniamo tutti i giocatori possibili, abbandoniamo le punte al loro destino…è difesa ad oltranza! Arriva il 3-3! Ma neanche il tempo di battere la ripresa del gioco che l’arbitro polacco fischia la fine! Siamo in semifinale! L’impresa è fatta, la nostra bella figura anche, a dispetto di tutto e tutti abbiamo tenuto alto il nome dell’Italia! Poco importa che tra il sabato e la domenica ci sia ancora una serata di mezzo… E poco importa che il giorno successivo cediamo esausti, ma solo nel secondo tempo, all’Ucraina (0-3 finale). L’avventura è stata bellissima e da ripetere, magari evitando il viaggio in treno-merci… Un grazie va a Marcin Lepa per l’invito e complimenti a tutta la squadra per il terzo posto (torneo meritatamente vinto dalla fortissima Repubblica Ceca) e soprattutto a Gennaro giustamente premiato come miglior giocatore del torneo!

Muzeum Historyczne Miasta Krakowa

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Iwona Pruszkowska

Muzeum Historyczne Miasta Krakowa istnieje od 1899 roku. Jego główna siedziba mieści się w Pałacu Krzysztofory przy Rynku Głównym. Początkowo muzeum istniało jako Archiwum Akt Dawnych Krakowa, dopiero od 1952 roku jego zbiory są udostępnione zwiedzającym. W roku ubiegłym, tj. w 2011, Muzeum Historyczne Miasta Krakowa odwiedziło łącznie 968 220 osób. W porównaniu z rokiem 2010, liczba zwiedzających podwoiła się. Najpopularniejszym oddziałem MHK jest Trasa Turystyczna Rynku Podziemnego w podziemiach Sukiennic – o tym świadczą choćby recenzje oceniające nas za obsługę turystyczną. Popularność tego oddziału nierozerwalnie związana jest z ilością zwiedzających, codziennie przychodzi tu około 1200 osób. Drugim co do ważności naszym oddziałem, jest Fabryka Emalia Oskara Schindlera na krakowskim Zabłociu. Tę ekspozycję, poświęconą opowieści o drugiej wojnie światowej w Krakowie, odwiedza rocznie około 200 000 turystów, spośród których około 1/3 to turyści zagraniczni. Trzecim co do popularności naszym oddziałem jest Stara Synagoga na krakowskim Kazimierzu, którą odwiedza corocznie około 115 000 turystów, w tym więcej niż połowę stanowią goście zagraniczni. Niewątpliwie najcenniejsze są zabytki cechowe. Cieszymy się z posiadania pamiątek związanych z wielowiekową historią Bractwa Kurkowego. Cenne w naszych zbiorach są pamiątki związane z władzami miasta. Posiadamy liczny zbiór zabytków rzemiosła artystycznego oraz bogatą kolekcję grafiki. Warto wspomnieć nasze militaria – broń sieczną i palną od średniowiecza do XX w. Wspomniałem wcześniej oddział w Starej Synagodze, więc nie sposób pominąć nasze judaica. Mamy w zbiorach wyjątkowe teatralia związane z wybitnymi postaciami teatru krakowskiego i polskiego, w tym związane z Wyspiańskim, Modrzejewską i Kantorem. W końcu mówiąc o naszych zbiorach nie można nie wspomnieć o szopkach bożonarodzeniowych, pięknym przykładzie wciąż żywego folkloru miejskiego. Najnowocześniejszymi oddziałami muzeum są niewątpliwie Rynek Podziemny i Fabryka Schindlera. W szczególności jednak podziemia, które przyjmują zwiedzających od 24.09.2010 r. Pierwsza myśl o stworzeniu Trasy Turystycznej Runku Podziemnego to rok 2004. Potem pomysł ten był coraz bardziej konkretyzowany, aż w 2009 r. powstał ogólny scenariusz ekspozycji.

Podziemia wyróżniają się niepowtarzalnymi reliktami przeszłości. Zabytkami in situ – świadkami ziemnymi, średniowiecznymi traktami drożnymi, reliktami osady wczesnośredniowiecznej.Ważnymi są tam zabytki ruchome, odzwierciedlające życie codzienne mieszkańców średniowiecznego Krakowa. Do tego ekspozycja ta wyróżnia się dużą ilością elektroniki i narzędziami do prezentacji multimedialnych (rekonstrukcje cyfrowe dawnej architektury, filmy 3d, dokumenty fabularyzowane). Są tam eksponaty odkryte w trakcie badań archeologicznych, prowadzonych w latach 2004 – 2010 na Rynku krakowskim, odnoszące się do okresu średniowiecznej egzystencji miasta. Nie ma tam eksponatów spoza miasta. Zasadniczo wszystkie eksponaty pochodzą z okresu od X do XV wieku.

Ok. 70% zwiedzających muzeum to turyści indywidualni. Wśród nich połowę stanowią osoby dorosłe od 27 do 65 roku życia. Drugą połowę stanowią uczniowie, studenci oraz osoby starsze. Pozostałe 30% to turyści zwiedzający Podziemia w grupach, przede wszystkim są to grupy szkolne. Około 10% wszystkich zwiedzających to turyści zagraniczni. Należy też wspomnieć, iż muzeum jest dostępne dla osób niepełnosprawnych. Oferumy również możliwość obsługi wycieczki z włoskojęzycznym przewodnikiem. Najłatwiej dokonać rezerwacji przewodnika poprzez stronę www.podziemiarynku.com lub skontaktować się z Centrum Obsługi Zwiedzających poprzez stronę www.mhk.pl lub telefonicznie pod nr 12 4265060. Centrum Obsługi Zwiedzających mamy zlokalizowane najdogodniej, jak tylko można w Krakowie, bo w Sukiennicach.

Euro 2012, cerimonie firmate Marco Balich

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Sarà Marco Balich, con la sua Filmmaster Group, ad aprire e chiudere Euro 2012. Il regista veneziano ha ricevuto l’incarico dall’Uefa per le cerimonie di apertura, a Varsavia l’otto giugno, e chiusura, a Kiev il primo luglio, dei Campionati Europei di Calcio. Un successo del “Made in Italy” visto che la Filmmamster Group è un’azienda interamente italiana, da anni leader del settore creative producer. Cresce ora l’attesa per capire come saranno le cerimonie, per vedere come Balich declinerà il suo credo artistico che forse possiamo sintetizzare in “la tecnologia al servizio dell’emozione”. Balich in passato ha stupito il mondo con la straordinaria cerimonia d’apertura delle Olimpiadi Invernali di Torino 2006 e poi liberando immensi dinosauri animati in Piazza San Marco per il Carnevale di Venezia da lui diretto per tre edizioni. Filmmaster, con la regia di Balich, ha poi firmato molti altri eventi internazionali tra cui l’inaugurazione dello Juventus Stadium, le celebrazioni per il bicentenario del Messico e il 75° anniversario della formazione ucraina dello Shaktar Donetsk. Cerimonie e spettacoli affascinanti, evocativi e mai banali che hanno suscitato una planetaria attenzione mediatica oltreché impressionato e divertito i presenti. Ora Balich si mette in gioco per Euro 2012, un appuntamento importante perché i Campionati Europei di Calcio sono il maggior evento organizzato nella storia dei paesi ospitanti, un torneo che accenderà le luci della ribalta per un mese su Polonia e Ucraina. Intanto in attesa di conoscere i dettagli delle cerimonie di Euro 2012 è già arrivata la notizia che Marco Balich e Filmmaster Group hanno vinto la produzione delle cerimonie olimpiche di Rio 2016, e i maggiori eventi correlati, in partnership con la società brasiliana SRCOM.

 

Lo stadio più bello in una città di mare!

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Danzica sarà la più affascinante meta di Euro 2012! Lo stadio più bello, le spiaggie d’oro, la risacca del mare e una città ricca di storia e piena di vita. A Danzica non ci si potrà annoiare, al termine delle partite, la città offrirà la giusta dose di emozioni e di intrattenimenti! L’ambra si trova in mare vero? È stran, però, perchè io l’ho trovata camminando lungo la via Pokole? Lechii Gda?sk. Un’ambra insolita, bellissima ed enorme! Sì, si tratta della PGE Arena Gda?sk. È un impianto sportivo nuovo di zecca, costato circa 775 milioni di z?oty (189 milioni di euro). Lo stadio affascina per l’aspetto non comune, con il caldo colore d’oro e per la forma simile ad un’ambra che richiama la storia di questa città portuale. L’enorme quantità di calcestruzzo e di acciaio e le 82 travi che sostengono la costruzione sono state coperte dai pannelli in policarbonato in sfumature d’oro. Tutto questo fa si che lo stadio sia fantastico durante il giorno e la notte, quando viene illuminato crea una visione mozzafiato. L’interno dello stadio è in grado di soddisfare i bisogni dei tifosi. Il campo è circondato da tribune capaci di 42 mila posti e per i tifosi più esigenti ci sono 50 logge VIP a disposizione. Grazie ad oltre venti punti gastronomici allo stadio di Danciza non manca l’offerta gastronomica. La prima partita alla PGE Arena Gda?sk è stata giocata il 14 agosto 2011, quando nell’ambito del terzo turno di Extra-League si sono sfidati Lechia Danzica e Cracovia con risultato finale: 1-1. La nazionale polacca ha debuttato nel nuovo impianto di Danzica il 6 settembre 2011 in uno scontro emozionante contro i tedeschi. I polacchi, dopo i gol di Lewandowski e B?aszczykowski, erano in vantaggio 2-1 sui tedeschi guidati da Joachim Löw e sono stati ad un passo da una storica vittoria, ma negli ultimi secondi dell’incontro la Germania è riuscita a pareggiare. Durante Euro 2012 nella PGE Arena giocheranno i migliori giocatori europei. Perfino tre volte nell’impianto di Danzica vedremo i campioni attuali del mondo e di Europa: gli spagnoli. Giocherà anche l’Italia campioni del mondo nel 2006 in Germania, gli irlandesi, guidati dall’esperto allenatore italiano Giovanni Trapattoni, e i croati, solamente in teoria la squadra più debole del gruppo C. Ognuna delle squadre soprannominate giocherà una partita. Inoltre a Danzica verrà giocato anche uno dei quarti del torneo. Euro a parte l’Arena di Danzica è lo stadio delle partite interne del Lechia Gda?sk. La squadra, fondata nel 1945, non vanta grandi successi. Tra i maggiori ci sono la vittoria della Coppa e della Supercoppa polacca nel 1983 quando Lechia era solamente una squadra di terza divisione. L’ottenimento della coppa nazionale ha acconsentito ai biancoverdi di partecipare al primo turno della Coppa delle Coppe nella stagione 1983/84. Comunque i giocatori di Danzica hanno rapidamente concluso la loro avventura in Europa perché hanno dovuto affrontare la grande Juventus, che a Torino ha sommerso il Lechia 7-0 e nel ritorno in Polonia ha vinto 3-2 con il gol vittoria segnato da Zbigniew Boniek. L’attuale allenatore del Lechia è l’ex selezionatore della nazionale polacca Pawe? Janas. I suoi giocatori, nella stagione T-mobile dell’Extraclasse conclusa poco fa, hanno ottenuto il 14° posto nella classifica, trovandosi tra gli ultimi posti. La squadra non ha mai vinto un campionato nazionale, ma vanta tifosi importanti come Lech Wa??sa e Donald Tusk. I Campionati Europei di Calcio non sono solamente football. È anche festa, divertimento e attrazioni per i tifosi polacchi e stranieri. Le autorità di Danzica si aspettano l’arrivo di una marea dei turisti perciò hanno preparato una marea di appuntamenti. Visti i suoi oltre mille anni di storia, la città è piena di monumenti. Malgrado la distruzione avvenuta durante la II Guerra Mondiale, la Città Vecchia è il luogo con il maggior valore architettonico nella regione. Il Municipio, la Corte di Artus e soprattutto la più grande chiesa in mattoni d’Europa, la basilica della Santa Vergine Maria, sono le mete da non perdere! Danzica offre ai visitatori un interessante itinerario turistico, conosciuto come Droga Królewska (Strada Reale), che corre da Brama Wy?ynna (Portone Wy?ynna) lungo la via D?uga, in cui si trova tra l’altro il palazzo di Uphagen, il palazzo Lwi Zamek e la Fontanna di Neptuno. Andando avanti troveremo una delle piazze più belle di Europa, D?ugi Targ, con il bellissimo palazzo Kamienica Z?ota. La via si conclude con Zielona Brama (Portone Verde) in cui attualmente si trova la sede del Museo Nazionale. Il luogo da non perdere per ogni turista è di sicuro il quartiere Oliwa, in cui troveremo un’abbazia cistercense che una volta ha respinto l’invasione svedese. Danzica è una città che ha giocato un ruolo importante nella strada verso la libertà. La città si è trovata spesso sotto il governo tedesco, ma poi tornava sempre all’interno dei confini polacchi. Due volte nella storia (negli anni 1807-1814 e 1920-1939) è stata una città-stato. Il 1 settembre 1939 Danzica, nella penisola Westerplatte, ha subito l’attacco della corazzata tedesca Schleswig-Holstein cedendo all’invasione tedesca. Oltre quarant’anni più tardi è stata Danzica a dare il segnale di lotta per tutta l’Europa Centrale e dell’Est contro il regime comunista con lo sciopero dei lavoratori del Cantiere Navale di Danzica. Il 31 agosto 1980 Mi?dzyzak?adowy Komitet Strajkowy (Comitato dello Sciopero delle Varie Fabbriche) con Lech Wa??sa a capo ha firmato un accordo con le autorità del paese. Subito dopo il sindacato Solidarno?? ha vinto le prime libere elezioni al Parlamento. Una svolta nella storia d’Europa iniziata con Wa??sa, che ha scavalcato il muro del cantiere navale, e finita con la demolizione del Muro di Berlino. Il 22 giugno nell’aula storica del Cantiere Navale di Danzica ci sarà l’incontro tra il Premio Nobel Walesa e Michel Platini. Insieme a Gdynia e Sopot, Danzica costituisce Trójmiasto (Trecittà) il maggior centro di divertimento estivo della Polonia. I tifosi oltre al calcio potranno partecipare ad uno dei più vecchi festival musicali in Europa, cioè al Sopot TOPtrendy Festiwal (25-27 maggio), che per la seconda volta consecutiva si svolgerà nell’Ergo Arena. Inoltre, due giorni dopo la conclusione dei Campionati Europei, le autorità di Gdynia invita a partecipare al Heineken Open’er Festival. Un altro evento all’aperto è il Jarmark ?w. Dominika (Fiera di San Domenico), dove oltre ai concerti e alle parate si potranno comprare prodotti artistici artigianali. A Danzica gli appasionati di storia e di architettura potranno approfittare dall’ampia offerta riguardante i monumenti, che ricordano i tempi dello splendore anseatico. Tutti quelli a cui piace divertirsi verranno di sicuro attirati a Sopot e Gdynia dai vari festival, dalle discoteche in spiaggia e dal famoso liquore di Danzica Goldwasser. I più pigri, invece, potranno godersi il sole e oltre 20 chilometri di spiagge lungo Mar Baltico. Tutto questo nell’atmosfera emozionante di Euro 2012!

SHOE’S KILLIN’ WORM – nuovo album, nuova generazione di musica ‘dispersa nel cosmo’

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Gli Shoe’s killin’ worm nascono nel 2004 a Foggia dall’idea di Luca Rossetti (voce e chitarra) e Marco Maruotti (chitarra). Poi al gruppo s’aggiungono Gianluca Grazioli (synth, chitarra, sequenze), Michael Mitoli (basso) e Natale Riccia (batteria). Sin dall’inizio la scelta del gruppo è stata quella di dedicarsi ad una produzione basata sull’improvvisazione e questo nel nuovo secondo album degli Shoe’s (senza titolo) si sente soprattutto nel brano ‘Complesso di inferiorità’. I ragazzi hanno un talento spaventoso, la loro musica rapisce dal primo ascolto, ‘vola sugli immensi cieli’. È un nuovo rock cosmico, di un’altro pianeta, di un’altra dimensione, anzi, è un nuovo genere di musica che io chiamerei ‘onirismo quantistico’! Nonostante il ‘tocco originale’ nella loro musica sono presenti molte influenze: il post-rock dei Sigur Ros, Mum e Mogway, l’elettropop degli Air, l’elettronica di Bjork e il trip-hop dei Portishead e dei Massive Attack, l’indie-rock dei Motorpsycho e dei Radiohead e anche Marlene Kuntz, Negramaro, Coldplay. I suoni a volte psicadelici (bravissimi con la chitarra) ed i testi particolari, belli, sognanti portano chi li ascolta verso dei nuovi mondi. Non senza ragione i ragazzi hanno vinto il “Premio La Gazzetta del Mezzogiorno” (2005) nella categoria il miglior gruppo di Puglia e Basilicata. Forse se cantassero di più in inglese, potrebbero conquistare il pubblico internazionale.