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Home Blog Page 26

Krajewski: il governo sbloccherà fondi record per sostenere gli investimenti a Varsavia

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl.

Lunedì scorso, il deputato del PiS Jarosław Krajewski ha affermato che il primo ministro Mateusz Morawiecki ha rilasciato un commento da cui si deduce che saranno sbloccati fondi record per sostenere direttamente gli investimenti nella capitale. Il politico ha annunciato che Varsavia riceverà fino a 3 miliardi di zloty in investimenti chiave distribuiti su diversi anni. Krajewski ha menzionato, tra gli altri, la costruzione della metropolitana, il completamento della strada Świętokrzyska, la circonvallazione del centro che collega Praga Południe e Targówek, nonché la costruzione dello stadio Skra e la modernizzazione del Museo della Rivolta di Varsavia. Ha ricordato che finora, da parte del partito PiS, sono stati sostenuti investimenti nella capitale per un importo totale di oltre 342 milioni di euro.

https://www.pap.pl/aktualnosci/news%2C1521903%2Cposel-krajewski-rzad-uruchomi-rekordowe-srodki-na-wsparcie-inwestycji-w

Emendamento alla legge sulla Corte Suprema a rischio incostituzionalità

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl.

Venerdì, il Sejm polacco ha approvato un emendamento alla legge sulla Corte Suprema, che, come attuazione di una delle cosiddette “pietre miliari” della riforma deve garantire che la Polonia riceva fondi europei del Piano di Ricostruzione Nazionale. Tuttavia, Aleksander Stępkowski, un giudice della Corte Suprema, afferma che questo emendamento è incostituzionale su molti livelli. A suo avviso, l’emendamento rappresenta principalmente una minaccia per la conservazione dell’identità polacca. Sottolinea inoltre che il suo testo non è stato creato esclusivamente dal governo polacco, ma principalmente dalla Commissione europea. Secondo l’emendamento, i casi relativi alla responsabilità disciplinare dei giudici sarebbero risolti dalla Corte amministrativa suprema. È prevista anche l’estensione dell’indipendenza della magistratura. Stępkowski afferma che l’adozione dell’emendamento in questa forma creerebbe le condizioni per creare pressioni sui giudici. Il motivo dell’adozione dell’emendamento è il riconoscimento da parte del Tribunale Costituzionale dell’incostituzionalità dell’atto adottato dalla Corte suprema nell’aprile 2020.

https://www.pap.pl/aktualnosci/news,1521653,portavoce-della-corte-suprema-promossa-venerdì-novela-sul-sn-na-wielu?

Duo Piazzola a Roma e in Vaticano

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Due giovani musicisti, Janek Pentz e Piotr Zubek, hanno deciso di affrontare il tango di Astor Piazzolla in modo non convenzionale. Il duo ha reso immortale la sua interessantissima versione di questa musica in un CD. Un evento insolito nella loro carriera artistica è stata l’esecuzione di opere di Piazzolla per Papa Francesco in Vaticano (Piazzola era figlio di un emigrante italiano nato in Argentina che ha trascorso la sua infanzia nella Piccola Italia di New York).

Piotr si è laureato presso il dipartimento di jazz e performance vocale della Bednarska di Varsavia e attualmente studia logopedia clinica. Janek, invece, sta terminando gli studi presso il dipartimento strumentale dell’Università di Musica Frédéric Chopin di Varsavia, specializzandosi in chitarra classica. Prima di iniziare la sua formazione musicale di tipo accademico, ha iniziato a sperimentare la tecnica del fi ngerstyle, una tecnica chitarristica che permette di suonare contemporaneamente melodia, linea di basso, percussioni e accordi. Questo approccio permette di suonare da soli, creando l’impressione della presenza di più musicisti o addirittura di un intero gruppo.

Come vi siete conosciuti? Piotr, perché hai scelto Janek e la sua chitarra?

PZ: È semplice! Andiamo d’accordo! Tempo fa ci siamo conosciuti all’incontro degli insegnanti. Io con il mio programma musicale e Janek con il suo. A quel tempo non cercavo qualcuno che suonasse uno strumento, cercavo una persona con un’anima simile alla mia e l’ho trovata.

JP: Piotrek può confermare come sui brani musicali abbiamo lavorato insieme. Facevamo brainstorming, cercando delle direzioni musicali non strumentali. Quello che era per noi la cosa più importante, “di cuore”, era la linea musicale, la quale è in modo pazzesco distintiva, così “piazzolana”, che qualsiasi cosa avessimo fatto, sarebbe sempre stata la sua musica. Giravamo intorno a questo nucleo, cioè la melodia, e cercavamo di trovare gli spazi musicali, che all’inizio sembravano essere assenti ed invece si riusciva ad abbinarli con le linee musicali che ci interessavano, che erano nostre. A questo punto ammiravo il potenziale di Piotrek per quanto riguarda la sua libertà di pensare e improvvisare. Da parte mia ho aggiunto la tecnica del fingerstyle.

Com’è successo che avete suonato per il papa in Vaticano?

PZ: Grazie alla gentilezza dei diplomatici polacchi, degli imprenditori e con l’immenso sostegno della nostra amica, l’insegnante d’inglese e tedesco Ewa Drobek, siamo riusciti ad
incontrarci con i cardinali polacchi in Vaticano. Abbiamo suonato per Papa Francesco e, grazie a questo soggiorno, abbiamo trascorso molto tempo a Roma. Abbiamo suonato nelle case d’accoglienza ed è stata un’esperienza incredibile. Temevamo che si trattasse di incontri di convenienza. Ci è capitato di suonare per beneficenza in molti posti in Polonia e sappiamo cosa significhi suonare ai concerti “forzati”.

Piotr, che cosa canti durante questi incontri, Piazzola?

PZ: Diverse canzoni! In polacco e in altre lingue. Molte opere popolari, ampiamente conosciute.

Cosa avete suonato nelle case d’accoglienza romane?

PZ: Piazzola, ma anche “Canzone lunare”. È un brano con il titolo italiano ma il testo polacco. È una composizione di Janek. Ne ero entusiasta e ne ho scritto il testo.

JP: Si è scoperto che in queste case c’erano solo uomini tra i 30 e i 60 anni. Non sapevamo se avrebbero voluto ascoltarci.

Qualcuno vi ha accompagnato?

PZ: Certamente! Il cardinale Krajewski, elemosiniere papale che si prende cura di questo posto. Nonostante Krajewski sia un ecclesiastico di alto livello è molto vicino a questa gente. Non ha potuto essere presente ai nostri concerti però dopo ci ha incontrato. Purtroppo, non sappiamo parlare italiano. Abbiamo cercato di comunicare con gli ospiti che non conoscevano altre lingue oltre all’italiano. Sapevamo qualche parola e lo spagnolo che grazie alle similitudini ci ha aiutato un pochino.

JP: La cosa interessante è che una mezz’ora prima del concerto, quando siamo arrivati e abbiamo iniziato a prepararci, loro erano già seduti e stavano aspettando.

PZ: Finito il nostro primo brano scoppiano gli applausi e qualche grido di approvazione! Questi uomini di stazza imponente si alzano in piedi, applaudono, si rallegrano e hanno le lacrime agli occhi!

Con quale pezzo avete cominciato il concerto?

JP: Con il brano di Astor Piazzola, con testo di Horacio Ferrera “Chiquilín De Bachín” che inizia con le parole: “di notte un angelo con la faccia imbrattata / vende le rose ai tavolini della sala da bowling Bachín”. Bachín è il ristorante che Piazzola frequentava volentieri con i suoi compagni del primo gruppo, tra cui c’era Horacio Ferrer. La canzone è triste, parla della gente di strada.

PZ: Questa musica li ha commossi! Ci hanno ringraziato, ci hanno stretto la mano. E sebbene conoscessero solo poche parole in inglese e noi ne conoscessimo altrettante in italiano, abbiamo sentito la gratitudine e la grande gioia che ci hanno trasmesso.

JP: Questo ci ha davvero incoraggiato. È stato uno dei più bei concerti che abbia mai fatto in vita mia. Pur avendo suonato completamente a livello acustico.

In quali altri posti avete suonato a Roma?

PZ: Abbiamo suonato dove abitavamo cioè dalle suore Orsoline. È il posto in cui è stata conservata la stanza di Sant’Orsola Ledóchowska. Ci siamo esibiti nella bellissima cappella. Non tutte le suore conoscevano il polacco, però una di loro traduceva le nostre parole in italiano, quindi siamo riusciti a comunicare.

Pensate di preparare qualcosa con la musica italiana?

JP: Certo! La musica italiana ci piace un sacco. La lingua italiana canta. Entrambi vogliamo impararla. Anche perché l’episodio italiano verrà ripetuto quest’anno!

 

Mestiere traduttore, fedeltà a se stessi

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Jadwiga Miszalska

Quando sogni segretamente di diventare un traduttore è una grande gioia incontrare Jadwiga Miszalska, italianista polacca, studiosa di lettere e professoressa all’Università Jagellonica. Onorata dal Presidente dell’Italia con il Premio Onorificenza Stella d’Italia per il suo lavoro volto ad avvicinare la cultura italiana al lettore polacco, è anche teorica della traduzione e traduttrice.

Cos’è la cultura italiana per un polacco e come viene percepita?

L’Italia è per la Polonia un punto di riferimento costante in termini di cultura e storia sin dal XVI secolo, e anche prima. Ricordo un cliché: sono due paesi che si menzionano reciprocamente negli inni nazionali. L’intero XIX secolo, cioè la lotta per l’indipendenza, il cosiddetto Risorgimento in Italia, e le rivolte nazionali in Polonia, si intrecciavano. Probabilmente abbiamo anche una natura simile. Spesso ci consideriamo una sorta di Italiani del Nord. Queste affermazioni sono banali, ma c’è qualcosa di vero. Inoltre è molto facile fare amicizia con qualcuno che è lontano, invece non sempre andiamo d’accordo con i vicini.

Tanti giovani polacchi si vantano di conoscere l’Italia come le loro tasche, perché ogni anno ci vanno in vacanza. Cosa significa, secondo Lei, conoscere l’Italia?

Si può andare in Italia come turista, fermarsi in un albergo elegante a Bibione, visitare Firenze, Roma e dire che si conosce l’Italia. Secondo me si può conoscere l’Italia in un modo completo quando abbiamo amici italiani e si va in un piccolo paesino con un solo ristorante riservato agli abitanti. Quando visito l’Italia, evito le grandi città. Cerco di scegliere i luoghi che non sono d’interesse turistico, paesini che hanno sempre una qualche chiesetta del 15° secolo. Si deve sottolineare che l’Italia non è definibile in modo univoco. Quando si va al nord e al sud, ci si scontra con due mondi completamente diversi. Dirò di più, ogni regione ha una popolazione con una cultura diversa. Non so se sia possibile conoscere l’Italia pienamente.

Conosciamo la cultura italiana già a scuola, grazie alla Divina Commedia di Dante o ai sonetti di Petrarca. Come l’insegnante dovrebbe introdurre allo studente i testi così difficili per incoraggiarlo a leggere la letteratura italiana?

È un compito difficile. Le Tre Corone, cioè Dante, Petrarca e Boccaccio, i tre grandi scrittori del tardo medioevo, sono difficili da comprendere non solo per i polacchi, ma anche per gli italiani, soprattutto Dante. È difficile, quindi, richiedere a uno studente polacco di entrare facilmente in questa tematica. Gli insegnanti dovrebbero sottolineare che questi autori scrivevano in volgare, perché tutta la letteratura medievale italiana è stata scritta in lingue vernacolari; queste erano lingue moderne, a volte chiamate come dialetti. Penso che l’insegnante debba prestare attenzione a ciò che è diverso e collega entrambe le culture, ovvero il fatto che il Medioevo in Polonia era diverso dalla realtà italiana, proprio in termini di uso della lingua, cultura di corte, ecc. Invece quello che ci univa era la base giudeo – cristiana e la cultura mediterranea che, insieme al cristianesimo, è arrivata fino a noi e per noi è molto importante. Petrarca generalmente non viene letto nelle scuole, ad eccezione dei Sonetti a Laura, tradotti da Jalu Kurek. Tuttavia il Canzoniere non è composto solo dai sonetti e non solo da quelli a Laura. La scelta dei testi dipende principalmente dagli insegnanti, pertanto il docente polacco dovrebbe approfondire la sua conoscenza della letteratura e della cultura italiana facendo riferimento a manuali di qualità. Dall’altro lato, so che è difficile perché di solito non c’è abbastanza tempo per completare il programma.

Quali autori della letteratura italiana sono accessibili alle persone che iniziano la loro avventura con la cultura italiana, e quali consiglia a chi vuole confrontarsi con il testo originale?

Quando si parla della letteratura che è facile da leggere e linguisticamente accessibile, consiglio i gialli, ad esempio quelli di Carofiglio o Camilleri (però quest’ultimo utilizza il dialetto siciliano). Tra le letture più ambiziose, vale la pena citare alcuni scrittori apprezzati nel mondo come Italo Calvino o Antonio Tabucchi. Pensando alla letteratura del ‘900, credo che si debbano leggere sempre autori come Tomasi di Lampedusa, Alberto Moravia o Elio Vittorini (compreso “La Conversazione in Sicilia”). Questi sono autori fondamentali.

Si ritiene che un traduttore, per apportare qualcosa di personale alle sue traduzioni, debba occuparsi anche di qualcos’altro, ad esempio essere un giornalista o un politico. Vede differenze tra le traduzioni fatte da persone che provengono da professioni diverse?

Mi occupo di traduzioni nel senso teorico più che pratico. Mi interessa principalmente la figura del traduttore, il cosiddetto translator studies, le ultime tendenze nella teoria della traduzione vanno in questa direzione. Il traduttore non è mai solo un traduttore. Lui vive in un ambiente specifico, ha un certo capitale culturale. Di solito si sostiene che le traduzioni accademiche siano molto corrette, ma non necessariamente avvincenti. Io stessa, mentre traducevo Petrarca, ho passato alcuni mesi a lavorare su un sonetto e mi sembrava sempre imperfetto. Jalu Kurek, che era un poeta e scrittore, aveva tradotto questi sonetti magnificamente, ma a volte si discostava troppo dall’originale. Il poeta-traduttore diventa spesso un poeta più che un traduttore. Attualmente sto scrivendo un articolo sulla traduttrice del 19° secolo Waleria Marrené-Morżkowska, che era una pubblicista, giornalista, scrittrice, femminista e anche traduttrice. Tutte le sue traduzioni dipendono assolutamente da chi era nella vita. Il suo esordio letterario fu una traduzione, poi si guadagnò da vivere scrivendo, mantenendo se stessa e tre figlie. Successivamente, si rivelò come femminista: traduceva i testi delle donne o sceglieva quelli in cui la donna interpreta il ruolo principale. Nessuna delle sue traduzioni è banale. Sceglieva i testi che riteneva importanti e che voleva condividere, scrivendo saggi su questo tema.

Umberto Eco diceva che “tradurre significa dire quasi lo stesso”. Dove lo troviamo, questo “quasi”?

Eco non specifica di che cosa si tratta. Penso che la lingua possa essere affrontata e che il “quasi” si trovi nelle differenze culturali. Eco afferma che la traduzione sia una negoziazione costante. Proprio questo è il motivo per cui vengono create serie di traduzioni, perché diversi traduttori negoziano in modo diverso. È affascinante. Non posso rispondere inequivocabilmente alla domanda se si dovrebbe o meno rimanere sempre il più fedeli possibile all’originale, ma non ci si può discostare troppo dall’autore. Barańczak menziona il sottolineare quello che è più importante nel testo. Il traduttore non può tenere tutto, ma deve cercare una linea dominante. Soprattutto, dovrebbe essere fedele alle proprie scelte.

Tadeusz Boy-Żeleński e Julian Tuwim consideravano le traduttrici poco istruite che non hanno nulla da fare e traducono solo grazie alla loro conoscenza della lingua. Le donne lottano ancora per una posizione di parità rispetto agli uomini nella professione di traduttrice?

La traduzione letteraria è sempre stata ed è fino ad oggi un campo femminile. La donna viene talvolta definita la traduttrice eterna, considerando questa espressione in due modi. Da un lato è una donna che realmente lavora come traduttrice e dall’altro è una traduttrice della lingua dei maschi. Nei suoi testi, la donna spiega il mondo descritto dagli uomini. Le traduttrici femministe, d’altra parte, chiedono di trovare la propria lingua femminile nella traduzione. Guardando il modo in cui una donna entra nei mondi letterari, e in Europa questo accadeva nel 19° secolo, vediamo emancipate e suffragette che spesso sono anche giornalisti, che lottano per il diritto al voto e all’istruzione. Definirei queste donne non tanto traduttrici quanto mediatrici transculturali. Mediatrici, perché non solo traducevano i testi, ma scrivevano anche commenti. Tra il 1870 e il 1930 ne troviamo molte di queste donne. Quando si impara a conoscere la loro storia, si può vedere quanto sia ingiusta l’opinione di Boy e Tuwim. Grazia Deledda fu Premio Nobel per la Letteratura nel 1927 come unica donna italiana e seconda donna al mondo. Era stata precedentemente tradotta in polacco solo da donne. Poco dopo aver ricevuto il premio mondiale, Leopold Staff traduce immediatamente i suoi due romanzi. Quindi ci deve essere una consacrazione. Quando una donna entra nel mondo della cultura, un uomo comincia ad accettarla e tradurla.

Al giorno d’oggi, le donne non devono più lottare per la loro posizione nel mondo delle traduzioni. È un tipo di lavoro che ci consente di unire diversi ruoli sociali, ecco perché penso che molte donne scelgano questo mestiere anche per questo motivo. Un traduttore generalmente, indipendentemente dal sesso, è discriminato nel mercato editoriale perché è un mestiere mal pagato e molto spesso trascurato. Spesso il suo nome appare scritto in minuscolo oppure non appare affatto. Ad esempio, mi dà fastidio che sui manifesti teatrali che promuovono opere di autori stranieri non venga indicato il nome del traduttore, eppure, ad esempio, Shakespeare aveva molti traduttori.

Quindi vale la pena diventare un traduttore?
Chiaro che sì! La traduzione è una combinazione di imitazione ed emulazione. Imito il prototipo, ma anche per dimostrare che posso fare altrettanto bene, o forse anche meglio. Personalmente ritengo che, ad esempio, la traduzione di “Do trupa” di Morsztyn sia migliore rispetto all’originale di Marino. Il traduttore ha anche una funzione sociale molto importante. Questa professione è sempre esistita. All’inizio c’era una traduzione. Senza di essa non c’è cultura, non c’è comunicazione tra nazioni, tra persone. Penso che il ruolo del traduttore sia fondamentale nella capacità di parlare, anche in situazioni in conflitto.

Quale differenza Lei vede tra uno studente di filologia straniera di oggi e quello di 30 anni fa? I giovani adepti all’arte della traduzione possono essere traduttori più efficienti grazie alla tecnologia?

Vedo una differenza fondamentale: una minore autonomia. 30 anni fa uno studente si recava in biblioteca e cercava una bibliografia per la sua tesi, poi veniva a chiedere eventualmente consulenze e consigli. Oggi, lo studente pensa che tutto debba essere trovato su Internet, e la soluzione migliore sarà quella che il promotore fornirà una bibliografia completa sul suo argomento della tesi. Purtroppo quello che ho notato già a livello di laurea sono i tanti lavori di studenti che sono frutto di plagio, ovvero frammenti scaricati e incollati tra loro dai siti web. Ci sono lavori in cui ci sono persino dei link, quindi non si deve cercare da dove sono stati scaricati. Ci sono ovviamente gli studenti che sanno creare cose meravigliose. È qui che entra sulla scena la tecnologia. Quando traduco qualcosa, succede che mi aiuto con la base dei sinonimi o un sito in cui si possono cercare le rime. Non ho mai usato traduttori “pronti”, forse se scrivessi una lettera ufficiale, soprattutto in inglese, li userei e poi verificherei se il risultato è accettabile. Nel caso di traduzioni di belles lettres, non dovrebbero essere usati. Il traduttore pronto ci impone delle scelte stilistiche. Se devo tradurre solo una trama, posso usarlo (ad esempio, quando traduco arlecchino), ma con le belles lettres, che per me sono più di una semplice trama, non è possibile. Quando si traducono istruzioni o lettere ufficiali, un tale traduttore può essere utile perché velocizza il lavoro.

Ha mai desiderato diventare una scrittrice? Oggi sceglierebbe ancora la professione di traduttrice?

La mia famiglia voleva che studiassi medicina e, dopo il primo anno di filologia romanza, mi sono trasferita alla filologia italiana. Ho trovato qualcosa di nuovo e ho deciso di diventare italianista. Mi sono appassionata subito della letteratura. Quando ero bambina scrivevo poesie, ma se dovessi ricominciare la mia vita, prenderei esattamente la stessa strada. L’unica cosa che cambierei è che al liceo non cercherei di ricevere sempre i voti più alti nelle materie scientifiche, ma dedicherei più tempo a leggere. Non dico che queste materie non siano utili nella vita, perché a volte posso scioccare i miei studenti con conoscenze in vari campi, ma penso che guadagnerei di più se mi fossi dedicata subito alla lettura e non necessariamente all’apprendimento delle dinamiche di Newton. Ma allora il modello era diverso, si doveva avere una bella pagella e si doveva imparare tutto. Si deve avere una comprensione generale del mondo, ma senza esagerare.

Nel 2023 il salario minimo aumenterà due volte

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Nel 2023 sono previsti due aumenti del salario minimo: il primo dal 1° gennaio e il secondo a metà anno, legati all’elevata inflazione. Il 1° gennaio 2023, lo stipendio più basso in Polonia aumenterà da 3.010 PLN a 3.490 PLN lordi, il che significa un aumento di 346 PLN (da 2.363 PLN a 2.709 PLN netti). Il secondo aumento entrerà in vigore il 1° luglio 2023. Quindi il salario minimo più basso verrà aumentato a 3.600 PLN lordi, il che significa un aumento di 75 PLN al mese (da 2.709 PLN a 2.784 PLN netti). Gli stipendi degli insegnanti saranno aumentati del 7,8%, come in tutto il settore. Secondo “Fakt”, lo stipendio minimo di un insegnante principiante sarà di 3.691 PLN lordi (267 PLN in più), un insegnante nominato 3.878 PLN lordi (281 PLN in più) e un insegnante certificato 4.553 PLN lordi (329 PLN in più). Per i servizi in uniforme sono previsti gli stessi aumenti che per i rappresentanti del settore del bilancio e gli insegnanti. Gli agenti di polizia, le guardie di frontiera, i vigili del fuoco, gli ufficiali SOP (Servizio di Protezione dello Stato), gli ufficiali del servizio penitenziario e del servizio doganale e fiscale possono contare su uno stipendio mensile superiore in media di 640 PLN lordi. Pure gli stipendi nei ministeri pubblici e gli stipendi dei giudici aumenteranno del 7,8% e significa che lo stipendio base di un giudice del tribunale distrettuale (circa 10.000 PLN lordi) aumenterà di circa 795 PLN lordi, presso la Corte Suprema e il Tribunale Costituzionale, gli aumenti ammonteranno a quasi PLN 2.000 lordi. Dalla metà del prossimo anno aumenterà anche il salario minimo per infermieri, paramedici e medici. Secondo i calcoli della Federazione degli imprenditori polacchi, l’aumento ammonterà a oltre l’11%. Lo stipendio minimo più alto per un medico con una specializzazione aumenterà a 9.935 PLN, per un’infermiera con un master e una specializzazione a 8.838 PLN e per gli infermieri con una specializzazione con istruzione secondaria almeno a 6.988,82 PLN.

https://www.money.pl/gospodarka/zmiany-w-pensjach-w-2023-r-oto-kto-moze-liczyc-na-podwyzki-6849117389794112a.html?fbclid=IwAR1AORichgQYKjaNjZ59mlxRgbrYopD4DCnWSZtMFBEP1uf-IAusVOJXVhY

Satelliti francesi per l’esercito polacco

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Mercoledì a Varsavia il ministro della Difesa polacco Mariusz Błaszczak ha incontrato il suo omologi francese Sébastien Lecornu. I ministri hanno confermato un contratto relativo alla consegna di due satelliti di monitoraggio per la Polonia. I satelliti miglioreranno la capacità dell’Esercito polacco nel campo del ricevimento dei dati di riconoscimento e per un allarme rapido per esempio in caso di disastri naturali. I ministri hanno parlato anche sulla cooperazione e sostegno per Ucraina. “Lo spazio diventa più militarizzato ed ha un’influenza sempre maggiori nelle azioni militari. Posso assicurare che daremo alle forze armate polacche un servizio e attrezzatura di qualità ottima”, ha assicurato il ministro francese.

https://www.pap.pl/aktualnosci/news,1514650,polska-i-francja-z-umowa-na-dostawe-dwoch-satelitow-obserwacyjnych.html?fbclid=IwAR0daTEOt6ugASZCMna70edch7ANkcEp4Wxp7UgWgKyMg-M_Wat1oLH9MlY

Raffineria di Danzica venduta a Saudi Aramco, per Tusk è uno scandalo

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L’azienda araba Saudi Aramco ha rilevato una parte delle azioni della raffineria a Danzica. L’ex primo ministro si è riferito a questo caso su Twitter scrivendo: “Il costo dell’investimento sarà recuperato dalla società araba in meno di un anno, la vendita è un regalo agli arabi fatto dal PiS ed è il maggiore scandalo nel 21° secolo in Polonia”. Tusk ha fatto notare, che durante il proprio governo la Polonia ha investito nella raffineria 10 miliardi di złoty e grazie a questo è diventata una delle raffinerie più moderne l mondo. “Io oggi dichiaro che questo affare è stato una sciocchezza o una grande corruzione, e potete essere sicuri che non starò a guardare”, ha dichiarato l’ex primo ministro. Al post ha risposto il vice primo ministro Jacek Sasin, raccontando che tutti hanno visto i documenti che dimostrano che Tusk voleva vendere l’azienda Lotos ai Russi.

https://forsal.pl/gospodarka/polityka/artykuly/8618572,tusk-sprzedaz-rafinerii-gdanskiej-to-najwieksza-afera-xxi-wieku-w-polsce.html?fbclid=IwAR0vqCgLGUn_PDBi3g7xjcLEEg6JJGxEsYy-MSTamiTs2RvAvLseq2NABJo

Enzo Favata Musica sconfinata

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fot. Fiorella Sanna

“La mia musica è contaminazione, sperimentazione, innovazione nella tradizione”. Così Enzo Favata, noto compositore polistrumentista sardo, definisce oltre trent’anni di produzione musicale. Una carriera iniziata da ragazzino, suonando per passione nei garage con le band di amici, ed arrivata ai vertici del jazz italiano ed europeo.

Cominciamo dall’inizio, come hai scoperto la tua vena artistica?

“Per caso. Quando ero ragazzo mia madre mi regalò una chitarra. Cominciai a strimpellare per gioco e imparai da autodidatta, all’epoca non c’era certo l’offerta di studi musicali che c’è oggi. Ad Alghero abitavo in un quartiere popolare e si usava andare in spiaggia al mattino e poi al pomeriggio ci chiudevamo in qualche garage ad ascoltar musica e suonare. Già allora capii che non mi accontentavo di suonare pezzi famosi ma volevo inventare. Tra i nostri amici ce n’era uno che faceva il cameriere a Londra ed ogni volta che rientrava dalla allora Swinging London – che, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, stava però entrando in una nuova fase musicale – riempiva la valigia di vinili acquistati a pochi soldi a Portobello. All’epoca senza youtube e spotify si sceglievano i dischi guardando le copertine. E così ogni volta che aprivamo quella valigia, come fosse uno scrigno, uscivano le tendenze della capitale mondiale della musica. Erano i tempi del Rock Progressive psichedelico, dell’Heavy Metal, i miei gruppi preferiti erano Genesis, Deep Purple e soprattutto Pink Floyd. La svolta avvenne un giorno in cui chiesi a questo amico perché non ascoltavamo mai un certo disco che lasciava sempre da parte, un LP, come dicevamo allora, con in copertina un afroamericano che suonava la tromba su uno fondo blu. “No questo disco non è un granché”, disse l’amico. Io insistetti e lo mise su. La prima traccia era “My favourite things”… avevo quindici anni… John Coltrane mi cambiò la vita. “Questa è la musica che voglio fare!”, dissi e da allora la direzione della mia strada musicale era segnata.

In quel momento hai deciso che da grande volevi fare il musicista?

No, cioè adoravo suonare, ma ero giovane ed avevo anche altre passioni come la vela e il windsurf, in cui vincevo tante regate. Però non provenivo da una famiglia così benestante da potermi dedicarmi solo allo sport, né potevo accedere agli studi musicali jazzistici all’estero (allora c’era solo Berkley negli Stati Uniti). Nel frattempo sognavo di imparare a suonare il sassofono e ne comprai uno usato, un po’ malandato, con cui cominciai a spernacchiare sulla base dei dischi di Coltrane, ma non solo. L’anno seguente guadagnai qualche soldo andando a vendemmiare e potei comprarmi un sassofono nuovo. Così mi misi a studiare seriamente musica ed ero sempre più coinvolto in vari gruppi musicali. E poi giravo per i festival in Sardegna. La seconda svolta avvenne con l’arrivo del digitale e del mondo dei filtri elettronici a basso costo, dei registratori multi traccia economici, questo mi permise di iniziare a sperimentare, di mescolare diverse sonorità. E mentre da un lato ero riuscito a frequentare i corsi estivi della scuola di jazz di Siena, dall’altro studiavo da autodidatta etnomusicologia e giravo la Sardegna per conoscere e raccogliere suoni e musiche della tradizione.

Si può dire che la contaminazione, tra cui quella etnica, è diventato il tuo cosiddetto “marchio di fabbrica”?

“Sì. Forse perché abitando sin dalla nascita ad Alghero sono stato influenzato dalla città che è protesa sul mare, verso le culture diverse che arrivavano attraverso i giovani turisti appassionati di musica, ma dall’altro lato era una città che non guardava alle sue spalle, ovvero verso l’interno della Sardegna, dove invece avrei scoperto un bel mix tra differenti tradizioni musicali. Così è iniziato il mio viaggio di scoperta della mia terra e delle sue tradizioni musicali che, come quelle linguistiche, sono il frutto di diverse secolari stratificazioni culturali. Sono stati anni di grande ricerca ed entusiasmo, giravo con un registratore e prendevo appunti, conoscevo persone nuove, tutto era potenziale materiale da studiare ed utilizzare nelle mie composizioni. Questa esperienza ha avuto grande importanza nella musica che poi ho fatto nel tempo, un modello di lavoro che poi ho applicato verso altre culture come quelle del Sud America, dell’Africa, dell’Asia e del Medio Oriente. Per quanto riguarda i miei lavori sulla Sardegna, a me è sempre piaciuto sposare i generi, il jazz con la musica etnica, il canto a “tenores”, le benas (strumento di origine primitiva ricavato dalla canna palustre), la launeddas (strumento musicale a fiato), le musiche argentine, il Coro a Cuncordu di Castelsardo, la “New Thing” americana degli anni Settanta, fino a mescolare musica classica con quella elettronica, e poi ancora ho collaborato con un grande virtuoso del bandoneon come Dino Saluzzi. In questo avventuroso percorso artistico il disco boa, ovvero quello che ha rappresentato un punto preciso della mia carriera è “Voyage en Sardegne” che rappresenta una sintesi degli strumenti e delle sonorità che ho sperimentato tra cui incroci coraggiosi tra jazz e musica etnica.

In questo approccio di contaminazioni nei tuoi concerti qual è il confine tra rispetto di una partitura e l’improvvisazione?

Il grado di improvvisazione dipende dal gruppo con cui mi esibisco. È chiaro che quando suono con i 40 musicisti della Metropole Orkestra della radio nazionale olandese l’improvvisazione si limita ad alcuni momenti di progressione di accordi. Mentre se suono con ensemble più ridotte allora c’è più spazio per l’improvvisazione. Seguiamo un canovaccio al cui interno divaghiamo spesso, ad esempio nell’introduzione o negli assoli. La simbiosi massima e quindi la maggior possibilità di improvvisare la raggiungo suonando con il gruppo The Crossing che è quello che mi accompagnerà nei due concerti in Polonia in ottobre.

Ci presenti i The Crossing?

È la band che cercavo da tempo, quella con cui ho sempre sognato di lavorare. È un laboratorio di idee in continuo divenire. A farne parte sono il pianista e compositore Simone Graziano, che si esibisce in una veste originale di bass synth keyboard, pianoforte Rhodes (quello famoso degli anni 70) tastiere e live elettronics. Al

fot. Rosi Giua

vibrafono e marimba midi c’è Pasquale Mirra, considerato uno dei maestri di questo strumento. Completa la band Marco Frattini alla batteria e samplers drum. A livello internazionale ormai mi definiscono “il Maverick (ovvero il battitore libero) del jazz Italiano”, The Crossing è un mix musicale fresco, con vibrazioni ed elettronica, sintetizzatori di basso elettrico e live electronics e batteria che creano atmosfere stratificate e poliritmiche, ma meravigliosamente leggere ed elastiche. Per interpretare nuove suggestioni e nuovi colori sonori ho riunito gli autentici fuoriclasse di The Crossing. Dopo un tour nel 2019 con loro la stampa giapponese scrisse: “una musica visionaria dal gusto selvaggio mediterraneo, rock cosmico, musica elettronica che si fonde con i ritmi ipnotici dell’Etiopia e le atmosfere balinesi, mescolati con la musica jazz con un uso sapiente dell’elettronica e dell’improvvisazione. Una potenza sonora poetica ed unica, il jazz italiano ci riserva sempre delle grandi sorprese, ma questa band è davvero brillante”.

fot. Giulio Capobianco

Ed ora i concerti in Polonia.
Il mio sarà un ritorno in Polonia, dove anni fa, con un progetto diversissimo: Voyage en Sardaigne per orchestra d’archi, coro a tenores e quintetto jazz, ho partecipato alla famosa Settimana Mozartiana a Gdansk. Poi, per quanto riguarda il mio legame con i musicisti polacchi, voglio ricordare che al Festival Jazz Musica sulle Bocche, di cui sono direttore, abbiamo ospitato due grandi musicisti polacchi: lo scomparso Tomasz Stanko e il trio del pianista jazz Marcin Wasilewski.

I vostri concerti saranno un’occasione anche per mostrare che la musica italiana non è confinata tra opera, cantautori e disco.

Bè la cosa non può che farmi piacere, in questo senso credo che sia importante che i mezzi di comunicazione non si limitino a parlare solo degli aspetti più stereotipati dell’italianità nella musica. Per esempio abbiamo una grande tradizione di jazz, con molti musicisti e tanti Festival, e in Sardegna siamo in tanti a sperimentare un jazz non convenzionale in cui emerge una sorta di codice genetico musicale sardo.

La cosa che mi fa più piacere è quella di venire a suonare in una nazione dove il Jazz ed i jazzisti stanno dando molto alla scena mondiale, spero che il mio “Maverick“ – The Crossing potrà soddisfare molto gli appassionati, noi ce la metteremo tutta.

Enzo Favata and The Crossing si esibiranno a Cracovia il 26 ottobre (19.30), in un appuntamento organizzato dall’associazione Shardana (Facebook: @ShardanaPL) e dall’Istituto Italiano di Cultura di Cracovia in collaborazione con l’Akademia Muzyczna Krzystof Penderecki e la Szkola Muzyczna Bronislaw Rutkowski, nella cui sede si svolgerà il concerto con ingresso gratuito; e poi il 28 ottobre a Varsavia in occasione del famoso Jazz Jamboree Festival al club Stodola (alle 19.00) in una serata organizzata dall’associazione Shardana e dall’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia.

MICA PIZZA E FICHI!

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L’autunno è alle porte, ma anche ad ottobre siamo ancora in tempo per i frutti estivi più dolci: stiamo parlando dei fichi!

Se volessimo raccontare la storia e la mitologia del fico, potremmo riempire diverse pagine. Testimonianze della sua coltivazione si hanno già nelle prime civiltà agricole di Mesopotamia, Palestina ed Egitto, da cui si diffuse successivamente in tutto il bacino del Mediterraneo. Dai greci era ritenuto un frutto degli dei, poi donato agli uomini. Nella Bibbia è citato 34 volte: l’albero dell’Eden, proibito da Dio all’uomo nel Vecchio Testamento, non sarebbe un melo, bensì un fico. È con le sue foglie, infatti, che Adamo ed Eva. dopo averne mangiato il frutto, coprono la propria nudità. Il Ficus sycomorus era un albero sacro della mitologia egizia, mentre sotto a un Ficus religiosa Siddharta Gautama raggiunse l’illuminazione, divenendo Buddha: chiamato per questo anche albero della Bodhi, è venerato da buddisti, giainisti e induisti.

I motivi che hanno reso il fico fin dall’antichità una pianta così preziosa vanno forse ricercati nella fruttificazione abbondante, nella facilità di coltivazione, nella dolcezza dei frutti. O forse nel mistero dei suoi fiori, chiusi in sé stessi e nascosti alla vista, da cui il modo di dire bengalese: «Diventare [invisibile come] il fiore del dumur».

Ciò che noi chiamiamo comunemente frutto, infatti, è in realtà un’infiorescenza detta anche siconio: al suo interno sono racchiusi moltissimi piccoli fiori. L’impollinazione avviene grazie all’apertura presente all’estremità inferiore ed è un processo molto particolare: ciascuna specie di Ficus ha sviluppato uno stretto rapporto di simbiosi e reciproca dipendenza con un diverso insetto impollinatore.

La specie a noi più familiare, quello che comunemente chiamiamo fico e di cui mangiamo i frutti (o ciò che consideriamo tale!) è il Ficus carica, impollinato dalla vespa Blastophaga psenes: ben 3 generazioni di vespe, nell’arco di un anno solare, sono necessarie per la produzione dei frutti di una stagione!

La specie è presente in due forme botaniche che in modo riduttivo sono definite come piante maschio e piante femmina, dato che le prime (dette caprifico) producono il polline con frutti non commestibili, mentre le seconde (dette appunto fico vero) producono i semi contenuti nei frutti che tanto apprezziamo. Per questo motivo l’impollinazione nel linguaggio comune è detta anche “caprificazione”.

Fioritura e fruttificazione possono avvenire più volte nel corso della stagione. I fioroni, o fichi primaticci, si formano in autunno ma maturano nella tarda primavera dell’anno successivo. I fichi veri invece si formano in primavera e maturano a fine estate dello stesso anno, e sono molto dolci e saporiti. Alcune varietà, dove il clima è più mite, riescono a fruttificare una terza volta con i fichi “cimaruoli”, poiché si formano sulle cime dei rami.

Il frutto fresco del fico contiene zuccheri facilmente assimilabili (circa 11 grammi su 100), una buona quantità di minerali (soprattutto potassio, calcio e ferro), vitamine del gruppo B, vitamina A e tracce di vitamina C. Nutrienti e facilmente digeribili, sono consigliati in tutte le occasioni in cui è necessaria una fonte di energia rapidamente utilizzabile (ad esempio in gravidanza, durante l’attività sportiva o la convalescenza). Grazie alla presenza di circa il 2% di fibre, hanno anche una buona capacità di stimolare l’attività intestinale. L’indice glicemico del fico fresco (cioè la sua capacità di far variare la glicemia dopo il consumo) è solamente di 35 (il pane bianco ha un indice glicemico di 100), consentendone un consumo moderato anche a chi desidera perdere peso.

In Italia sono soprattutto le aree interne del sud (Cilento, Cosentino e Sicilia) a essere protagoniste nella coltivazione di fichi, dato l’interesse economico per la produzione di frutti essiccati.

Tuttavia in Toscana, nella provincia di Prato, cresce una varietà di fico pregiata: il Dottato, da cui si ottiene il fico essiccato di Carmignano. I frutti vengono raccolti, tagliati a metà in senso longitudinale, posti su delle stuoie e sottoposti al fumo di zolfo che ne schiarisce la buccia. Dopo 4 o 5 giorni di trattamento, sono trasferiti in un luogo fresco e asciutto per almeno un mese. Durante questo periodo si forma la patina zuccherina esterna. Raggiunta la completa essiccazione, i fichi sono sovrapposti e aromatizzati con semi di anice, che rendono il loro gusto inconfondibile al palato. E proprio l’autunno è il periodo ideale per assaggiare il fi co essiccato di Carmignano, che non può essere messo in commercio prima del 29 settembre.

In cucina i fichi sia freschi che essiccati si prestano a moltissime preparazioni dolci e salate, e persino piccanti: la classica confettura può essere arricchita con peperoncino o con sciroppo di senape, da gustare in abbinamento a formaggi saporiti. Per una versione agrodolce, servite i fi chi freschi ripieni di formaggio spalmabile oppure tofu vellutato, pinoli e aceto balsamico. Insomma, come si suol dire in italiano: mica pizza e fichi!

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Andrzej Dera: la crescita della Polonia continuerà supportata dall’energia nucleare e senza entrare nell’euro

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Il 2023 sarà un anno probabilmente decisivo sia per l’auspicata fine del conflitto in Ucraina, sia per capire quali saranno le conseguenze geopolitiche, a livello europeo, dell’aggressione russa all’Ucraina. In questo clima un ruolo da protagonista lo giocherà sicuramente la Polonia accreditata a diventare, per ragioni geografiche, logistiche ma anche di vicinanza socio-culturale, il paese cruciale nei nuovi rapporti tra Europa e Ucraina. Su questi argomenti e sullo stato attuale dello sviluppo economico della Polonia ne parliamo con Andrzej Dera, Segretario di Stato presso la Cancelleria del Presidente della Polonia, in una intervista esclusiva che il politico ha rilasciato a Gazzetta Italia.

Quanto il conflitto Russia-Ucraina ha spostato geopoliticamente l’Ucraina verso l’Unione Europea?

Andrzej Dera: La guerra ha cambiato completamente le relazioni tra l’Ucraina e l’UE. In Ucraina è in corso una guerra che contrappone valori europei a valori antidemocratici, rappresentati dalla dittatura di Putin. L’Ucraina è schierata con l’Occidente. L’atteggiamento dell’Ucraina è cambiato radicalmente, oggi ambisce di far parte dell’UE e della NATO. Putin voleva ricostruire l’impero sovietico ma gli ucraini hanno dimostrato di voler difendere il loro Stato e l’osservanza delle norme del diritto internazionale. A mio avviso, in prospettiva, non c’è altra possibilità che l’entrata dell’Ucraina nell’UE e nella NATO, ma ci vorrà sicuramente del tempo. Anche la Polonia ha dovuto fare delle riforme negli anni Novanta, ed oggi penso che l’Ucraina sia convinta e consapevole di dover cambiare praticamente tutto in termini di legalità, mentalità e istituzioni statali. Questo processo è già iniziato e secondo me non si può tornare indietro. L’unica domanda è quando accadrà, secondo noi prima succede meglio è.

Come immagina la fine della guerra e a quali condizioni? Intendo il futuro della Crimea e del Donbass?

AD: Non ci sarà mai pace fino a quando tutti i territori occupati illegalmente dalla Russia non verranno restituiti. Ci sarà pace quando l’integrità territoriale sarà rispettata. La pace deve essere costruita su solide fondamenta. Oggi le fondamenta sono il diritto internazionale. Se qualcuno viola questi standard, deve aspettarsi una reazione decisa. È difficile immaginare di cercare una pace a tutti i costi in una situazione in cui l’aggressore ne esce con dei vantaggi e lo Stato attaccato con degli svantaggi.

La Polonia avrà un ruolo da protagonista nella ricostruzione dell’Ucraina? Sappiamo che ci sono programmi governativi che stanno verificando quali aziende polacche potrebbero lavorare alla ricostruzione dell’Ucraina, a che punto siamo?

AD: Al momento sono in corso colloqui sulla ricostruzione dell’Ucraina dopo la fine della guerra. Saranno gli ucraini a decidere come ricostruire il loro Paese. L’Ucraina deve decidere da sola chi farà cosa e dove. Al momento tutto l’Occidente ha interesse alla ricostruzione dell’Ucraina, perché da un lato la guerra significa distruzione, tragedia, enormi perdite, dall’altro, dopo la fine della guerra, c’è la ricostruzione, ci sono i profitti e lo sviluppo di economie. Anche la Polonia ha interesse in questa prospettiva, ma tutto sarà legato agli accordi tra Polonia e Ucraina e saranno gli ucraini a decidere come e con chi ricostruire il Paese.

I rapporti UE-Polonia sono complessi in particolare per la questione dello Stato di Diritto, pensa che alla fine la Polonia accoglierà le richieste dell’UE? E così riceverà i Fondi del Recovery Fund?

AD: La Polonia è un paese che rispetta le leggi. In Polonia non abbiamo problemi con il rispetto degli accordi, ma la valutazione della Commissione europea è diversa. Questo è un gioco politico. L’opposizione politica in Polonia ha la maggioranza nel Parlamento europeo, quindi dalla Polonia arrivano informazioni false, che qui qualcosa non va, che non rispettiamo le leggi. Ma non facciamo niente di diverso rispetto agli altri paesi europei. Vogliamo essere trattati alle stesse condizioni degli altri Stati membri. La migliore prova della riluttanza dell’Unione Europea è stato l’accordo tra il presidente Andrzej Duda e la presidente della Commissione, Ursula Von Der Leyen, sulla legge della Corte Suprema. Abbiamo seguito le istruzioni della Commissione. Ma dopo la liquidazione della Camera disciplinare, è emerso che non era abbastanza. Il punto è semplicemente che la Polonia non deve ricevere fondi dal Recovery Fund e questo perché si spera che questo braccio di ferro con l’Europa abbia un impatto sul cambio di governo in Polonia.

Il rapporto debito-PIL in Polonia è peggiorato, c’è da preoccuparsi?

AD: Gli investimenti di miliardi di zloty da parte di tante aziende in Polonia dimostrano che il Paese è attraente e in via di sviluppo dal punto di vista economico. Questa è una prova concreto che economicamente il Paese sta bene. Certo, viviamo in tempi difficili. Prima c’è stata la pandemia, poi si è aggiunta la crisi determinata dalla guerra, perché anche se oggi la guerra è ancora un fenomeno locale, gli effetti sono globali. Oltre allo scontro militare, la battaglia principale è nel settore energetico. L’aumento dei prezzi dell’energia ha avuto un impatto negativo sui costi di produzione e operativi delle imprese. Ciò ha portato a un’inflazione più elevata, contro la quale stiamo attualmente combattendo tutti nel mondo. I paesi hanno scelto modelli diversi per affrontare questa crisi. Quelli con un’inflazione più bassa hanno una disoccupazione più alta. La Polonia ha adottato una strategia diversa. Secondo noi, il lavoro è la cosa più importante, con uno stipendio stabile, ma questo ci è costato un’inflazione leggermente più alta. Siamo ottimisti, il mercato si sta lentamente stabilizzando, il prossimo anno sarà ancora difficile, ma tutto indica che questa situazione migliorerà in futuro.

L’inflazione è molto forte pensa che si fermerà nel 2023?

AD: Così dicono le previsioni. Tutto dipende ancora dalla situazione in Ucraina, perché sicuramente avrà un impatto sull’economia europea e mondiale.

C’è la possibilità che si apra una riflessione sull’entrata della Polonia nell’Euro?

AD: Per ora, questo tema è fuori agenda. Il mondo politico polacco non è entusiasta dell’introduzione della valuta comune europea in Polonia. Possiamo vedere quali effetti ha causato la sua introduzione in altri paesi. Adottare l’euro provoca un aumento dei costi per i cittadini.

C’è stato recentemente un forte aumento del costo del lavoro, c’è il rischio che la Polonia perda il suo appeal di paese business friendly (ovvero che attira investimenti stranieri) a favore di altri paesi dell’area?

AD: Penso che lo stesso fenomeno stia accadendo ovunque. L’aumento del costo del lavoro nei paesi più ricchi è un dato di fatto. Noi pure ci stiamo rapidamente avvicinando a questi paesi in termini economici. Certo, il costo del lavoro in Polonia crescerà, attualmente è ancora inferiore a quello dei vecchi paesi dell’UE, ma il tasso di crescita del nostro Paese è così alto che presto non ci saranno grandi differenze nel costo del lavoro tra gli altri paesi europei. Ne siamo contenti, perché se fossimo ancora una terra di manodopera a basso costo, significherebbe che lo sviluppo economico del nostro Paese non è dei migliori. Vogliamo la ricchezza dei polacchi.

La Polonia è indietro sulla riconversione energetica sostenibile, pensa che riuscirà a mantenere gli impegni internazionali sull’abbandono del carbone?

AD: L’energia convenzionale non può essere sostituita solo con energia verde. L’energia deve essere basata su una fonte stabile. La Francia, ad esempio, fa affidamento sull’energia nucleare e sull’energia verde. La Germania ha voluto basarsi sulla energia data dal gas russo. La Polonia ha sempre sottolineato che era una strategia disastrosa, perché la Russia utilizza l’energia come uno degli elementi per fare una guerra ibrida. I tedeschi se ne sono accorti solo adesso e ora si ritrovano in una situazione problematica. Il governo polacco ha già preso le sue decisioni: costruiremo centrali nucleari, che saranno la base del nostro sistema energetico. Nella prospettiva di 10-15 anni si passerà dall’energia basata sul carbone a quella basata sull’energia nucleare. Anche l’energia verde in Polonia sta andando molto bene, se il ritmo di sviluppo del fotovoltaico e di altre fonti energetiche è impressionante e notevole in Europa anche la Polonia mostra di non essere indietro in questo campo.

L’elezione di Giorgia Meloni a premier italiano apre nuove prospettive nelle relazioni italo-polacche? E nella collaborazione tra i due paesi all’interno dell’UE?

AD: Rispettiamo le scelte di tutti i Paesi. Ogni stato è sovrano e ha il diritto di eleggere i rappresentanti dei partiti politici che soddisfino al meglio le loro aspettative. Siamo lieti che il Primo Ministro d’Italia abbia un quadro di valori simile a quello delle autorità polacche. Certamente questo sistema di valori spingerà ad una maggiore comprensione e ad un avvicinamento tra i due paesi. Tuttavia ribadisco che il governo polacco non ha problemi a rapportarsi anche con i rappresentanti di altri paesi che sono portatori di valori diversi. Certo è sempre più facile comunicare con un amico.

Secondo il Warsaw Enterprise Institute nel 2043 la Polonia entrerà nel G20 e nel 2050 sarà al livello della Germania, quanto sono affidabili queste previsioni?

AD: Si tratta di previsioni basate sul ritmo di sviluppo della Polonia. La Polonia vanta uno dei tassi più alti di sviluppo come paese. I polacchi hanno potenzialità tali che se vengono create le giuste condizioni, si dimostrano laboriosi, parsimoniosi e innovativi. Non abbiamo problemi di questo tipo. Se qualcuno non blocca il nostro sviluppo, penso che queste previsioni potrebbero avverarsi anche prima di quanto pensano molti esperti, perché la Polonia è un grande Paese con grandi potenzialità, e se non ci sono freni esterni, possiamo davvero fare molto, quindi condivido appieno questo ottimismo.