Nel febbraio del 2022, il Dipartimento di Italianistica dell’Università di Varsavia ha compiuto 40 anni. Tuttavia, prima che la più longeva italianistica in Polonia diventasse un Dipartimento autonomo, ha fatto molta strada seguendo i sogni e realizzandoli, ovvero sviluppando l’indipendenza e costruendo la maturità.
La storia del Dipartimento risale ai primi anni Settanta quando, nel 1971, fu istituito il Dipartimento di Filologia Italiana presso l’Istituto di Filologia Romanza dell’Università di Varsavia. A quel tempo, gli studi si svolgevano in condizioni che potremmo definire intime, quasi casalinghe, dato che il gruppo di studenti era composto da una decina di persone e le difficoltà da affrontare in quel periodo erano ben diverse dalla realtà odierna: inizialmente si tenevano poche ore di insegnamento d’italiano e, a causa della carenza di materiale didattico, gli strumenti di base erano solo lavagna e gesso. Tuttavia, grazie alla collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura, studenti e dipendenti già allora poterono usufruire delle borse di studio in Italia per migliorare le loro competenze grazie a cui la comunità di italianisti varsaviani si sviluppò in modo dinamico.
Nel 1982 il Dipartimento di Filologia Italiana è stato trasformato nell’autonomo Dipartimento di Italianistica. Questo è avvenuto per iniziativa del professor Krzysztof Żaboklicki, che precedentemente era il capo del Dipartimento di Filologia italiana e poi il direttore del Dipartimento di Italianistica.
Fin dall’inizio le lezioni si sono svolte in via Oboźna 8, nel palazzo ben noto a molte generazioni di italianisti, dove il Dipartimento aveva a disposizione (ed ha ancora) aule al terzo piano. Negli anni successivi alcune delle lezioni e delle conferenze si svolgevano anche a Bednarska 2/4, Karowa 18, nel Palazzo Tyszkiewicz-Potocki, nell’ex Biblioteca Universitaria, in Krakowskie Przedmieście 1 e nell’inestistente oramai edificio in via Browarna 8/10. Dal febbraio del 2017, parte delle lezioni si svolgono nella nuova sede della Facoltà di Lingue Moderne in via Dobra 55, dove, a partire dall’anno accademico 2022/23, saranno trasferite tutte le unità della facoltà.
Sotto la guida del prof. Krzysztof Żaboklicki, poi del prof. Piotr Salwa, della prof.ssa Joanna Ugniewska-Dobrzańska, della prof.ssa Elżbieta Jamrozik e adesso della prof.ssa Hanna Serkowska, il Dipartimento di Italianistica ha creato e continua a sviluppare costantemente nuove reti di ricerca, impegnandosi in programmi scientifici e didattici internazionali. Una pietra miliare nella formazione degli italianisti è stata l’adesione nel 2000 al programma Socrates-Erasmus che promuove lo scambio della comunità accademica dei paesi europei. Il ricco numero di università partner del Dipartimento di Italianistica (nell’anno accademico 2021/22 sono 45 le convenzioni con centri accademici, sia in Italia che in altri paesi europei) permette a tutti gli italianisti interessati di viaggiare e approfondire le proprie competenze.
Erasmus+ non è l’unico programma che permette agli studenti di filologia italiana di Varsavia di conoscere istituzioni esterne o straniere. Nel novembre del 2014, il Dipartimento di Italianistica ha iniziato la collaborazione con l’Università di Siena nell’organizzazione di formazione ed esami DITALS, un certificato che conferma la competenza in didattica dell’italiano a stranieri, sottolineando così l’importanza della formazione delle future generazioni di insegnanti della lingua italiana.
Dal 2018 il Dipartimento organizza Summer School dove, oltre ai docenti di Italianistica, sono invitati a collaborare specialisti italiani dell’ambiente socio-economico. Inoltre, nell’anno accademico 2020/21 nell’ambito dell’Alleanza 4EU+, gli studenti del Dipartimento hanno collaborato con l’Università degli Studi di Milano, la Sorbonne Université e l’Università Carolina di Praga, prendendo parte a un programma pilota volto a sviluppare e sperimentare un approccio innovativo all’apprendimento della cultura e della lingua straniera.
Durante le celebrazioni del 40° anniversario, si è deciso di rinunciare alla tradizionale forma del convegno scientifico a favore di un incontro che ha riunito la comunità degli italianisti polacchi. Nel suo discorso di apertura, la prof.ssa Hanna Serkowska ha sottolineato che:
Oggi il nostro Dipartimento è in buona salute soprattutto perché stiamo costantemente mettendo in atto il principio
della dinamica della regina di cuori di Alice nel Paese delle Meraviglie. “Qui, per restare nello stesso posto, devi correre più velocemente che puoi”. Rimanendo in costante movimento per anni e, inoltre, correndo il più possibile, siamo riusciti a cambiare magnificamente. Qui è già in atto un’altra legge della dinamica della relatività, grazie a cui la nostra italianistica è riuscita sia a maturare che a diventare saggia – il Dipartimento e i suoi studenti sono infatti ben noti tra gli italianisti nel mondo e benvenuti negli scambi internazionali – che a ringiovanire: il nostro team è ora composto prevalentemente da giovani e giovanissimi.
Durante l’incontro, organizzato in forma ibrida, sono stati condivisi i ricordi legati alla storia del Dipartimento e gli ospiti intervenuti hanno preso parte ad una discussione sulla condizione dell’italianistica polacca. Dove stiamo andando? A questa domanda risponderanno le prossime generazioni di italianisti.
tekst: Patrycja Stasiak
tłumaczenie it: Agata Pachucy














moltiplicate. Negli anni Settanta del secolo scorso c’erano solo corsi a Varsavia, Cracovia e per un periodo Wroclaw, poi l’attenzione verso l’italiano è esplosa e oggi per studiarlo a Varsavia si può scegliere tra Italianistica, Linguistica Applicata, Artes Liberales e l’Università Wyszynski, a Cracovia la Jagellonica e la Pedagogica, e poi c’è Italianistica a Wroclaw, Stettino, Danzica, Poznan, Torun, Lublino, insomma l’offerta è ampia per lo studio di una lingua che, anche se si parla praticamente solo in Italia, rimane il verbo della cultura artistica, musicale, architettonica, ragione per cui è la quarta più studiata al mondo.


Davide Toffolo nato a Pordenone, in Friuli, quando nel 2002 ha scritto il suo romanzo a fumetti intitolato semplicemente Pasolini. Si tratta, in poche parole, della storia di un giovane giornalista che segue le tracce di un uomo che si presenta come “signor Pasolini”. Quest’uomo ha tutte le caratteristiche del nostro tempo, come un indirizzo di posta elettronica, e vuole rilasciare un’intervista al giovane giornalista, presentando le sue opinioni, che sono fatte di citazioni dai testi di Pasolini. Ricorrendo a tale rappresentazione, Toffolo dimostra chiaramente che il pensiero di Pasolini non solo non è invecchiato, ma anzi ha acquisito attualità, a volte rivelandosi profetico. Toffolo non è solo un autore di fumetti, ma anche un chitarrista della band “I tre allegri ragazzi morti”. Il gruppo, da sempre interessato a Pasolini, gli ha dedicato gran parte della sua attività, e nel 2011 ha fatto una tournée in molte città italiane, dove oltre alle proprie canzoni, hanno presentato progetti artistici dedicati all’artista friulano.
Rotundo, è del 1993. Nel 2008 è uscita la graphic novel Il delitto Pasolini di Gianluca Maconi, ricostruzione delle ultime ore che hanno preceduto il brutale omicidio del poeta. L’ultimo pezzo è Diario segreto di Pasolini del 2015 di Gianluca Costantini ed Elettra Stamboulis, ipotetico diario/autobiografia dell’artista. Dedico tanto spazio alle opere appartenenti alla cultura popolare, e non a quelle più monumentali, come Vita di Pasolini di Enzo Siciliano, o numerosi studi scientifici sull’artista, perché mi sembrano essere la migliore prova di quanto il personaggio e l’opera di Pasolini uniscano diversi ambiti della cultura e si inseriscano in vari registri della sua ricezione.


partì per il Messico per incontrare Castaneda, accompagnato, tra gli altri, dallo scrittore Andrea De Carlo (che aveva lavorato con lui al fi lm “E la nave va”) e dall’attrice americana Christine Engelhardt. Il viaggio, costellato da strani eventi e situazioni, segnò la fi ne dell’amicizia tra Fellini e De Carlo. Quest’ultimo pubblicò, nel 1986, il romanzo “Yucatan”, ispirato proprio al loro viaggio messicano. La cosa infastidì non poco Fellini, che in quello stesso anno pubblicò la propria versione della storia (inizialmente intitolata “Viaggio a Tulun”) sul “Corriere della Sera”, presentandola come un’anteprima del suo prossimo film. Un film che però non venne mai realizzato.
contattò il regista per proporgli un adattamento a fumetti del racconto pubblicato sul “Corriere”. All’epoca Manara, nato nel 1945, era già un artista affermato, conosciuto soprattutto per opere di genere erotico come “Il gioco” (1982) o “Il profumo dell’invisibile” (1985). Fellini accettò la proposta del disegnatore e quel fi lm incompiuto divenne “Viaggio a Tulum”, un fumetto onirico, divertente e sensuale come i suoi migliori film. La trama, in parte rimaneggiata rispetto al soggetto originale, è carica di mistero, magia e suggestioni legate alle civiltà precolombiane, in particolare i Toltechi.
I protagonisti del “Viaggio”, oltre a Fellini stesso, sono il regista Snàporaz,
la bellissima e misteriosa Helen e il goffo e simpatico Vincenzone. Snàporaz, che all’inizio del fumetto viene scelto da Fellini come suo alter ego per il viaggio, ha le fattezze di Marcello Mastroianni ed è omonimo del personaggio che il grande attore aveva interpretato ne “La città delle donne”, film di Fellini del 1980. La figura di Helen è vagamente ispirata alla Engelhardt, mentre appare curiosa la presenza di Vincenzone, ovvero il giornalista Vincenzo Mollica, che non aveva accompagnato Fellini nel suo viaggio in Messico. La decisione di farlo apparire nel fumetto al posto di De Carlo può essere interpretata come una cattiveria ai danni dello scrittore, un’ironica vendetta per aver “rubato” la storia di Fellini. Tra gli altri personaggi possiamo ricordare Sibyl, una versione oscura di
Christina/Helen, o lo stregone messicano Hernandez, ma il “Viaggio” è pieno di fi gure pittoresche e originali che talvolta compaiono solo per poche vignette. Nelle prime pagine del fumetto Helen e Vincenzone, alla ricerca di Fellini, si recano a Cinecittà, dove incontrano personaggi provenienti da vari film del regista italiano, che Manara raffi gura con grande precisione e realismo. Più avanti Fellini e Manara inseriscono nella storia il regista e scrittore cileno Alejandro Jodorowsky e il celebre disegnatore francese Jean “Moebius” Giraud, autori di uno dei capolavori del fumetto mondiale, “L’Incal” (1981-1988).
essere personaggi di un fumetto e più di una volta commentano l’assurdità della trama e la mancanza di una successione logica degli eventi. La scena più interessante è forse quella in cui Snàporaz parla al telefono con il regista, esprimendo la propria frustrazione per la storia bislacca di cui è protagonista. Ma è proprio questo il motivo, risponde il regista, per cui non ha mai girato il fi lm che da tempo aveva in mente: la sceneggiatura era semplicemente troppo assurda. E così, l’unico mezzo che Fellini aveva per portare a compimento un progetto così folle e fantastico era il fumetto. A controbilanciare la storia, decisamente surreale e onirica, abbiamo i disegni
estremamente dettagliati e realistici del maestro Manara. Come in altre opere dell’artista italiano ha un ruolo di primo piano la rappresentazione del corpo femminile, ma sarebbe certamente sbagliato liquidare “Viaggio a Tulum” come un banale e volgare fumetto erotico. La raffigurazione dei volti, soprattutto quello di Mastroianni, rasenta il fotorealismo, così come nel caso dei paesaggi, edifici e scenari urbani, disegnati con un incredibile livello di dettaglio e un respiro autenticamente cinematografico.










cancella Brixia” che terminerà l’8 gennaio 2023 che intende porre l’accento sul dialogo che s’instaura tra l’archeologia e l’arte contemporanea, tra la cultura classica e la sua persistenza nel nostro tempo. Dal 29 ottobre 2022 fino al 28 febbraio 2023 sarà la volta di “La città del Leone: Brescia nell’età dei Comuni e delle Signorie”, mostra che attraverso materiali eterogenei, intende indagare in modo originale questo periodo. E ancora dal 10 febbraio al 10 maggio 2023 si terrà la mostra “Ceruti. Pittore europeo” un’occasione per celebrare
questo pittore che, con le sue toccanti rappresentazioni dei ceti umili e i suoi ritratti penetranti, si impose come una delle voci più originali della cultura figurativa del XVIII secolo, e di cui la Pinacoteca Tosio Martinengo accoglie il più importante corpus di opere, al mondo. Dal 24 marzo al 23 luglio 2023, per la sesta edizione del Brescia Photo Festival, “Luce della Montagna” sarà la più importante mostra sulla fotografia di montagna realizzata negli ultimi decenni, con opere di Vittorio Sella, Martin Chambi, Ansel Adams, Axel Hutte.


città l’8 settembre 1939. Fin dai primi giorni dell’occupazione, gli ebrei di Łódź furono sottoposti a severe repressioni. Le repressioni assunsero forme diverse, a volte molto brutali: dalla costrizione a eseguire lavori di pulizia duri e umilianti, ad essere privati dei loro beni fino a subire violenze ed essere uccisi. Furono sanzionati dalla legge di occupazione introdotta dalle autorità tedesche attraverso ordinanze. Le repressioni riguardavano quasi ogni ambito della vita. Gli ebrei furono cacciati dal lavoro e fu loro vietato di gestire attività commerciali, privandoli così dei loro mezzi di sostentamento. Fu vietato loro di celebrare le festività, di utilizzare i trasporti pubblici, fu introdotto il coprifuoco e alla fine del 1939 fu vietato loro di lasciare la città.
sostituiti da Stelle di Davide cucite sugli abiti. Nello stesso tempo, tutti i negozi e le attività commerciali di proprietà di ebrei furono contrassegnati da una Stella di Davide gialla posta in un luogo visibile.
Zgierska e Limanowskiego, dove passava la linea del tram, furono escluse dall’area del ghetto. Per rendere possibili gli spostamenti tra le diverse parti del ghetto, furono costruite tre passerelle di legno sulle strade: due su via Zgierska (presso via Podrzeczna e Lutomierska) e una su via Limanowskiego (presso via Masarska). Ben presto divennero uno dei simboli del ghetto. Nell’aprile del 1940, il nome di Łódź fu cambiato in Litzmannstadt, quindi il ghetto viene spesso indicato come il ghetto di Litzmannstadt.
Le condizioni del ghetto – mancanza di cibo, di medicinali e lavoro duro – portarono a un tasso di mortalità estremamente elevato tra i suoi abitanti. La situazione era aggravata da condizioni sanitarie disastrose. Quando il ghetto fu liquidato nell’estate del 1944, si contarono oltre 43.000 morti che furono sepolti nella parte occidentale del cimitero, in via Bracka, nel cosiddetto campo del ghetto.
ghetto delle richieste delle autorità, organizzando a tal fine un discorso pubblico nella piazza dei pompieri. Il 5 settembre, per ordine delle autorità tedesche, fu annunciata una “szpera” (dal tedesco Gehsperre – chiusura) nel ghetto. A nessuno fu permesso di lasciare la propria casa sotto la minaccia delle punizioni più severe. Gruppi speciali della polizia tedesca e del Servizio d’ordine ebraico visitarono i successivi quartieri di strada, dove, dopo aver raccolto gli abitanti, i funzionari tedeschi selezionavano quelli in grado di lavorare e gli altri destinati allo sfollamento. La gente disperata nascondeva i propri figli e gli anziani nella speranza di salvargli la vita. Fino al 12 settembre, più di 15.500 persone furono catturate e deportate dal ghetto verso la morte.


Nessuna stranezza, ma con un pizzico di follia e carattere. Ecco Sangiovanni, una speranza della musica italiana, un cantante che quest’anno ha pubblicato un atteso album di debutto intitolato “Cadere Colare”. Alcuni possono associare questo gioioso ragazzo al programma Amici che scopre nuovi talenti. È quanto è accaduto con il cantante diciannovenne nato a Vicenza. Il risultato del successo televisivo prima è stato un EP e ora un album di dimensione piena promosso dal singolo di ballo “Farfalle” (quinto posto al festival di Sanremo). L’album è solo apparentemente creato per quegli adolescenti che ascoltano un pop poco impegnativo. È un disco particolarmente maturo e saggio, pieno d’amore. Molte canzoni sono dedicate a storie più o meno importanti, a sentimenti più o meno maturi. È il primo contatto con l’età adulta, una voce importante su argomenti come affrontare le emozioni, il rifiuto causato dall’orientamento sessuale o i tentativi di suicidio. In seguito è un racconto di un giovane che vuole essere leggero e libero. Sangiovanni rappresenta una nuova generazione che scappa dal moralismo ed è eccezionalmente affidabile. Nella musica mescola le profondità del pop con l’elettronica e l’hip-hop. In una delle interviste ha confessato: “A prima vista, la mia musica può sembrare leggera nel senso più superficiale del termine, ma è anche la mia forza”. Con questa onestà e sincerità di emozioni vince. Un ragazzo altamente dotato da cui possiamo imparare ad assaporare la vita e un modo leggero di vivere i momenti difficili!
Ditonellapiaga l’abbiamo conosciuta per esempio quest’anno al festival di Sanremo, dove insieme a Donatella Rettore, icona degli anni 80, ha eseguito una canzone accattivante, “Chimica”, rendendo omaggio alla musica da ballo e alle sue varie sfumature nel modo migliore. Nell’album di debutto “Camuflage” si trasforma in un camaleonte. Ci inonda di elementi disco, house, eurodance dei primi anni 2000, a suoni più delicati con gli elementi di soul come nella canzone “Come fai”. È in grado di sorprendere non solo con l’atmosfera retrò degli anni 60, ma anche con il suono completamente astratto come nella canzone di apertura del disco “Morphina”, il momento migliore dell’album. C’è anche un buon disco di chiusura “Carrefour Express” che parla di sentimenti non reciproci, del desiderio di possedere ciò che non si può avere. Considerando tutte queste luci e ombre, colori e suoni che non vogliono essere etichettati, otteniamo un pensiero coerente e Ditonellapiaga entra sulla scena musicale con un passo audace che non può essere dimenticato.