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Prezzo carburanti ancora in crescita, qualcuno pensa di mettere il prezzo di mezzo litro

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

All’inizio di giugno, il prezzo medio della benzina a 98 ottani ha superato gli 8 PLN al litro. “Questa settimana e la prossima porteranno ulteriori aumenti del prezzo del carburante”, ha dichiarato ieri Rafał Zywert, analista di BM Reflex che ha aggiunto che un litro di benzina adesso costa circa 8,20-8,30 PLN. È probabile che anche il gasolio diventi più costoso. Giovedì scorso la media nazionale del gasolio era di 7,40 PLN. Purtroppo, questa settimana sarà di almeno 7,80-7,90 PLN. Inoltre, è possibile che il prezzo del carburante superi i 10 PLN al litro. Anche se i prezzi smettono di crescere, rimarranno alti. Secondo Zywert, ci sono persino idee per esporre il prezzo per mezzo litro nelle stazioni di servizio, in modo da non spaventare gli automobilisti.

https://www.money.pl/gospodarka/czarne-chmury-zbieraja-sie-nad-kierowcami-10-zl-za-litr-paliwa-wszystko-jest-mozliwe-6776904900897344a.html

L’inflazione non farà saltare i programmi degli investimenti stradali

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L’inflazione, così come l’aumento dei costi dei materiali da costruzione, fanno sì che molte aziende stanno risolvendo i contratti precedentemente firmati, perché non sono in grado di eseguire i lavori pianificati entro il budget adottato. “Sono convinto che la situazione degli investimenti infrastrutturali attualmente in corso in Polonia sia sotto controllo”, ha detto il ministro delle Infrastrutture Andrzej Adamczyk. “Deduco questo anche dall’apertura delle offerte per la progettazione e la costruzione della superstrada S-19.Questa è una sezione del percorso della Via Carpatia a sud di Rzeszów. Certo, i prezzi sono aumentati, anche i prezzi dei servizi, ma per gli investimenti programmati non vedo una minaccia. Questa non è solo una convinzione interna” ha aggiunto. Il Ministero delle Infrastrutture e la Direzione Generale per le Strade e le Autostrade Nazionali (GDDKiA) sta già intervenendo per valorizzare gli stipendi degli appaltatori utilizzando i meccanismi legali disponibili. Il budget del National Road Construction Programe per gli anni 2020-2030 aumenterà di 2,7 miliardi di złoty. D’altra parte, i fondi per l’attuazione del programma di costruzione di 100 bypass per gli anni 2020-2030 saranno aumentati di 115 milioni di złoty. “Le ipotesi da noi adottate per la valorizzazione dei contratti,  anche quelli da noi sottoscritti in precedenza, assumono un rapporto del 10%. Nulla però accade automaticamente, l’appaltatore dovrebbe documentare le spese e mostrare dove e di quanto erano più alte, questo meccanismo dovrebbe consentire un’efficace effettuazione del programma di investimenti” ha aggiunto il ministro Andrzej Adamczyk. Non è un segreto che molte imprese di costruzione stanno aspettando i fondi del Recovery Fund per la Polonia KPO perché essi saranno in gran parte destinati alla costruzione di strade e percorsi ferroviari.

https://www.wnp.pl/budownictwo/nie-ma-zagrozen-dla-inwestycji-drogowych-wpolsce,588118.html

Architettura del potere in Italia e Polonia (I)

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Palazzo delle Poste e Telegrafi, Napoli, allegoria della Vittoria, monumento (1935), Arturo Martini

Maestosi, monumentali, espressione della forza del potere. Così sono gli edifici modernisti costruiti negli anni ’20 e ’30 del secolo scorso. Dalla sede del capo di stato alle scuole fino alle istituzioni culturali, i governi contrassegnano la loro presenza allargando e, a volte, perfino creando, città nuove. La tendenza era popolare in tutta Europa. Diamo uno sguardo all’architettura polacca e italiana di questo periodo e analizziamo la sua evoluzione e i suoi influssi tra la Prima e la Seconda guerra mondiale.

La semplicità della forma si combina con l’eleganza e fino ad oggi non lascia indifferenti. Ci rendiamo conto della storia che è nascosta dietro la loro creazione, il loro posizionamento, il loro aspetto? Durante questo periodo l’architettura era in piena simbiosi con il potere statale e aveva un ruolo decisivo nella propaganda politica.

Nel 1918, dopo più di un secolo, lo stato polacco riconquistò l’indipendenza e tornò sulle mappe del mondo. Le terre, che per molto tempo furono sotto l’occupazione prussiana, russa e austriaca, divennero nuovamente uno stato. Il Governo di Józef Piłsudski doveva affrontare una grande sfida. Bisognava unificare e uniformare il livello di istruzione, economia, sviluppo e introdurre un unico modello di cultura e identità nazionale. Il processo doveva essere decisamente infl uenzato dall’architettura.

Anche l’Italia dopo la Prima guerra mondiale doveva ricostruirsi. Le perdite di guerra, il crescente debito e la distruzione del paese stimolarono lo sviluppo di un’atmosfera rivoluzionaria. Nel 1919 Benito Mussolini creò i “Fasci Italiani di Combattimento”: un’organizzazione che riuniva i veterani di guerra, due anni dopo entrò sulla scena politica guadagnando gradualmente la popolarità. Infi ne, nel 1925, il Duce assunse il pieno controllo del potere e dichiarò la fi ne della democrazia. Mise in pratica un programma di fascistizzazione dell’Italia, che copriva ogni aspetto della vita e cercò di plasmare i nuovi cittadini e una nuova ideologia, sfruttando abilmente a questo scopo l’architettura.

Il Parlamento della Silesia a Katowice (Sejm Śląski), (1925-1929), arch. Ludwik Wojtyczka, P. Jurkiewicz, K. Wyczyński i S. Żeleński

All’inizio degli anni ’20 in Polonia viene ricercato e discusso uno stile che dovrebbe rispecchiare i valori e le tradizioni nazionali nell’architettura e allo stesso tempo introdurre un elemento di modernità. Gli edifi ci con tendenze allegoriche, ispirati dagli antichi manieri, avevano lo scopo di rafforzare nel popolo il senso di appartenenza al paese e alla sua storia. Vengono realizzati molti edifici pubblici, soprattutto nelle città più piccole. I palazzi sono stilizzati come i vecchi manieri polacchi, ma in forme più semplificate. Uno di questi esempi è la Stazione Ferroviaria di Lublino, ricostruita al posto della stazione precedente negli anni 1924-1925, secondo il progetto dell’architetto Jerzy Müller. Il classicismo accademico è rappresentato anche dagli edifici per banche, teatri e uffici.

Palazzo della Banca PKO (1925-1926), arch. Adolf Szyszko-Bohusz

Un buon esempio è l’edificio della Banca PKO a Cracovia, costruito tra il 1925 e il 1926 da Adolf Szyszko-Bohusz. Uno dei primi palazzi progettati per ospitare il potere è stato il Parlamento della Slesia (Sejm Śląski) a Katowice. Nella sua forma e dimensione assomigliava ai castelli rinascimentali. Decorato con i rilievi di aquile e altri simboli che si riferivano alla storia della Polonia.

Bassorilievi di marmo alla Casa di Deputati a Varsavia (1925-1935) di Zofia Trzycińska-Kamińska

Una questione urgente era il bisogno dell’espansione di Varsavia, una città che all’epoca non era adatta al ruolo di capitale della Polonia. Mancavano strutture che potessero ospitare ministeri e istituzioni centrali. Inizialmente le loro sedi sono state localizzate nei palazzi e nel Castello Reale. Nel frattempo, venivano annunciati i bandi dei concorsi e iniziavano i lavori di costruzione degli edifici per le autorità centrali. Uno dei palazzi più interessanti, che richiamava il classicismo modernista, è l’edificio del Sejm della Repubblica di Polonia. Il complesso parlamentare consisteva in: una sala plenaria semicircolare e la Casa dei Deputati, il tutto decorato con bassorilievi e circondato dal verde dava l’impressione di accessibilità e apertura a chi passava vicino. Sia all’esterno che all’interno di questo edificio si può osservare una gradevole evoluzione dello stile nazionale. Le forme geometriche diventano più ornamentali e richiamano la nascente Art Déco polacca, che ha avuto grande successo all’esposizione mondiale di Parigi nel 1925.

L’Italia fascista degli anni ’20 perseguiva un progetto di “unificazione”, ossia la trasformazione dei centri della maggior parte delle città. Mussolini sosteneva la città come un fattore molto importante nel processo della creazione dell’ideologia della Nuova Italia, che influenzava anche la percezione del potere da parte della società. Era nelle piazze centrali che si svolgevano le sue marce, i comizi, le assemblee. Era lì, che il Duce, circondato da edifici monumentali, perseguiva la grande “rivoluzione spirituale e sociale,” che avrebbe dovuto condurre il popolo verso un futuro migliore.

Palazzo della Borsa, Milano (1928-1931), arch. Paolo Mezzanotte

Inizialmente si pensava che lo stile dell’arte d’avanguardia, specialmente quello dei futuristi, fosse uno stile nazionale, perché i principi degli artisti e di Mussolini erano molto simili. Entrambi immaginavano cambiamenti radicali, il crollo del vecchio ordine, la distruzione della “Italia Vecchia” e la creazione di un nuovo modello del cittadino italiano. La loro attenzione era rivolta alla novità, al progresso tecnologico, al culto della gioventù: si autodefinivano addirittura “creatori del futuro”. La relazione tra le due comunità era inizialmente intrecciata e fortemente interconnessa. Il governo mussoliniano però non era pienamente convinto di questo stile in quanto riteneva che le composizioni fossero troppo dinamiche, troppo espressive, che non coincidessero del tutto con la visione di uno stato forte e stabile. Mussolini, fortemente interessato all’architettura, non imponeva uno stile di produzione ufficiale ai progettisti e agli artisti, come invece fecero diversi dittatori in Europa. Inoltre, permetteva loro di operare liberamente alla sola condizione che non interferissero nella sfera politica. La sua attenzione era attratta dallo stile Novecento: creato dagli artisti stanchi dalla sperimentazione nell’arte degli anni ’20, rivolti verso l’antichità classica, la composizione e la forma pura ma più geometrica. Lo stile fiorisce nell’architettura a cavallo tra gli anni ’20 e ’30. Un buon esempio di questa tendenza è il Palazzo della Borsa in Piazza Affari a Milano. La sua forma ricorda i templi antichi. Le colonne sormontate da sculture, bassorilievi e altri ornamenti sulla facciata dei palazzi: tutti gli elementi nonostante il loro riferimento al passato, sono molto moderni e geometrici nella loro forma.

Palazzo di Giustizia, Milano, Giustizia romana, alla Giustizia Corporativa e alla Giustizia Biblica, (1932-1940) Trittico marmoreo di Romano Romanelli, Arturo Marini e Arturo Dazzi

Anche se lo stile di costruzione e i gusti delle autorità cambiavano durante questi due decenni, la maggior parte delle edificazioni aveva una caratteristica in comune: la scultura. Sia all’esterno che all’interno c’erano sculture, monumenti, bassorilievi o altre decorazioni. Questi “sottili” segni inseriti negli edifici monumentali intendevano avere una influenza sugli abitanti delle città e dei paesi. Un ottimo esempio è il Palazzo dell’Arengario (in copertina di questo numero) e l’interno del Palazzo di Giustizia di Milano. All’entrata siamo accolti da bassorilievi di simbolismo puramente fascista. Camminando per gli enormi corridoi possiamo ammirare numerosi bassorilievi, dipinti o mosaici che si riferiscono al tema della giustizia e che fanno sembrare che il diritto e il fascismo siano una cosa sola, reciprocamente complementari. Era un messaggio molto chiaro, che enfatizzava il nuovo ordine dell’Italia fascista.

foto: Michał Łukasik
traduzione it: Judyta Czekajewska

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L’Italia è piena di incredibili posti da scoprire. Li troverai qui.
Ti interessa la storia dell’architettura polacca e italiana? Dai un’occhiata alla nostra rubbrica Arte per saperne di più.

Vino e VIP (II)

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Continuando il nostro piccolo viaggio tra le cantine che personaggi famosi e affascinanti star del cinema hanno intrapreso con passione e successo, ecco che troviamo lungo questa “wine way” ad esempio l’attrice Cameron Diaz, che ha fondato l’etichetta Avaline, sotto la quale vengono proposti due vini estivi: un bianco spagnolo e un rosé francese. La Diaz definisce i suoi vini “clean”, puliti, perché prodotti con uve da coltivazioni biologiche e privi di additivi.

I vini dell’ex bambina prodigio di Hollywood Drew Barrymore, Pinot Grigio, Rosé e Pinot Noir, vengono venduti sotto il nome di Barrymore Wines e vengono prodotti in collaborazione con la cantina californiana Camel Road Estate.

Dopo Sex and the City, sarebbe proprio il caso di dire Sex and the Wine. Nel 2019, Sarah Jessica Parker ha annunciato il lancio della sua linea di vini: la SJP x Invivo. L’Invivo X SJP Sauvignon Blanc è prodotto nella splendida regione di Marlborough, in Nuova Zelanda, famosa appunto per questa varietà d’uva. Recentemente la diva ha lanciato un rosé, per un perfetto aperitivo in puro stile Sex and the City: l’Invivo X SJP Rosé, prodotto in Provenza con uve Cinsault, Grenache e Syrah.

Dan Aykroyd (indimenticabile nel film The Blues Brothers in coppia con John Belushi) non è sconosciuto al mondo delle bevande. Nel 2017, infatti, l’attore ha lanciato la sua Crystal Head Vodka, contenuta in una bottiglia a forma di teschio ideata dall’artista John Alexander. Già qualche anno prima Aykroyd aveva investito molti soldi nella Diamond Estates, che comprende varie cantine nella regione canadese del Niagara.

“Il vino che produco io non è da collezionare, ma da aprire e bere con gli amici giocando a carte.” Gerard Depardieu presenta così i vini da lui prodotti. Anche se la selezione di vini rossi, bianchi e rosé proposta è piuttosto ampia, Château Tigné – la tenuta da lui acquistata nel 1989, situata nel cuore dell’Anjou – è famosa soprattutto per due grandi cuvée, la Cyrano e la Mozart, prodotte esclusivamente nelle grandi annate e in quantità limitata. Il divo francese, inoltre, è proprietario di varie cantine in giro per il mondo.

Forse ispirata dal suo ex compagno Depardieu, la bellissima attrice Carol Bouquet ha iniziato molti anni fa a produrre un pregiato vino Passito in Sicilia, a Pantelleria, nella cui tenuta è presente anche un uliveto e una piantagione di capperi. Il regista Premio Oscar Francis Ford Coppola è il proprietario della celebre Rubicon Estate, tenuta situata nei pressi di Geyserville, nella parte settentrionale della Sonoma County, in California. Le due linee proposte, la Diamond Collection e la Director’s Cut in cui troviamo uve Chadonnay, Cabernet Sauvignon, Zinfandel, rendono omaggio alla storia della famiglia Coppola, al terroir unico della California e al mondo del cinema.

Altri nomi celebri sono Meryl Streep e Helen Mirren che possiedono due masserie in Puglia, con tutto ciò che comporta in termini di territorio e genuinità dei prodotti. Ecco quindi quanto sia esteso e approfondito il panorama che avvicina le star del cinema e dello spettacolo al mondo del vino e delle eccellenze che i territori più vocati riescono a esprimere, riuscendo con successo a convogliare le capacità artistiche e le capacità imprenditoriali che creano felici connubi di piacere, avventura e gossip…

Del resto, chi non sarebbe d’accordo nel definire un vino fatto bene se non come un’opera d’arte o un’espressione artistica (?) che richiede studio, pazienza, professionalità e rispetto per il pubblico, sia quello presente in sala che quello che bacia un calice per un sorso, aspettando l’applauso che le papille gustative e i sensi sono pronti a far risuonare nel cuore…

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Più articoli su vino troverete nella nostra rubbrica In vino veritas.

Italia: moglie, fanciulla, guerriera

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La parola Italia, nell’odierno immaginario collettivo, richiama alla mente quel crogiolo di culture che nei millenni hanno costituito la storia di questa straordinaria penisola, la cui peculiarità maggiore è proprio la sua ricca e complessa identità. L’ideale risorgimentale dell’unità italiana è stato un fenomenale motore per realizzare quella forma di Stato, che era all’epoca assolutamente inderogabile, necessaria per potersi confrontare in una Europa delle nazioni.

Ma la visione associata al Risorgimento di una nazione Italia che in modo lineare ha acquistato consapevolezza di sé fino ad arrivare alla costruzione di un proprio Stato è stata da tempo superata. Il libro “L’Italia immaginata”, a cura di Giovanni Belardelli, nel riconoscere il complesso rapporto tra pluralità di culture italiche e unità di rappresentazione del Paese, affronta in modo sistematico l’iconografia che ha caratterizzato l’Italia nei secoli. A questa interessante pubblicazione l’Istituto Italiano di Cultura di Cracovia, per volontà del suo direttore Ugo Rufino, ha dedicato nello scorso dicembre due incontri – uno all’Istituto stesso ed uno all’Università Pedagogica di Cracovia – alla presenza dei professori Alessandro Campi, dell’Università di Perugia, coautore del libro, del professore Stefan Bielanski, dell’Università Pedagogica di Cracovia e del sottoscritto.

La pubblicazione curata da Giovanni Belardelli ha il merito di affondare la ricerca sull’iconografia fino alle città greche, anzi risalendo addirittura alle più antiche civiltà orientali, per chiarire come sia intrinsecamente connesso alla nostra cultura il raffigurare le comunità territoriali con figure femminili.

“In certi casi, come quello della stessa Italia o come la Britannia che in un bassorilievo del III sec d.C., viene sottomessa dall’imperatore Claudio, questo genere di allegorie precede di molti secoli la comparsa di qualunque idea di nazione in senso moderno, e poi quasi scompare per un lungo periodo. Ricompare all’inizio dell’età moderna, quando si formano le grandi monarchie nazionali europee e con il Rinascimento si tornano a studiare sculture e monete antiche che di quelle allegorie femminili forniscono numerosi esempi…”, spiega nell’introduzione a “L’Italia immaginata” lo stesso Belardelli.

Un altro passaggio interessante della pubblicazione è quello che ricorda le complementari identità di Roma e Italia – nome che definiva le province della penisola ai tempi della Roma antica – che convivono fino all’assorbimento reciproco, prima di Roma sull’Italia e quindi, dallo svilupparsi dell’idea di nazione, dell’Italia su Roma.

Sullo sviluppo dell’allegoria femminile dell’Italia ne parliamo con il professore Alessandro Campi:

“Chi si ricorda, ai giorni nostri e soprattutto tra i più giovani, del fatto che l’Italia – stando alla sua iconografia ufficiale – è una bella e prospera signora e dunque, non foss’altro che per buona educazione, andrebbe sempre trattata col massimo del rispetto e del garbo? Una donna elegante e piena di fascino, rimasta eternamente giovane e piacente da quando per la prima volta Cesare Ripa (1560-1645), nella sua Iconologia (1603), ebbe l’idea di stilizzarla sontuosamente vestita, per indicare una terra ricca d’arte e natura, e con addosso i contrassegni della prosperità, della regalità e della fortuna. C’era già, in quest’immagine che Ripa ricavava dall’antichità classica, tutto ciò che l’Italia da allora in avanti ha sempre rappresentato a livello di immaginario popolare, anche per chi ad essa ha guardato e continua a guardare da oltre i suoi confini geografici e politici. Le torri e le muraglie come ornamento sulla testa indicavano «Città, Terre, Castelli e Ville»: quel pluralismo di territori, borghi e comunità locali, oggi più prosaicamente le sue 20 Regioni, le sue 107 Province e i suoi 7904 Comuni (secondo il dato aggiornato al 20 febbraio 2021), che nemmeno una volta raggiunta l’unità nazionale si è riusciti – nel giudizio di molti – a ricomporre all’interno di un tessuto istituzionale organico e funzionale”.

Nei secoli le raffigurazioni dell’Italia-donna hanno assunto diverse fattezze secondo le mutevoli contingenze e necessità storiche. L’iconografia può dunque ben fotografare lo stato d’animo di una nazione?

“L’Italia è stata di volta in volta una madre amorevole e protettiva, una sorta di Madonna laica impegnata a difendere tutti i suoi figli e ad assicurare loro giustizia e benessere; una vedova o madre piangente, quando dopo le guerre c’era da simboleggiare il dolore di un’intera comunità per i suoi morti (o come appare, affl itta e dolente per la scomparsa del somma poeta, nel celebre cenotafio dedicato a Vittorio Alfieri realizzato da Antonio Canova); un’amazzone combattente quando bisognava chiamare gli italiani alle armi; una bambina irriverente per indicare una nazione da poco nata che lotta per vedersi riconosciuto il proprio posto all’interno di un consesso mondiale popolato da vecchi marpioni; una ragazza piena di vita, radiosa e con lo sguardo rivolto al futuro tutte le volte che l’Italia si è dovuta rimboccare le maniche o ha cambiato politicamente pelle; una sorella che, all’epoca delle lotte irredentiste, bramava per ricongiungersi con le terre ancora sotto il giogo straniero (Trento, Trieste, Gorizia, sorelle minori di Italia) o che, all’epoca di quelle risorgimentali, avanzava pugnace contro l’invasore austriaco avendo al fianco Marianne-Francia, sua sorella maggiore e simbolo per eccellenza della libertà rivoluzionaria”.Un’Italia che è stata anche raffigurata come sposa del Re ai tempi dei Savoia, o rappresentata con fattezze via via sempre più marziali ai tempi del fascismo fino ad arrivare ad un volto, ben poco femminile, che alludeva chiaramente a quello del Duce. Merito della pubblicazione curata da Giovanni Belardelli è l’aver ordinato, riassunto e interpretato, soprattutto con riferimento al periodo post-unitario, le molteplici immagini rappresentazioni che sono state date dell’Italia nei secoli.

“Si tratta di un campionario di immagini simboliche dell’Italia che arrivano fino all’oggi quando, attraverso l’inventiva dei vignettisti dei grandi giornali (Matteo Bertelli, Mauro Biani, Emilio Giannelli, Vauro), le raffigurazioni si fanno spesso dolenti, come l’Italia distesa a terra ferita dopo l’ennesima uccisione per mafia di un servitore dello Stato; l’Italia impietrita dal dolore, come la Pietà michelangiolesca, dopo il terremoto che nell’aprile del 2009 ha devastato l’Aquila; l’Italia che si sorregge con le stampelle dopo i danni ad essa causati dalla crisi economica; l’Italia esanime a terra mentre il Capo dello Stato (all’epoca Carlo Azeglio Ciampi) cerca di rianimarla con un massaggio cardiaco; l’Italia dallo sguardo impaurito che indossa una mascherina a protezione del volto (ultima trasmutazione iconografica legata ovviamente alla pandemia scoppiata nel febbraio 2020)”.

L’Italia turrita, ovvero con in testa la corona di torri e mura delle città, ha però anche un altro simbolo sempre ben presente: una stella radiosa sul capo che rappresenta la buona sorte di un territorio baciato da un clima mite e salubre.

“Un simbolo che per estensione è diventato lo «stellone»protettivo e provvidenziale, forse sin troppo autoconsolatorio, di una nazione che secondo la percezione comune della gente riesce sempre a cavarsela, capace con le sue sole forze di superare ogni avversità”.

L’utile netto del settore bancario nel 2022 è aumentato del 111%

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L’utile netto del settore bancario nel periodo gennaio-aprile 2022 ammontava a 9,19 miliardi di złoty, il che significa un aumento anno su anno del 111%. Informa la Banca nazionale polacca. Solo nel mese di aprile 2022 l’utile netto è stato pari a 2,98 miliardi di złoty, ovvero è aumentato del 70%.Il reddito operativo netto totale nei primi quattro mesi del 2022 è stato pari a 31,08 miliardi di złoty, il che significa un aumento del 36% su base annua. Gli interessi attivi sono aumentati dell’83% e gli interessi passivi del 331%.I proventi da interessi nel solo mese di aprile ammontavano a 8,36 miliardi di złoty, mentre a marzo erano al livello di 7,69 miliardi di złoty. Gli interessi passivi in questo periodo sono aumentati a 2,11 miliardi da 1,7 miliardi di złoty.I costi amministrativi nel periodo da gennaio ad aprile 2022 sono stati pari a 14,33 miliardi di złoty, il 18% in più rispetto a un anno fa. Le perdite di valore ammontano a 2,08 miliardi di złoty, in diminuzione del 9%.

https://forsal.pl/biznes/bankowosc/artykuly/8430840,zysk-netto-bankow-wzrosl-o-111-proc.html

Covid-19, in Polonia 200 mila morti

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Il COVID-19 è molto più grave dell’influenza, il tasso di mortalità è molto alto, ricordano gli esperti. Ora è il momento di prepararsi all’ondata autunnale della pandemia. Gli specialisti ne hanno parlato in una conferenza stampa in cui è stato presentato un rapporto intitolato “Percorso diagnostico e terapeutico di un paziente con COVID-19”. La pubblicazione è stata creata su iniziativa dell’Institute of Patient Rights and Health Education. Come hanno sottolineato, è fondamentale integrare le vaccinazioni e ricostruire il sistema di test, perché nell’Unione Europea è stato registrato un farmaco antivirale orale efficace per il COVID-19. Il nuovo farmaco è una combinazione di due farmaci antivirali: nirmatrelvir e ritonavir. “La somministrazione è raccomandata soprattutto a quelle persone che hanno un rischio di COVID-19 grave” ha affermato il Prof. Jaroszewicz presidente della Società Polacca di Epatologia, Capo del dipartimento clinico di malattie infettive ed epatologia presso l’Università medica della Slesia. Maggiormente a rischio sono le persone di età superiore ai 60 anni, con obesità, diabete, insufficienza respiratoria cronica, insufficienza renale cronica, insufficienza circolatoria cronica, immunodeficienza, immunosoppressione. “Il tasso di mortalità complessivo dei pazienti ricoverati in ospedale con COVID-19 in Polonia dal marzo 2020 è stato del 12,2%”, ha dichiarato il Prof. Jerzy Jaroszewicz. Ha fatto riferimento ai dati del database nazionale SARSTER. Ha aggiunto che questa mortalità aumenta con l’età. Secondo i dati che ha presentato, anche nel caso della variante omicron, la mortalità è ancora alta, soprattutto nei pazienti con altre malattie. “Il COVID-19 è una malattia sistemica. Colpisce molti organi, non solo i polmoni “ha spiegato lo specialista. L’esperto ha ricordato che più di 6 milioni di persone sono morte di COVID-19 nel mondo. Secondo i dati del Ministero della Salute, in Polonia questo numero ammontava a 116 mila. Tuttavia, come ha sottolineato il cardiologo Prof. Krzysztof Filipiak, Rettore dell’Università di Medicina Maria Skłodowska-Curie di Varsavia, infatti, 200.000 persone hanno perso la vita a causa della pandemia in Polonia. Si tratta sia di persone decedute a causa di COVID-19, ma anche quelle decedute a causa del sovraccarico del sistema sanitario. Ha sottolineato che la Polonia è tra i primi cinque paesi che hanno avuto il più alto tasso di mortalità standardizzato a causa della pandemia. Pertanto, secondo il parere degli esperti, è necessario prepararsi per l’ondata autunnale della pandemia. “Ora dovremmo integrare le vaccinazioni” Il Prof. Filipiak ha ricordato che in Polonia l’intero programma di vaccinazione contro SARS-CoV-2 ha coinvolto il 59% della società, e la dose supplementare il 31%. In Polonia, il gruppo dei bambini e degli adolescenti è il meno vaccinato, ha aggiunto il Prof. Filipiak. “Abbiamo anche almeno 2 milioni di rifugiati dall’Ucraina non vaccinati ” ha sottolineato lo specialista.

https://forsal.pl/lifestyle/zdrowie/artykuly/8429506,eksperci-covid-19-jest-grozniejszy-niz-grypa-trzeba-sie-przygotowac-na-jesienna-fale-pandemii.html

La Polonia produce il 40% degli elettrodomestici fatti nell’UE

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APPLiA Polska è un’associazione di datori di lavoro che rappresentano produttori e importatori di elettrodomestici in Polonia. Secondo i dati dell’associazione 35 milioni di elettrodomestici sono stati prodotti in Polonia nel 2021. Nel settore delle attrezzature di grandi dimensioni la produzione è aumentata del 13%. Con questi dati la Polonia rafforza la propria posizione di leader nella produzione di elettrodomestici fornendo circa il 40% dei grandi elettrodomestici fabbricati in tutta l’UE, mentre in termini di valore è una quota del 30%. Il paese è inoltre il secondo esportatore di elettrodomestici al mondo. Oltre il 90% della produzione viene esportato, i maggiori mercati per i prodotti polacchi sono Germania, Francia, Gran Bretagna. Il presidente di “APPLiA Polska” Wojciech Konecki ha sottolineato che notevoli risultati sono stati raggiunti nonostante il drastico aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, nonchè i problemi di fornitura dei componenti. L’industria investe ogni anno oltre 1 miliardo di złoty in fabbriche e centri di ricerca e assistenza in Polonia. Sempre secondo i dati dell’associazione nel 2021 i consumatori hanno speso 13,6 miliardi di złoty in elettrodomestici, il 15% in più rispetto all’anno scorso. Il valore della produzione venduta ha superato i 26 miliardi di złoty nel 2021. Ci sono circa 35 fabbriche do elettrodomestici situate in Polonia. L’occupazione nel settore è stimata in oltre 100 mila persone. Le principali aziende nel settore degli elettrodomestici sono BSH Sprzęt Gospodarstwa Domowego, Electrolux Poland, Whirlpool, Samsung Electronics Poland Manufacturing e Amica. Queste aziende impiegano il 70% delle persone che lavorano nel settore degli elettrodomestici e sono responsabili del 72% dei ricavi di tutti i produttori e importatori di elettrodomestici e di circa il 75% del valore delle vendite della produzione di elettrodomestici.

https://forsal.pl/biznes/przemysl/artykuly/8427231,40-proc-duzego-agd-produkowanego-w-ue-pochodzi-z-polski.html

Premiato al Festival di Cannes il film di Skolimowski, una produzione polacco-italiana

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Jerzy Skolimowski, Krzysztof Kieślowski, Krzysztof Zanussi

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Sabato durante il gala del 75° festival di Cannes le produzioni “EO” di Jerzy Skolimowski e “Le otto montagne” di Charlotte Vandermeersch, co-produzione italo-belga-francese, hanno ricevuto ex aequo il Premio della Giuria. “Vorrei ringraziare ii miei sei asinelli. “EO” è una coproduzione polacco-italiana. La maggior parte del film è stata girata in Polonia ed ho scelto un certo tipo di asino italiano che ha la croce sulla schiena, di questo tipo di asini in Polonia ne abbiamo solo due”, ha detto Jerzy Skolimowski durante la premiazione. Il protagonista del film è un asinello che si esibisce al circo con un’artista giovane Kasandra. L’animale la ama molto ma un giorno viene portato via dal circo e da quel momento cambia spesso i proprietari.

https://film.interia.pl/raporty/raport-cannes-2022/newsy/news-cannes-2022-polski-film-wyrozniony-wielki-sukces-skolimowski,nId,6055852

Italia da scoprire: Tursi

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Tursi è una splendida cittadina di circa cinquemila abitanti situata a poco meno di un’ora di macchina da Matera e ad un’ora e mezza da Potenza, capoluogo della Basilicata. Collegata in maniera molto comoda con la vicina costa jonica, Tursi dista soli venti chilometri dalle spiagge dorate di Policoro e 40 dalla meta turistica più ambita della Basilicata che è Metaponto.

Tursi è famosa per essere la città di Albino Pierro, poeta dialettale contemporaneo più volte vicino ad aggiudicarsi il Premio Nobel per la letteratura grazie alle sue opere tradotte in molte lingue. In suo nome è stato aperto un Parco Letterario che ogni anno ospita interessanti iniziative che mantengono vivo il ricordo di una delle figure più importanti e carismatiche di questa città di origine araba. Proprio per le sue radici, Tursi con il suo rione Rabatana, è candidata a Patrimonio dell’Unesco, unitamente alle Rabatane di Tricarico e Pietrapertosa. Chi arriva a Tursi può notare che il suo territorio è diviso in diversi rioni, ciascuno ben delimitato e con precise peculiarità. Il più antico e famoso di questi è la Rabatana, sorto intorno al Castello tra il V e il VI secolo, letteralmente circondata da profondi e inaccessibili burroni, quelli che costituiscono il fantastico mondo delle “Jaramme” citate proprio da Pierro. Qui si possono ripercorrere le stradine dei ruderi del nucleo originario con le modeste abitazioni che spesso comprendevano solo un vano al pianterreno.

Per arrivare alla Rabatana si percorre un’ampia e ripida strada che si estende sui burroni per oltre 200 metri, una sorta di gradinata chiamata in dialetto la “pietrizze”, sorta al posto di un pericoloso viottolo. A spiccare nei pressi della petrizze che porta alla Rabatana è il Picciarello, costituito da un lembo di terra che dalla collina del Castello si protende verso mezzogiorno, circondato da precipizi.

Dello stesso rione fa parte anche la Chiesa Collegiata di Santa Maria Maggiore eretta tra il X e l’XI secolo che si presenta con la facciata quattrocentesca e gli interni in stile barocco. L’interno è a tre navate con soffitto a cassettoni e un transetto interamente decorato con affreschi, dipinti ed arredi. La Sacrestia è arredata con massicci armadi lignei e dalla cappella si accede al presepe in pietra costruito nel 1550 ed attribuito ad Antonello Persio che ha lasciato tracce significative della sua arte scultorea a Matera e dintorni. In fondo alla navatella di sinistra si trova la cappella del trittico trecentesco che raffigura la Vergine dell’Icona in trono con il Bambino e scene della vita di Gesù e della stessa Vergine, quadro che si fa risalire alla scuola di Giotto ed ha un pregevole valore artistico.

In piazza Plebiscito, nel rione San Filippo, si affaccia l’omonima Chiesa del protettore della città, che si presenta con un’elegante facciata barocca e tre navate ciascuna decorata con pregevoli opere d’arte. Altrettanto famoso è il Palazzo del Barone Brancalasso, che spicca tra le strette viuzze in pietra, attorno al quale aleggiano diverse leggende secondo le quali il proprietario vendette l’anima al diavolo. Si dice che l’intero edificio venne realizzato in una sola notte da un gruppo di diavoli che, bloccati per sempre sulla terra dalle luci dell’alba, rimasero in questa dimora sotto forma di statue che, effettivamente, arricchiscono il palazzo, ma rappresentano la giustizia, la pace e la carità.

Nella centralissima Piazza Maria SS di Anglona, troviamo poi la Cattedrale dell’Annunziata, distrutta da due incendi nel 1988 e riaperta al culto nell’immediatezza del Giubileo del 2000.

Ultimo gioiello della città è senza dubbio la Basilica Minore di Anglona situata a cavallo tra Tursi e Policoro.

La chiesa che risale al XI-XII secolo, è a croce latina e dispone di tre navate, la centrale larga e molto alta, e le due navate esterne, strette e basse. In origine il santuario era ricco di pregevoli affreschi che raffiguravano episodi del vecchio e nuovo Testamento, sulle colonne sono tuttora presenti figure di Santi. Sulla parete destra della navata centrale sono ben visibili ancora scene del vecchio testamento.

Un’antica leggenda narra di un giovane pastorello che, mentre pascolava il suo gregge sulla sommità della collina ”Variante”, a metà strada tra Tursi ed Anglona, vide avvicinarsi una ”bellissima Signora”, che gli chiese di recarsi in paese, per invitare gli abitanti del luogo ad andarla a prendere. La gente prima incredula, poi sempre più curiosa si diresse sulla sommità della collina dove ritrovò la statua della Madonna e la riporta nel suo santuario. Nel luogo del ritrovamento fu costruito un capitello votivo in mattoni e, a ricordo dell’avvenimento, vi fu posta una croce in legno. Da allora tutti gli anni, la prima domenica dopo la Pasqua, la Madonna viene portata a spalle per un percorso di oltre 10 km, dal santuario alla cattedrale di Tursi.

Dal punto di vista enogastronomico, Tursi è famosa in tutto il mondo per le arance, con una varietà autoctona denominata Staccia, che può raggiungere fino ad un chilo e mezzo di peso, divenendo di fatto un prodotto di nicchia pregiato. Oltre agli agrumi troviamo anche delle drupacee d’eccellenza come le percoche e le albicocche e una fiorente olivicoltura e viticoltura.

In onore della Vergine di Anglona, grazie alla fashion designer polacca Natasha Pavluchenko, è stato realizzato un progetto di arte, moda, fede e filosofia denominato “Maria di Anglona” ispirato dall’antica pala dell’altare maggiore in gesso e policromo che è stata impressa su abiti ornamentali che, nonostante la pandemia, sono stati fatti conoscere sia in Italia che in Polonia durante il Festival UrBBan Fusion svoltosi a Bielsko Biala nel dicembre 2021.

”Da ormai sei anni”, racconta il sindaco Salvatore Cosma “lavoriamo incessantemente per promuovere e valorizzare la nostra comunità e le sue bellezze. Una comunicazione che ha portato i suoi risultati nel breve periodo visto il boom di investimenti da parte di cittadini stranieri, in particolare svedesi, inglesi e francesi nell’acquistare immobili nel nostro meraviglioso centro storico. Ma è nel medio lungo periodo che vogliamo arrivare a grandi obiettivi grazie non solo al nostro patrimonio artistico, storico e culturale ma anche a quello umano visto il grande calore e ospitalità di cui è capace la gente di Tursi.”

fot: Comune di Tursi/Natalia Pavluchenko